Anticipazioni effettuate in favore di altri condomini e il nodo della restituzione

Le anticipazioni effettuate in favore di altri condomini per l’esecuzione di indifferibili lavori di manutenzione straordinaria devono essere restituite solo a chi ha versato le somme.

Il caso. Una società conveniva in giudizio due condomini e un condominio al fine di ottenere la restituzione di alcuni fondi dalla stessa versati in eccedenza al momento dell’esecuzione di alcuni lavori di manutenzione straordinaria e mai restituiti. In particolare, uno dei condomini era inadempiente rispetto alle proprie obbligazioni di pagamento per le quote relative ai lavori straordinari anticipate dalla società attrice con l’intento di evitare azioni esecutive sulle parti comuni da parte dell’impresa edile creditrice . L’altro condomino convenuto era il soggetto al quale la società aveva infine alienato due immobili siti nel condominio. Secondo l’attrice, nel rogito, le parti avevano concordato che tutto quanto ancora fosse stato richiesto dal condominio per i suddetti titoli dopo la data odierna dovesse restare a carico dell’acquirente, fermo restando il recupero di quanto sin qui anticipato dalla parte venditrice . L’attrice quindi domandava la condanna in solido dell’acquirente, del condomino moroso e del condominio alla restituzione delle succitate somme. Il Tribunale, all’esito del processo, rigettava la domanda della società. Visto l’esito del primo giudizio, l’attrice si risolveva ad agire in appello, impugnando la decisione del Tribunale. La Corte d’Appello, in senso contrario al primo Giudice, accoglieva la domanda della società attorea, anche alla luce dell’intervenuta restituzione delle somme con imputazione sia alla società che al condomino acquirente, ma evidenziando come l’attrice fosse l’unica legittimata attiva alla restituzione delle somme anticipate in occasione dei lavori. Il condomino acquirente agisce in Cassazione. All’esito del giudizio di appello, il condomino che aveva acquistato gli immobili dalla società agiva in Cassazione al fine di essere dichiarato unico soggetto legittimato attivo a percepire le somme restituite dal condominio ancorché queste fossero state versate dalla società prima della vendita delle unità immobiliari allo stesso ricorrente . Al fine di ottenere tale risultato, il ricorrente affidava le proprie argomentazioni a un ricorso incentrato su tre motivi di diritto. In prima battuta egli affermava l’errata applicazione dell’art. 1130 c.c. da parte della Corte d’Appello, in buona sostanza contestando i criteri di ripartizione delle spese tra venditore e acquirente. Con il secondo motivo il ricorrente denunciava la presunta violazione dell’art. 2041 c.c. e degli artt. 276 e 277 c.p.c. avendo la Corte d’Appello accolto una domanda di arricchimento o ripetizione di indebito che era differente dalla prospettazione della società appellante c.d. vizio di ultrapetizione . Il terzo e ultimo motivo del ricorso era invece fondato sulla presunta mancata considerazione di un fatto decisivo ai fini del giudizio nella parte in cui la Corte d’Appello non avrebbe correttamente valutato il difetto di ripartizione delle spese dei lavori tra i vari condomini. Quale legge applicare? Nel giudizio istaurato con il ricorso del condomino acquirente, si costituiva unicamente la società venditrice, mentre il condominio e il condomino ex moroso rimanevano contumaci. La Cassazione, con la sentenza in epigrafe, dichiarava la possibilità di esaminare congiuntamente i motivi di ricorso e ne dichiarava la generale infondatezza. Dal punto di vista del diritto, infatti, la causa doveva essere decisa, ratione temporis , sulla base della formulazione del codice civile antecedente all’intervenuta riforma del diritto condominiale, operata dalla legge 220/2012. In particolare, trovava applicazione l’art. 62, comma 2, disp. att.c.c. pre riforma, il quale affermava che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente . Ai fini di tale norma, quindi, occorreva individuare il tempo nel quale era insorto l’obbligo di pagamento delle somme relative ai lavori di ristrutturazione del condominio. Tale momento, correttamente, era