Rapporto tra giudizio relativo alle spese deliberate in assemblea e lite introdotta da un terzo verso il Condominio per le stesse somme

Nel procedimento di impugnazione della delibera assembleare che approva e ripartisce le spese condominiali il giudice deve limitarsi a verificare la validità della stessa delibera, con la conseguenza che tra la controversia avente ad oggetto la debenza delle somme di cui alla delibera impugnata e quella introdotta da un terzo nei confronti del Condominio per ricevere le medesime somme e quindi fondata su un diverso titolo non sussiste nessun rapporto di pregiudizialità necessaria.

Questo è stato stabilito dalla Cassazione con l’ordinanza n. 10843/20, depositata l’8 giugno. Il Tribunale, nell’ambito di un procedimento avente ad oggetto l’impugnazione della delibera assembleare con cui erano stati ripartiti i danni e le spese conseguenti ad un precedente giudizio tra il Condominio ed una società , ne disponeva la sospensione con riferimento al giudizio d’appello proposto da una parte davanti alla Corte territoriale con riferimento al giudizio presupposto. Parte impugnante ha proposto ricorso per regolamento necessario di competenza avverso la decisione del Tribunale. In via preliminare la Cassazione rileva che soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato. Tuttavia, chiarisce la Suprema Corte, nel procedimento di impugnazione della delibera assembleare di approvazione e di riparto per la riscossione di spese condominiali il giudice deve limitarsi a verificare la validità della stessa delibera , con la conseguenza che tra la controversia avente ad oggetto la debenza delle somme di cui alla delibera impugnata e quella introdotta da un terzo nei confronti del Condominio per ricevere le medesime somme e quindi fondata su un diverso titolo non sussiste nessun rapporto di pregiudizialità necessaria . Va, infatti, tenuto conto che il diritto di credito del Condominio alla corresponsione delle quote di spesa afferenti alle cose comuni non sorge con la delibera assembleare che ne approva il riparto, ma inerisce alla gestione dei beni e servizi comuni, sicché l’eventuale venir meno della statuizione che ha deciso su dette spese e danni rispetto al terzo, non comporta anche l’insussistenza del diritto del Condominio di pretendere la contribuzione alle spese per i beni e servizi comuni. Chiarito questo, i Giudici osservano che il Tribunale ha errato a disporre la sospensione necessario del processo di impugnazione della delibera assembleare, motivando con l’applicazione dell’art. 295 c.p.c., quando nella causa pregiudicante era già intervenuta sentenza di primo grado con cui è stato riconosciuto il credito per cui il Condominio aveva deliberato in assemblea la ripartizione di spese e danni. Escludendo che ci sia un conflitto di giudicati tra la sentenza del Tribunale e quella della Corte d’Appello poiché la decisione relativa al rapporto preteso pregiudicante, se difforme dalla decisione di primo grado, ha effetto sostitutivo immediato del giudizio davanti la Tribunale, la Cassazione accoglie il ricorso e annulla il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 9 gennaio – 9 giugno 2020, n. 10843 Presidente D’Ascola – Relatore Falaschi Fatti di causa e ragioni della decisione Il Tribunale di Roma, nell’ambito del procedimento n. 70011/2018 avente ad oggetto l’impugnazione della delibera assembleare del Condominio sito in omissis , con cui erano stati ripartiti i danni e le spese conseguenti ad un precedente giudizio intercorso tra il suddetto Condominio e la Futuro Gestioni Immobiliari s.r.l. , con ordinanza del 2 aprile 2019, ne ha disposto la sospensione ex art. 295 c.p.c. con riferimento al giudizio di appello promosso dalla stessa D.S.I. dinanzi alla Corte di appello di Roma con riferimento al giudizio presupposto. L’originaria attrice, D.S.I. , ha proposto ricorso per regolamento necessario di competenza avverso la predetta ordinanza. L’intimato Condominio ha depositato memoria difensiva. Essendosi ritenute applicabili le condizioni per la decisione ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Procuratore Generale di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito è stato adottato decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che va preliminarmente osservato che salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c. quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, come si trae dall’interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l’art. 282 c.p.c. il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, invero, qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite, giustificando sia l’esecuzione provvisoria, sia l’autorità della sentenza di primo grado Cass., Sez. Un., 19 giugno 2012 n. 10027 . Nella specie, come dedotto dalla stessa ricorrente e ribadito nelle conclusioni della Procura Generale depositate ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., si è in presenza di un provvedimento di sospensione emesso in un giudizio di impugnazione di delibera condominiale di riparto delle spese e dei danni, il cui decisum è contenuto nella sentenza n. 9235/2018 del Tribunale di Roma, le cui statuizioni - segnatamente interessanti il rapporto tra il principio di solidarietà contemplato dall’art. 2055 c.c. ed il criterio previsto dall’art. 1126 c.c. - sono state oggetto di impugnazione da parte della stessa ricorrente. È evidente che nel procedimento di impugnazione di delibera assembleare di approvazione e di riparto per la riscossione di spese condominiali il giudice deve limitarsi a verificare la validità della stessa delibera, con la conseguenza che tra la controversia avente ad oggetto la debenza delle somme di cui alla delibera impugnata e quella introdotta da un terzo nei confronti del Condominio per ricevere le medesime somme e quindi fondata su un diverso titolo non sussiste nessun rapporto di pregiudizialità necessaria. Va, infatti, tenuto conto che il diritto di credito del Condominio alla corresponsione delle quote di spesa afferenti alle cose comuni non sorge con la delibera assembleare che ne approva il riparto, ma inerisce alla gestione dei beni e servizi comuni, sicché l’eventuale venir meno della statuizione che ha deciso su dette spese e danni rispetto al terzo, se implica - in fatto - la perdita di efficacia della predetta delibera che proprio dette spese aveva ripartito fra i condomini, non comporta anche l’insussistenza del diritto del Condominio di pretendere la contribuzione alle spese per i beni e servizi comuni. D’altro canto, l’eventuale contrasto tra giudicati che potrebbe, in ipotesi, verificarsi in seguito al rigetto della domanda del terzo e all’accoglimento della impugnativa della delibera, potrebbe essere superato in sede esecutiva, facendo valere la perdita di efficacia della delibera condominiale impugnata. Sicché nessun rapporto di pregiudizialità giuridica sussiste fra i due giudizi che al più può essere ritenuta meramente logica. Pertanto, ha errato il Tribunale a disporre, a fronte della opposizione di parte ricorrente, la sospensione necessaria del processo di impugnazione della delibera assembleare, motivandolo con l’applicazione dell’art. 295 c.p.c., quando nella causa pregiudicante era già intervenuta sentenza di primo grado, di riconoscimento del credito in forza della quale il Condominio aveva indetto e deliberato in assemblea le spese ed i danni ivi riconosciuti. Il giudice avrebbe potuto sospendere il processo dipendente, ma ai sensi dell’art. 337 c.p.c., ove non avesse inteso riconoscere l’autorità dell’altra decisione sulla base, cioè, di una valutazione della plausibile controvertibilità che il confronto tra la decisione intervenuta e la critica che ne è stata svolta con l’atto di appello abbia fatto emergere. È da escludersi, quindi, che possa determinarsi tra l’emittente sentenze del Tribunale e della Corte di appello un conflitto di giudicati, condizione indispensabile per l’applicabilità dell’art. 295 c.p.c., perché la decisione relativa al rapporto preteso pregiudicante, se difforme dalla decisione di primo grado, una volta divenuta definitiva, ha effetto sostitutivo immediato nel giudizio in corso davanti al Tribunale. Ne consegue l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del provvedimento impugnato. Le spese del regolamento vanno rimesse alla determinazione del Tribunale di Roma, dinanzi al quale la causa proseguirà, previa riassunzione nel termine di legge. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa l’ordinanza impugnata e, previa riassunzione nel termine di legge, rimette le parti, per la prosecuzione del processo, dinanzi al Tribunale di Roma, anche per la regolamentazione delle spese di questa fase.