Condominiale il cortile comune a più edifici

Uno dei problemi più frequenti in ambito condominiale riguarda l'individuazione dei beni comuni. La riforma del condominio, riscrivendo l'art. 1117 del codice civile, sembra aver aumentato le criticità. Il problema di fondo è semplice poiché l'elenco dei beni condominiali non ha natura tassativa, bensì indicativa, ciascuno è portato ad interpretare la norma a proprio uso e consumo.

La situazione si complica quando, come nel caso in esame, la società costruttrice, a prescindere dalla propria buona o cattiva fede, vende ad un singolo cliente-condomino un bene in odore di condominialità. In tal caso c'è il fondato pericolo che, a farne le spese, sia l'ignaro acquirente destinato a perdere il proprio investimento. L'acquirente, infatti, se aggredito dal condominio, ben difficilmente potrà rifarsi sul costruttore-venditore che, il più delle volte, terminata l'operazione immobiliare ed incassato il prezzo, mette la società in liquidazione. Così la Cassazione con ordinanza n. 3852/20, depositata il 17 febbraio. L'antefatto. Tutto parte nei ruggenti anni '80, quando l'Immobiliare Bellaria costruisce un complesso immobiliare composto da cinque corpi di fabbrica dotati di un'area scoperta su cui, successivamente, alcuni condòmini realizzano alcuni box auto. La società costruttrice vende le singole unità residenziali ai propri clienti dando vita al Condominio Bellaria l'area residua posta tra i cinque edifici viene trasferita nel 1997 alla Società Novedil che fraziona l'area in due parti di cui una viene venduta, nel 2005, ad un terzo. Nel 2006 il Condominio Bellaria cita in giudizio il terzo acquirente dell'area scoperta chiedendo al Tribunale di voler accertare la natura condominiale del bene. La parte convenuta, ovviamente, cerca di far valere le proprie ragioni sostenendo che il Condominio non potrebbe accampare alcun diritto sull'area in contestazione non avendo un titolo trascritto sostiene, di conseguenza, di essere acquirente in buona fede del bene e cita in garanzia la società venditrice Novedil. La posizione del giudice di merito. Il Tribunale, nel 2012, accoglie la domanda del Condominio. L'iter logico seguito dal giudice di primo grado è semplice con la costituzione del condominio, l'area di sedime è diventata condominiale per cui la società realizzatrice non avrebbe potuto vendere il bene di natura condominiale ad un terzo. A distanza di due anni ovvero nel 2014 la Corte d'Appello conferma il verdetto di primo grado. La Corte territoriale ritiene che l'area in contestazione fosse del Condominio tanto è vero che alcuni condòmini avevano realizzato su di essa dei box auto senza che la Società avesse alcunché da eccepire. In sostanza, se i condòmini si appropriano dell'area e non vi è alcuna reazione da parte della Società costruttrice, vuol dire che l'area è condominiale. Cosa si intende per cortile. La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, resa pubblica mediante deposito in cancelleria il successivo 17 febbraio 2020, conferma il verdetto. Il punto di partenza è dato dalla definizione di cortile”. Piazza Cavour prende atto che il compendio immobiliare è composto da cinque corpi di fabbrica distinti e separati nonché da un'area esterna. Tale area, parzialmente alberata, era stata utilizzata da alcuni condomini per la realizzazione di alcuni box auto l'area scoperta non solo garantiva area e luce alle singole unità immobiliari ma, di fatto, veniva utilizzata per consentire l'accesso ai singoli edifici. Tali elementi portano la Cassazione ad equiparare l'area scoperta in contestazione ad un cortile” comune ai cinque edifici. I punti cruciali della vicenda. La Cassazione sottolinea alcuni punti fondamentali della questione. Primo punto il condominio si costituisce con la vendita della prima unità immobiliare con il primo atto definitivo di compravendita, quindi, partono le presunzioni sulla condominialità dei beni. Secondo punto ove l'impresa realizzatrice e venditrice delle singole unità immobiliari non si sia espressamente riservata, all'interno dei singoli atti di vendita, la proprietà di un'area, essa, con la costituzione del condominio, diventa automaticamente condominiale. Terzo punto l'art. 1117 c.c. viene interpretato in senso estensivo e non tassativo di conseguenza, l'area scoperta circostante i fabbricati condominiali, anche se non espressamente indicata nell'elenco dei beni comuni, ex art. 1117 c.c., viene, essa stessa, considerata come un bene condominiale perché posta al servizio dei vari edifici. Quarto punto grava sul singolo condomino l'onere di dimostrare di essere proprietario esclusivo del bene quale il cortile incluso