stato individuato nell’assemblea straordinaria che aveva deliberato l’esecuzione delle opere. Il momento in questione, continuava la Cassazione, doveva rilevare anche per l’imputazione dell’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, salvo diversi accordi vigenti tra loro, ma inefficaci verso il condominio e i restanti condomini. Nel caso in oggetto, quindi, valeva tra le parti quanto pattuito nel contratto di compravendita immobiliare ossia che tutto quanto ancora fosse stato richiesto dal condominio per i suddetti titoli dopo la data odierna dovesse restare a carico dell’acquirente, fermo restando il recupero di quanto sin qui anticipato dalla parte venditrice . Il debito dei condomini verso l’impresa che aveva eseguito i lavori era infatti di tipo parziario in accordo ai principi dettati da Cass. SSUU, n. 9148/2008 e quindi l’obbligazione economica del condominio verso l’impresa doveva essere imputata ai singoli condomini pro millesimi ex art. 1123 c.c In conclusione, quindi, stante l’anticipazione delle somme operata dalla società questa era l’unica legittimata attiva a pretendere il rimborso dalle stesse dal condominio o dal condomino al tempo moroso. Non era infatti ipotizzabile l’applicazione di alcun altro diritto di regresso ex art. 1299 c.c Affermava infatti la Cassazione che un obbligo restitutorio del condominio nei confronti dei condomini che abbiano anticipato le somme dovute da altri condomini può sorgere, piuttosto, ove lo stesso condominio abbia approvato una deliberazione assembleare istitutiva di un fondo cassa finalizzato a sopperire alle morosità di alcuni partecipanti, ed a scongiurare l’aggressione in executivis da parte del creditore in danno di parti comuni dell’edificio così già in Cass. Sez. II, n. 13631/2001 . La decisione della Corte d’Appello appariva quindi congrua, in quanto le domande della società venditrice non erano volte a modificare i criteri legali di ripartizione della spesa, ma solo a ottenere il ristoro di quanto dalla stessa versato quando era condomina in favore di altri condomini. È chiaro, infatti, che la mancata restituzione delle somme alla stessa avrebbe cagionato un indebito arricchimento dei condomini morosi e la restituzione delle stesse all’acquirente colui che aveva acquistato gli immobili dalla società, ossia il ricorrente in Cassazione avrebbe cagionato un indebito arricchimento dello stesso. In accordo alla normativa vigente pro tempore e alle pattuizioni contrattuali nel contratto di compravendita immobiliare, quindi, la decisione della Corte d’Appello era corretta. La Cassazione, quindi, in accordo a quanto affermato, rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al versamento delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 29 gennaio – 20 maggio 2019, n. 13505 Presidente Orilia – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione C.S. ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 751/2014 della Corte d’Appello di Firenze, depositata l’8 maggio 2014. Resiste con controricorso la Tecna S.p.A., mentre rimangono intimati senza svolgere attività difensive P.G. e il Condominio di omissis . Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c Con citazione del 12 ottobre 2001 la Tecna S.p.A. convenne davanti al Tribunale di Pisa C.S. , P.G. e il Condominio di omissis , deducendo di aver venduto con atto del 29 gennaio 2001 a C.S. due unità immobiliari comprese nel condominio di aver versato a titolo di quote condominiali, prima del 29 gennaio 2001, una somma in eccesso pari a lire 70.403.854 Euro 35.201,92 per lavori di ristrutturazione delle parti comuni del fabbricato, a causa della morosità del condomino P.G. di aver concordato nell’atto di vendita del 29 gennaio 2001 in favore di C.S. che tutto quanto ancora fosse stato richiesto dal condominio per i suddetti titoli dopo la data odierna dovesse far carico all’acquirente, fermo il recupero di quanto sin qui anticipato dalla parte venditrice lasciato alla competenza di quest’ultima mediante ripetizione dal condomino moroso. L’attrice Tecna S.p.A. chiese quindi la condanna dei convenuti C.S. , P.G. e Condominio omissis , al pagamento della indicata somma. Il Tribunale di Pisa rigettò le domande. Su appello di Tecna S.p.A., la Corte d’Appello di Firenze, rilevato come risultasse documentalmente che il Condominio aveva restituito la somma di Euro 35.201,92 infine versata dal moroso P.G. , mediante imputazione di quota unitaria Tecna - C. , ed evidenziato, pertanto, come la stessa Tecna S.p.A. dovesse intendersi unica titolare del diritto alla restituzione, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannò C.S. a pagare alla Tecna S.p.A. l’importo di Euro 35.201,92, oltre interessi. Il primo motivo di ricorso di C.S. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1130 c.c. e l’erronea ripartizione delle spese di manutenzione straordinaria tra venditore e compratore alla stregua dell’interpretazione offerta da Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24654. Il secondo motivo di ricorso censura la violazione dell’art. 2041 c.c. e degli artt. 276 e 277 c.p.c., avendo la Corte d’Appello accolto una domanda di arricchimento, o di ripetizione di indebito, diversa dalla domanda originaria di ripartizione degli oneri condominiali proposta dalla Tecna S.p.A Il terzo motivo di ricorso allega la mancata considerazione di un fatto decisivo con riguardo all’art. 8 del contratto del 29 gennaio 2001 ed al difetto di ripartizione tra i condomini delle spese di ristrutturazione del fabbricato. I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano del tutto infondati. Trova applicazione ratione temporis, attesa l’epoca di insorgenza dell’obbligo di spesa per cui è causa, l’art. 63 disp. att. c.c., comma 2, nella formulazione antecedente alla modificazione operata dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220. In forza di tale norma, chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Occorrendo individuare, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 2, quando sia insorto l’obbligo di partecipazione a spese condominiali per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni, deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l’esecuzione di tale intervento, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione Cass. Sez. 6 - 2, 25/01/2018, n. 1847 Cass. Sez. 6 - 2, 22 giugno 2017, n. 15547 Cass. Sez 6 - 2, 22 marzo 2017, n. 7395 Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24654 . Tale momento rileva anche per imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, sempre che gli stessi non si siano diversamente accordati, rimanendo, peraltro, inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro. Nel caso di specie, allora, è stato accertato in fatto come la venditrice Tecna S.p.A. e il compratore C.S. , nell’atto del 29 gennaio 2001, avessero concordato art. 8 che tutto quanto ancora fosse stato richiesto dal condominio per i suddetti titoli dopo la data odierna restasse a carico all’acquirente, riconoscendo il medesimo compratore il diritto della Tecna S.p.a. al recupero di quanto sin qui anticipato al condominio per le quote facenti carico ad altri condomini morosi. Come questa Corte ha di recente affermato Cass. Sez. 6 - 2, 11/08/2017, n. 20073 Cass. Sez. 2, 09/01/2017, n. 199 , ove si abbia riguardo ad obbligazione per l’esecuzione dei lavori inerenti parti comuni assunta dall’amministratore del condominio, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti dell’appaltatore, trova applicazione il principio dettato da Cass. Sez. U, 08/04/2008, n. 9148 non operando qui, ratione temporis, neppure il meccanismo di garanzia ex art. 63 disp. att. c.c., comma 2, introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220 , di tal che la responsabilità per il corrispettivo contrattuale preteso dall’appaltatore è retta dal criterio della parziarietà, per cui l’obbligazione assunta nell’interesse del condominio si imputa ai singoli componenti nelle proporzioni stabilite dall’art. 1123 c.c., essendo tale norma non limitata a regolare il mero aspetto interno della ripartizione delle spese. Dovendosi negare che l’obbligo di contribuzione alle spese per la manutenzione delle parti comuni si connotasse verso l’appaltatore, terzo creditore, ovvero verso il Condominio, come rapporto