Come si forma un condominio

La rimodellazione” del Condominio, includendo ed escludendo corpi di fabbrica, può essere oggetto di domanda giudiziale non essendo di competenza esclusiva dei condomini.

Questo, tra gli altri, il principio di diritto espresso in una complessa sentenza della Corte di Cassazione sentenza n. 23001/19, depositata il 16 settembre afferente a numerosissimi diciassette motivi di reclamo proposti dai soccombenti avverso una decisione della Corte di Appello di Torino. In particolare, la disputa riguardava l’impugnazione di una delibera assembleare con la quale, la società ricorrente, si era vista attribuire il concorso alle spese di gestione della galleria commerciale adiacente al fabbricato condominiale e del sottostante parcheggio. Tali beni esterni al Condominio, asseriva la ricorrente, non potevano riguardarla sia alla stregua degli artt. 5 e 7 del regolamento del supercondominio, e sia perché da essi la ricorrente stessa non traeva alcuna utilità. Il Tribunale di Biella accolse la domanda dichiarando nulla la delibera impugnata. Non solo i condomini ma anche il giudice può definire la conformazione del condominio. Il Giudice di secondo grado, la Corte d’Appello di Torino, viceversa, modificava tale decisione rilevando come sia inammissibile la domanda delle parti ove diretta a revocare una diversa conformazione dell’edificio condominiale . Ad avviso dei Giudici di secondo grado, infatti, il giudice non ha alcun potere per formare” il Condominio, dal momento che tale potere apparterrebbe solo ai condomini in sede di eventuale modifica della struttura condominiale e quindi regolamentare. La Cassazione, quale Giudice della legittimità, come detto ribaltava tale orientamento asserendo, come detto in precedenza, che non solo i condomini ma anche il decidente, su espressa domanda a lui rivolta, può stabile l’appartenenza o meno di una parte in questo caso galleria commerciale e sottostante parcheggio al Condominio. In particolare, la Suprema Corte ribadiva come non sia condivisibile la sentenza impugnata quando afferma che la domanda giudiziale di una parte non possa provocare una diversa conformazione dell’edificio condominiale , e che pure sia errato ritenere che la rimodellazione del Condominio, includendo ed escludendo corpi di fabbrica , non può essere oggetto di domanda giudiziale, dal momento che essa è di competenza esclusiva dei condomini in sede di eventuale modifica della struttura condominiale così come asserito dalla Corte di appello piemontese. Al pari del Condominio, osserva in proposito la Cassazione, anche il c.d. supercondominio viene in essere ipso iure”, senza bisogno di manifestazioni di volontà di tutti i proprietari, solo che i singoli edifici abbiano in comune tali cose impianti e servizi legati quali ad esempio il pino di ingresso, locali per la portineria, impianto centrale per il riscaldamento etc Occorre l’unanimità dei condomini per decidere cosa faccia parte o meno del condominio. Secondo la Suprema Corte, pertanto, i regolamenti approvati a maggioranza, seppure della quasi totalità dei condomini”, sono diretti a disciplinare la conservazione e l’uso delle parti comuni, ma le loro disposizioni non possono incidere nella estensione e sulla consistenza dei diritti di proprietà e di condominio di ciascun condomino, essendo necessaria a tale fine l’unanimità dei condomini, come in ogni decisione che riguardi i diritti soggettivi degli stessi. Le clausole che decidono in ordine alla proprietà esclusiva, per dirlo ancora più chiaramente, rivestono natura convenzionale e possono, secondo la Cassazione, trarre validità ed efficacia solo dalla specifica approvazione di ciascun degli interessati. Per le domande afferenti la condominialità o meno di alcune parti occorre la presenza nel processo di tutti i condomini. Ulteriore conseguenza di tale ragionamento, secondo la sentenza commentata, è che esula dai limiti della legittimità passiva dell’amministratore una domanda volta ad ottenere l’accertamento della condominialità o meno, di un bene. Tale domanda infatti prevede per poter essere correttamente discussa il litisconsorzio necessario di tutti i condomini. Afferma ancora la Corte, nel decidere il caso di specie, come la regola di attribuzione di cui all’art. 1117 c.c. non è applicabile qualora, come nel caso di specie, non si parli di oggetto di proprietà comune, ma piuttosto come nel caso di specie di sotterranei per autorimesse e galleria commerciale , che non costituiscono parti dell’edificio condominiale soggetto presunzione legale di proprietà comune espresso dall’articolo in oggetto. La presunzione di cui all’art. 1117 c.c. non si applica alla galleria commerciale ed ai locali per autorimesse. Nel caso delle parti in questione, pertanto, non essendo sufficiente per considerarle condominiali o meno la volontà espressa in assemblea non da tutti i condomini, e non potendosi rifare alla presunzione ex art. 1117 c.c., per stabilirne la natura privata o condominiale occorrerà in giudizio fornire debita prova partendo ad esempio dall’esame dei titoli di acquisto e dalle eventuali convenzioni. Non è sufficiente per stabilire la loro natura, osserva infine la Corte, quanto affermato nel regolamento condominiale, che non costituisce un titolo di proprietà a meno che sia stato approvato o accettato con il consenso individuale di tutti i condomini.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 5 luglio – 16 settembre 2019, n. 23001 Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa La Compagnie francaise d’Assurance pour le commerce exterieur sa già Coface Assicurazioni S.p.a. già Coface Service S.p.a. ha proposto ricorso articolato in diciassette motivi avverso la sentenza n. 1500/2015 della Corte di Appello di Torino, depositata il 4 agosto 2015. Il Condominio omissis resiste con controricorso. Con ricorso del 26 novembre 2010, la Coface Service s.p.a. convenne dinanzi al Tribunale di Biella il Condominio omissis , esponendo di essere proprietaria di alcune unità immobiliari, adibite ad uffici, site all’interno del Condominio convenuto, e lamentando che l’assemblea condominiale in data 28 ottobre 2010 aveva deliberato l’approvazione del preventivo relativo al 2011, nel quale si era previsto a carico dell’attrice il concorso altresì alle spese di gestione della galleria commerciale adiacente al fabbricato condominiale e del sottostante parcheggio denominato autorimessa , beni non riferibili alla Coface Service, alla stregua degli artt. 5 e 7 del regolamento del supercondominio e dalle quali la stessa non traeva alcuna utilità. La Coface Service deduceva altresì l’erroneità della quota millesimale attribuitale, la nullità del regolamento del supercondominio, perché non accettato dal condomino O.G. , e la nullità del regolamento del condominio omissis approvato dall’assemblea del 18 febbraio 2005. Il convenuto Condominio omissis chiese il rigetto dell’impugnazione di delibera ed oppose la validità del regolamento del condominio omissis approvato dall’assemblea del 18 febbraio 2005 all’unanimità dei presenti 855,76 millesimi , in seguito allo scioglimento del supercondominio Centro i Giardini, costituente integrazione del regolamento di supercondominio gli artt. 5 e 7 di tale regolamento esonerano dal concorso alle relative spese le sole unità immobiliari site nelle . In corso di causa fu adottata nuova delibera assembleare in data 20 settembre 2012, che riconobbe alla Coface Service la quota di 39,39 e non di 89,39 millesimi e approvò un diverso rendiconto per le annualità dal 2008 al 2011. Il Tribunale di Biella, con sentenza del 13 maggio 2014, dichiarò nulla la delibera impugnata. Il Condominio OMISSIS propose appello, che venne accolto con sentenza n. 1500 del 4 agosto 2015 dalla Corte di appello di Torino, la quale, tra l’altro, affermò 1 che il Regolamento di supercondominio del 24 luglio 2000 era stato validamente votato da un’assemblea autoconvocatasi e approvato all’unanimità dei presenti, pari alla quasi totalità dei condomini, vincolando perciò anche la Coface 2 che tale primo regolamento era rimasto valido ed efficace, ad esso affiancandosi dal 2005 in seguito allo scioglimento nei tre condomini omissis , omissis e omissis , per le parti comuni soltanto ad esso appartenenti, il nuovo regolamento del Condominio omissis 3 che fosse conforme alle tabelle regolamentari ed alle destinazioni d’uso approvate dai due regolamenti assembleari la impugnata deliberazione del 28 ottobre 2010, relativa all’approvazione del preventivo spese 2011, quanto in particolare al concorso della Coface agli oneri riguardanti la galleria ed i parcheggi sotterranei. La Corte di Torino ritenne inammissibile la domanda ove diretta a provocare una diversa conformazione dell’edificio condominiale, tale da escludere da esso quei corpi di fabbrica che lo specifico condomino ritiene estranei . Ad avviso dei giudici di secondo grado, invece, la rimodellazione del Condominio, includendo od escludendo corpi di fabbrica, non può essere oggetto di domanda giudiziale, dal momento che essa è di competenza esclusiva dei condomini in sede di eventuale modifica della struttura condominiale, e quindi regolamentare. Il giudice non ha alcun potere per ‘formarè il Condominio il giudice, preso atto della scelta insindacabile dei costituenti il condominio, si limita alla verifica di legittimità delle decisioni assunte . In fatto, peraltro, la Corte d’Appello aggiunse che l’unità immobiliare di proprietà esclusiva Coface, ubicata negli edifici omissis , alla stregua della planimetria allegata nel regolamento del 2005, fosse inclusa nell’edificio che comprende anche la galleria e le autorimesse sotterranee, a nulla rilevando che essa non utilizzasse tali spazi. La ricorrente Compagnie francaise d’Assurance pour le commerce exterieur sa ed il controricorrente Condominio omissis hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c. Motivi della decisione Occorre pregiudizialmente disattendere l’eccezione di inammissibilità della procura sollevata dal controricorrente. La procura al difensore apposta a margine o come nella specie in calce al ricorso deve infatti considerarsi conferita, salvo diversa volontà, per il giudizio di cassazione e soddisfa perciò il requisito di specialità previsto dall’art. 365 c.p.c. La mancanza o le irregolarità della data si fa riferimento, in particolare, al luogo ove la stessa venne rilasciata neppure producono nullità della procura, atteso che la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza gravata si ricava dall’intima connessione con l’atto al quale accede, nel quale la sentenza è menzionata tra le tante, Cass. Sez. L, 05/11/2012, n. 18915 . Va infine considerato come la Coface s.a. fosse costituita già davanti alla Corte d’Appello di Torino in persona del rappresentante D.M.E. , il cui nome risulta indicato nella procura apposta in calce al ricorso per cassazione. Trova perciò applicazione il principio secondo cui l’ammissibilità del ricorso per cassazione, proposto da una società, non può essere contestata, sotto il profilo della mancanza di prove circa i poteri di rappresentanza della persona che ha conferito il mandato al difensore, qualora nelle pregresse fasi di merito la medesima persona sia stata in giudizio nella qualità di rappresentante dell’ente, senza che fosse formulata al riguardo tempestiva eccezione Cass. Sez. U, 01/02/2010, n. 2224 . I. Il primo motivo di ricorso della Compagnie francaise d’Assurance pour le commerce exterieur deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2719 c.c., per avere la Corte di appello erroneamente ignorato il disconoscimento - ribadito a pagina tre della comparsa di costituzione in appello - del regolamento condominiale e della delibera del 2005, nonché delle planimetrie ad esso allegate, ponendo tali atti a fondamento della sentenza ivi impugnata. Col secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione alle copie disconosciute dei documenti, in quanto l’erroneo utilizzo da parte della Corte di appello delle copie disconosciute dei documenti avversari avrebbe determinato l’illegittima ripartizione dell’onere della prova. I.