Sull’approvazione della delibera assembleare di nomina dell’amministratore nei casi condominio minimo

Qualora il condominio sia costituito da soli due condomini titolari di quote diseguali e si debba procedere all’approvazione della delibera assembleare avente ad oggetto la nomina dell’amministratore condominiale, è richiesta, sotto il profilo dell’elemento personale, l’approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ai sensi dell’art. 1136, comma 2, c.c

Così il Collegio di legittimità con ordinanza n. 16337/20 depositata il 30 luglio. Nell’esaminare il ricorso con cui il condomino ha dedotto la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1136 c.c. e l’erronea applicazione degli artt. 105, 1106 e 1139 c.c. al caso di specie, relativo all’ impugnazione della delibera assembleare di nomina dell’amministratore del condominio minimo , avente due soli partecipanti con quote non paritarie , la Cassazione ha avuto occasione di affermare un nuovo principio di diritto . In particolare, la S.C. ha affermato che, nell’ipotesi di condominio costituito da soli due condomini , seppure titolari di quote diseguali , ove si debba procedere all’approvazione di deliberazione che – come quella di nomina dell’amministratore, richiedano comunque, sotto il profilo dell’elemento personale, l’approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti , ex art. 1136, comma 2, c.c., la valida espressione della volontà assembleare suppone la partecipazione di entrambi i condomini e la decisione unanime, non potendosi ricorre al criterio maggioritario .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 11 giugno – 30 luglio 2020, n. 16337 Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione Z.M. propone ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 206/2019 pronunciata il 24 gennaio 2019 dalla Corte d’Appello di Venezia. L’intimata C.L. resiste con controricorso. La Corte di Venezia ha respinto il gravame proposto da Z.M. contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Verona in data 19 dicembre 2017, che aveva rigettato l’impugnazione della delibera assembleare di nomina dell’amministratore del condominio minimo di via Emo 23, avente due soli partecipanti seppur di quote diseguali, essendo maggiore la quota di C.L. pari a 691,72 millesimi . Il Tribunale ritenne irrilevante la deduzione della mancata verbalizzazione della dichiarazione di voto contrario della condomina Z. , circostanza peraltro confermata della registrazione audio dell’assemblea che era stata trascritta e depositata, essendo comunque validamente approvata la delibera col voto favorevole della condomina di maggioranza C. . La Corte d’appello ha distinto fra situazioni in cui i due partecipanti ad un condominio minimo siano titolari di quote eguali o di quote di diverso valore, ritenendo comunque inapplicabile l’art. 1136 c.c I giudici di secondo grado hanno tuttavia confermato l’irrilevanza dell’allontanamento volontario della Z. dall’assemblea, essendo la stessa titolare di una quota minoritaria. Infine, la Corte di Venezia ha condiviso la valutazione di temerarietà della lite operata dal Tribunale, sia ai fini della revoca dell’ammissione della Z. al patrocinio a carico dello Stato, sia ai fini della condanna ex art. 96 c.p.c., la cui riforma l’appellante aveva del resto richiesto soltanto quale conseguenza dell’accoglimento del gravame. Il primo motivo di ricorso di Z.M. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1136 c.c. e l’erronea applicazione degli artt. 1105, 1106 e 1139 c.c., trattandosi, nella specie, di condominio minimo con quote non paritarie. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 96 c.p.c., dovendosi invece escludere la temerarietà della posizione difensiva della ricorrente, giacché, al contrario giuridicamente corretta . Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Le parti hanno presentato memorie ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, trasmesse a mezzo PEC, ai sensi del punto 2.4. del Protocollo di intesa tra Corte di Cassazione, Procura Generale presso la Corte di Cassazione e Consiglio Nazionale Forense del 9 aprile 2020. Vanno disattese le eccezioni pregiudiziali del controricorrente. La procura per il ricorso per cassazione è validamente conferita, soddisfacendo il requisito di specialità di cui all’art. 365 c.p.c., anche se apposta su di un foglio separato, purché materialmente unito al ricorso e peraltro, nel caso di specie, contenente specifico riferimento alla sentenza impugnata e al giudizio da promuovere, sicché appare inevitabile desumere la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla medesima sentenza impugnata, mentre l’anteriorità rispetto alla notifica risulta dal contenuto della copia notificata del ricorso Cass. Sez. 1, 19/12/2008, n. 29785 Cass. Sez. L, 05/11/2012, n. 18915 . Quanto alle molteplici ulteriori eccezioni di inammissibilità, che la controricorrente assembla nel paragrafo dal titolo Inammissibilità ex art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1 , va detto che 1 lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, deve comunque essere svolto relativamente ad ogni singolo motivo di ricorso ed ha la funzione di filtro che consente di esonerare la Corte di cassazione dall’esprimere compiutamente la sua adesione ad un persistente orientamento di legittimità 2 con riguardo al requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 , il ricorso per cassazione contiene una sufficiente esposizione dei fatti di causa, dalla quale risultano le posizioni processuali delle parti, nonché gli argomenti dei giudici dei singoli gradi 3 è altresì curata l’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, connotandosi la censure di sufficiente specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata. Il primo motivo di ricorso risulta fondato, e dall’accoglimento di tale motivo discende l’assorbimento della seconda censura. Va invero ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ove, come nel caso in esame, i partecipanti al condominio siano due, dovendo ravvisarsi un condominio minimo , nella specie, peraltro, formato da condomini non aventi diritti di comproprietà paritari sui beni comuni in quanto la quota di C.L. consiste in 691,72 millesimi , operano le norme in tema di organizzazione ad es., artt. 1120, 1121, 1129, 1130, 1131, 1132, 1133, 1135, 1136, 1137, 1138 c.c. , e specialmente quelle procedimentali sul funzionamento dell’assemblea, restando tuttavia comunque impedito il ricorso al principio di maggioranza assoluta sotto il profilo dell’elemento personale. L’assemblea del condominio minimo, invero, agli effetti dell’art. 1136 c.c., commi 1 e 2, si costituisce regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e delibera validamente soltanto con decisione unanime di ambedue i comproprietari ove, invece, non si raggiunga l’unanimità, o perché l’assemblea, in presenza di entrambi i condomini, decida in modo contrastante, oppure perché, alla riunione - benché regolarmente convocata - si presenti uno solo dei partecipanti e l’altro resti assente, è necessario adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c. Cass. Sez. U, 31/01/2006, n. 2046 Cass. Sez. 2, 02/03/2017, n. 5329 Cass. Sez. 2, 19/07/2007, n. 16075 . Deve pertanto enunciarsi il seguente principio di diritto nell’ipotesi di condominio costituito da soli due condomini, seppur titolari di quote diseguali, ove si debba procedere all’approvazione di deliberazioni che - come quella di nomina dell’amministratore - richiedano comunque, sotto il profilo dell’elemento personale, l’approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti, ex art. 1136 c.c., comma 2, la valida espressione della volontà assembleare suppone la partecipazione di entrambi i condomini e la decisione unanime , non potendosi ricorrere al criterio maggioritario. L’accoglimento del primo motivo del ricorso, con la conseguente cassazione con rinvio della causa, comporta l’assorbimento dell’ulteriore motivo sulla responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., essendo tale censura diretta contro una statuizione che, per il suo carattere accessorio, è destinata ad essere travolta dall’annullamento che viene disposto della sentenza impugnata, a seguito del quale le valutazioni sulla soccombenza delle precorse fasi del giudizio vanno effettuate dal giudice di rinvio, tenendo conto dell’esito finale del giudizio. Il ricorso va perciò accolto nel suo primo motivo, con assorbimento del secondo motivo, e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia, la quale procederà a nuovo esame della causa uniformandosi all’enunciato principio, e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia.