Il Tribunale di Milano sulla manifestazione della volontà di scioglimento dell’unione civile

Con sentenza del 3 giugno scorso, il Tribunale di Milano si è pronunciato in materia di unioni civili con particolare riguardo al caso di manifestazione della volontà di scioglimento dell’unione resa da una sola parte.

Dopo aver manifestato la volontà di sciogliere l’unione dinanzi all’Ufficiale dello Stato civile, a distanza di qualche mese, Tizio ricorreva dinanzi al Tribunale chiedendo che venisse dichiarato lo scioglimento dell’unione civile costituita con Caio, durata di fatto solo 15 giorni , durante i quali Caio, oltre aver fatto uso di sostanze stupefacenti, aveva riferito di essersi unito civilmente a Tizio al solo fine di acquistare la cittadinanza italiana. Attesa la mancanza di prole e di domande di contenuto economico, durante l’udienza presidenziale, il Presidente, impossibilitato ad esperire il tentativo di conciliazione , non adottava provvedimenti e nominava sé stesso giudice istruttore, fissando l’udienza di comparizione e trattazione con autorizzazione alla precisazione delle conclusioni in caso di mancata costituzione della parte resistente. Nel corso di tale ultima udienza, accertata la regolarità della notifica dell’ordinanza presidenziale effettuata ex art. 143, comma 1, c.p., il Presidente dichiarava la contumacia di Caio e rimetteva la causa al Collegio per la decisione. Nell’esaminare la questione, il Tribunale rileva immediatamente che il legislatore del 2016 ha previsto che l’ unione civile , così come il matrimonio, può sciogliersi esclusivamente in presenza di una delle cause previste dalla legge , individuate nella morte o nella dichiarazione di morte presunta di una parte , nella rettificazione di sesso , in una delle cause previste dall’art. 3, n. 1, 2, lett. a , c , d , e l. n. 898/1970 sul divorzio, ovvero, come nel caso di specie, nella manifestazione della volontà di scioglimento dell’unione resa da una o da entrambe le parti dinanzi all’ufficiale dello stato civile , con la precisazione che quest’ultima legittima la proposizione della domanda di scioglimento dell’unione decorsi tre mesi tra la predetta manifestazione di volontà e la proposizione della domanda . Tuttavia, prosegue il Collegio, dal raffronto tra la disciplina sulle unioni civili e la disciplina sullo scioglimento del matrimonio emerge che le cause che determinano la dissoluzione del vincolo coincidono quanto alla morte, alla dichiarazione presunta, alla rettificazione di sesso e alle cause previste dall’art. 3, n. 1, 2, lett. a , c , d , e l. n. 898/70, ma divergono con riguardo a quella rappresentata dalla separazione legale, in luogo della quale l’ art. 1, comma 24 l. n. 76/2016 ha previsto la previa manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione , resa congiuntamente o disgiuntamente da entrambe o da una sola parte, all’ufficiale di stato civile. Tali differenze si riscontrano soprattutto sotto il profilo procedimentale , laddove, mentre per la separazione , qualora i coniugi non abbiano raggiunto un accordo, è sempre richiesto l’instaurarsi di un procedimento giudiziale, nel quale il Tribunale tenta la conciliazione e, in caso di fallimento, accerta se sussista per uno o entrambi il presupposto della intollerabilità della convivenza, per gli uniti , anche in mancanza di accordo, è sufficiente la manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione di una sola parte resa dinanzi all’ufficiale di stato civile nell’ambito di un procedimento di natura amministrativa nel quale l’autorità amministrativa si limita a prendere atto della volontà manifestata dall’unito, a prescindere da ogni ulteriore accertamento . Altre divergenze emergono poi sotto il profilo temporale , con riguardo al periodo che deve decorrere affinché il giudice possa pronunciare la dissoluzione del vincolo che discende dal matrimonio o dall’unione civile, determinato, rispettivamente, in 12 mesi per la separazione giudiziale, in 6 mesi per la separazione consensuale e in 3 mesi per le unioni civili. Non mancano, infine, differenze sotto il profilo degli effetti , in quanto la manifestazione di volontà resa di fronte all’ufficiale di stato civile, diversamente dalla separazione, non determina l’acquisizione di un nuovo status con conseguenti diritti ed obblighi, il che dovrebbe portare ad escludere il diritto al mantenimento ex art. 156 c.c. all’unito economicamente debole. Ne consegue che questi, in caso di inerzia del compagno che, dopo la manifestazione di volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale di stato civile, non agisca giudizialmente, potrà trovarsi costretto, anche se non sia d’accordo con lo scioglimento del vincolo, a rivolgersi all’autorità giudiziaria così da poter richiedere l’assegno divorzile di cui all’art. 5, comma 6, l. n. n. 898/1970, espressamente applicabile allo scioglimento dell’unione . Tanto premesso, attesa la novità della materia, il Tribunale si è soffermato sull’ iter decisionale che il giudice è chiamato a compiere nel decidere sulla domanda di scioglimento dell’unione civile , chiarendo