Nulla la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini cui non sia comune l'impianto centralizzato, né siano serviti da esso

È nulla la deliberazione che vieta al condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento. Inoltre, è nulla la delibera condominiale che pone a carico del condomino la partecipazione alle spese straordinarie e di conservazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento nel caso in cui lo stesso si sia distaccato dall'impianto in modo tale da escludere la possibilità di un futuro riallaccio allo stesso.

Il caso. La Corte territoriale aveva respinto l'impugnazione spiegata dal condomino con riguardo alla delibera di approvazione del consuntivo che poneva a suo cario una quota per la gestione del riscaldamento. Secondo i giudici di merito, in particolare, appariva incontroverso che, dopo la sostituzione della caldaia per l'erogazione del riscaldamento centralizzato deliberato dall'assemblea di settembre 2000, l'unità immobiliare del condomino Tizio, quanto meno dal 2001, non era più stata collegata all'impianto condominiale. Del resto, era stato accertato che l'assemblea non aveva autorizzato il condomino a distaccare la sua proprietà dall'impianto centralizzato inoltre, tale distacco costituiva violazione dell'art. 10 del regolamento di Condominio. Le contestazioni. Avverso la pronuncia in esame il ricorrente proponeva ricorso in Cassazione eccependo l'inoperatività, all'epoca dei fatti di causa, della legge n. 220/2012, e la sussistenza di un diritto del singolo condomino a staccarsi dall'impianto di riscaldamento condominiale, senza essere onerato di alcuna prova preventiva, essendo peraltro pacifico che fosse stato il Condominio a non allacciare l'unità immobiliare di Tizio alla nuova caldaia installata nel 2001. Divieto del distacco dall’impianto centralizzato. Secondo la S.C., la sentenza della Corte d'appello era errata nella parte in cui aveva sostenuto l’illegittimità del distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato effettuato da Tizio, ovvero il mancato collegamento della sua unità immobiliare all'impianto condominiale dopo la sostituzione della caldaia nel 2001, alla stregua dell'art. 10 del regolamento di Condominio, nonché della revoca di ogni autorizzazione al distacco deliberata dall'assemblea di ottobre 2000. Difatti, secondo l'interpretazione giurisprudenziale, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dagli artt. 1118, comma 4, c.c., 26, comma 5, I. n. 10 del 1991 e 9, comma 5, d.lgs. n. 102 del 2014 come modificato dall'art. 5, comma 1, lettera i, punto i, del d.lgs. 18 luglio 2016, n. 141 , diretta al perseguimento di interessi sovraordinati, quali l'uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o non meritevole di tutela Cass. civ. sez. II, 11/12/2019, n. 32441 . Partecipazione alle spese di funzionamento dell’impianto. Ed ancora, secondo i giudici della Suprema Corte, era incomprensibile il ragionamento della Corte d'appello in base al quale il condomino non poteva considerarsi distaccato dall'impianto centralizzato di riscaldamento, e doveva perciò continuare a sostenerne le spese di funzionamento, in quanto, a seguito della sostituzione della caldaia avvenuta nel 2001, la proprietà di Tizio non era più collegata con il rinnovato impianto centrale condominiale. A tal proposito, la S.C. ha evidenziato che, in generale, il condomino rimane obbligato a pagare le sole spese di conservazione dell'impianto di riscaldamento centrale ad esempio, proprio quelle per la sostituzione della caldaia , anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto comune. Se, tuttavia, in seguito ad un intervento di sostituzione della caldaia dell'impianto termico centralizzato, il mancato allaccio di un singolo condomino non si intenda quale volontà unilaterale dello stesso di rinuncia o distacco, ma appaia quale conseguenza della impossibilità tecnica di fruizione del nuovo impianto condominiale a vantaggio di una unità immobiliare, restando impedito altresì un eventuale futuro riallaccio, deve ritenersi che tale condomino non sia più titolare di alcun diritto di comproprietà sull'impianto, e non debba perciò nemmeno più partecipare ad alcuna spesa ad esso relativa, essendo nulla la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali cui non sia comune l'impianto centralizzato, né siano serviti da esso Cass. civ., sez. II, 10/05/2012, n. 7182 . In conclusione, per i motivi esposti, il ricorso è stato accolto per l’effetto, la pronuncia è stata cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 gennaio – 31 agosto 2020, n. 18131 Presidente Gorjan – Relatore Scarpa Fatti di causa V.G. ha proposto ricorso articolato in un unico motivo munito di rubrica, e poi suddiviso i cinque paragrafi, contro la sentenza n. 1830/2015 della Corte d'appello di Torino, depositata il 20 ottobre 2015. Resistono con distinti controricorsi il Condominio omissis , e la SE.G.IM. s.r.l. in liquidazione. La Corte d'appello di Torino ha pronunciato 1 sull'appello avanzato dal Condominio omissis , avverso la sentenza n. 1637/2013 del Tribunale di Torino accogliendo il gravame e così respingendo l'opposizione al decreto ingiuntivo n. 59/2008 intimato al V. per spese di riscaldamento degli esercizi dal 2001 al 2007 2 sull'appello formulato da V.G. contro la sentenza n. 2829/2013 del Tribunale di Torino rigettando l'appello e così respingendo l'impugnazione ex art. 1137 c.c. spiegata dal V. con riguardo alla Delib. di approvazione del consuntivo 2007/2008, che poneva a carico della proprietà V. una quota per la gestione del riscaldamento . L'impugnata sentenza della Corte d'appello di Torino, dopo aver esposto da pagina 5 a pagina 32 i fatti di causa, ha evidenziato in motivazione come 1 apparisse incontroverso che, dopo la sostituzione della caldaia per l'erogazione del riscaldamento centralizzato deliberato dall'assemblea 11 settembre 2000 del Condominio omissis , l'unità immobiliare del condomino V., quanto meno dal 2001, non era più stata collegata all'impianto condominiale 2 era stato accertato che l'assemblea dell'11 settembre 2000 non avesse autorizzato il V. a distaccare la sua proprietà dall'impianto centralizzato 3 il distacco comunque operato dal V. costituiva violazione dell'art. 10 del regolamento di condominio, secondo il quale è obbligatorio servirsi dell'impianto di riscaldamento centralizzato per il periodo di accensione e per la resa termica prevista dalle vigenti norme, eventuali deroghe, se possibile, dovranno essere approvate all'unanimità dai singoli utenti. Nessun condomino può rinunciare all'utilizzo del riscaldamento centralizzato, anche se temporaneamente 4 l'assemblea del 12 ottobre 2000 fece divieto al V. di staccarsi dal riscaldamento centralizzato, all'unanimità dei presenti e col voto difforme del solo interessato 5 a seguito della sostituzione della caldaia operata nel 2001, l'unità immobiliare di proprietà V. non venne proprio più collegata con l'impianto centralizzato condominiale, il che aveva dato luogo ad una fattispecie diversa dall'ipotesi del distacco , rientrante nel novellato art. 1118 c.c., comma 4 6 il V. non aveva assolto all'onere della prova che dal distacco operato non derivassero aggravi di gestione o uno squilibrio termico, restando, peraltro, in tal caso esonerato dalle sole spese per l'uso del riscaldamento centralizzato 7 tali prove di aggravi o squilibri non erano nella specie ipotizzabili, in quanto la proprietà V. era stata non distaccata , ma proprio non collegata in origine all'impianto centralizzato, così contravvenendo all'art. 10 del regolamento condominiale. La Corte di Torino ha infine dichiarato inammissibili il secondo, il terzo ed il quarto motivo dell'appello di V.G. consuntivo e preventivo, tardivi pagamenti, spese personali , mentre ha ritenuto infondata la censura concernente la condanna al rimborso delle spese processuali sostenute dalla SE.G.IM. s.r.l., ex amministratrice del Condominio OMISSIS , da questo chiamata in garanzia. Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c Ragioni della decisione Va dapprima agevolmente superata l'eccezione avanzata dal controricorrente Condominio omissis , secondo cui dovrebbe dichiararsi cessata la materia del contendere, in quanto, nel corso di altra causa tra le parti pendente davanti al Tribunale di Torino, il medesimo Condominio, senza nulla riconoscere in fatto ed in diritto , ha provveduto a versare al condomino V. l'importo del decreto ingiuntivo n. 59/2008, nonchè a stornare le somme rendicontate per spese di riscaldamento. La cessazione della materia del contendere, che può essere dichiarata anche dalla Corte di cassazione, postula la sopravvenienza, nel corso del giudizio, di eventi fattuali o atti volontari delle parti, riconosciuti ed ammessi da tutti i contendenti ed idonei ad eliminare ogni posizione di contrasto. Ciò non è riscontrabile ove una delle parti provveda a pagare o a restituire in corso di causa le somme controverse, senza nulla riconoscere in fatto ed in diritto , come si assume avvenuto nella specie, e sono perciò anche inammissibili, ai sensi dell'art. 372 c.p.c., i documenti prodotti dal controricorrente Condominio omissis a sostegno della dedotta cessazione della materia del contendere. I.L'unico motivo del ricorso di V.G. che abbia una specifica rubrica - nella quale vengono indicate le norme di diritto su cui si fondano le censure e vengono esposti i vizi denunciati mediante richiamo alle tassative categorie logiche previste dall'art. 360 c.p.c. - si trova a pagina 22 dell'atto di impugnazione. Esso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1102,1117,1118,1120,1138,1362 e ss. c.c., degli artt. 112 e 115c.p.c., art. 345c.p.c., comma 3, dell'art. 143 disp. att. c.p.c., ed ancora l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il vizio logico di ragionamento e l'omesso esame circa un fatto decisivo. Il ricorrente deduce la manifesta contraddittorietà della sentenza impugnata, per aver sostenuto che non poteva essere ritenuto in alcun modo legittimo il distacco della proprietà V. dall'impianto centralizzato, in quanto la stessa non era mai stata allacciata alla nuova caldaia sostituita nel 2000/2001. Le condizioni di legittimità del distacco erano state al contrario, secondo il ricorrente, verificate dal CTU, sicchè egli doveva ritenersi obbligato a partecipare alle sole spese di conservazione dell'impianto. Seguono alla premessa unitaria del ricorso cinque paragrafi. Nel paragrafo a il debito per riscaldamento pagina 26 e ss. del ricorso , si afferma l'inoperatività, all'epoca dei fatti di causa, della L. n. 220 del 2012, e la sussistenza di un diritto del singolo condomino a staccarsi dall'impianto di riscaldamento condominiale, senza essere onerato di alcuna prova preventiva, essendo peraltro pacifico che fosse stato il Condominio a non allacciare l'unità immobiliare del V. alla nuova caldaia installata nel 2001 . Si aggiunge che era stata comunque fornita in giudizio la prova che alcun funzionamento e/o disservizio fosse conesguito al mancato allacciamento della unità immobiliare del ricorrente all'impianto centralizzato. Il paragrafo b Consuntivo 2007/2008 e preventivo 2008/2009 pagina 31 di ricorso ipotizza l'omessa motivazione e omessa pronuncia sul secondo motivo di appello inerente proprio al consuntivo gestione ordinaria 2007/2008. Il paragrafo c I tardivi pagamenti pagina 32 di ricorso denuncia ancora l'omessa motivazione e omessa pronuncia, l'error in iudicando ed il vizio di insufficiente e/o omessa motivazione sul relativo motivo di appello. Il paragrafo d Le spese personali pagina 33 e ss. di ricorso deduce l'omessa motivazione in relazione all'art. 112 c.p.c. . Il paragrafo e Le spese di lite della SE.G.IM pagina 35 e ss. di ricorso attiene al rimborso delle spese della terza chiamata in causa. I.2. I motivi di ricorso contenuti nei paragfrafi b Consuntivo 2007/2008 e preventivo 2008/2009 , c I tardivi pagamenti e d Le spese personali sono inammissibili. La Corte di Torino aveva, infatti, dichiarato inammissibili, ai sensi dell'art. 342 c.p.c., il secondo, il terzo ed il quarto motivo dell'appello di V.G. consuntivo e preventivo, tardivi pagamenti, spese personali , mancando in essi qualsiasi critica alla ratio decidendi della prima sentenza, ed esaurendosi gli stessi in una semplice riproposizione delle tesi difensive avanzate davanti al Tribunale. Avendo il giudice d'appello dichiarato inammissibili tali motivi di gravame per difetto di specificità, al fine di impedire il passaggio in giudicato in parte qua della sentenza, il ricorrente, rimasto soccombente, aveva l'onere di denunziare l'errore della pronuncia gravata come violazione e falsa applicazione dell'art. 342 c.p.c., agli effetti dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dimostrando che i motivi d'appello, ritenuti non specifici, avessero invece i requisiti prescritti dalla legge, giacchè recanti una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza del Tribunale e, con essi, delle relative doglianze, mediante affiancamento alla parte volitiva di una parte argomentativa contrastante con le ragioni addotte dal primo giudice cfr. Cass. Sez. 3, 09/03/1995, n. 2749 Cass. Sez. 2, 20/08/2019, n. 21514 . I tre motivi di ricorso in questione allegano, al contrario, censure di omessa motivazione, omessa pronuncia, errores in iudicando, insufficiente e/o omessa motivazione, senza confrontarsi con la peculiare dichiarazione di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. contenuta nella sentenza impugnata. 1.2. Il primo motivo di ricorso, con le specificazioni di cui al paragrafo a il debito per riscaldamento , è fondato nei termini di seguito indicati. La sentenza della Corte d'appello di Torino è errata nella parte in cui ha sostenuto che fosse comunque illegittimo il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato effettuato dal condomino V., ovvero il mancato collegamento della unità immobiliare di proprietà V. all'impianto condominiale dopo la sostituzione della caldaia nel 2001, alla stregua dell'art. 10 del regolamento di condominio, secondo cui è obbligatorio servirsi dell'impianto di riscaldamento centralizzato per il periodo di accensione e per la resa termica prevista dalle vigenti norme, eventuali deroghe, se possibile, dovranno essere approvate all'unanimità dai singoli utenti. Nessun condomino può rinunciare all'utilizzo del riscaldamento centralizzato, anche se temporaneamente , nonchè della revoca di ogni autorizzazione al distacco deliberata dall'assemblea del 12 ottobre 2000. La Corte d'appello di Torino ha deciso la questione di diritto ad essa devoluta senza tener conto del consolidato orientamento giurisprudenzlale in base al quale, già prima dell'entrata in vigore del novellato art. 1118 c.c., comma 4, introdotto dalla L. n. 220 del 2012, si riconosce a ciascun condomino il diritto di rinunziare legittimamente all'uso del riscaldamento centralizzato e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, se sia provato che dal distacco non derivano nè un aggravio di spesa per gli altri condomini nè uno squilibrio di funzionamento, restando in tal caso fermo soltanto l'obbligo del concorso nel pagamento delle spese occorrenti per la conservazione e la manutenzione straordinaria dell'impianto. Sono conseguentemente nulle, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, la clausola del regolamento condominiale, come la Delib. assembleare che vi dia applicazione, che vietino in radice al condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, seppure il distacco non cagioni alcun notevole squilibrio termico nè aggravio di gestione per gli altri partecipanti. Secondo l'interpretazione giurisprudenziale di questa Corte, infatti, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dall'art. 