Legittimo il passaggio dall'impianto di riscaldamento centralizzato a quello autonomo

L'autunno è alle porte e, puntualmente, l'ordine del giorno delle assemblee condominiali prevede la ripartizione delle spese relative all'impianto di riscaldamento centralizzato. Considerato che la bolletta energetica pesa notevolmente nelle tasche degli italiani e vista la normale litigiosità dei condomini, è ovvio che scoppi la bagarre. Questa volta, a finire sotto la lente della Cassazione, è il problema relativo alla possibilità che il singolo condomino distacchi il proprio impianto dalla rete condominiale. Il punto in discussione, in questo caso, non è tanto il diritto di distacco, quanto la ripartizione delle spese. La seconda sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19893, depositata il 29 settembre, ribaltando totalmente il giudizio dei giudici di merito, non solo riconosce il diritto del condomino di procedere al distacco del proprio impianto dalla rete centralizzata, ma va ben oltre. Sarebbe negata, al condominio, la possibilità di chiedere al singolo condomino di partecipare al pagamento delle spese di gestione dell'impianto centralizzato. Il distacco dalla rete centralizzata, le pretese del condominio. Un condomino, a causa del cattivo funzionamento dell'impianto di riscaldamento centralizzato, si vede costretto a procedere al distacco dalla rete condominiale ed alla realizzazione di un impianto autonomo. Il condominio non si oppone all'esecuzione dei lavori ma pretende che il proprietario continui a concorrere al pagamento delle spese di funzionamento dell'impianto centralizzato. Scatta la citazione il proprietario chiede che venga accertato il suo diritto di essere escluso dalla partecipazione alle spese. Di contro, il condominio, chiede che la domanda venga rigettata e, in via riconvenzionale, che il proprietario venga condannato al risarcimento dei possibili danni derivati ai beni comuni in seguito alle operazioni di distacco. Sotto esame il regolamento condominiale. I riflettori, a questo punto, si spostano sull'interpretazione del regolamento condominiale. Secondo l'amministrazione condominiale, il regolamento di condominio riconoscerebbe ai singoli condomini la facoltà di dotare le proprie unità immobiliari di un impianto autonomo e, quindi, di distaccarsi dalla rete centralizzata. Ciò, peraltro, non comporterebbe alcun esonero dal pagamento delle spese di gestione. Secondo il proprietario, il regolamento andrebbe doverosamente interpretato in senso diverso. L'obbligo di contribuire alle spese dovrebbe essere circoscritto all'ipotesi in cui il singolo condomino non avesse usufruito del bene comune solo per un periodo limitato di tempo. Diversamente, in caso di definitivo distacco dalla singola unità immobiliare dalla rete comune, il proprietario sarebbe rimasto indenne dalla partecipazione ai costi. Al di la della diversa interpretazione fornita alle clausole regolamentari, il proprietario sfoderava il proprio asso nella manica. Secondo il regolamento condominiale, le spese andrebbero ripartite in due quote il 50% andrebbe a carico dei condomini in funzione della cubatura dell'unità immobiliare, il rimanente 50% andrebbe ripartito in funzione della capacità radiante degli elementi installati nell'appartamento. A questo punto, il proprietario sosteneva che, avendo proceduto al distacco dall'impianto centralizzato, la propria capacità radiante sarebbe stata ridotta a zero . Di conseguenza, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe quantomeno avuto diritto a godere dell'esenzione delle spese calcolate in funzione della superficie radiante degli elementi. La parola al giudice di merito. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello respingevano le argomentazioni dell'attore. Quest'ultimo, peraltro, non si dava per vinto e ricorreva in Cassazione. Gli Ermellini ribaltando totalmente l'esito del giudizio, riconoscono al singolo comproprietario il diritto di procedere al distacco dall'impianto condominiale centralizzato. E non finisce qui! Criterio per la ripartizione delle spese costi di conservazione e spese di gestione. Quanto al criterio utilizzato per la ripartizione delle spese, la Cassazione sottolinea la distinzione esistente tra le spese di conservazione dei beni comuni e le spese di gestione. L'art. 1104 c.c. considera i costi di gestione alla stregua di una obbligazione propter rem. Di conseguenza, il singolo comproprietario non potrebbe in alcun modo sottrarsi al loro pagamento. Le spese relative al godimento della cosa comune, viceversa, sarebbero sottoposte alla disciplina dell'art. 1118 c. c. per cui il comproprietario potrebbe essere esonerato ovviamente a certe condizioni dal loro pagamento. Legittimo il distacco dall'impianto condominiale. Con specifico riferimento ai costi di gestione dell'impianto condominiale, gli Ermellini hanno riconosciuto il diritto del singolo condomino di procedere alla separazione dell'impianto privato dalla rete condominiale. Richiamando l'art. 1123, comma 2, c. c., Piazza Cavour ha riconosciuto al proprietario il diritto di rimanere esente dal pagamento delle spese per l'uso del servizio centralizzato ma ad una condizione. Il proprietario dovrebbe riconoscere al condominio le spese dell'eventuale aggravio derivato alle spese di gestione di tale servizio, compensato dal maggior calore di cui beneficia anche il suo appartamento . Occorre partire da una considerazione. Anche a seguito del distacco dalla rete condominiale, il singolo comproprietario continua comunque a percepire un beneficio dall'impianto centralizzato. Il calore degli appartamenti confinanti riscaldati dalla rete centralizzata e dei tubi condominiali che attraversano la proprietà del singolo condomino, infatti, contribuisce comunque a riscaldare, per irraggiamento, l'immobile del singolo comproprietario, anche dopo l'avvenuto distacco dalla rete centralizzata. Quindi, sotto questo profilo, il condomino potrebbe essere tenuto a risarcire al condominio il beneficio anche se lieve derivante dall'irraggiamento dell'impianto condominiale. I limiti del regolamento condominiale. Quale potrebbe essere il valore della clausola contenuta nel regolamento di condominio che disciplini la fattispecie in esame? Per rispondere all'interrogativo occorre far riferimento al disposto del quarto ed ultimo comma dell'art. 1138 c.c. La norma, nel porre un limite all'efficacia del regolamento condominiale, stabilisce che quest'ultimo non può menomare i diritti di ciascun condomino, risultanti dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso può derogare alle disposizioni degli artt. 1118 comma 2, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 . Secondo l'interpretazione offerta dagli Ermellini, ciò vuol dire che al singolo condomino non può essere vietato di procedere al distacco dalla rete condominiale centralizzata. La clausola contenuta nel regolamento condominiale diretta a vietare il distacco delle singole unità immobiliari dalla rete centralizzata, quindi, non dovrebbe trovare applicazione rimanendo e dovrebbe essere considerata del tutto inefficace se non addirittura nulla. Le garanzie di chi vuol procedere al distacco dalla rete comune. Piazza Cavour, con la sentenza in commento, non si limita a riconoscere il diritto del singolo condomino di procedere al distacco del proprio appartamento dalla rete condominiale ma va ben oltre. Il Collegio, infatti, richiama le norme sul risparmio energetico per sottolineare l'esistenza del preminente interesse generale a non ostacolare tali operazioni. Occorre tener presente che l'impianto di riscaldamento autonomo è più efficiente rispetto a quello condominiale. Il Legislatore, allo scopo di promuovere il risparmio energetico e di ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera - da un lato - ha incentivato la trasformazione degli impianti condominiali in impianti autonomi mentre - dall'altro - ha addirittura vietato, per le nuove costruzioni, che vengano realizzati impianti di riscaldamento centralizzati. Chi si distacca non paga gli oneri commisurati alla superficie radiante. Promossa a pieni voti la tesi del ricorrente. Quando il regolamento di condominio prevede come nel caso in esame che una parte dei costi di gestione dell'impianto centralizzato sia ripartita tra i condomini in base alla superficie radiante degli elementi presenti nell'appartamento, il singolo condomino che abbia separato il proprio impianto da quello condominiale, deve essere tenuto indenne da questa voce di spesa. Il buon senso, quindi, ha prevalenza sul regolamento condominiale. Se, a seguito del distacco, la superficie radiante è pari a zero, il condomino rimane esonerato dalla partecipazione alle spese. La disciplina degli impianti nel codice civile. L'art. 1117 c.c., indica, come parti comuni dell'edificio, tutte le opere che servono all'uso e al godimento comune. Rientrano in tale contesto, ovviamente, anche gli impianti per il riscaldamento fino al punto di diramazione agli immobili di proprietà esclusiva dei singoli condomini. L'art. 1102 c.c., dal suo canto, stabilisce che l'uso della cosa comune è consentito a ciascun partecipante alla comunione, a condizione che non venga alterata la destinazione del bene comune e non venga impedito agli altri partecipanti di farne parimenti uso. Quando il distacco può essere vietato. La sentenza in commento giustifica la separazione della singola unita immobiliare dall'impianto comune con l'esigenza di contenere il risparmio energetico. Occorre peraltro considerare che, proprio la necessità di garantire il risparmio energetico dell'intero edificio e non delle singole parti che lo compongono potrebbe determinare una diversa soluzione della vicenda. Gli impianti termici degli edifici, infatti, sono progettati, dimensionati e costruiti in funzione di una serie di parametri quali il volume interno dell'edificio e delle singole parti, l'esposizione del fabbricato e dei singoli ambienti, la capacità termica delle murature, il coefficiente di dispersione termico degli infissi e così via. Il progetto dell'impianto, quindi, mira a garantire un equilibrio termico di base e l'efficienza dell'intero impianto. Proprio al fine di garantire il corretto utilizzo dell'intero impianto centralizzato, potrebbe essere controproducente il passaggio di alcune unità abitative ad un impianto di riscaldamento autonomo in quanto le relative opere potrebbero compromettere l'equilibrio dell'intero sistema. In buona sostanza, il distacco potrebbe ritenersi vietato nell'ipotesi e nella misura in cui sia capace di incidere negativamente sulla destinazione obiettiva del bene comune determinando uno squilibrio termico eliminabile solo con un aggravio delle spese da parte dei condomini che continuano a servirsi dell'impianto centralizzato. Il distacco deve essere consentito dal condominio. Il distacco è ovviamente consentito quando è autorizzato dal regolamento condominiale ovvero nell'ipotesi in cui venga deliberato dall'unanimità dei partecipanti alla comunione. Nella misura in cui l'esecuzione delle opere fosse considerata come una innovazione ex art. 1120 c.c. , il distacco dalla rete centralizzata e la realizzazione di un impianto autonomo dovrebbe essere autorizzata dall'assemblea condominiale con le maggioranze previste dall'art. 1136, comma 5, c.c. - ovvero con la maggioranza dei partecipanti al condominio e dei due terzi del valore dell'edificio. L'assemblea di condominio, comunque, non può obbligare i singoli condomini a procedere alla dismissione dell'impianto centralizzato in quanto si tratterebbe di innovazioni gravose che richiedono la realizzazione di opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata.