Delega in bianco e riempimento “contra pacta”: l’onere della prova spetta al condomino delegante

In caso di partecipazione di un condomino all’assemblea a mezzo di rappresentante, qualora il condomino rappresentato impugni la deliberazione dell’assemblea, assumendo che la stessa sia stata adottata in forza del voto di un proprio infedele” delegato per abusivo riempimento della delega firmata in bianco voto che abbia inciso o sulla regolare costituzione dell’assemblea o sul raggiungimento della maggioranza deliberativa prescritta dalla legge o dal regolamento , deve fornire la prova di un accordo di contenuto diverso da quello del foglio sottoscritto non essendo sufficiente il mero disconoscimento del contenuto della delega.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16673/18, depositata il 25 giugno. Ai rapporti fra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato si applicano le regole sul mandato. La decisione scaturisce dall’impugnazione di una deliberazione assembleare ad opera di un condomino che assumeva di aver conferito delega per quell’adunanza all’amministratore e di essere invece stato rappresentato da un altro soggetto, con conseguente invalidità della delibera per difetto dei quorum . Il Condominio aveva prodotto delega sottoscritta dall’attore per la partecipazione a quell’assemblea, diversa da quella prodotta dal condomino, il quale quindi ne deduceva il suo abusivo riempimento assumendo che la stessa fosse stata conferita per una assemblea diversa da quella oggetto del giudizio. La Corte, in primo luogo, chiarisce che i rapporti fra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato vanno disciplinati in base alle regole del mandato e conferma l’orientamento per cui solo il condomino delegante che si ritenga falsamente rappresentato è legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega o la carenza del potere di rappresentanza e non anche gli altri condomini in quanto estranei al rapporto. Si deve aggiungere, sempre in applicazione delle regole proprie del rapporto di mandato, che il condomino falsamente rappresentato ben potrebbe anche decidere di ratificare il comportamento del falsus procurator , ad esempio omettendo di impugnare la deliberazione dell’assemblea la ratifica infatti è una manifestazione di volontà del rappresentato diretta ad approvare l’operato del rappresentante che in quanto tale può essere sia espressa che tacita ovvero posta in essere per fatti concludenti . La forma della delega e gli strumenti di prova dell’esistenza, dell’oggetto e dei limiti del mandato. Prima della riforma del 2012 legge 11 dicembre 2012, n. 220 il testo dell’art. 67, comma 1, disp. att. c.c., nulla stabiliva in merito alla forma che dovesse avere la delega conferita dal condomino ad un terzo per la partecipazione all’assemblea né vietata il conferimento della delega all’amministratore. Pertanto, poiché il potere rappresentativo conferito dal condomino ad un altro soggetto per la partecipazione all’assemblea condominiale poteva essere attribuito anche verbalmente, la prova dell’esistenza dell’oggetto e dei limiti del mandato poteva essere acquisita con ogni mezzo, anche con presunzioni. Oggi invece la citata disposizione stabilisce che la delega per la partecipazione all’assemblea condominiale debba avere forma scritta la disposizione recita testualmente che Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta ne deriva che anche in tema di prova dell’esistenza, dell’oggetto e dei limiti della delega per la partecipazione ad una assemblea condominiale dovrebbero valere i limiti di prova previsti dalla legge artt. 2725 e 2729 c.c. con riferimento ai contratti soggetti a forma scritta ad substantiam . L’abusivo riempimento da parte di un terzo di un foglio firmato in bianco. Qualora il condomino rappresentato impugni la deliberazione dell’assemblea assumendo che la stessa sia stata adottata in forza del voto di un proprio infedele” delegato per abusivo riempimento della delega a lui rilasciata in bianco, si tratta di un caso di riempimento di un foglio da parte di un terzo nella specie, il delegato contra pacta ”. La Corte conclude confermando il principio per cui in tale ipotesi a nulla vale il disconoscimento del documento essendo invece necessario raggiungere la prova di un accordo c.d. patto di riempimento dal contenuto diverso rispetto a quello presente sul figlio sottoscritto. Diverso invece il caso del riempimento di un foglio da parte di un terzo absque pactis ”, cioè in maniera non autorizzata dal sottoscrittore con preventivo