L'intercapedine è di proprietà dell'appartamento che trae vantaggio dalla sua realizzazione

La proprietà dell'intercapedine deve essere provata esibendo i relativi titoli di acquisto che devono contenere la menzione del vano tecnico. La trascrizione ha natura dichiarativa e non costitutiva del diritto di proprietà. La proprietà dell'intercapedine posta tra due appartamenti appartiene, in mancanza di titoli, a chi trae vantaggio dalla sua realizzazione.

La seconda sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13295, depositata il 26 giugno 2015, affronta il tema del diritto di proprietà dell'intercapedine posta tra due unità immobiliari di cui una sovrastante all'altra. Il caso. Questa volta si discute della proprietà del vano non abitabile, di altezza 1,30 m, realizzato tra due appartamenti posti su piani diversi. Il proprietario dell'appartamento sottostante ne rivendica la proprietà qualificando il vano come sottotetto” mentre il proprietario dell'appartamento sovrastante considerava questo vano come intercapedine” pertinenziale alla sua abitazione, anche perché attraversata dagli scarichi della sua proprietà. La lite scoppia in occasione di alcuni lavori di ristrutturazione. Il proprietario dell'unità a primo piano cita in giudizio il proprietario dell'unità posta al piano superiore chiedendo l'eliminazione delle tubazioni di scarico la controparte si difende eccependo l'ormai intervenuta usucapione. Il Tribunale rigettava la domanda dell'attore mentre la Corte territoriale ordinava la rimozione delle tubazioni. Secondo la Corte d’appello si tratta di un doppio - soffitto. Secondo la Corte d'appello il vano in discussione sarebbe stato ricavato da una controsoffittatura dell'appartamento sottostante in cui sarebbero state collocate abusivamente le tubazioni di scarico del sovrastante appartamento che, quindi, andavano eliminate. I titoli di proprietà non erano di alcun aiuto in quanto non facevano menzione dell'intercapedine in discussione né era stata provata l'eccepita usucapione o l'esistenza di una servitù. Gli elementi costitutivi della pertinenza. La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, chiarisce quali sono gli elementi costitutivi della pertinenza ovviamente dal punto di vista civilistico, in quanto, sotto il profilo urbanistico, la situazione sarebbe diversa . Gli Ermellini ricordano che la pertinenza art. 817 c.c. consiste in una cosa accessoria , asservita funzionalmente ed in maniera durevole all’utilità instrumentum o ad ornamento ornamentum di un’altra cosa principale ed è caratterizzata da due elementi, uno soggettivo e l'altro oggettivo. Sotto il profilo soggettivo, è necessario che il bene pertinenziale sia destinato, per volontà diretta del proprietario della cosa principale o di chi sia titolare di un diritto reale sulla medesima, a porre la pertinenza in un rapporto funzionale con la cosa principale ovvero a servizio od ornamento della cosa principale. Sotto il profilo oggettivo, occorre che la pertinenza sia posta effettivamente ed in modo durevole a servizio od ornamento della res ” principale allo scopo di soddisfare un miglior uso di quest’ultimo. Piazza Cavour ricorda, peraltro, che l'accertamento degli elementi soggettivi ed oggettivi rientra in un giudizio di merito incensurabile in sede di legittimità. L'intercapedine isola l'appartamento sottostante. A quanto pare il vano in discussione appartiene all'appartamento sottostante. Ma come si giunge a tale soluzione? Ad essere messo in luce, nel caso in esame, è il rapporto del vano in contestazione con l'appartamento a primo piano in particolare viene valorizzato il profilo strutturale e la relazione materiale tra il volume tecnico e l'unità abitativa principale posta a primo piano. Tali elementi, evidentemente, risultavano dalle relazioni predisposte dal Consulente Tecnico di Ufficio. Secondo l'organo giudicante, l'intercapedine aveva la funzione di assolvere alla funzione di isolare e proteggere l'appartamento sottostante. I giudici, quindi, sembrano puntare l'attenzione sull'aspetto funzione dell'intercapedine per cui la proprietà viene assegnata all'immobile che trae il maggior beneficio dalla sua realizzazione. E la servitù? In verità, nel caso in esame, sembrerebbe passare in secondo piano la servitù in favore dell'appartamento sovrastante. La sentenza di primo grado aveva riconosciuto l'esistenza di una servitù di scarico a favore dell'appartamento sovrastante ed a carico di quello sottostante. Tale profilo era stato contestato in appello e, a quanto pare, non è stato oggetto dell'esame da parte di Piazza Cavour trattandosi di elementi di valutazione di merito.