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso della Compagnie francaise d’Assurance pour le commerce exterieur vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano inammissibili, in relazione al requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Deve, invero, considerarsi che, secondo costante orientamento di questa Corte, a norma dell’art. 2719 c.c., qualora venga prodotta in giudizio la copia fotostatica di una scrittura privata, la cui conformità all’originale non sia attestata dal pubblico ufficiale competente, l’efficacia probatoria dell’atto, sia quanto alla fedeltà della riproduzione che quanto alla scrittura ed alla sottoscrizione, e dunque al suo complessivo contenuto, rimane subordinata alla mancanza di uno specifico ed inequivoco disconoscimento operato, a norma degli artt. 214 e 215 c.p.c., nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla sua produzione cfr. le più recenti Cass. Sez. 2, 16/01/2018, n. 882 Cass. Sez. 2, 20/02/2018, n. 4053 Cass. Sez. 6 - 1, 13/06/2014, n. 13425 . Solo a seguito del tempestivo disconoscimento della fotocopia della scrittura privata, la parte che intende avvalersene è tenuta, quindi, a produrre l’originale o indicare la ragioni per cui non ne sia in possesso . In giurisprudenza, si è anche sostenuto che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia va operata in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica altresì degli aspetti per i quali si assume che la copia differisca dall’originale, risultandone altrimenti inalterata l’efficacia probatoria cfr. Cass. Sez. 3, 03/04/2014, n. 7775 Cass. Sez. 2, del 30/12/2009, n. 28096 . D’altro canto, pur ove sia espressamente negata la conformità di una copia all’originale, nei tempi e con le modalità disciplinati dagli artt. 214 e 215 c.p.c., non si avrebbero gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata che, in difetto di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura , in quanto non sarebbe impedito al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni nella sostanza, il disconoscimento della efficacia probatoria di una copia fotostatica da parte dell’interessato comunque non pone una preclusione formale al riconoscimento ed alla utilizzazione delle scrittura, ma rimane diretto unicamente ad impedire la conferma della rispondenza all’originale, così da non consentire l’utilizzazione della copia come mezzo di prova Cass. Sez. 3, 21/11/2011, n. 24456 Cass. Sez. 3, 21/04/2010, n. 9439 Cass. Sez. 2, 15/05/1987, n. 4479 . Nel caso in esame, la ricorrente ha genericamente affermato di aver disconosciuto i documenti prodotti dal Condominio convenuto con la successiva memoria e di aver poi reiterato tale disconoscimento nella comparsa di costituzione in appello. In tal modo, non viene adempiuto l’onere di indicazione, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, dell’atto processuale contenente uno specifico ed inequivoco disconoscimento del regolamento condominiale e della delibera del 2005, nonché delle planimetrie ad esso allegate, operato già nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla loro produzione, con riferimento altresì agli aspetti per i quali si assumeva che le copie differissero dagli originali. Tali carenze di specificità delle censure rendono le stesse inammissibili. II. Il terzo motivo di ricorso censura l’omesso esame in ordine al regime di proprietà condominiale o meno e quindi della natura condominiale o meno della galleria commerciale e dell’autorimessa , per non avere la sentenza impugnata accertato l’estraneità delle porzioni immobiliari di proprietà Compagnie francaise d’Assurance pour le commerce exterieur alla contitolarità della galleria e dell’autorimessa. Col quarto motivo la ricorrente lamenta la conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla medesima questione della condominialità della galleria e dell’autorimessa. II.1. I motivi terzo e quarto possono essere trattati congiuntamente, per la loro connessione, e risultano infondati. Va dapprima ribadito, a proposito del terzo motivo, come l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia . Nella specie, il fatto che la proprietà COFACE comprendesse anche il diritto di condominio su galleria ed autorimesse, trattandosi di beni inclusi nello stesso complesso edilizio costituente il Condominio OMISSIS , è stato, in realtà, comunque preso in considerazione dal giudice, nelle pagine da 39 a 42 della sentenza, e per tale ragione la Corte d’Appello ha chiamato la ricorrente a concorrere alle relative spese, ai sensi dell’art. 1123 c.c. Non c’è, dunque, omesso esame di fatto, nè c’è un’omissione di pronuncia su domande o eccezioni della ricorrente, la quale, in effetti, intende dolersi non di un difetto di attività del giudice di secondo grado, ma di come la Corte di Torino abbia risolto la questione oggetto di doglianza, in modo che si assume giuridicamente