La nozione di sopraelevazione e l’interpretazione delle clausole regolamentari

In materia condominiale, il diritto dei condomini dell’ultimo piano dell’edificio a sopraelevare consente a questi ultimi l’edificazione di un ulteriore piano completo, al di sopra di quelli già esistenti, con l’obbligo di rifacimento del tetto e di prolungamento degli impianti dell’edificio.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 29337/18, depositata il 14 novembre. Il caso. Due condomini citavano in giudizio il condominio in cui risiedevano per vedersi riconoscere il loro diritto a sopraelevare e destinare la porzione di sottotetto di loro proprietà esclusiva secondo modalità dichiarate nella D.I.A., nonché la condanna del condominio al risarcimento dei danni derivanti dal diniego di assenso al suddetto intervento edilizio da parte del condominio stesso. Il Tribunale dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento dei condomini, accertando però il diritto degli stessi ad eseguire i lavori. Avverso tale decisione ricorre in appello il condominio e la Corte rigetta la domanda proposta dai condomini appellati. Così questi ultimi ricorrono in Cassazione, lamentando come la Corte distrettuale non abbia spiegato perché l’innalzamento di una falda del tetto non fosse sufficiente a definirsi come vera e propria sopraelevazione. L’interpretazione delle clausole regolamentari. Nel caso in esame, la Corte distrettuale ha operato correttamente ricercando il significato delle clausole regolamentari richiamate, seguendo appunto i canoni interpretativi di cui all’art. 1362 e seguenti c.c. infatti la Corte non si è limitata a richiamare la normativa in materia, ma ha indicato, con precisione, le ragioni per le quali dal regolamento condominiale potesse desumersi che il sottotetto è e resta di proprietà esclusiva dell’avente diritto, il quale potrà solo demolirlo e sostituirlo con un piano di sopraelevazione. Ma per fare ciò il proprietario dell’ultimo piano ha l’obbligo di rifacimento del tetto e di prolungamento degli impianti dell’edificio. Se invece il regolamento avesse inteso come sopraelevazione la semplice trasformazione del sottotetto in unità abitativa abitabile, ad altezza invariata, non avrebbe disposto l’obbligo contrattuale suddetto a carico del proprietario. Per queste ragioni, il ricorso viene rigettato dalla Suprema Corte.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 19 giugno – 14 novembre 2018, n. 29337 Presidente Matera – Relatore Scalisi Fatti di causa Con atto di citazione notificato il 16/9/2009, A.U.E. e C.M.G. convenivano in giudizio il Condominio omissis , chiedendo accertarsi e dichiararsi con sentenza costitutiva il loro diritto a sopraelevare e destinare la porzione di sottotetto di loro proprietà esclusiva - costituita dai subalterni 31 e 32-secondo le modalità e finalità dichiarate nella DIA 3.10.2008 e nell’allegato progetto edificatorio dell’Ing. N. , nonché la condanna del Condominio al risarcimento di non meglio determinati danni, asseritamente derivanti dal diniego di assenso al suddetto intervento edilizio da parte del Condominio stesso. Si costituiva ritualmente in giudizio il Condominio, contestando integralmente la domanda attorea e proponendo domanda riconvenzionale volta a far dichiarare l’insussistenza del diritto vantato dagli attori. Precisate le rispettive conclusioni, il Tribunale di Torino con la sentenza n. 997/12 dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento danni proposta dagli attori, e, dall’altro lato accertava il diritto dei medesimi ad eseguire gli interventi edilizi oggetto del giudizio, rigettava la speculare domanda riconvenzionale di accertamento negativo proposta dal Condominio, compensava interamente tra le parti le spese di lite. Avverso tale sentenza proponeva appello il Condominio omissis , ritenendola giuridicamente errata in ragione della normativa regolamentare. Gli appellati, nel costituirsi nel grado, proponevano appello incidentale sulla disposta compensazione delle spese. La Corte di Appello di Torino, con sentenza n. 1719 del 2013, accoglieva l’appello rigettando la domanda proposta dalle parti appellate e condannava le parti appellate al pagamento delle spese dell’intero giudizio. Secondo la Corte di Appello di Torino, ai sensi della normativa regolamentare, la sopraelevazione che consentiva l’immutazione dell’utilizzo del sottotetto era solamente quella consistente nella edificazione di un sesto piano completo, che nulla ha a che vedere con una semplice trasformazione del sottotetto attuale mediante il recupero dello stesso. Precisava, altresì, che era chiara la strumentale qualificazione del reale recupero del sottotetto ai fini abitativi come fittizia sopraelevazione, al fine di eludere le clausole convenzionali del regolamento e che, quella oggetto di causa, non era una sopraelevazione contrattualmente prevista, trattandosi di una utilizzazione, diversa rispetto a quella sua propria, del sottotetto, vietata dalla clausola contrattuale di cui all’art. 1 comma 3 del Regolamento condominiale. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da A.U. e C.G. con ricorso affidato ad un motivo, illustrato con memoria. Il Condominio omissis ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1.= Con l’unico motivo di ricorso A.U. e C.G. lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. Cod. civ. ed, in generale, dei principi e criteri di ermeneutica contrattuale e conseguente nullità della sentenza in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ. Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale, nel sostenere che quella l’opera di trasformazione del sottotetto oggetto di causa non era una sopraelevazione contrattualmente prevista a avrebbe assegnato al sottotetto una funzione di camera d’aria interposta tra il tetto e la prima soletta dell’edificio condominiale, che non è prevista, né espressa nelle clausole regolamentari b avrebbe, erroneamente, ritenuto che l’obbligo imposto ai sopraelevatori di rifacimento della copertura e di innalzare le canne fumarie fosse riferibile alla realizzazione di un nuovo tetto non tenendo conto, invece, che, comunque, il prolungamento delle canne fumarie sarebbe coerente, anche con l’innalzamento di una falda del tetto per raggiungere le altezze abitabili c avrebbe, arbitrariamente, ritenuto che il il regolamento configura come sopraelevazione solamente l’edificazione di un ulteriore piano il sesto appunto, completo al di sopra dei cinque esistenti. Solo in tal modo si spiegano gli obblighi sia id rifacimento del tetto inesistente in diversa ipotesi, che di prolungamento delle canne fumarie d nell’interpretare il Regolamento condominiale, la Corte non avrebbe tenuto conto neppure di ciò che si pratica, generalmente, nel luogo in cui il contratto è stato concluso perché avrebbe appreso che sarebbe diffusissimo in Piemonte ed a Torino la creazione di mansarde nei sottotetti ed il fatto che il legislatore regionale abbia accolto anche tale uso e tale tendenza e non avrebbe tenuto conto che il condominio aveva già manifestato una volontà di adesione all’utilizzabilità abitativa del sottotetto. E, comunque al di là di queste precedenti osservazioni, i ricorrenti lamentano il fatto che la Corte non abbia spiegato perché l’innalzamento di una delle falde del tetto non fosse sufficiente a definire come vera e propria sopraelevazione il progetto degli attori. 1.1.= Il motivo è infondato. Va qui osservato che l’attività dell’interprete finalizzata a determinare una realtà storica ed obiettiva quale è la volontà delle parti è una tipica attività di accertamento, in fatto istituzionalmente riservata al Giudice del merito e censurabile in cassazione solo e nell’ipotesi in cui il Giudice del merito abbia violato un canone o i canoni interpretativi di cui agli artt. 1362 cod. civ., oppure abbia applicato in modo scorretto quei canoni, così come emergerebbe da una motivazione della sentenza illogica e/o incomprensibile. Ed ancora, è principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data del giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l’altra Cass. 12 luglio 2007, n. 15604 Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178 Cass. 14 novembre 2003, n. 17248 . 1.2.= Ora nel caso in esame la Corte distrettuale ha operato correttamente e, soprattutto, ha ricercato il significato delle clausole regolamentari richiamate, seguendo i canoni interpretativi di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. La Corte distrettuale, in particolare, non si è limitata a richiamare la normativa regolamentare ma ha, esattamente, indicato le ragioni per le quali dal regolamento condominiale potesse desumersi che il sottotetto è, e resta, di proprietà dell’avente diritto, il quale potrà solamente demolirlo e sostituirlo con un piano in sopraelevazione, mantenendolo diversamente, nell’utilizzazione suddetta sin tanto che quel diritto componente del suo diritto di proprietà non eserciti .. . Infatti, la Corte distrettuale ha avuto modo di chiarire che . la clausola sub 3 regola il diritto di sopraelevazione, specificando che correlato all’esercizio di tal diritto è l’obbligo di rifacimento del tetto e di prolungamento degli impianti tecnologici dell’edificio, in modo tale da mantenerli al di sopra del nuovo tetto. Il significato di tale seconda clausola contrattuale è chiaro il regolamento configura come sopraelevazione solamente l’edificazione di un ulteriore piano - il sesto, appunto - completo, al di sopra dei cinque esistenti. Solo in tal modo, si spiegano gli obblighi sia di rifacimento del tetto, inesistente in diversa ipotesi, che di prolungamento di canne fuma.--rie etc. Se per sopraelevazione il regolamento avesse inteso la semplice trasformazione del sottotetto in unità abitativa abitabile, ad altezza in-variata, non avrebbe chiaramente disposto l’obbligo contrattuale suddetto a carico del soggetto esercitante il suo diritto di sopraelevazione . . 1.3.= Non solo, ma la Corte distrettuale ha avuto, anche, cura di spiegare le ragioni per le quali ha ritenuto che le osservazioni degli appellati, in buona sostanza, riprodotte anche in questa sede di legittimità, non fossero condivisibili, dedicando puntuali riflessioni contenute nella pagg. 16-20 della sentenza che si danno per acquisite razionalmente condivisibili. 1.4.= La verità è che a fronte delle valutazioni della Corte distrettuale gli attuali ricorrenti contrappongono le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito, non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, né può il ricorrente pretendere il riesame del merito sol perché la valutazione delle accertate circostanze di fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le proprie aspettative e convinzioni. In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ., condannati in solido a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti. dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti, in solido, a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.200,00, di cui comma 200 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso e accessori come per legge dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.