Delibazione della sentenza straniera di divorzio ed effetti della decisione nell’ordinamento italiano

Nel giudizio di delibazione il giudice non può procedere al riconoscimento della sentenza straniera ove questa produca effetti contrari all'ordine pubblico. Tuttavia, nel decidere sulla contrarietà all’ordine pubblico della decisione straniera, il giudice non può sottoporla ad un sindacato di tipo contenutistico o di merito né di correttezza della soluzione adottata alla luce dell'ordinamento straniero o di quello italiano.

Così ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 17170/20, depositata il 14 agosto. La Corte d’Appello di Bari ordinava all’ufficiale dello Stato civile di Bari la cancellazione della trascrizione dai registri della sentenza di divorzio tra due coniugi iraniani , pronunciata dalla Corte Suprema di Teheran, ritenendo che essa fosse in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento italiano, posto che in Iran il marito può divorziare unilateralmente e arbitrariamente. Avverso la decisione propone ricorso l’ex marito lamentando che la Corte d’Appello anziché ponderare gli effetti della sentenza trascritta onde accertarne la sua contrarietà all’ordine pubblico ex art. 64, comma 1, l. 218/95 , abbia esteso la sua cognizione alla normativa iraniana senza chiarirne il tenore dispositivo e l’interpretazione corrente. La Cassazione, ritenendo il ricorso meritevole di accoglimento, osserva che la Corte d’Appello non ha debitamente approfondito la cognizione delle fonti normative straniere direttamente concernenti la vicenda, incorrendo nella violazione degli artt. 14 e 15 della l. n. 218/1995. Inoltre, la Suprema Corte ribadisce che quando si affronti il tema del riconoscimento interno delle sentenze straniere , il giudice della delibazione, deve verificare se siano stati soddisfatti i principi fondamentali dell'ordinamento , anche relativi al procedimento formativo della decisione . Inoltre, continua la Cassazione, quando il giudizio di delibazione si incentri sul requisito dell'ordine pubblico, la valutazione che si richiede al giudice deve mantenersi fedelmente aderente al dettato normativo dell'art. 64, comma 1, lett. g , L. 218/1995, secondo cui il riconoscimento della sentenza straniera non può avere luogo se le sue disposizioni producono ‘ effetti contrari all'ordine pubblico’ e, di conseguenza, occorre che il giudice valuti gli effetti della decisione nel nostro ordinamento e non la correttezza della soluzione adottata alla luce dell'ordinamento straniero o della legge italiana, non essendo consentita un'indagine sul merito del rapporto giuridico dedotto . Ciò comporta, come pure si è precisato, che dovendo avere esclusivo riguardo agli effetti che le disposizioni del provvedimento straniero possono produrre nell'ordinamento interno , va esclusa ogni possibilità di sottoporlo ad un sindacato di tipo contenutistico o di merito né di correttezza della soluzione adottata alla luce dell'ordinamento straniero o di quello italiano . Infatti, non è compito del giudice della delibazione, quando della sentenza straniera compulsi il tasso di compatibilità con il limite dell'ordine pubblico, valutare se le determinazioni che vi sono contenute si prestino o meno a contestazioni di tipo meritale. Chiarito questo la Cassazione accoglie il ricorso e cassa l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 22 giugno 2020 – 14 agosto 2020, n. 17170 Presidente Giancola – Relatore Marulli Fatti di causa 1.1. Ah. Ol. ricorre a questa Corte onde sentir cassare l'impugnata ordinanza con la quale la Corte d'Appello di Bari, in accoglimento del ricorso spiegato da Ma. Ob. ha ordinato all'ufficiale dello Stato civile di Bari la cancellazione della trascrizione dai relativi registri della sentenza di divorzio pronunciata tra i predetti dalla I Sezione della Corte Suprema di Teheran il 24.11.2014. 