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 maggio – 26 giugno 2015, n. 13295 Presidente Bucciante – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1. S.S., proprietario per 1/2 di una unità immobiliare al primo piano di un fabbricato sito in Agrigento nella Via , sottostante alla proprietà di M.A., lamentava che la stessa, nel ripristinare il proprio appartamento aveva trasformato il soprastante tetto di copertura in terrazzo praticabile creando servitù di veduta e una luce aveva pure collocato tubi per lo scarico delle acque dei servizi igienici, che attraversavano il doppio soffitto di sua proprietà esclusiva. Pertanto, l'attore chiedeva la condanna della convenuta alla eliminazione di tutte dette turbative. Costituitasi in giudizio, la convenuta chiedeva il rigetto delle domande, eccependo l'usucapione del doppio soffitto di parte attrice e il conseguente diritto all'attraversamento dei tubi per lo scarico delle acque nere del proprio appartamento. Il tribunale di Agrigento rigettava e domande dell'attore e la domanda riconvenzionale della convenuta. Con sentenza dep. il 9 febbraio 2009 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della decisione impugnata dall'attore, condannava la convenuta a rimuovere i tubi di scarico collocati nell'intercapedine esistente fra l'appartamento dell'attore e quello soprastante della A Per quel che ancora interessa, i Giudici osservavano quanto segue. premesso che in contestazione era il diritto delle convenuta di fare passare e mantenere i tubi di scarico che si dipartono dal locale di decenza della sua abitazione attraverso il doppio soffitto della sottostante proprietà dell'appellante, la stessa avrebbe dovuto dimostrare di essere proprietaria dell'intercapedine costituente il detto doppio soffitto, ovvero di essere titolare di una apposita servitù tale prova non era stata fornita, posto che, quanto al diritto di proprietà, lo stesso non risultava dai titolo, e che dalle deposizioni dei testi escussi non era emersa l'usucapione dell'intercapedine in contestazione, mentre il rogito notarile dalla stessa prodotto era insufficiente alla dimostrazione della proprietà, non essendo stata fatta menzione dell'inte-rcapedine nei successivi atti di alienazione neppure poteva condividersi 1' affermazione dell'appellata, secondo cui l'intercapedine sarebbe stata implicitamente richiamata nelle c.d. clausole di stile che i notai sogliono apporre negli atti di trasferimento o che nel trasferimento della cosa principale sono comprese le pertinenze anche quando nell'atto non se ne sia fatta espressa menzione, posto che il sottotetto, quando ha la funzione di isolare i vani dell'appartamento sottostante, ne costituisce pertinenza, essendo perciò escluso che possa formare oggetto di utilizzazione separata da parte di proprietario di altra unità immobiliare, suscettibile di possesso ad usucapionem avuto riguardo all'altezza del sottotetto in questione metri 1,30 , lo stesso non poteva costituire oggetto di utilizzazione separata da parte della A., e aveva la esclusiva funzione di isolare i vani dell'alloggio sottostante l'impossibilità di usucapire il sottotetto in questione escludeva che potesse essere attribuito alcun particolare significato alla botola di accesso ad esso dall'appartamento della A. peraltro, esisteva una analoga botola di accesso nella soffitta dal sottostante appartamento del S. neppure era stato acquistato un diritto di servitù a fare passare e mantenere le tubazioni di scarico provenienti dal locale di decenza del suo alloggio nella più volt menzionata intercapedine. 2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la A. sulla base di sei motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso Sarina S., interventrice nel diritto controverso ex art. 111 cod. proc. civ. Motivi della decisione 1.1. Il primo motivo, dopo avere premesso che correttamente la sentenza impugnata aveva ritenuto che in discussione era la proprietà dell'intercapedine, denuncia l'omesso esame dell'atto di vendita del 20 aprile 1934 a favore del remoto dante causa della ricorrente, in cui erano indicati i vani in questione tale atto era opponibile ai terzi, essendo stato trascritto. 1.2. Il motivo è infondato. Premesso che, come ha chiarito la stessa ricorrente, si discute della proprietà della intercapedine, ai fini del relativo acquisto occorreva che il bene fosse stato menzionato nei successivi trasferimenti di proprietà fino all'atto di compravendita a favore della convenuta al riguardo, del tutto irrilevante è il riferimento alla trascrizione degli atti di acquisto di beni immobili, posto che la stessa ha natura dichiarativa e non costitutiva del diritto di proprietà, e svolge la funzione di risolvere eventuali conflitti tra píù aventi causa. 2. I1 secondo motivo denuncia che la sentenza non aveva tenuto conto della destinazione pertinenziale durevolmente impressa all'intercapedine secondo quanto risultante dall'atto del 1934. 3. I1 terzo motivo denuncia il vizio di motivazione laddove la sentenza aveva erroneamente qualificato come sottotetto ella che era e una intercapedine ricavata fra due appartamenti e non al sopra della ultima elevazione. Non si comprendeva, comunque, perchè i sottotetto che non è annoverato fra le cose comuni di cui all'art. 1117 cod. civ. fosse stato ritenuto al servizio dell'appartamento sottostante, quando esisteva botola di accesso, che lo collegava a quello soprastante della ricorrente, richiamata dal titolo del 1934. Il vano non risultava collegato con l'appartamento dell'attore se non attraverso la recente botola non autorizzati. Dall'indagine compiuta dal consulente di ufficio risultava che il vano era unicamente destinato all'attraversamento della tubazione di scarico dell'appartamento sovrastante stante l'interclusione come confermato da le deposizioni escusse. 