non corretto. quinto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione alle natura condominiale o meno della galleria e dell’autorimessa , atteso che il mancato accertamento da parte della Corte di appello dell’appartenenza delle porzioni immobiliari in questione alle parti comuni avrebbe erroneamente sollevato il Condominio dall’onere probatorio relativo, presupponendo la natura condominiale di tali beni in assenza di documenti e di un valido negozio giuridico recante unanime manifestazione di volontà. Il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 922 c.c. e dell’art. 1117 c.c., avendo la Corte di appello di Torino erroneamente applicato gli artt. 1117 e 922 c.c. alla galleria e all’autorimessa, in assenza di idoneo titolo negoziale che le qualificasse come parti comuni del Condominio omissis . III.1. Quinto e sesto motivo di ricorso, che possono esaminarsi unitamente, sono fondati nei termini di seguito specificati. Erra la sentenza impugnata quando afferma che la domanda giudiziale della Coface non potesse tendere a provocare una diversa conformazione dell’edificio condominiale e che la rimodellazione del Condominio, includendo od escludendo corpi di fabbrica, non può essere oggetto di domanda giudiziale, dal momento che essa è di competenza esclusiva dei condomini in sede di eventuale modifica della struttura condominiale, e quindi regolamentare . Sicché il giudice, preso atto della scelta insindacabile dei costituenti il condominio, si limita alla verifica di legittimità delle decisioni assunte . Così come erra la ricorrente, peraltro, a cercare nei regolamenti di condominio il titolo costitutivo della condominialità della galleria commerciale e dell’autorimessa. Al pari del condominio negli edifici, anche il c.d. supercondominio la cui figura è ora riconducibile all’art. 1117 bis c.c., norma poi introdotta dalla L. n. 220 del 2012, e che quindi non regola la fattispecie in esame , viene in essere ipso iure et facto , senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà di tutti i proprietari o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati quali, ad esempio, il viale d’ingresso, l’impianto centrale per il riscaldamento, i locali per la portineria, l’alloggio del portiere , attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota , ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati, cui spetta altresì l’obbligo di corrispondere gli oneri condominiali relativi alla loro manutenzione cfr. Cass. Sez. 2, 17/08/2011, n. 17332 Cass. Sez. 2, 31/01/2008, n. 2305 Cass. Sez. 2, 28/01/2019, n. 2279 . I regolamenti di supercondominio, di natura assembleare, quale quello del Centro i Giardini e poi del Condominio omissis , approvati a maggioranza, seppur dalla quasi totalità dei condomini , afferendo alla sfera della mera gestione, sono paradigmaticamente diretti a disciplinare la conservazione e l’uso delle parti comuni a più condominii, nonché l’apprestamento e la fruizione dei servizi comuni, e pertanto le loro disposizioni non possono incidere sull’estensione e sulla consistenza dei diritti di proprietà e di condominio di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni. Le clausole che, eventualmente inserite nel loro contesto, tendano a delimitare tali diritti, sia in ordine alle parti comuni, sia in ordine a quelle di proprietà esclusiva, rivestono natura convenzionale e possono, quindi, trarre validità ed efficacia solo dalla specifica accettazione di ciascuno degli interessati, espressa in forma scritta arg. da Cass. Sez. 2, 31/08/2017, n. 20612 Cass. Sez. 2, 21/05/2012, n. 8012 . D’altro canto, essendo il giudizio in esame una impugnazione di deliberazione assembleare ex art. 1137 c.c., va considerato come esula dai limiti della legittimazione passiva dell’amministratore una domanda volta ad ottenere l’accertamento della condominialità, o meno, di un bene, ai fini dell’art. 1117 c.c., giacché tale domanda impone il litisconsorzio necessario di tutti i condomini ne consegue che, nel giudizio di impugnazione avverso una delibera assembleare, in cui la legittimazione passiva spetta all’amministratore, l’allegazione dell’appartenenza o dell’estraneità di un bene alle parti comuni di un condominio può formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell’atto