Il canone di occupazione di suolo pubblico è dovuto dal condominio sia in caso di occupazione regolata che abusiva

Il principio cardine per l’irrogazione del Cosap è la presenza di un manufatto privato sul suolo pubblico a prescindere dalla legittimità e dalla correttezza di tale occupazione.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 29447/18, depositata il 15 novembre. Il caso. Un condominio agiva in giudizio opponendo un avviso di pagamento concernente una somma dovuta alla pubblica amministrazione a titolo di occupazione di suolo pubblico. A parere della P.a., infatti, il condominio aveva realizzato e mantenuto delle griglie di aerazione le quali, poste sul marciapiede perimetrale dello stabile, avevano giustificato la richiesta di pagamento del Cosap Canone di Occupazione di Suolo Pubblico . Resisteva in giudizio il condominio sostanzialmente sostenendo come il canone non fosse dovuto in quanto l’occupazione non era abusiva, ma legittimata da una concessione edilizia che aveva reso possibile la realizzazione delle griglie di aerazione. Il Tribunale accoglieva il ricorso del condominio. La pubblica amministrazione agiva quindi in grado di Appello, impugnando la sentenza sopra menzionata. All’esito del giudizio la Corte d’Appello confermava l’esito del primo processo e rigettava quindi l’appello della p.a. La pubblica amministrazione ricorre in Cassazione. Vista la duplice soccombenza la pubblica amministrazione ricorreva depositando ricorso ai sensi dell’articolo 360 comma 3 c.p.c. affermando la violazione da parte del giudice d’appello dell’art. 63 d. lgs. n. 446/1997. Tale norma afferma che I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell'art. 52, prevedere che l'occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa. Il pagamento del canone può essere anche previsto per l'occupazione di aree private soggette a servitù di pubblico passaggio costituita nei modi di legge”. Il comune ricorrente, quindi, affermava la debenza della somma e sconfessava il ragionamento effettuato dalla Corte d’Appello. La cassazione accoglie il ricorso della pubblica amministrazione. Con la sentenza numero 29447 depositata in data 15 novembre 2018 la Seconda Sezione della Cassazione accoglieva il ricorso sopra sintetizzato. Secondo la Corte, infatti, il Giudice d’Appello aveva errato nell’applicare le norme vigenti e fatto un erroneo riferimento a un precedente giurisprudenziale per decidere il caso di merito. Nella propria sentenza, difatti il giudice di appello aveva citato la sentenza Cass. n. 1611 del 2007 nella quale veniva affermato che qualora il prezzo pattuito per la cessione sia stato ridotto proprio a causa dell’esistenza delle intercapedini, giustificandosi tale riduzione con la volontà delle parti di escludere dal trasferimento le porzioni di suolo in cui sono state realizzate le intercapedini, ovvero con la contestuale costituzione in favore del condominio di un diritto reale sul suolo trasferito, con la conseguenza che viene a mancare nella specie il presupposto dell’obbligazione, costituito dall’occupazione del suolo pubblico” e desumendo quindi la non debenza del canone in caso di legittima occupazione di suolo pubblico. Secondo la Corte, tuttavia, tale precedente non sarebbe stato correttamente utilizzato per esplicare il caso in decisione, dato che si trattava di un caso di utilizzazione di suolo pubblico conseguente ad una vendita del terreno alla pubblica amministrazione, e quindi molto diverso dalla corrente controversia. Secondo la Cassazione, infatti, a prescindere dalla natura dell’occupazione, il privato deve corrispondere il Cosap in caso di occupazione del suolo pubblico con le griglie di aerazione. Tale principio era già stato affermato nella decisione Cass. Sezioni unite n. 18037/2009 nella quale veniva specificato che il canone per l’occupazione era concepito come un quid ontologicamente diverso dalla tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche” e rappresentava il corrispettivo di una concessione reale o presunta”. Con tale principio, quindi la Cassazione statuiva la debenza del Cosap non solo in caso di occupazione abusiva di suolo pubblico, ma anche per la collocazione di griglie e intercapedini in una parte di marciapiede soggetta al pubblico passaggio. Il principio cardine, quindi, per l’irrogazione del Cosap è la presenza di un manufatto privato sul suolo pubblico a prescindere dalla legittimità e dalla correttezza di tale occupazione. Alla luce di tale principio la Cassazione accoglieva il ricorso proposto e, cassata la sentenza di appello, rinviava il giudizio per una nuova valutazione di merito.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 4 luglio – 15 novembre 2018, n. 29447 Presidente Petitti – Relatore Oricchio Rilevato che è stata impugnata la sentenza n. 5610/2016 della Corte di Appello di Roma con ricorso fondato su un unico articolato motivo e resistito con controricorso del Condominio intimato. Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue. La controversia verte in tema di canone di occupazione di suolo pubblico Tosap . La gravata decisione rigettava l’appello proposto dal Comune di Roma avverso la sentenza del Tribunale di quella Città n. 10219/2010, con la quale era stata accolta l’opposizione del Condominio di cui in epigrafe concernente l’avviso di pagamento del canone oltre Euro diecimila per l’occupazione del suolo realizzata con griglie ed intercapedini intorno al perimetro dello stabile condominiale. Con ordinanza interlocutoria della Sezione Sesta 2 civile del 7 dicembre 2017 il ricorso in esame veniva rimesso per la trattazione alla pubblica udienza. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Considerato che 1. Con l’unico articolato motivo del ricorso si censura la gravata decisione, ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c, sotto vari aspetti concernenti la pretesa violazione dell’art. 63 del D.L.vo n. 446/1997 e di varie altre norme regolamentari, nonché in particolare la sussistenza dei presupposti impositivi in dipendenza dell’irrilevanza della natura dell’occupazione e dell’originaria proprietà dell’area di sedime. 2. Il motivo è fondato nei limiti di seguito specificati. La gravata decisione della Corte territoriale, al fine di affermare la non debenza, nella fattispecie, del canone per l’occupazione, ha valorizzato la circostanza della esistenza o meno di un atto formale di concessione, dovendo comunque esaminarsi se vi sia stata o meno in concreto una occupazione di suolo pubblico . La medesima sentenza di secondo grado, muovendo quindi dal principio enunciato da questa Corte con la decisione n. 1611/2007 ha, poi, concluso per l’inesistenza di un obbligo a carico del Condominio appellato odierno contro ricorrente tanto in quanto griglie ed intercapedini erano state realizzate contestualmente alla costruzione dell’edificio in virtù di licenza edilizia senza che risultino occupazioni abusive di area comunale o cessione della proprietà al comune dell’area perimetrale . Orbene il principio enunciato da questa Corte con la citata sentenza n. 1611/2007 concerneva la fattispecie differente da quella che ricorre oggi in esame della corresponsione del canone – COSAP in favore di Comune che abbia acquistato l’area circostante il perimetro di un fabbricato. Nell’ipotesi di cui al giudizio conclusosi con la suddetta decisione n. 1611/2007 veniva esclusa la debenza di quel canone poiché vi era stata una apposita pattuizione per la cessione ed il prezzo pattuito per la cessione era stato ridotto proprio a causa delle intercapedini con la volontà delle parti di escludere dal trasferimento le porzioni di suolo con intercapedini , che rimanevano aree private. È, quindi, evidente la diversità della fattispecie decisa con la pur citata sentenza n. 1611/2007 rispetto alla ipotesi di cui al presente giudizio. Inoltre deve, poi, evidenziari come le S.U. di questa Corte, con sentenza n. 18037/2009, hanno affermato che il canone per l’occupazione per cui si controverte concepito come un quid ontologicamente diverso dalla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche rappresenta il corrispettivo di una concessione reale o presunta . Tale principio enunciato dalle S.U. implica la debenza del canone in questione nelle,ipotesi non solo di abusiva occupazione di suolo pubblico, ma pure di collocazione di griglie o intercapedini insistenti su parte di suolo in ogni caso assoggettata a pubblico passaggio il principio, inoltre, risulta sostanzialmente ribadito dalle più recenti Cass. n.ri 12167/2003, 14864/2006 e 10733/2018 . In altre parole la concessione presunta a favore della P.A. comporta la debenza del canone sia a fronte di una occupazione abusiva di suolo già pubblico, che in dipendenza di una occupazione di suolo comunque divenuto pubblico ancorché già costituente area perimetrale condominiale. Nella concreta fattispecie in esame la sentenza gravata, eludendo il dictum e le conseguenze del principio sancito dalla riportata decisione delle S.U. del 2009, ha fatto discendere direttamente dall’atto di cessione intercorso fra Condominio e Comune l’esclusione del trasferimento dell’area perimetrale condominiale al Comune, nel mentre quella area, ove utilizzata per pubblico passaggio, comportava comunque alla stregua del principio stesso la debenza del canone. In altre parole, ancora, l’obbligo di pagamento del canone sussiste sia nel caso di concessione, anche presunta, per occupazione abusiva, che nella diversa ipotesi di uso collettivo del suolo. Tali profili peculiari del canone in questione comportano, proprio ai sensi della citata decisione delle S.U., la connotazione del medesimo canone in relazione all’utilizzazione particolare o eccezionale che ne trae singolo . Nella concreta fattispecie è mancata la valutazione del carattere di detta utilizzazione inerente un bene comunque gravato da un uso pubblico. 3. In tal senso il motivo ed il ricorso devono ritenersi fondati e vanno accolti con le consequenziali pronunce ed il rinvio dovuto per consentire il riesame della questione alla stregua del principio innanzi enunciato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma.