Separazione giudiziale: sulla deroga della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale

La Suprema Corte ribadisce un indirizzo giurisprudenziale in tema di deroga della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale ex art. 1, l. n. 742/1969 prevista per le cause vertenti sugli obblighi alimentari, chiarendo se può o meno estendersi anche alle cause di separazione giudiziale dei coniugi.

Questo l’oggetto dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 18612/20, depositata il 7 settembre. La Corte d’Appello di Palermo, nelle vesti di Giudice di rinvio , accoglieva il reclamo proposto da una donna in riforma del decreto emesso dal Tribunale di Palermo, rigettando la domanda di modifica delle condizioni di separazione proposta dal marito. Quest’ultimo propone ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, denunciando, tra i diversi motivi, la nullità del procedimento inerente al giudizio di rinvio , vista la tardività della riassunzione dello stesso, avvenuta dopo che il termine di 3 mesi previsto per la riassunzione era ormai scaduto e non potendo, in tal caso, trovare applicazione la sospensione dei termini contemplata dall’art. 92 legge ordinamento giudiziario, sostenendo, dunque, che il processo avrebbe dovuto dichiararsi estinto . La Suprema Corte dichiara il motivo di ricorso infondato , richiamando l’orientamento giurisprudenziale in base al quale la deroga della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, di cui all’art. 1 della l. n. 742 del 1969 prevista per le cause inerenti ad obblighi alimentari , non può essere estesa alle cause di separazione giudiziale dei coniugi, ancorché pendenti in fase d’impugnazione con riguardo anche alle statuizioni adottate in materia di alimenti . Inoltre, i Giudici di legittimità precisano che in materia di separazione e divorzio la riassunzione in sede di rinvio deve essere effettuata nella stessa forma con cui è proposto l’appello, cioè con ricorso, considerando che ai sensi dell’art. 23, l. n. 74/1987 l’appello contro le sentenze di separazione deve essere trattato mediante rito camerale , il quale si applica dall’atto introduttivo alla decisione assunta in camera di consiglio. Ciò posto, nel caso di specie il termine di deposito ai fini della riassunzione del giudizio di rinvio risulta rispettato, dovendosi aggiungere il periodo di sospensione feriale pari a 46 giorni . Anche per questo motivo, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 14 luglio – 7 settembre 2020, n. 18612 Presidente Giancola – Relatore Parise Fatti di causa 1. La Corte d'Appello di Palermo, con decreto del 18.7.2011, dichiarava improcedibile il reclamo proposto da L.M.M.A. contro il provvedimento del Tribunale che, in sede di revisione delle condizioni della sua separazione dal coniuge C.G.B., aveva ridotto la misura dell'assegno di mantenimento che questi era tenuto a versarle mensilmente. La Corte territoriale rilevava che la notificazione del ricorso introduttivo del procedimento era stata eseguita dalla reclamante oltre il termine assegnatole dal Presidente nel provvedimento con il quale era stata fissata l'udienza di comparizione delle parti e che la reclamante doveva ritenersi decaduta dalla facoltà di ottenere una proroga di tale termine, che avrebbe dovuto essere richiesta prima della sua scadenza. 2. Il ricorso straordinario per cassazione proposto da L.M.M.A. è stato accolto da questa Corte con ordinanza n. 16677 del 22/07/2014, con la quale è stato affermato che il reclamo proposto alla Corte d'appello avverso il provvedimento camerale adottato dal Tribunale nella specie in sede di revisione delle condizioni di separazione dei coniugi non è improcedibile qualora il convenuto si sia regolarmente costituito in giudizio, come era avvenuto nel caso scrutinato, restando così sanato, ai sensi dell'art. 156 c.p.c., il vizio derivante dal mancato rispetto del termine ordinatorio assegnato al reclamante per la notificazione del ricorso e non prorogato con istanza proposta prima della sua scadenza. 3. Con ordinanza depositata il 30-5-2015 la Corte d'appello di Palermo, pronunciando quale giudice di rinvio, ha accolto il reclamo proposto da L.M.M.A. e, in riforma del decreto del Tribunale di Palermo impugnato, ha rigettato la domanda di modifica delle condizioni della separazione proposta da C.G.B 4. Avverso il suddetto provvedimento C.G.B. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti di L.M.M.A., che resiste con controricorso. 5. Il ricorso è stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c La controricorrente ha depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità del procedimento relativo al giudizio di rinvio per violazione dell'art. 392 c.p.c. e dell'art. 92 Legge ordinamento giudiziario. Assume la tardività della riassunzione del giudizio di rinvio effettuata dalla L.M., rilevando che la sentenza di questa Corte era stata depositata il 22 luglio 2014 e il ricorso in riassunzione era stato depositato il 3-12-2014, ossia dopo che il termine di tre mesi per la riassunzione era già scaduto ad avviso del ricorrente in data 22/10/2014 . Sostiene che, nel caso di specie, non debba trovare applicazione la sospensione dei termini ex art. 92 legge ordinamento giudiziario dovendo assimilarsi la materia in questione avente ad oggetto la misura dell'assegno di mantenimento da versare al coniuge a quella degli alimenti . In subordine rileva che la riassunzione avrebbe dovuto farsi con citazione e, anche a volere ritenere applicabile la sospensione feriale, la notifica della riassunzione era avvenuta in data 18-12-2014, oltre il termine di tre mesi, pur aumentato di quarantacinque giorni. Ad avviso del ricorrente, pertanto, il processo avrebbe dovuto dichiararsi estinto, con il conseguente passaggio in giudicato del decreto del Tribunale di Palermo depositato il 24-12-2010. 2. Con il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in forza del combinato disposto di cui all'art. 156 c.p.c., comma 7, art. 2909 c.c. e art. 710 c.p.c., chiedendo l'affermazione del seguente principio di diritto Viola il combinato disposto di cui all'art. 156 c.c., comma 7 - art. 2909 c.c. e art. 710 c.p.c. il giudice quando, ancorchè risulta provata una contrazione del reddito e/o delle condizioni complessive economico-patrimoniali di uno dei coniugi, rigetta l'istanza di riduzione dell'assegno per il mantenimento dell'altro coniuge, basando a fondamento della propria decisione circostanze già note, conoscibili dedotte o comunque deducibili durante il precedente giudizio di separazione dei coniugi, ormai definito con sentenza passata in autorità di cosa giudicata . Deduce che la Corte territoriale ha posto a fondamento della decisione impugnata esclusivamente circostanze già dedotte nel giudizio di separazione personale definito con la sentenza del Tribunale di Palermo, passata in giudicato, n. omissis , ossia il fatto che gli standard di vita in omissis , ove vive il ricorrente, sono notoriamente inferiori rispetto a quelli dell'Italia. 3. Con il terzo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione alla motivazione dell'ordinanza che risulta essere inesistente e/o meramente apparente . Ad avviso del ricorrente la motivazione dell'ordinanza impugnata è fondata su una premessa giuridicamente inesistente, perchè riguardante fatti e circostanze coperti da giudicato, che non dovevano essere nuovamente considerati dalla Corte di Appello. 4. Con il quarto motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c. relativamente alla statuizione di condanna alle spese di lite di cui all'ordinanza impugnata, da riformarsi in conseguenza dell'accoglimento dei primi tre motivi di ricorso. 5. Il primo motivo è infondato. 5.1. Secondo il costante orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, la deroga della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 1 prevista per le cause inerenti ad obblighi alimentari, non può essere estesa alle cause di separazione giudiziale dei coniugi, ancorchè pendenti in fase d'impugnazione con riguardo anche alle statuizioni adottate in materia di alimenti da ultimo Cass. n. 1874/2019 . Inoltre, in tema di separazione e divorzio, in quanto l'appello deve essere proposto con ricorso, anche la riassunzione in sede di rinvio va fatta nella medesima forma e, come il tempestivo esperimento del gravame proposto invece con citazione resta pur sempre legato al deposito del relativo atto in cancelleria nei termini di legge, così occorre parimenti ritenere riguardo al giudizio di riassunzione in sede di rinvio. Ai sensi della L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 23 infatti, l'appello avverso le sentenze di separazione deve essere trattato con il rito camerale, il quale si applica all'intero procedimento, dall'atto introduttivo - ricorso, anzichè citazione - alla decisione in camera di consiglio Cass. n. 19002/2014 . 