collegiale, ma privo di efficacia di giudicato in ordine all’estensione dei diritti reali dei singoli arg. da Cass. Sez. 2, 31/08/2017, n. 20612 . Tuttavia, è altresì noto come il nesso di condominialità, presupposto dalla regola di attribuzione di cui all’art. 1117 c.c., è ravvisabile in svariate tipologie costruttive, sia estese in senso verticale, sia costituite da corpi di fabbrica adiacenti orizzontalmente, purché le diverse parti siano dotate di strutture portanti e di impianti essenziali comuni, come appunto quelle res che sono esemplificativamente elencate nell’art. 1117 c.c., con la riserva se il contrario non risulta dal titolo . Elemento indispensabile per poter configurare l’esistenza di una situazione condominiale è rappresentato dalla contitolarità necessaria del diritto di proprietà sulle parti comuni dello edificio, in rapporto alla specifica funzione di esse di servire per l’utilizzazione e il godimento delle parti dell’edificio medesimo. Anzi, la condominialità si reputa non di meno sussistente pur ove sia verificabile un insieme di edifici indipendenti , e cioè manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, ciò ricavandosi dagli artt. 61 e 62 disp. att. c.c., che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui un gruppo di edifici si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi , sempre che restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dell’art. 1117 codice arg. ancora dal già citato art. 1117 bis c.c., introdotto dalla L. n. 220 del 2012 . Peraltro, verificare se un bene rientri, o meno, tra quelli necessari all’uso comune, agli effetti dell’art. 1117 c.c., ovvero appartenga ad un unico condominio complesso, costituito, come nella specie, da più fabbricati, in quanto gruppo di edifici che, seppur indipendenti, hanno in comune alcuni beni, suppone valutazioni in fatto, sottratte al giudizio di legittimità. Nella specie, la Corte d’Appello di Torino, nelle pagine 40 e 41 di sentenza, ha ravvisato l’applicabilità delle norme che disciplinano il condominio, perché il corpo di fabbrica, costituito dall’edificio e all’edificio , dove è ubicata l’unità immobiliare della ricorrente, non è strutturalmente indipendente dalla galleria e dall’autorimessa. Va tuttavia affermato che i locali sotterranei per autorimesse e la galleria commerciale non costituiscono parti dell’edificio condominiale soggette alla presunzione legale di proprietà comune di cui all’art. 1117 c.c. nella formulazione di tale norma, ratione temporis applicabile, antecedente alle modifiche introdotte dalla L. n. 220 del 2012 . Le autorimesse ed i locali commerciali, infatti, anche se situati come nella specie accertato dalla Corte di Torino nel perimetro dell’edificio condominiale, non sono inclusi fra quelli di proprietà comune elencati nel citato art. 1117 c.c. neppure sotto l’aspetto di parte dell’edificio necessaria all’uso comune e il condominio non può perciò giovarsi della relativa presunzione al fine di pretendere il contributo di ogni condomino alle relative spese di manutenzione, così come al condomino che adduca di non essere tenuto al detto contributo per non essere comproprietario di tali locali non incombe l’onere della relativa prova negativa onere probatorio positivo - che incombe invece al condomino il quale, in caso di parti dell’edificio comuni, per la presunzione stabilita dall’art. 1117 c.c., intenda vincere detta presunzione pretendendo la proprietà esclusiva . Al fine di accertare l’obbligo del condomino di sostenere in misura proporzionale le spese di manutenzione di un locale non incluso fra quelli di proprietà comune elencati nell’art. 1117 c.c., occorre, quindi, che sia data la prova dell’appartenenza di detti locali in proprietà comune e al fine anzidetto determinante è l’esame dei titoli di acquisto e delle eventuali convenzioni cfr. Cass. Sez. 2, 22/10/1997, n. 10371 Cass. Sez. 3, 17/08/1990, n. 8376 . Nè, ai fini dell’accertamento dell’appartenenza al condominio di galleria ed autorimesse sotterranee, può assumere rilievo il regolamento di condominio di formazione assembleare, o la planimetria ivi riportata, non costituendo il regolamento un titolo di proprietà, ove non si tratti di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini cfr. Cass. Sez. 2, 03/05/1993, n. 5125 . IV. Col settimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1136, 1421 e 2697 c.c. e dell’art. 66 disp. att. c.c. Si contesta la ricostruzione delle modalità di formazione del regolamento del supercondominio omissis , contenuta nella sentenza impugnata. Avrebbe errato la Corte di Torino a supporre che tale regolamento fosse stato depositato presso il notaio S. la scrittura privata venne piuttosto firmata dai condomini in giorni successivi davanti al notaio, senza che mai vi fosse stata una riunione assembleare, nè mai intervenne la firma del condomino O. . La censura contiene la trascrizione di passi di quel regolamento i sottoscritti dichiarano 1 di voler sottoporre a regime condominiale l’intero complesso edilizio in premessa descritto che viene convenzionalmente denominato omissis 2 di adottare quale Regolamento di supercondominio quello composto da n. 30 trenta articoli e corredato di planimetrie e tabelle millesimali che si allega alla presente scrittura sotto la lettera B . IV.1. Questo settimo motivo contiene una censura inammissibile. In realtà, la Corte d’appello ha definito il regolamento che venne depositato presso il notaio S. ad adesione progressiva di natura assembleare , recante una disciplina meramente regolamentare del condominio, senza incidere sui diritti soggettivi dei singoli condomini. Si chiariva in sentenza esso assume le proprietà comuni e quelle esclusive come altrettanti dati di fatto, non costituendo nè la comunione, nè l’esclusività dominicale . La Corte di Torino, alla luce dei principi enunciati a proposito dei motivi quinto e sesto di ricorso, ha quindi escluso che l’obbligo della Coface di partecipare alle spese per la autorimesse e la galleria commerciale trovasse fondamento nel regolamento del supercondominio omissis del luglio 2000, negando allo stesso una efficacia costitutiva della proprietà comune di tali beni il che, come prima chiarito, avrebbe imposto l’adozione di una convenzione approvata con il consenso di tutti i partecipanti alla comunione . In tale prospettiva, le critiche rivolte nel settimo motivo di ricorso, in ordine alle effettive modalità di formazione ed al contenuto del regolamento di supercondominio, non si indirizzano nei confronti di argomenti giuridicamente e logicamente rivolti a giustificare la decisione adottata dai giudici di secondo grado, sicché l’esame di tale censura non risulterebbe in nessun caso idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata. Sulla questione della validità del regolamento depositato presso il notaio S. , in definitiva, non c’era interesse della ricorrente a proporre impugnazione, per mancanza di un’obiettiva soccombenza connessa ad una statuizione del giudice d’appello capace di recare pregiudizio alla parte. V. Con l’ottavo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1135 e 1421 c.c. e dell’art. 68 disp. att. c.c., per avere la Corte di appello erroneamente considerato che i condomini, aderendo alla scrittura in deposito presso il notaio S. , avessero così approvato le tabelle millesimali senza il voto necessario di un’assemblea totalitaria. V.1. L’ottavo motivo di ricorso è inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, in quanto si contrappone ad un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, senza offrire elementi per mutare lo stesso. In tema di condominio, l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c., comma 2, Cass. Sez. 2, 25/10/2018, n. 27159 Cass. Sez. U, 09/08/2010, n. 18477 . VI. Il nono motivo censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 1138 c.c. e dell’art. 68 disp. att. c.