1.2. Nell'accogliere il ricorso la Corte decidente, ricordato che il riconoscimento e la diretta efficacia nell'ordinamento interno delle sentenze straniere postulano che esse non contrastino con i limiti derivanti dall'ordine pubblico, ha affermato che non v'è dubbio alcuno che la sentenza iraniana trascritta contrasti con i principi fondamentali del nostro ordinamento, considerato che in Iran il marito ha la possibilità di divorziare senza che la moglie possa paralizzare la volontà del consorte e che dalla sentenza iraniana de qua emerge in tutta la sua evidenza la violazione dei principi di parità coniugale e tra i sessi, atteso che la decisione adottata in quella sede divorzio del genere rojee è sussumibile nella disposizione dell'art. 1133 del locale codice civile che abilita il marito a divorziare dalla moglie quante volte lo vorrà. In sintesi, la normativa iraniana sancisce una fattispecie di divorzio che per il suo carattere unilaterale ed arbitrario, non si discosta dall'istituto del ripudio , già oggetto di giudiziale repulsa per contrasto con l'ordinamento interno ed internazionale. 1.3. Il mezzo proposto fa leva su due motivi di ricorso, seguiti da memoria, ai quali resiste l'intimata con controricorso. Ragioni della decisione 2. Con il primo motivo di ricorso - alla cui disamina non ostano le pregiudiziali della controricorrente, l'una inammissibilità ex art. 366, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. , poiché gli antefatti di causa sono esposti in modo da offrire al giudice una chiara e completa visione dell'oggetto dell'impugnazione, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, l'altra inammissibilità ex art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ. , poiché il rilevato vizio di autosufficienza non travolge le doglianze in diritto, le altre ancora inammissibilità ex art. 360-bis cod. proc. civ. , poiché non ne ricorrono i presupposti - l'Ol. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 13, 14, 15 e 16, nonché 31, 64 e 67 I. 31 maggio 1995, n. 218 oltre che degli artt. 1133 e 1143 del codice civile iraniano in uno con l'omesso esame di fatti decisivi, posto che la Corte d'Appello, nell'accogliere il ricorso dell'Ob., in luogo di ponderare gli effetti della sentenza trascritta onde accertarne la sua contrarietà all'ordine pubblico come imposto dall'art. 64, comma 1, lett. g , L. 218/95, avrebbe esteso la propria cognizione alla normativa iraniana senza previamente acclararne il tenore dispositivo e l'interpretazione corrente e senza prestare la dovuta attenzione a fatti di decisiva rilevanza che, oltre ad attestare l'assoluta parità tra le parti sul terreno processuale, rendevano inconfutabile l'irrimediabile disfacimento della comunione familiare, come attestato dalla Corte della Famiglia di Teheran, e l'erroneità del convincimento espresso circa la condizione privilegiata goduta dal marito nei procedimenti divorzili svolgentisi in quell'ordinamento. 3. Il motivo - sfrondato dei gravami in fatto poiché essi involgono la valutazione di profili istruttori, estranei, come è noto, all'attuale assetto del vizio motivazionale - è quanto alle residue doglianze fondato e meritevole di accoglimento con conseguente cassazione dell'impugnata decisione ed assorbimento del secondo motivo di ricorso. 4. Gli enunciati di cui si è fatta scudo la Corte d'Appello per accogliere l'impugnativa dell'Ob. tradiscono un approccio al tema specifico, oggetto di indagine, non solo caratterizzato da un'oggettiva debolezza argomentativa e non solo foriero, come pur si deduce, di una critica - che si vorrebbe esiziale, quantunque essa esuli dal procedimento di delibazione che non ha ad oggetto l'applicazione di norme straniere - che censura il deliberato opposto per non aver debitamente approfondito la cognizione delle fonti normative straniere direttamente conferenti con la vicenda, così incorrendo nella denunciata violazione degli artt. 14 e 15 L. 218/95. E' invece, piuttosto, nel modo in cui l'impugnata decisione si è rapportata al quadro di riferimento, sotteso alla specie in giudizio, che si annida il vulnus che ne giustifica la cassazione. 5. Per intenderci ciò che si rende censurabile nel ragionamento della Corte d'Appello barese non è, a dire il vero, il fatto che essa, misurando la compatibilità della sentenza straniera con il limite dell'ordine pubblico previsto dall'art. 64, comma 1, lett. g , L. 218/95, abbia sposato una nozione di ordine pubblico che, facendo leva sul complesso dei principi, ivi compresi quelli fondamentali della Carta Costituzionale che formano il cardine della struttura economico-sociale della comunità nazionale in un determinato momento storico, nonché quelle regole inderogabili e fondamentali immanenti ai più importanti istituti giuridici nazionali , sembra ignorare gli effetti dell'evoluzione in