espressamente o per relationem nell'elenco dei beni comuni ex art. 1117 c.c., non essendo rilevante, al riguardo, il regolamento di condominio, le tabelle millesimali, né i dati catastali ove il singolo condomino non sia in grado di fornire tale prova, il bene si intende di natura condominiale Cass., Sez. II, 7 maggio 2010, n. 11195 18 aprile 2002, n. 5633 15 giugno 2001 n. 8152 4 aprile 2001 n. 4953 . Quinto punto la circostanza che gli atti di vendita delle singole unità immobiliari e le relative note di trascrizione non contengano l'indicazione dei beni condominiali – o bel bene in contestazione - non serve a superare la presunzione di condominialità ex art. 1117 c.c I principi enunciati. Nella sentenza in commento vengono enunciati i seguenti principi di diritto L'individuazione delle parti comuni ex art. 1117 c.c., non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato origine al condominio”. La comproprietà delle parti comuni dell'edificio indicate nell'art. 1117 c.c. sorge nel momento in cui più soggetti divengono proprietari esclusivi delle varie unità immobiliari che costituiscono l'edificio, sicché, per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto [] la situazione condominiale è opponibile ai terzi”.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 22 ottobre 2019 – 17 febbraio 2020, n. 3852 Presidente San Giorgio – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione P.E. ha proposto ricorso articolato in sei motivi avverso la sentenza n. 1789/2014 della Corte d’appello di Torino, depositata il 10 ottobre 2014. Resistono con controricorso il Condominio omissis e i singoli condomini, ad eccezione di S.A. e dell’altra intimata Novedil s.r.l., che non hanno svolto attività difensive. Il giudizio ebbe inizio con la domanda del 2 agosto 2006 proposta dal Condominio O missis e dai singoli condomini nei confronti della condomina P.E. , volta ad ottenere l’accertamento della proprietà condominiale del sedime di cui ai mappali omissis , derivanti dal frazionamento operato nel 2005 del mappale omissis . Tale area, adibita dal Condominio a parco alberato ed area di manovra, era stata interessata nel febbraio 2005 da una recinzione, dalla costruzione di un muro e da altri interventi di sistemazione. Si era quindi appurato che il mappale era intestato alla Novedil s.r.l., la quale aveva provveduto al frazionamento e rivenduto il mappale ad P.E. con atto del 24 giugno 2005. P.E. dedusse che il proprio titolo riportava l’acquisto effettuato il 19 aprile 1981 dalla dante causa Novedil s.r.l., la quale aveva a sua volta comprato dalla Nuova Bellaria. La convenuta chiese perciò accertarsi la sua proprietà, acquisita per contratto o per usucapione, ed agì in garanzia verso Novedil s.r.l. L’adito Tribunale di Alessandria, sezione distaccata di Novi Ligure, con sentenza del 6 luglio 2012, accolse le domande del Condominio , dichiarando di proprietà comune agli attori il sedime omissis . Il primo giudice accertò che le singole unità incluse nel complesso immobiliare costruito dalla Immobiliare Bellaria 77 s.p.a. poi Nuova Bellaria s.p.a. erano state vendute a far tempo da giugno 1982. Il mappale XXX era stato invece venduto dalla Nuova Bellaria s.p.a. alla Novedil s.r.l. con atto del 20 giugno 1997. Novedil s.r.l. aveva quindi dapprima frazionato il mappale e poi rivenduto il mappale XXX ad P.E. con l’atto del 24 giugno 2005. Per il Tribunale, la vendita da Nuova Bellaria s.p.a. a Novedil s.r.l. del giugno 1997 era perciò relativa a cosa di cui l’alienante non poteva più disporre, trattandosi di area condominiale. P.E. propose gravame, respinto dalla Corte d’appello di Torino con sentenza del 10 ottobre 2014. I giudici di secondo grado dichiararono inammissibile per novità la questione dedotta dall’appellante circa l’inopponibilità dei titoli trascritti prima della compravendita da Nuova Bellaria s.p.a. a Novedil s.r.l. del 20 giugno 1997, giacché le relative note non recavano menzione della comunione del mappale . La Corte d’appello affermò altresì che le alienazioni da Nuova Bellaria 80 s.p.a. ai primi acquirenti determinavano sufficientemente l’oggetto come comprensivo del mappale . Dall’esame della documentazione, la Corte di Torino trasse anche il convincimento che la Nuova Bellaria, quanto meno dal 1987, non avesse più la proprietà di alcuna porzione insistente sul mappale , sul quale si era insediato il Condominio, al punto che nel 1994 i condomini utilizzarono parte dell’area per costruire box auto. Venne poi ritenuto irrilevante il regolamento di condominio prodotto, in quanto disciplinante soltanto i rapporti fra il Condominio ed il Supercondominio Consorzio. La prova della proprietà dell’area rivendicata venne desunta nella sentenza impugnata sulla base della comune provenienza degli immobili dall’unica proprietaria originaria Immobiliare Bellaria 77 s.p.a. poi Nuova Bellaria s.p.a. . La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. I. Il primo motivo del ricorso di P.E. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 167 e 345 c.p.c., assumendo che l’eccezione della inopponibilità della comproprietà del mappale era stata proposta già nella comparsa di risposta del 28 novembre 2006. Il secondo motivo del ricorso di P.E. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., artt. 948 e 2697 c.c., sostenendosi che spettava agli attori fornire la prova di un proprio valido titolo di acquisto del mappale . Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 2644, 2659, 2697 e 2826 c.c. Si assume che, una volta eccepita dalla convenuta in rivendica la mancanza di un titolo trascritto, e perciò opponibile, relativo al mappale , spettava agli attori provare la loro proprietà. Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 2659, 2697 e 2826 c.c. Qui si evidenzia la indeterminatezza del riferimento al mappale nei contratti di acquisto dei condomini. Il quinto motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 115 c.p.c. e all’art. 2697 c.c., in quanto la Corte d’appello ha fatto riferimento in sentenza alle risultanze della Convenzione con il Comune di Pasturana del 24 novembre 1975, documento che è stato citato nella relazione di CTU ma non è mai stato ritualmente prodotto dalle parti in giudizio. Il sesto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 934, 936 e 1362 c.c., per la rilevanza deduttiva, orientata nel senso della precedente alienazione della proprietà, che la Corte di Torino ha attribuito alla mancata reazione della Nuova Bellaria 80 s.p.a. alla costruzione dei garages attuata dal Condominio nel 1994 si contrappone che, se la Nuova Bellaria 80 s.p.a., come sostiene la ricorrente, era, in realtà, all’epoca proprietaria del fondo, non avrebbe avuto interesse alcuno a reagire all’edificazione, che la avrebbe beneficiata mediante accessione. II.1. Devono esaminarsi pregiudizialmente il primo ed il quinto motivo di ricorso, che denunciano errores in procedendo. Quanto al primo motivo, al di là della tempestività del rilievo della eccezione, che la ricorrente assume già svolto nella comparsa di costituzione in primo grado, va detto che questa Corte ha di recente riconosciuto che la questione relativa alla mancata trascrizione di un atto ed alla conseguente opponibilità dello stesso ai terzi acquirenti, non costituisce oggetto di un’eccezione in senso stretto, quanto di un’eccezione in senso lato, sicché il suo rilievo non è subordinato alla tempestiva allegazione della parte interessata, ma rimane ammissibile indipendentemente dalla maturazione delle preclusioni assertive o istruttorie Cass., Sez. 2, 19/03/2018, n. 6769 . Va tuttavia ritenuto che la violazione degli artt. 112, 167 e 345 c.p.c., denunciata nel primo motivo di ricorso, debba ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, essendo comunque il giudice del merito pervenuto ad un dispositivo conforme a diritto, come si chiarirà a proposito degli altri motivi di impugnazione. La Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha, invero, il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo , sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto cfr. Cass. Sez. U, 02/02/2017, n. 2731 Cass. Sez. 2, 01/02/2010, n. 2313 . Il quinto motivo è invece inammissibile. Con esso di deduce che il giudice di appello abbia tratto elementi di convincimento da un documento la Convenzione 24 novembre 1975 non prodotto dalle parti ed invece acquisito dal consulente tecnico di ufficio. A parte le carenze di specifica indicazione del contenuto del documento di cui la ricorrente lamenta l’irregolare acquisizione, come delle ragioni per le quali lo stesso si sarebbe rivelato decisivo nella valutazione del consulente tecnico d’ufficio, la censura imponeva, in forza dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di specificare l’atto delle pregresse fasi di merito in cui l’eccezione di nullità dell’acquisizione documentale era stata sollevata tempestivamente ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 2, nonché riproposta in sede di precisazione delle conclusioni ed in appello , dovendo, in mancanza, ritenersi sanata la nullità, avendo la stessa carattere relativo Cass. Sez. 3, 15/05/2018, n. 11752 Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23896 Cass. Sez. L, 28/07/1994, n. 7036 . II. 2. Secondo, terzo, quarto e sesto motivo di ricorso vanno poi trattati congiuntamente, in quanto connessi tali doglianze non rivelano immediata e piena riferibilità alle rationes decidendi su cui poggia la pronuncia della Corte d’Appello di Torino, limitandosi a censurare una serie di profili che risultano inidonei a determinare la cassazione della sentenza impugnata. Le quattro censure in esame vertono tutte 1 sulla distribuzione dell’onere della prova della proprietà del mappale poi divenuto mappale XXX nei rapporti tra Condominio e condomini rivendicanti, da un lato, e convenuta, dall’altro, la quale vanta un proprio titolo di derivazione contrattuale 2 sulla inopponibilità per difetto di trascrizione dei titoli di acquisto degli altri condomini 3 sulla indeterminatezza dell’oggetto di tali titoli, per mancato espresso riferimento all’area in contesa. I motivi, all’evidenza, non si confrontano così con l’art. 1117 c.c., che è invece la norma di legge dirimente della concreta fattispecie e posta alla base delle ragioni, in fatto e in diritto, della decisione impugnata. La Corte d’appello di Torino, e prima ancora il Tribunale di Alessandria, sezione distaccata di Novi Ligure, hanno fatto risalire la costituzione del Condominio al giugno 1982 ed hanno individuato l’area XXX come parte comune, giacché pertinenza scoperta delle unità immobiliari, in parte successivamente destinata ad autorimesse. I titoli di alienazione da Nuova Bellaria ‘80 s.p.a. facevano, peraltro, espresso riferimento al mappale . Si ha riguardo ad uno spazio esterno adiacente ai cinque fabbricati del Condominio , adibito a parco alberato ed ad area di manovra per i veicoli, dunque astrattamente utilizzabile per consentire l’accesso agli stessi edifici, e perciò da qualificare come cortile, ai fini dell’inclusione nelle parti comuni dell’edificio elencate dall’art. 1117 c.c. L’area esterna di un edificio condominiale, con riguardo alla quale manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, va ritenuta di presunta natura condominiale, ai sensi dell’art. 1117 c.c. solo tra le più recenti, cfr. Cass. Sez. 2, 14/06/2019, n. 16070 Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4687 Cass. Sez. 6 - 2, 08/03/2017, n. 5831 Cass. Sez. 2, 31/08/2017, n. 20612 Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712 . Si intende, peraltro, come cortile, agli effetti dell’art. 1117 c.c., qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma anche comprensiva dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi - sebbene non menzionati espressamente nel medesimo art. 1117 c.c. Cass. Sez. 2, 09/06/2000, n. 7889 . La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 c.c. e ss., si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto. Secondo le emergenze documentali menzionate dai giudici del merito, il Condominio era sorto nel giugno 1982, allorché le unità abitative con i relativi terreni pertinenziali erano state vendute dalla Nuova Bellaria 80 s.p.a. e si era quindi avuto l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprietà. Originatasi a tale epoca la situazione di condominio edilizio, dallo stesso momento doveva intendersi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione pro indiviso di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero - in tale momento costitutivo del condominio - destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio Cass. Sez. 2, 18/12/2014, n. 26766 . Mancando nel titolo originario una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente alla Nuova Bellaria 80 s.p.a. la proprietà dell’area scoperta mappale secondo interpretazione del contenuto negoziale di esso costituente apprezzamento di fatto, perciò rimesso ai giudici del merito , quest’ultima non poteva poi validamente disporre della stessa area cortilizia come proprietario unico di detto bene in favore della Novedil nel 1997. È consolidato l’orientamento di questa Corte ad avviso del quale spetta al condomino, che pretenda l’appartenenza esclusiva di un bene, quale appunto un cortile, compreso tra quelli elencati espressamente o per relationem dall’art. 1117 c.c., dar prova della sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario non essendo determinanti, a tal fine, nè le risultanze del regolamento di condominio, nè l’inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino, nè i dati catastali in difetto di tale prova, infatti, deve essere affermata l’appartenenza dei suddetti beni indistintamente a tutti i condomini Cass. Sez. 2, 07/05/2010, n. 11195 Cass. Sez. 2, 18/04/2002, n. 5633 Cass. Sez. 2, 15/06/2001, n. 8152 Cass. Sez. 2, 04/04/2001, n. 4953 . Vanno pertanto enunciati i seguenti principi, che confutano le ragioni esposte nel secondo, terzo, quarto e sesto motivo di ricorso. 