5.2. Nel caso in esame, il termine di deposito per la riassunzione del giudizio di rinvio risulta, pertanto, rispettato, in quanto, dovendo aggiungersi il periodo di sospensione feriale, in allora di quarantasei giorni, il suddetto termine andava a scadere il 912-2014 il 7-12-2014 era domenica e l'8-12-2014 era giorno festivo e il ricorso in riassunzione è stato depositato dalla L.M. in data 3-12-2014. 6. I motivi secondo e terzo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili. 6.1. Le censure non si confrontano con la chiara e lineare motivazione espressa dalla Corte territoriale, secondo cui non è stata ritenuta giustificata la richiesta di riduzione dell'assegno di mantenimento proposta dall'ex marito solo perchè egli è andato, nelle more, in trattamento di quiescenza, non risultando dimostrato un peggioramento complessivo delle sue condizioni economiche. La Corte territoriale ha, anche, nuovamente valutato il fatto notorio, ossia lo standard di vita notoriamente basso in omissis ove il ricorrente viveva e vive tuttora, alla luce del mutamento peggiorativo allegato dal medesimo, attinente al suo status di pensionato e, nel contesto di detta nuova valutazione, effettuata all'attualità, considerando i fatti sopravvenuti di rilevanza, è giunta, motivatamente, alla conclusione di cui sopra, esaminando più circostanze. La Corte d'appello, in particolare, ha considerato non solo il costo della vita in omissis , ma anche il dato complessivo delle condizioni economiche del ricorrente accertate all'epoca della decisione, desunte sia dal tenore di vita mantenuto dall'ex marito dopo il pensionamento, non ridimensionato rispetto al passato, sia dalla sua pregressa percezione di reddito di lavoro elevato anche secondo gli standard italiani, neppure decurtato da spese di locazione perchè fruiva di alloggio aziendale, sì da poterne ulteriormente desumere che egli fosse stato nelle condizioni di accumulare quantità di danaro significative pag. n. 4 ordinanza impugnata . 6.2.A fronte di detto argomentato percorso motivazionale, non ha pregio, risultando non attinente al decisum, la doglianza secondo cui la Corte d'appello avrebbe basato il proprio convincimento sui medesimi fatti valutati nella sentenza di separazione del Tribunale di Palermo emessa nel omissis e passata in giudicato, ossia non su circostanze nuove e sopravvenute, ma sul fatto notorio che gli standard di vita in omissis sono inferiori rispetto all'Italia. Per quanto precisato, invece, la Corte territoriale ha proceduto ad una valutazione di tutti i fatti sopravvenuti ed è pervenuta, effettuando un accertamento di merito insindacabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivato, come certamente è nel caso di specie, alla conclusione che non vi sia stato un peggioramento delle condizioni economiche complessive del ricorrente, prendendo in considerazione, unitamente alle altre circostanze, anche il dato notorio relativo allo standard di vita in omissis , pure nuovamente valutato con riferimento all'epoca della decisione. Il richiamo al giudicato nei termini prospettati dal ricorrente è, pertanto, inconferente, considerato, peraltro, che l'illustrazione della censura, anche mediante richiamo alla giurisprudenza di questa Corte Cass. n. 14093/2009 , pare riferirsi alla valutazione di circostanze non dedotte benchè preesistenti, il che non è nel caso di specie. Ugualmente inammissibile è la denuncia di motivazione inesistente o apparente, tra l'altro espressa sub specie del vizio di violazione di legge e non di quello motivazionale, richiamate le considerazioni infra svolte circa l'adeguatezza della motivazione dell'ordinanza impugnata, secondo il parametro del minimo costituzionale Cass. S.U. n. 8053/2014 , al di sopra del quale all'evidenza si pone il percorso argomentativo di cui si è detto. 7. Il quarto motivo, attinente alle spese di lite di tutti i gradi per l'ipotesi di accoglimento degli altri motivi, resta assorbito. 8. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. 9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto Cass. S.U. n. 5314/2020 . 10. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto. Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.