Illegittima la delibera condominiale d’installazione dell’ascensore se reca pregiudizio anche ad un solo condomino

In tema di deliberazioni dell’assemblea di condominio, è da considerarsi invalida, in quanto lesiva del diritto dei singoli condòmini sulle parti comuni, la decisione con cui si stabilisce l’installazione di un ascensore che renda più difficoltoso anche ad un solo condomino il godimento del diritto di proprietà.

Questa la decisione resa dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 24235, depositata in cancelleria il 29 novembre 2016. In tal caso si configura infatti una violazione dell’art. 1120 c.c. nel caso di specie del comma 2 all’epoca dei fatti vigenti, oggi comma 4 , il quale non è derogato dalla normativa di favore prevista in materia di deliberazione di opere volte al superamento delle barriere architettoniche. In questo contesto, a nulla vale la circostanza che le unità immobiliari di proprietà esclusiva non siano mai utilizzate. Ciò che conta è l’uso potenziale connesso al diritto di proprietà, cioè la facoltà e non quello effettivo. Il caso. L’assemblea di un condominio deliberava l’installazione di un ascensore. Alcuni condòmini, comproprietari di un’unità immobiliare la impugnavano lamentando l’invalidità della decisione de quo , poiché la realizzazione dell’ascensore avrebbe ristretto oltre modo il passaggio verso le loro proprietà, anche al di sotto di quanto stabilito dalla legge d.m. n. 236/89 . Ciò, dicevano, rappresentava una violazione all’art. 1120, comma 2, c.c. che vietava qualunque innovazione potesse recare pregiudizio consistente che rendesse inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino . Un breve inciso la sentenza riguarda una contestazione mossa prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio l. n. 220/2012 , ma il principio espresso è pienamente applicabile anche in relazione a future controversie il restyling che ha riguardato l’art. 1120 c.c., infatti, non riguarda i principi attorno ai quali ruota la causa. Il nuovo art. 1120 c.c. uniforma aumentando quelli in seconda convocazione i quorum deliberativi necessari per la deliberazione delle barriere architettoniche spostando l’allora secondo comma all’attuale quarto con identica formulazione. Torniamo alla sentenza in esame dopo due gradi di giudizio sfavorevoli ai condòmini impugnanti, questi hanno proposto ricorso in Cassazione. Gli Ermellini gli hanno dato ragione vediamo perché. Innovazioni. La sentenza d’appello impugnata considerava la deliberazione riguardante l’installazione di un ascensore valida per una ragione di fatto gli impugnanti non utilizzavano da tempo immemorabile il passaggio, sicché l’effettivo restringimento dello stesso non gli causava alcun disturbo, proprio in considerazione di tale non utilizzo. La Suprema Corte ha cassato con rinvio questa conclusione, affermando che la Corte d’appello, a suo tempo adita, aveva fatto malgoverno delle norme dettate in materia di innovazioni. È vero, si legge nella sentenza n. 24235, che le legge speciali l. n. 13/1989 hanno semplificato la deliberazione di innovazioni volte al superamento delle barriere architettoniche tra le quali va sicuramente annoverata l’installazione di un ascensore , ma tale semplificazione riguarda i quorum deliberativi e non le cause ostative previste dall’art. 1120, comma 2, c.c Come dire è più semplice prendere determinate decisioni, ma non perché si limitano le tutele dei singoli. Resta sempre valido il divieto di deliberazione di innovazioni che possano recare pregiudizio alla sicurezza, alla stabilità o al decoro dell’edificio, nonché quelle che possano rendere le parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino . Immobile non utilizzato. Né, chiarisce la Corte argomentando sulla scorta di alcuni propri precedenti, il non uso di un’unità immobiliare può portare alla comprimibilità del diritto di proprietà dei singoli sui loro cespiti, come erroneamente concluso nel giudizio di secondo grado. È qui, specifica la Corte di Cassazione, che si annida la falsa applicazione dell’art. 1120, comma 2, c.c. dal quale è necessario emendare la sentenza di appello la pronuncia impugnata non contiene alcuna valutazione della lesione del diritto alla stregua dell’astratta utilizzabilità tutelata, ma un erronea conclusione fondata su una circostanza di fatto inutilizzazione che non incide sul diritto dei condòmini. La palla, come si suole dire, torna adesso alla Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 luglio – 29 novembre 2016, n. 24235 Presidente Migliucci – Relatore Manna Svolgimento del processo Nell’assemblea del 13.10.1999 il condominio di omissis , deliberava l’installazione di un ascensore all’interno dell’androne delle scale. Assumendosi proprietari esclusivi di un’area retrostante e dei box auto ivi esistenti, e lamentando che la realizzazione dell’ascensore avrebbe impedito loro l’accesso all’area anzi detta e ai box, D.G.G. e C.G. e C. , comproprietari di unità singole al piano terra dell’edificio quali eredi di C.L. , impugnavano detta delibera innanzi al Tribunale di Taranto. Nel resistere in giudizio il condominio eccepiva la prescrizione della servitù di passo carraio, eccezione che l’adito Tribunale di Taranto accoglieva rigettando così la domanda. L’impugnazione proposta avverso detta sentenza da C.G. e C. , anche quali eredi di D.G.G. , nel frattempo deceduta, era respinta dalla Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto. Osservava detta Corte, per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, che l’installazione dell’ascensore non impediva l’accesso degli appellanti all’area di loro proprietà, lasciando libero a tal fine uno spazio di m. 1,12. Circa la dedotta violazione del godimento dei condomini appellanti, quale limite alle innovazioni di cui al 2 comma dell’art. 1120 c.c., aggiungeva che i testi escussi avevano confermato che gli eredi C. non erano mai entrati con autoveicoli all’interno dell’area di loro proprietà e che i manufatti ivi esistenti non erano mai stati utilizzati quali box auto. Per la cassazione di tale pronuncia il solo C.G. propone ricorso, affidato a due motivi, cui ha fatto seguito il deposito di memoria. Resiste con controricorso il condominio di omissis . Motivi della decisione 1. - Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1120, comma 2 c.c. nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 220/12 , in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. Sostiene parte ricorrente che l’innovazione in oggetto viola l’art. 1120, 2 comma c.c., perché lo spazio di mq. 1,12 lasciato libero per il passaggio menoma gravemente il godimento della stessa area comune e degli immobili di sua proprietà. Ciò si desume dal fatto che tale misura è inferiore a quella minima di m. 1,20 fissata dall’art. 4.1.10 del D.M. n. 236/89, relativamente al superamento delle barriere architettoniche, per la lunghezza delle rampe di scale, e impedisce il passaggio contemporaneo di due persone e quello di una barella con un’inclinazione massima del 15% lungo l’asse longitudinale. 1.1. - Il motivo è fondato. Occorre premettere che in tema di deliberazioni condominiali, l’installazione dell’ascensore, rientrando fra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’art. 27 primo comma della legge n. 118/1971 e all’art. 1 primo comma del d.P.R. n. 384/1978, costituisce innovazione che, ai sensi dell’art. 2 legge n. 13/89, è approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta rispettivamente dall’art. 1136 secondo e terzo comma c.c. tutto ciò ferma rimanendo la previsione del terzo comma del citato art. 2 legge n. 13/1989, che fa salvo il disposto degli artt. 1120 secondo comma e 1121 terzo comma c.c. Cass. n. 14384/04 . La condizione di inservibilità del bene comune all’uso o al godimento anche di un solo condomino, che, ai sensi dell’art. 1120, comma secondo, c.c., rende illegittima e quindi vietata l’innovazione deliberata dagli altri condomini, è riscontrabile anche nel caso in cui l’innovazione produca una sensibile menomazione dell’utilità che il condomino precedentemente ricavava dal bene cfr. Cass. n. 20639/05, che in applicazione di tale principio ha ritenuto illegittima una delibera condominiale che, nel restringere il vialetto di accesso ai garages, rendeva disagevole il transito delle autovetture . Dunque, le innovazioni dirette a eliminare barriere architettoniche, come appunto quelle che dispongano l’installazione di un ascensore, non derogano all’art. 1120, 2 comma c.c. vecchio testo , ma solo alla maggioranza che diversamente è prescritta dall’art. 1136, 5 comma c.c., richiamato dal 1 comma dell’art. 1120 c.c. E di tali principi la giurisprudenza di questa Corte ha fatto applicazione, segnatamente, anche nell’ipotesi dell’installazione di un ascensore Cass. n. 12930/12 , ancorché volto a favorire le esigenze di condomini portatori di handicap, ove detta innovazione sia lesiva dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative Cass. n. 6109/94 , ed ove l’installazione renda talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino Cass. n. 28920/11 . 1.1.1. - Di tali principi di diritto la sentenza impugnata mostra di aver operato una falsa applicazione, lì dove, nel valutare se l’innovazione in oggetto avesse compromesso il godimento delle proprietà individuali degli attori, ha escluso ogni lesione sulla base dell’uso che negli anni questi ne avevano fatto, mentre l’apprezzamento avrebbe dovuto essere operato a stregua della natura e della destinazione economica dei beni stessi. In particolare, la circostanza, valorizzata dalla Corte territoriale, che gli eredi C. non fossero mai entrati con autoveicoli nell’area interna del palazzo e che non avessero mai utilizzato i manufatti di loro proprietà per il ricovero di autovetture, è del tutto priva di significato al fine di valutare la compromissione della facoltà di godimento dei beni di proprietà esclusiva, facoltà che, essendo inerente al contenuto del diritto di proprietà, non si estingue per non uso. 2. - Il secondo motivo espone la violazione o falsa applicazione degli artt. 1027, 1073, 1102, 1120, 2 comma, e 1362 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. Parte ricorrente sostiene che l’accesso carrabile al proprio cortile attraverso l’androne condominiale rientra tra le destinazioni normali della cosa, e pertanto non può pregiudicare o menomare in alcun modo la normale fruizione degli stessi da parte degli altri condomini per accedere ai loro rispettivi appartamenti siti ai piani superiori, con la quale è perfettamente compatibile, di modo che deve escludersi che il transito carrabile attraverso l’androne a favore dell’odierno ricorrente sia stato previsto a titolo di servitù . Da cui l’imprescrittibilità dell’azione esperita. 2.1. - Il motivo è inammissibile. Né dalla sentenza impugnata né dal ricorso si ricava che sia stata trattata e decisa anche la questione della natura del passaggio iure comproprietatis o iure servitutis attraverso l’androne condominiale anche se la sentenza d’appello, ad altri fini come s’è detto, ha ritenuto rilevante che gli appellanti non fossero mai transitati con autoveicoli attraverso l’androne per raggiungere i box di loro proprietà esclusiva . La controversia, infatti, ha avuto ad oggetto solo la legittimità della delibera impugnata. 3. - In conclusione, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce, che nel rivalutare il merito della domanda si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, respinto il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.