atto, che hanno indotto la giurisprudenza di questa Corte, sotto la spinta della progressiva apertura dell'ordinamento interno al diritto sovranazionale, a modificare sensibilmente il proprio pensiero nel segno di un crescente riferimento ai valori giuridici condivisi dalla comunità internazionale e alla tutela dei diritti fondamentali, senza tuttavia, nel contempo, smarrire la consapevolezza che, se in tal modo l'assetto dei valori che si delinea acquista più ampio respiro, nondimeno, allorché di debba identificare il limite dell'ordine pubblico, occorre pur sempre guardare, con l'avvertenza che in ogni caso la valutazione di compatibilità non può dipendere dalla consonanza tra istituti stranieri ed istituti nazionali, a come essi si siano concretamente incarnati nell'ordinamento interno per mezzo della disciplina ordinaria e dell'opera chiarificatrice della giurisprudenza Cass., Sez. U, 5/07/2017, n. 16601 Cass., Sez. U, 8/05/2019, n. 12193 . Che, anzi, se mai si fosse mossa in questa direzione ed avesse, in sintonia con la mutata percezione del concetto, colto il suggerimento ad indagare i profili della vicenda al suo esame sotto la luce dei principi che rispondono all'esigenza di carattere universale di assicurare la più ampia tutela ai diritti fondamentali, la Corte d'Appello avrebbe avuto, ragionevolmente, più di un argomento a propria disposizione per conferire maggior solidità a quanto da essa sostenuto e, comunque, per motivare in modo più compiuto le proprie conclusioni. 6. Se ciò, dunque, concreta un primo rilievo che, quantunque provvisto di indubbia criticità, rivela a pieno la sua pregnanza in chiave principalmente propedeutica, allorché, cioè cassandosi la decisione da essa assunta, la Corte territoriale dovrà tornare nuovamente ad interrogarsi sulla questione, dove il ragionamento decisorio mostra più nitidamente la corda e si espone ad una critica più severa è nel recepimento, e sindacato nella manifesta obliterazione, di alcuni punti fermi che emergono dallo stato dell'arte in materia di delibazione. Giova, intanto, rammentare, secondo quanto da tempo si ripete da questa Corte - in ciò sollecitati dall'affermazione che, a riprova della disparità tra uomo e donna vigente nell'ordinamento iraniano anche sotto il profilo processuale, si legge nell'ordinanza circa il fatto che la moglie non possa paralizzare l'iniziativa divorzile del marito - che, quando si affronti il tema del riconoscimento interno delle sentenze straniere, il giudice della delibazione, debba verificare se siano stati soddisfatti i principi fondamentali dell'ordinamento, anche relativi al procedimento formativo della decisione Cass., Sez. I, 03/09/2015, n. 17519 e, sia pur con la precisazione che non ogni violazione processuale assume portata ostativa Cass., Sez. I, 17/02/2010, n. 3823 , non possa perciò prescindere dal considerare, tra l'altro, alla stregua del criterio indicato dall'art. 64, comma 1, lettera b , L. 218/1995, se nell'ambito del processo svoltosi dinanzi al giudice straniero siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa, l'indagine al riguardo richiesta comportando un controllo di regolarità dell'intero processo alla stregua dei principi di ordine pubblico sanciti dall'ordinamento interno a salvaguardia del contraddittorio e del diritto di difesa in ambito processuale Cass., Sez. I, 22/07/2004, n. 13662 . La preoccupazione che al riguardo, come visto, filtra dalla motivazione dell'ordinanza non è sviluppata in modo coerente rispetto alla necessità, enunciata dalla norma, che non siano violati i diritti essenziali della difesa, di talché essa non si sottrae alla denunciata violazione di legge laddove mostra di regolare la specie al suo esame anche alla luce dell'enunciato principio di diritto senza tuttavia aver proceduto ad un'esatta ricognizione della fattispecie concreta. 7. Va da sé, poi - anche qui attingendo al vasto catalogo dell'elaborazione giurisprudenziale in materia - che quando il giudizio di delibazione si incentri sul requisito dell'ordine pubblico, la valutazione che si richiede al giudice deve mantenersi fedelmente aderente al dettato normativo dell'art. 64, comma 1, lett. g , L. 218/1995, secondo cui il riconoscimento della sentenza straniera non può avere luogo se le sue disposizioni producono effetti contrari all'ordine pubblico e, di conseguenza, occorre che il giudice, senza estendere la propria cognizione aliunde, valuti gli effetti della decisione nel nostro ordinamento e non la correttezza della soluzione adottata alla luce dell'ordinamento straniero o della legge italiana, non essendo consentita un'indagine sul merito del rapporto giuridico dedotto Cass., Sez. I, 18/04/2013, n. 9483 . Ciò comporta, come pure si è precisato, che dovendo avere esclusivo riguardo agli effetti che le disposizioni del provvedimento straniero possono produrre nell'ordinamento interno, va esclusa ogni possibilità di sottoporlo ad un sindacato di tipo contenutistico o di merito né di correttezza della soluzione adottata alla luce dell'ordinamento straniero o di quello italiano Cass., Sez. I, 25/07/2016, n. 15343 , sicché non è compito del giudice della delibazione, quando della sentenza straniera compulsi il tasso di compatibilità con il limite dell'ordine pubblico, soppesare se, in disparte dal modo in cui ne sia avvenuta la formazione, le determinazioni che vi sono contenute si prestino o meno a contestazioni di tipo meritale. Diversamente da ciò, l'ordinanza impugnata non rifugge, per vero, anche da una lettura di merito della vicenda, tanto da sottolineare che, per come è regolata dalle norme iraniane, la fattispecie divorzile oggetto di disamina per il suo carattere unilaterale ed arbitrario, non si discosta dall'istituto del ripudio , come tale generalmente riprovato in tal modo essa mostra di dar corpo ad un giudizio che non ha propriamente ad oggetto gli effetti dell'atto, ma ne sindaca più apertamente il contenuto. 8. In questa direzione - che guarda adesivamente agli effetti dell'atto - merita di essere inoltre rinnovata anche un'altra avvertenza corrente nella giurisprudenza di questa Corte e da ultimo pure condivisa dalle SS.UU. Poiché, si è detto, che l'individuazione del limite rappresentato dall'ordine pubblico deve avere riguardo esclusivamente agli effetti dell'atto nell'ordinamento interno, una volta che, come si è dianzi precisato, l'ordine pubblico, nell'attuale fase storico-sociale, si identifica nel complesso dei valori discendenti dalla Costituzione e dalle fonti internazionali e sovranazionali dettati a tutela dei diritti fondamentali per il modo in cui essi si attuano attraverso il diritto vivente, non può, di conseguenza, costituire ostacolo in linea di principio al riconoscimento dell'efficacia interna della sentenza straniera il fatto che essa applichi una disciplina della materia conforme o difforme rispetto a più norme interne benché imperative o inderogabili Cass., Sez. I, 30/09/2016, n. 19599 , poiché, diversamente - e qui sta l'avvertenza che si vuole ricordare al giudice del rinvio - le norme di conflitto sarebbero operanti solo ove conducessero all'applicazione di norme materiali aventi contenuto simile a quelle italiane, cancellando la diversità tra sistemi giuridici e rendendo inutili le regole del diritto internazionale privato Cass., Sez. IV, 04/05/2007, n. 10215 . 9. Anche sotto questa angolazione l'ordinanza in contestazione non va, infatti, esente da critica. Nel sondare l'istituto al suo esame la Corte d'Appello non ha fatto mistero di ritenere che, per il fatto, in particolare, di riconoscere una condizione di privilegio del marito rispetto alla moglie, posto che il primo può divorziare dalla seconda senza che questa ne possa paralizzare la volontà, il divorzio iraniano realizzi un modello giuridico inconciliabile con le regole inderogabili e fondamentali immanenti ai più importanti istituti giuridici nazionali . Così ragionando non solo mostra di far propria una convinzione in materia di ordine pubblico che non trova più riscontro nel diritto vivente, ma quel che più conta mostra di coltivare un'esegesi del limite concretamente operante nel giudizio di delibazione che non era praticabile, per quanto si è poc'anzi detto, neppure prima che la nozione di ordine pubblico fosse oggetto dell'evoluzione in senso estensivo di cui si è dato sopra conto. 10. Va dunque accolto il primo motivo di ricorso, ed assorbito il secondo motivo e cassata l'impugnata ordinanza, la causa va rinviata avanti al giudice a quo per un nuovo giudizio. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa l'impugnata ordinanza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d'Appello di Bari che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.