che non vi è dubbio sul fatto che egli debba verificare in primis se ricorra una delle cause tipiche previste dalla legge. Resta, tuttavia, incerto se egli debba altresì procedere all’accertamento del venir meno della comunione materiale e spirituale tra le parti prevista dagli artt. 1 e 2 l. n. 898/1970, quale presupposto per l’accoglimento della domanda di divorzio. Ebbene, il Tribunale rileva che l’art. 1, comma 25, l. n. 76/2016, che richiama gli articoli della legge sul divorzio estensibili alla unione civile, in quanto compatibili, non richiama gli artt. 1 e 2 sopra citati, con la conseguenza che tale accertamento deve ritenersi escluso . In base poi al rinvio che l’art. 1, comma 25, l. n. 76/2016 fa all’art. 4 l. n. 898/1970, il Tribunale ritiene che il Presidente debba sentire gli uniti , prima separatamente e poi congiuntamente, e tentarne la conciliazione , che, qualora avvenga, comporterebbe la trascrizione del processo verbale di conciliazione nei registri dello stato civile quale revoca della manifestazione di volontà di scioglimento. Dopodiché, l’accertamento del giudice deve estendersi alla verifica del decorso del termine di 3 mesi tra la proposizione della domanda e la data della dichiarazione di scioglimento . A tal proposito, il Tribunale ritiene che il previo esperimento della fase amministrativa e il decorrere del termine dilatorio di 3 mesi costituiscono condizione di procedibilità dell’azione . In base al dettato normativo di cui all’art. 1, comma 24, l. n. 76/2016 non è poi possibile ritenere che la manifestazione di volontà possa essere resa nell’unico procedimento innanzi alla autorità giudiziaria, con la cancellazione della fase innanzi all’ufficiale di stato civile e che il decorso del termine di tre mesi debba essere calcolato dalla manifestazione di volontà resa in sede presidenziale nel giudizio di divorzio alla pronuncia della sentenza . Risulta, infatti, più coerente con il dato normativo, secondo il Tribunale, ritenere che l’ art. 1, comma 24 l. n. 76/2016 abbia introdotto una causa sostanziale della crisi dell’unione che non si fonda sulla sola dichiarazione di volontà di scioglimento, ma si inserisce all’interno di una fattispecie procedimentale complessa e analiticamente disciplinata dal legislatore che ha rimesso all’ufficiale di stato civile il potere di acquisire la dichiarazione della parte o delle parti e di provvedere all’annotazione della stessa a margine dell’atto di unione . Non solo, lo stesso articolo, afferma il Tribunale ha anche previsto che la domanda non debba essere proposta prima del maturare del termine di 3 mesi da quando è stata manifestata la volontà di scioglimento dell’unione, ha regolamentato ulteriormente il procedimento amministrativo nel caso la volontà di scioglimento provenga da un solo unito e ha previsto il ricorso alla autorità giudiziaria disciplinando il giudizio innanzi a questa sostanzialmente come quello del divorzio della coppia separata. Nel caso poi della dichiarazione di scioglimento resa disgiuntamente da una sola parte , il legislatore del 2017 ha richiesto un’ulteriore formalità per il regolare svolgimento del procedimento amministrativo, onerando la parte che intenda esprimere la volontà di scioglimento dell’unione disgiuntamente di renderlo noto all’altra parte con avviso di ricevimento all’indirizzo di residenza anagrafica ovvero con altra forma di comunicazione parimenti idonea. L’accertamento della sua sussistenza spetta all’ufficiale di stato civile, il quale, nel momento in cui raccoglie la dichiarazione di scioglimento, è tenuto anche a verificare l’effettiva spedizione della raccomandata e a provvedere ad annotare la dichiarazione della parte nell'atto costitutivo dell’unione. Diversamente, ove tale comunicazione manchi, l’ufficiale potrebbe legittimamente rifiutarsi di raccogliere la dichiarazione . Dunque, conclude il Collegio, nel decidere sulla domanda di scioglimento dell’unione e nel verificare la sussistenza della condizione di procedibilità di cui si è detto, il giudice deve dare atto anche di tale ulteriore formalità, come attestata dall’ufficiale di stato civile. Nella fattispecie in esame , il Tribunale ha ritenuto sussistenti tutti i presupposti di legge per lo scioglimento dell’unione civile previsti dall’art. 1, comma 24, l. n. 76/2016, in quanto Tizio ha manifestato la volontà di scioglimento dell’unione costituita con Caio dinanzi all’Ufficiale dello Stato civile di Milano il 7 febbraio 2019. Pertanto, tra la data di manifestazione della volontà di scioglimento e la data di deposito del ricorso, ossia il 21 settembre 2019, è decorso il termine di 3 mesi richiesto per la procedibilità della domanda. Inoltre, risulta rispettata anche la formalità dell’invio della lettera raccomandata a Caio, come richiesto dall’art. 63, comma 1, lett. g quinquies del d.P.R. n. 396/2000 modificato dal d.lgs n. 5/2017. Infine, attesa la contumacia del resistente che ha impedito il tentativo di conciliazione e l’assenza di prole e di domande di contenuto economico il Tribunale non ha ritenuto di dover assumere altre statuizioni.