unico con più debitori, ovvero come obbligazione solidale per l’intero in senso proprio e quindi ad interesse comune, alla Tecna S.p.A., che ha assunto di aver adempiuto al pagamento delle quote spettanti ad altri condomini morosi, non poteva accordarsi alcun diritto di regresso, ex art. 1299 c.c., nè per l’intera somma dovuta dal Condominio, nè nei confronti degli altri condomini, sia pur limitatamente alla quota millesimale dovuta da ciascuno di essi. In sostanza, solo se si parte dalla premessa, ormai smentita dalla giurisprudenza, che il singolo condomino, quale condebitore solidale, possa essere escusso dal terzo creditore per l’intero debito contratto dal condominio, può poi accordarsi a quello il diritto di regresso, altrimenti ravvisandosi nel pagamento dell’intero, o di importo comunque eccedente alla propria quota di contribuzione, effettuato da un condebitore, piuttosto, un indebito soggettivo ex latere solventis . Un obbligo restitutorio del condominio nei confronti dei condomini che abbiano anticipato le somme dovute da altri condomini può sorgere, piuttosto, ove lo stesso condominio abbia approvato una deliberazione assembleare istitutiva di un fondo cassa finalizzato a sopperire alle morosità di alcuni partecipanti, ed a scongiurare l’aggressione in executivis da parte del creditore in danno di parti comuni dell’edificio cfr. Cass. Sez. 2, 05/11/2001, n. 13631 . Al condomino, che abbia versato al terzo creditore anche la parte dovuta dai restanti condomini sempre, beninteso, nel regime antecedente alla garanzia ex art. 63disp. att. c.c., comma 2, introdotta dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220 , allo scopo di ottenere da costoro il rimborso di quanto da lui corrisposto, non può nemmeno consentirsi di avvalersi della surrogazione legale in forza dell’art. 1203 c.c., n. 3, giacché essa - implicando il subentrare del condebitore adempiente nell’originario diritto del creditore soddisfatto in forza di una vicenda successoria ha luogo a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo. Al più, il pagamento da parte della condomina Tecna S.p.A. delle quote dei lavori di riparazione delle parti comuni dovute dai restanti condomini poteva legittimare la stessa ad agire, sempre nei confronti degli altri singoli partecipanti, per ottenere l’indenffizzo da ingiustificato arricchimento, stante il vantaggio economico ricevuto dagli altri condomini cfr. Cass. Sez. U, 29/04/2009, n. 9946 . Tuttavia, per quanto accertato dalla Corte d’Appello di Firenze, con apprezzamento immune dai vizi di violazione di legge ipotizzati nei primi due motivi di ricorso, e rispetto al quale nessuna decisività spiega il fatto dedotto nel terzo motivo, era appunto avvenuto, nel caso in esame, che il Condominio omissis , avesse recuperato dal condomino insolvente P.G. l’importo di Euro 35.201,92 dovuto per le quote insolute, adempiendo all’obbligo restitutorio in favore del condomino solvente Tecna S.p.a. mediante imputazione contabile alla impropria quota unitaria Tecna/C. , sicché il rapporto obbligatorio fra le parti restava delineato alla stregua di Cass. Sez. 2, 05/11/2001, n. 13631. La domanda sin dall’inizio proposta dalla Tecna S.p.a. e la congrua decisione resa dalla Corte d’Appello di Firenze non appaiono, quindi, volte a regolamentare l’obbligo di partecipazione alla spesa per l’esecuzione dei lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni nei rapporti interni tra venditore e compratore obbligo in ordine al quale le parti del contratto di vendita avevano, peraltro, convenuto di fare riferimento alla data di richiesta di pagamento proveniente dalla gestione condominiale, se antecedente o successiva a quella dell’alienazione , quanto a preservare alla medesima Tecna S.p.a. il diritto alla ripetizione della somma indebitamente rimborsata ex latere accipientis dal Condominio a C.S. . Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente Tecna S.p.A. le spese del giudizio di cassazione, mentre non deve al riguardo provvedersi per gli altri intimati P.G. e Condominio di omissis , i quali non hanno svolto attività difensive. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.