Delibera assembleare impugnata: esclusiva legittimazione passiva dell’amministratore condominiale

Nel giudizio promosso dal condomino e volto ad impugnare la delibera dell’assemblea condominiale inerente interessi collettivi, la legittimazione passiva spetta in via esclusiva all’amministratore rappresentante dell’intero complesso abitativo.

L’impugnativa volta a riconoscere l’invalidità della delibera condominiale presenta una rigida disciplina di legittimazione processuale. Così ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27416/18, depositata il 29 ottobre. La delibera impugnata. Le finestre presenti nel vano scala di un condominio sono da ristrutturare e per questo viene indetta un’assemblea condominiale comunicata ai singoli condomini tramite specifico verbale. Purtroppo, a dire di un residente la notifica della convocazione assembleare non è giunta a sua conoscenza tale da dover comportare l’annullamento della delibera adottata, richiesta giunta sino in sede giudiziaria. La Corte d’Appello stabilisce l’annullabilità della decisione condominiale, accogliendo così il ricorso presentato dal singolo condomino. La rimanenza dei condomini, soccombenti dal giudizio di secondo grado, propongono ricorso in Cassazione deducendo una falsa applicazione degli artt. 1137 e 1335 c.c La legittimazione passiva, una questione pregiudiziale. Gli Ermellini ravvisano preliminarmente una questione di rilevante interesse, tale da comportare una rapida conclusione alle liti condominiali nei giudizi relativi alla suddivisione e ripartizione delle spese comuni condominiali la legittimazione passiva spetta esclusivamente all’amministrazione del condominio, mentre la legittimazione attiva è riconosciuta a ciascun condominio dissenziente. Altresì, il potere di impugnazione del singolo condomino viene, infatti, generalmente riconosciuto nelle controversie aventi ad oggetto azioni reali, incidenti sul diritto pro quota o esclusivo di ciascun condomino, o anche nelle azioni personali, ma se indicenti in maniera immediata e diretta sui diritti di ciascun partecipante . Aderendo a suddetto orientamento giurisprudenziale, ormai prevalente, la Suprema Corte sottolinea che i condomini non sono legittimati ad impugnare delibere inerenti la gestione di un servizio o bene atto a soddisfare la comunità condominiale giacché, nelle suddette controversie vertenti su di un interesse plurimo, la legittimazione passiva spetta in via esclusiva all’amministratore . Gli stessi Giudici di legittimità, nel caso di specie, a fronte del ricorso esposto dalla collettività di condomini, dichiara l’inammissibilità del gravame per la mancanza della legittimazione passiva.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 giugno – 29 ottobre 2018, n. 27416 Presidente Manna – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione L.A. , C.N. , B.S. e S.A. , tutti condomini del Condominio omissis , hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna n. 1688/13 depositata il 17 settembre 2013, la quale aveva dichiarato cessata la materia del contendere nel giudizio promosso in primo grado da D.R.L. davanti al Tribunale di Bologna, avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione assembleare approvata l’8 febbraio 2011 dal Condominio omissis . Resiste con controricorso D.R.L. , il quale ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c. Il Tribunale di Bologna, con sentenza dell’i marzo 2012, rilevata la tardività della convocazione del condomino D.R. all’assemblea indicata, ex art. 66 disp. att. c.c., tardività ritenuta come ammessa anche dal Condominio convenuto, dichiarò nulla la delibera impugnata. Il Condominio propose appello, replicando innanzitutto di non aver affatto riconosciuto la tardività della convocazione, e precisando che, in ogni caso, il vizio denunciato avrebbe comportato la mera annullabilità della delibera. Inoltre, il Condominio appellante ribadì che le spese relative alla sostituzione delle finestre del vano scala - contestate da D.R.L. - erano state correttamente ripartite fra tutti i comproprietari del medesimo vano scala, in applicazione dell’art. 1123, comma 1, c.c. peraltro, aggiunse che una successiva delibera dell’assemblea svoltasi in data 15 giugno 2011 aveva approvato tutte le decisioni assunte dall’assemblea dell’8 febbraio 2011, sicché poteva essere dichiarata cessata la materia del contendere. La Corte di Appello di Bologna prese atto della sostituzione della delibera impugnata e della conseguente cessazione della materia del contendere in ordine alla validità della stessa peraltro, dovendo valutarsi la soccombenza virtuale ai fini della regolamentazione delle spese processuali, sostenne che era il condomino D.R. parte virtualmente vittoriosa , in quanto, sussistendo comunque l’annullabilità, e non la nullità, della delibera dell’8 febbraio 2011 per mancato rispetto del termine ex art. 66 disp. att. c.c., la sentenza impugnata, previa riforma della motivazione, sarebbe stata confermata e l’appello sarebbe stato rigettato , visto che l’impugnazione ex art. 1137 c.c. era stata in ogni modo tempestiva verbale della delibera notificato a mezzo servizio postale e spedizione dell’avviso ex art. 8, comma 2, l. n. 890/1982 del 18 febbraio 2011 perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario per compiuta giacenza in data 28 febbraio 2011 notifica dell’atto di impugnazione il 28 marzo 2011 . Così, la Corte di Bologna condannò l’appellante Condominio OMISSIS , alla refusione delle spese processuali a favore dell’appellato, liquidate nell’importo di Euro 3.060,00, oltre accessori. I.Il primo motivo di ricorso di L.A. , C.N. , B.S. e S.A. denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1335 c.c. e 8 L. 890/1982, nonché dell’art. 1137, comma 3 - ora comma 2 - c.c. La Corte di Appello avrebbe errato nell’applicare la disciplina relativa alle notifiche degli atti giudiziari, invece che quella relativa agli atti recettizi, per stabilire il momento in cui all’attore erano stati consegnati sia l’avviso di convocazione che il relativo verbale assembleare. I ricorrenti denunciano in subordine, come secondo motivo, la violazione e falsa applicazione del principio della soccombenza virtuale conseguente alla cessazione della materia del contendere, per avere la Corte di appello fatto discendere la soccombenza virtuale dalla mera tempestività dell’impugnazione, senza esaminarne il contenuto. Quale terzo motivo, i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in violazione degli artt. 112 e 132, comma 2, n. 4 c.p.c., in quanto, ove si sostenesse che la Corte di Bologna abbia valutato il condomino appellato virtualmente vittorioso sulla base dell’implicito accoglimento delle sue contestazioni, si sarebbe in presenza di una totale mancanza di motivazione sul punto. Si impone un rilievo pregiudiziale, che induce a ravvisare l’inammissibilità del ricorso. Il ricorso per cassazione è stato proposto da L.A. , C.N. , B.S. e S.A. , singoli condomini del Condominio OMISSIS , laddove la sentenza oggetto di ricorso era stata pronunciata nei confronti dell’amministratore del medesimo Condominio OMISSIS . Il giudizio concerne un’impugnazione di deliberazione assembleare ex art. 1137 c.c. in tema di ripartizione di spese. Per consolidato orientamento di questa Corte, spetta in via esclusiva all’amministratore del condominio la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condomini per l’annullamento delle delibere assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni Cass. Sez. 2, 20/04/2005, n. 8286 Cass. Sez. 2, 14/12/1999, n. 14037 Cass. Sez. 2, 19/11/1992, n. 12379 . Nella specie, si tratta di impugnativa di deliberazione dell’assemblea condominiale relativa alla ripartizione di spese relative alla sostituzione delle finestre del vano scala. L’impugnativa era fondata sull’assunta violazione dei criteri di suddivisione stabiliti dalla legge, ed era quindi volta ad ottenere una pronuncia di invalidità della deliberazione assembleare, per il cui accertamento sono legittimati, dal lato attivo, ciascun condomino, e, passivamente, come accennato, soltanto l’amministratore del condominio, senza necessità di partecipazione al giudizio dei singoli condomini Cass. Sez. 2, 15/04/1994, n. 3542 . La legittimazione passiva esclusiva dell’amministratore del condominio nei giudizi relativi alla ripartizione delle spese per le cose ed i servizi collettivi promossi dal condomino dissenziente dalla relativa deliberazione assembleare discende dal fatto che la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condomini, ancorché in opposizione all’interesse particolare di uno di essi Cass. Sez. 2, 11/08/1990, n. 8198 . Da ciò consegue, come ancora di recente ribadito da questa Corte, che, nelle controversie concernenti impugnativa ex art. 1137 c.c. delle deliberazioni dell’assemblea relative alla ripartizione delle spese per le cose e per i servizi comuni, nelle quali è unico legittimato passivo l’amministratore di condominio, non è ammissibile il gravame avanzato dal singolo condomino avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio. Il potere di impugnazione del singolo condomino viene, infatti, generalmente riconosciuto nelle controversie aventi ad oggetto azioni reali, incidenti sul diritto pro quota o esclusivo di ciascun condomino, o anche nelle azioni personali, ma se incidenti in maniera immediata e diretta sui diritti di ciascun partecipante. Mentre secondo l’orientamento del tutto prevalente di questa Corte, che il collegio intende qui ribadire non va consentita l’impugnazione individuale relativamente alle controversie aventi ad oggetto non i diritti su di un bene o un servizio comune, bensì la gestione di esso, intese, dunque, a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale, nelle quali non v’è correlazione immediata con l’interesse esclusivo d’uno o più condomini, quanto con un interesse direttamente plurimo e solo mediatamente individuale, giacché, nelle cause di quest’ultimo tipo, la legittimazione ad agire e, quindi, anche ad impugnare, spetta in via esclusiva all’amministratore, e la mancata impugnazione della sentenza da parte di quest’ultimo finisce per escludere la possibilità d’impugnazione da parte del singolo condomino Cass. Sez. 2, 31/01/2018, n. 2411 Cass. Sez. 2, 12/12/2017, n. 29748 Cass. Sez. 2, 21/09/2011, n. 19223 Cass. Sez. 2, 04/05/2005, n. 9213 Cass. Sez. 2, 03/07/1998, n. 6480 Cass. Sez. 2, 12/03/1994, n. 2393 . Tale profilo non è direttamente coinvolto dalla decisione, rimessa alle Sezioni Unite di questa Corte con ordinanza interlocutoria n. 27101 del 2017, sulla più generale questione di diritto concernente la permanente legittimazione del singolo condomino non costituitosi autonomamente all’impugnazione di qualsiasi sentenza di primo o di secondo grado resa nei confronti del condominio, alla luce dei principi enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 19663 del 2014. Il ricorso va, perciò, dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del controricorrente. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.