1 L’individuazione delle parti comuni - come, nella specie, i cortili o qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti o sia destinata a spazi verdi, zone di rispetto, parcheggio di autovetture - operata dall’art. 1117 c.c. non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali cfr. Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7449 . 2 La comproprietà delle parti comuni dell’edificio indicate nell’art. 1117 c.c. sorge, invero, nel momento in cui più soggetti divengono proprietari esclusivi delle varie unità immobiliari che costituiscono l’edificio, sicché, per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprietà esclusiva - i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, le parti comuni - la situazione condominiale è opponibile ai terzi dalla data dell’eseguita formalità Cass. Sez. 2, 09/12/1974, n. 4119 . Non ha perciò alcun rilievo il contenuto degli atti traslativi Nuova Bellaria 80 - Novedil e poi Novedil - P. , non potendo essi valere quale titolo contrario ex art. 1117 c.c., nè validamente disporre della proprietà esclusiva dell’area oggetto di lite, ormai compresa fra le proprietà comuni rimanendo nulla, al contrario, la clausola, contenuta nel contratto di vendita di un’unità immobiliare di un condominio, con la quale venga esclusa dal trasferimento la proprietà di alcune delle parti comuni cfr. Cass. Sez. 2, 29/01/2015, n. 1680 . Nè la circostanza che gli atti di vendita tra Nuova Bellaria 80 e i diversi condomini acquirenti delle singole unità immobiliari, come le correlate note di trascrizione, non contenessero espressa menzione del trasferimento della comproprietà dell’area comune segnata dal mappale XXX è in alcun modo sufficiente a superare la presunzione posta dall’art. 1117 c.c., la quale, al contrario, comporta che all’atto stesso consegua l’alienazione, unitamente alla porzione esclusiva, della corrispondente quota di condominio su dette parti comuni. Stando, infatti, al consolidato orientamento di questa Corte, una volta accertata la sussistenza di una situazione di condominio di edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio accessorium sequitur principale , alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria Cass. Sez. 2, 06/03/2019, n. 6458 Cass. Sez. 6 - 2, 26/10/2011, n. 22361 Cass. Sez. 2, 27/04/1993, n. 4931 . 3 La presunzione legale di proprietà comune di parti del complesso immobiliare in condominio, che si sostanzia sia nella destinazione all’uso comune della res, sia nell’attitudine oggettiva al godimento collettivo sulla base di una valutazione da compiere nel momento in cui ha luogo la formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali , dispensa, quindi, il condominio dalla prova del suo diritto, ed in particolare dalla cosiddetta probatio diabolica come invece erroneamente assumono il secondo ed il terzo motivo di ricorso . Ai condomini che agiscono in rivendica di parti comuni riconducibili all’art. 1117 c.c. basta dimostrare la rispettiva proprietà esclusiva nell’ambito del condominio per provare anche la comproprietà di quei beni che tale norma contempla. Ne deriva che quando un condomino pretenda l’appartenenza esclusiva di uno dei beni indicati nell’art. 1117 c.c., è onere dello stesso condomino, onde vincere detta presunzione, dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva, senza che a tal fine sia rilevante il proprio titolo di acquisto, o quello del relativo proprio dante causa, ove non si tratti, come nella specie, dell’atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall’iniziale unico proprietario che non si era riservato l’esclusiva titolarità dell’area arg. da Cass. Sez. 2, 07/06/1988, n. 3862 Cass. Sez. 2, 05/12/1966, n. 2834 . In tale contesto di ripartizione degli oneri probatori, non riveste chiaramente alcuna decisività la critica che il sesto motivo di ricorso rivolge al rapporto logico deduttivo che la Corte di Torino ha posto tra la mancata reazione della Nuova Bellaria s.p.a. alla costruzione dei garages del 1994 e la non appartenenza dei suoli alla società, essendo stata raggiunta la prova della titolarità dell’area in contesa del tutto indipendentemente dal denunciato apprezzamento basato sull’id quod plerumque accidit. III. Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, in favore dei controricorrenti, mentre non deve provvedersi al riguardo per le intimate Novedil s.r.l. ed S.A. , che non hanno svolto attività difensive. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi ddel D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater - da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute in questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.