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ravvisato l’esistenza di un regolamento ad adesione progressiva di natura assembleare proposto da taluno dei condomini e via via accertato da altri. Il che è perfettamente legittimo . Si tratterebbe di una nuova, ma inammissibile, fattispecie genetica di regolamento condominiale. Il decimo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1326 e 1332 c.c. ciò perché la scrittura autenticata dal notaio S. doveva qualificarsi come contratto plurilaterale privo di una firma essenziale. VI.1. Nono e decimo motivo sono inammissibili per la stessa ragione indicata per il settimo motivo la critica non è rivolta avverso una essenziale ed effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata e manca un interesse della ricorrente collegato ad un’obiettiva soccombenza sul punto. VII. L’undicesimo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. I giudici di secondo grado avrebbero erroneamente sostenuto che il regolamento di supercondominio sopravvivesse alla volontà dei partecipanti all’assemblea del 18 febbraio 2005, con cui venne sciolto il medesimo supercondominio e venne dotato ciascun condominio di una propria regolamentazione specifica. Col dodicesimo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1369 c.c. La Corte di appello avrebbe errato nell’affermare che il regolamento supercondominiale è rimasto valido ed efficace senza modificazione dei millesimi e per aver supposto una continuità della normativa Condominio omissis con il precedente regolamento. Il tredicesimo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1118 c.c., poiché la suddivisione dell’originario supercondominio in singoli e più piccoli supercondomini ha necessariamente alterato il rapporto tra le parti comuni di questi ultimi e l’unità immobiliare di ciascun condomino, compresa quella di Coface, senza che risulti che tale nuovo apporto sia mai stato nè calcolato nè approvato da alcun atto contrattuale od assembleare. Il quattordicesimo motivo censura l’omesso esame del fatto che la galleria commerciale e l’autorimessa sono state associate quoad gestionem al Condominio e non al Supercondominio ridotto . Il quindicesimo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 922, 1325, 1326, 1350, 1418 e 1421 c.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente rilevato che il regolamento del condominio e le relative tavole allegate alla Delib. 18 febbraio 2005 quale parte integrante , fossero stati validamente approvati solo da una parte dei condomini rappresentanti mm. 885,16 e nemmeno in forma scritta. Il sedicesimo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1135 c.c., per avere la Corte di Torino omesso di considerare che la Delib. 18 febbraio 2005 è stata adottata dall’assemblea del Supercondominio e non dall’assemblea del Condominio omissis . VII.1. I motivi dall’undicesimo al sedicesimo sono inammissibili analogamente a quanto spiegato per i motivi settimo, nono e decimo. La Corte d’appello ha affermato che pure il nuovo regolamento condominiale del 2005 non alterava la situazione di fatto precedente ed aveva mera natura assembleare. Non si trattava, dunque, ad avviso dei giudici di secondo grado, di una convenzione negoziale con cui i condomini intendevano modificare la portata dei loro rispettivi diritti di proprietà ed obblighi di spesa inerenti alla vita del condominio. Di conseguenza, le critiche rivolte nei motivi dall’undicesimo al sedicesimo neppure appaiono idonee a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, nè, a monte, investono questioni risolte in senso sfavorevole alla ricorrente. VIII. Il diciassettesimo motivo censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 c.c. Secondo la ricorrente, ritenuta la nullità della normativa regolamentare, la Corte d’Appello, dopo aver riconosciuto alla galleria e all’autorimessa natura condominiale, avrebbe comunque dovuto rilevare che l’unità immobiliare di Coface è totalmente autonoma rispetto alle due porzioni in questione. VIII.1. Il diciassettesimo motivo di ricorso rimane assorbito dall’accoglimento del quinto e del sesto motivo di ricorso, in quanto pone questione che va rimessa all’esame del giudice di rinvio. IX. Conseguono l’accoglimento del quinto e del sesto motivo di ricorso, l’assorbimento del diciassettesimo motivo, il rigetto del terzo e del quarto motivo e l’inammissibilità dei restanti motivi. La sentenza impugnata va perciò cassata, nei limiti delle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi e provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il quinto ed il sesto motivo di ricorso, dichiara assorbito il diciassettesimo motivo, rigetta il terzo ed il quarto motivo e dichiara inammissibili i restanti motivi cassa la sentenza impugnata limitatamente alle censure accolte e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.