patto di riempimento in quest’ultima ipotesi secondo la giurisprudenza colui che contesta il contenuto della scrittura è tenuto a proporre querela di falso poiché in tal caso il documento esce dalla sfera di controllo del sottoscrittore completo e definitivo, sicché l'interpolazione del testo investe il modo di essere oggettivo dell'atto, tanto da realizzare una vera e propria falsità materiale cfr. Cass. Civ., sez. III, n. 18989/10 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 10 aprile – 25 giugno 2018, n. 16673 Presidente D’Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione S.A. ha proposto ricorso in cassazione articolato in tre motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4646/2017 del 21 luglio 2016. Resiste con controricorso il Condominio omissis . S.A. impugnò la deliberazione dell’assemblea 16 settembre 2006 del convenuto Condominio omissis , assumendo di aver conferito delega per quell’adunanza all’amministratrice B.M.L. e di essere stato invece rappresentato da S.V. , con conseguente invalidità della delibera per difetto dei quorum. Avendo il Condominio prodotto delega sottoscritta da S.A. per la partecipazione a quella assemblea, diversa da quella invece esibita dall’attore, il S. all’udienza del 26 ottobre 2001 riconobbe la sua firma, ma replicò che la stessa delega allegata dal Condominio convenuto fosse stata in realtà da lui rilasciata in bianco e per un’assemblea diversa da quella del 15/16 settembre 2006. Venne così revocata l’ordinanza di ammissione di ctu grafologica rectius calligrafica e il Tribunale di Civitavecchia, con sentenza del 23 maggio 2012, rigettò la domanda. Proposto appello da S.A. , lo stesso venne respinto dalla Corte d’Appello di Roma, affermando che doveva essere l’appellante a dimostrare l’illecita compilazione della delega prodotta da Condominio, la cui sottoscrizione era stata riconosciuta dal S. . Inoltre, i giudici di appello motivarono la superfluità dell’espletamento della ctu calligrafica, come anche di quella comparativa con precedenti deleghe condominiali. Il primo motivo del ricorso di S.A. deduce la violazione degli artt. 216 c.p.c. e 1175 c.c., l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla revoca dell’ordinanza ammissiva della ctu grafologica ed alla produzione di altra delega da parte del Condominio, come alla presenza di due deleghe diverse per la stessa assemblea, dovendosi tener conto che la delega prodotta dall’attore era stata disconosciuta. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 88 c.p.c. e 1175 c.c., ovvero l’erronea applicazione dei principi di lealtà e probità, insistendosi sulla diversità tra la delega allegata dal Condominio e quella invece esibita dall’attore all’atto della sua costituzione. Il terzo motivo di ricorso deduce, infine, la violazione dell’art. 216 c.p.c. per la mancata verificazione della delega posta a base del ricorso. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c. Devono disattendersi le eccezioni del controricorrente di inammissibilità del ricorso, in quanto la procura dello stesso, giacché rilasciata a margine della pagina che contiene la sottoscrizione del difensore e prima della relata di notifica, soddisfa il requisito della specialità di cui all’art. 365 c.p.c. come pure rispettato è il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, visto che il ricorrente riproduce una sufficiente narrativa della vicenda processuale, e rende comprensibile l’oggetto della pretesa ed il tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura. I tre motivi di ricorso vanno poi esaminati congiuntamente, per la loro connessione, e si rivelano in parte inammissibili, e comunque infondati. È inammissibile la doglianza di insufficiente e contraddittoria motivazione in quanto l’invocato parametro dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012, contempla soltanto il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. Tale ultimo attributo è, nella specie, da negare, perché è intendere in tal senso decisivo solo un fatto che, se esaminato dal giudice, avrebbe ex se portato ad una diversa soluzione della controversia, laddove l’omesso esame di elementi istruttori non si risolve nella corretta prospettazione di un vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ove i fatti storici siano stati comunque presi in considerazione nella sentenza impugnata, ancorché essa non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053 . Altrettanto inammissibili sono le censure rivolte avverso l’ordinanza istruttoria di revoca della CTU, trattandosi di provvedimento di natura tipicamente ordinatoria, con funzione strumentale e preparatoria rispetto alla futura definizione della controversia, privo come tale di qualunque efficacia decisoria ed insuscettibile, pertanto, di essere oggetto di immediate censure in sede di legittimità. D’altro canto, la consulenza tecnica non è un mezzo istruttorio rimesso alla disponibilità delle parti, ma rappresenta l’espressione di un potere propriamente discrezionale del giudice, cui è rimessa la facoltà di valutarne la necessità o l’opportunità, con la conseguenza che, pur dopo la sua ammissione, al giudice stesso ne è consentita la revoca, in base ad una diversa e sopravvenuta valutazione dei fatti di causa normalmente sottratta al sindacato di legittimità Cass. Sez. 3, 11/08/2000, n. 10707 . I motivi di ricorso rivelano altresì scarsa specificità e riferibilità alla ratio decidendi dell’impugnata sentenza. Ove un condomino impugni una deliberazione dell’assemblea, assumendo che la stessa sia stata adottata in forza del voto di un proprio falso o infedele delegato, voto che abbia inciso sulla regolare costituzione dell’assemblea, o sul raggiungimento della maggioranza deliberativa prescritta dalla legge o dal regolamento non trovando nella specie applicazione, ratione temporis, quanto ora stabilito dall’art. 67, commi 1 e 5, disp. att. c.c., in seguito alle modifiche introdotte dalla legge n. 220 del 2012 , occorre considerare come i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato vadano disciplinati in base alle regole sul mandato. Solo, dunque, il condomino delegante e quello che si ritenga falsamente rappresentato sono legittimati a far valere gli eventuali vizi della delega o la carenza del potere di rappresentanza, e non anche gli altri condomini, perché estranei a tale rapporto Cass., Sez. 2, 30/01/2013, n. 2218 Cass. Sez. 2, 07/07/2004, n. 12466 . In forza dell’originaria formulazione dell’art. 67, comma 1, c.c. avendo soltanto la Riforma del 2012 imposto la forma scritta della delega , era del resto consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il potere rappresentativo conferito dal condomino ad un altro soggetto per la partecipazione all’assemblea condominiale potesse essere attribuito anche verbalmente pertanto la prova dell’esistenza, dell’oggetto e dei limiti del mandato poteva essere acquisita con ogni mezzo, anche con presunzioni Cass. Sez. 2, 14/07/1972, n. 2416 Cass. Sez. 2, 28/06/1979, n. 3634 . Nel caso in esame, il Condominio omissis , convenuto da S.A. , che chiedeva di invalidare la deliberazione dell’assemblea 16 settembre 2006, assumendo di aver conferito delega per partecipare alla stessa all’amministratrice B.M.L. e non a S.V. , produsse una delega sottoscritta dal S. che ne avrebbe comprovato il valido conferimento di rappresentanza proprio a chi risultava essere suo delegato in quella adunanza. A questo punto, S.A. , pur riconoscendo la sottoscrizione dal che discende la totale irrilevanza della CTU calligrafica , dedusse che tale delega era stata rilasciata in bianco e per un’assemblea diversa da quella del 15/16 settembre 2006. In sostanza, l’attore, poi appellante, ora ricorrente, ha effettuato una denunzia di abusivo riempimento da parte di un terzo nella specie, il delegato di un foglio firmato in bianco, esponendo che il riempimento fosse avvenuto contra pacta . A nulla valeva, quindi, il disconoscimento, giacché esso non costituisce mezzo processuale idoneo a dimostrare l’abusivo riempimento del foglio in bianco, sia che si tratti di riempimento absque pactis , sia che si tratti come appunto qui dedotto dal ricorrente di riempimento contra pacta , dovendo, nel secondo caso, in particolare, essere fornita la prova di un accordo dal contenuto diverso da quello del foglio sottoscritto Cass. Sez. 3, 16/12/2010, n. 25445 Cass. Sez. 2, 12/06/2000, n. 7975 . Il S. , allora, non ha dato prova di quale diverso contenuto dovesse avere la delega esibita dal Condominio proprio relativamente all’assemblea del 16 settembre 2006. Non rivela, invece, alcuna decisività soffermare le censure di legittimità sulla diversa delega che il ricorrente sostiene di aver prodotto in giudizio, avendo la Corte d’Appello giustamente fondato la propria decisione sulla delega scritta che il Condominio aveva conservato agli atti e poi esibito al momento della sua costituzione, per dimostrare la valida partecipazione dei condomini che si erano fatti rappresentare nell’assemblea del 16 settembre 2006. Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.