4. Il quarto motivo censura la sentenza per avere sull'erroneo Il presupposto che l'intercapedine fosse un sottotetto escluso la usucapione, pur essendo risultato dalle deposizioni escusse un possesso idoneo esercitato sin dal 1934. 5. Il secondo, il terzo e il quarto motivo che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente sono infondati. Occorre chiarire che, al fine di configurare il vincolo pertinenziale fra beni immobili distinti e autonomi, occorre 1 un requisito soggettivo ovvero l'atto di destinazione della c.sa adibita a servizio od ornamento di quella principale da parte del proprietario della cosa principale che sia evidentemente proprietario o abbia la disponibilità giuridica anche di quella accessoria, a meno che il proprietario di quest'ultima non si sia obbligato a tale destinazione, con la conseguenza che legittimato a creare il vincolo pertinenziale è il proprietario o titolare di altro diritto reale su di essa 2 un requisito oggettivo, che consiste nella dure ole funzione della cosa complementare al servizio od ornamento di quel a principale. Posto che la destinazione a pertinenza è una modalità di essere della cosa accessoria in virtù della relazione impressa dal proprietario della cosa principale, cioè di un atto dispositivo da questi co .iuto e non è un modo di acquisto della proprietà, I' accertamento i ordine alla sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzano il rapporto pertinenziale fra due immobili comporta un giudizio di fatto che, come tale, è incensurabile in sede di legittimità s espresso con motivazione adeguata ed immune da vizi logici. E nella specie, la sentenza ha escluso in considerazione delle caratteristiche obiettive dell'intercapedine de qua la esistenza di un vincolo pertinenziale fra questo e l'appartamento della convenuta e conseguentemente il trasferimento con la proprietà della cosa principale anche di quella accessoria art. 818 cod. civ. si è già detto, peraltro, che i Giudici hanno escluso l'assenza di un titolo legittimante di per sé l'acquisto della proprietà dell'intercapedine. Al riguardo, la sentenza ha piuttosto accertato la natura pertinenziale del sotto etto in base alla struttura e alla'relazione materiale con l'appartamento sottostante, avendo verificato che esso assolveva alla esclusiva funzione di isolare e proteggere l'appartamento medesimo, tenuto conto delle dimensioni altezza metri 1,30 d'altra parte, i Giudici hanno anche verificato la presenza di una botola di accesso al predetto per cu non poteva annettersi significato particolare alla botola di accesso dall'appartamento della convenuta. Orbene, le critiche formulate dalla ricorrente non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell'iter logico giuridico seguito dalla sentenza le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere l'erroneo apprezzamento delle risultanze processuali, che è insindacabile in sede di legittimità se non sotto il profilo del difetto di motivazione. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sa, ebbe dovuti pervenire in sostanza, ai sensi dell'art. 360 n. 5 citato, la dedotta erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione. 4.1. I1 quinto motivo deduce il vizio di ultrapetizione laddove la sentenza aveva fatto riferimento alla insussistenza delle condizioni per la costituzione della servitù di scarico, quando tale domanda non era stata mai formulata dalla convenuta che aveva chiesto la verifica sulla legittimità della sostituzione delle tubazioni, allegando in subordine l'acquisto per usucapione l'intervento realizzato dal a medesima poneva piuttosto la questione della legittimità della innovazione e della insussistenza di alcun aggravamento ex art. 1067 cod. civ. secondo i principi al riguardo elaborati dalla S.C. 4.2. Il motivo è infondato. Occorre considerare che a la sentenza di primo grado aveva ritenuto la esistenza di una servitù di scarico a favore della convenuta e tale statuizione era stata impugnata dall'attore soccombente b la questione della esistenza o meno di un aggravamento ovvero della legittimità dell' intervento sulla preesistente servitù è nuova e, come tale, è inammissibile nella presente sede, posto che in discussone era la esistenza o meno della stessa servitù di scarico, che è stata esclusa dai Giudici. 5.1. Il sesto motivo denuncia l'erronea regolamentazione delle spese processuali. 5.2. Il motivo è inammissibile, posto che si limita a chiedere la riforma di tale statuizione nell’auspicato caso di accoglimento del ricorso, che però è risultato infondato. Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore della resistente costituita delle spese relative alla presente fase che liquida in euro 2.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per onorari di avvocato oltre spese forfettarie e accessori di legge.