1118 c.c., comma 4, L. n. 10 del 1991, art. 26, comma 5 e D.Lgs. n. 102 del 2014, art. 9, comma 5, come modificato dal D.Lgs. 18 luglio 2016, n. 141, art. 5, comma 1, lett. i, punto i , diretta al perseguimento di interessi sovraordinati, quali l'uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o non meritevole di tutela Cass. Sez. 2, 11/12/2019, n. 32441 Cass. Sez. 2, 02/11/2018, n. 28051 Cass. Sez. 2, 12 maggio 2017, n. 11970 Cass. Sez. 6 - 2, 03/11/2016, n. 22285 Cass. Sez. 2, 29 settembre 2011, n. 19893 Cass. Sez. 2, 13 novembre 2014, n. 24209 Cass. Sez. 2, 30/03/2006, n. 7518 . E' altrimenti incomprensibile la conclusione cui perviene la Corte d'appello di Torino, quando afferma che il condomino V. non poteva essersi legittimamente distaccato dall'impianto centralizzato di riscaldamento, e doveva perciò continuare a sostenerne le spese di funzionamento, in quanto, a seguito della sostituzione della caldaia avvenuta nel 2001, la proprietà V. non era proprio più collegata con il rinnovato impianto centrale condominiale in sostanza, si legge nella sentenza impugnata l'impianto di riscaldamento V. non fu mai collegato prima a caldaia sostituita e distaccato dopo sempre a caldaia sostiuita dall'impianto di riscaldamento centrale . Di regola, si spiega che il condomino rimane obbligato a pagare le sole spese di conservazione dell'impianto di riscaldamento centrale ad esempio, proprio quelle per la sostituzione della caldaia , anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto comune, atteso che l'impianto centralizzato costituisce un accessorio di proprietà comune, al quale il predetto potrà comunque, in caso di ripensamento, riallacciare la propria unità immobiliare Cass. Sez. 2, 29/03/2007, n. 7708 . Se, tuttavia, in seguito ad un intervento di sostituzione della caldaia dell'impianto termico centralizzato, il mancato allaccio di un singolo condomino non si intenda quale volontà unilaterale dello stesso di rinuncia o distacco, ma appaia quale conseguenza della impossibilità tecnica di fruizione del nuovo impianto condominiale a vantaggio di una unità immobiliare, restando impedito altresì un eventuale futuro riallaccio, deve ritenersi che tale condomino non sia più titolare di alcun diritto di comproprietà sull'impianto, e non debba perciò nemmeno più partecipare ad alcuna spesa ad esso relativa, essendo nulla la Delib. assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali cui non sia comune l'impianto centralizzato, nè siano serviti da esso Cass. Sez. 2, 03/10/2013, n. 22634 Cass. Sez. 2, 10/05/2012, n. 7182 . 1.3. L'accoglimento del primo motivo del ricorso, cui consegue la cassazione con rinvio della causa, comporta l'assorbimento dell'ulteriore mezzo di gravame sulla ripartizione dell'onere delle spese di lite introdotto nel paragrafo e Le spese di lite della SE.G.IM. , in quanto la relativa censura è diretta contro una statuizione che, per il suo carattere accessorio, è destinata ad essere travolta dall'annullamento che viene disposto dalla sentenza impugnata, a seguito del quale la liquidazione delle spese delle precorse fasi del giudizio va effettuata dal giudice di rinvio, tenendo conto dell'esito finale del giudizio. II. Conseguono l'accoglimento del primo motivo di ricorso, paragrafo a , la declaratoria di inammissibilità dei motivi di cui ai paragfrafi b c e d e l'assorbimento del motivo di cui al paragfrafo e . La sentenza impugnata va perciò cassata, nei limiti delle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Torino, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi e provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, paragrafo a , dichiara inammissibili i motivi di cui ai paragfrafi b c e d , dichiara assorbito il motivo di cui al paragfrafo e cassa la sentenza impugnata limitatamente alle censure accolte e rinvia ad altra sezione della Corte d'Appello di Torino, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.