Tribunale di Milano, sez. IX Civile, sentenza 3 giugno 2020, n. 45257 Presidente/Relatore Cattaneo Premesso in fatto C. G. e M. G. si sono uniti civilmente in Milano il 2 ottobre 2018, con atto di unione civile iscritto nei registri dello stato civile del Comune di Milano nell’anno 2018, n. 211, Reg. 3, Parte I, scegliendo il regime della separazione dei beni. La coppia non ha figli. In data 7 febbraio 2019, il C. ha manifestato la volontà di scioglimento dell’unione dinanzi all’Ufficiale dello Stato civile di Milano, iscritta al n. 13, Reg. 2, Parte I, anno 2019, comunicata al M. con lettera raccomandata ed annotata a margine dell’atto di unione civile in data 7 febbraio 2019. Con ricorso telematico del 21 settembre 2019, C. G. ha chiesto che venga dichiarato lo scioglimento dell’unione civile costituita con il M. ex art. 1, co. 24 legge 20 maggio 2016 n. 76, senza proporre ulteriori domande. All’udienza presidenziale del 28 gennaio 2020, il resistente non si è costituito in giudizio, malgrado la regolarità della notifica effettuata ai sensi dell’art. 143 co. 1 c.p.c. in data 11 novembre 2019, mentre il ricorrente, sentito personalmente, ha dichiarato di essersi unito civilmente al M. dopo un breve fidanzamento durato circa 10/15 giorni, che la loro unione si è di fatto protratta per soli 15 giorni, che il M. consumava sostanze stupefacenti e gli ha riferito di essersi unito a lui al solo fine di acquistare la cittadinanza italiana, di non avere più contatti con lo stesso da circa un anno. Pertanto, il Presidente, impossibilitato ad esperire il tentativo di conciliazione, attesa la mancanza di prole e di domande di contenuto economico, non ha adottato provvedimenti, ha nominato giudice istruttore se stesso e ha fissato l’udienza di comparizione e trattazione per il 21 maggio 2020 con autorizzazione alla precisazione delle conclusioni in caso di mancata costituzione della parte resistente. L’ordinanza è stata comunicata al P.M. il 28 gennaio 2020. Con decreto del 17 maggio 2020, il Presidente, preso atto delle disposizioni emergenziali, ritenuto che nel caso di specie fosse possibile procedere allo svolgimento dell’udienza mediante lo scambio e il deposito telematico di note scritte ai sensi dell’art. 83, co. 7 lett. h d.l. n. 18/20, non essendo richiesta la presenza delle parti, ha rinviato l’udienza al 27 maggio 2020 e ha assegnato alle parti termine fino al 26 maggio 2020 per il deposito telematico di note scritte. Il ricorrente, in data 19 maggio 2020, ha depositato telematicamente note scritte con le quali ha precisato le proprie conclusioni, rinunciando espressamente ai termini per il deposito degli atti conclusivi e chiedendo che la causa fosse rimessa al Collegio per la decisione. All’udienza del 27 maggio 2020, pertanto, il Presidente, accertata la regolarità della notifica dell’ordinanza presidenziale, effettuata ex art. 143, co. 1 c.p.c. in data 13 febbraio 2020, come da atto depositato telematicamente, ha dichiarato la contumacia di M. G. e ha rimesso la causa al Collegio per la decisione senza assegnazione del termine per il deposito della comparsa conclusionale, vista l’espressa rinuncia del ricorrente. Considerato in diritto La domanda di scioglimento dell’unione civile Il legislatore del 2016, infatti, ha previsto che l’unione civile, al pari del matrimonio, possa sciogliersi esclusivamente in presenza di una delle cause previste dalla legge, individuate nella morte o nella dichiarazione di morte presunta di una parte art. 1, co. 22 , nella rettificazione di sesso art. 1, co. 26 , in una delle cause previste dall’art. 3, n. 1, 2, lett. a , c , d , e della legge 1 dicembre 1970 n. 898 sul divorzio art. 1, co. 23 , ovvero, come nel caso di specie, nella manifestazione della volontà di scioglimento dell’unione resa da una o da entrambe le parti dinanzi all’ufficiale dello stato civile, con la precisazione che quest’ultima legittima la proposizione della domanda di scioglimento dell’unione decorsi tre mesi tra la predetta manifestazione di volontà e la proposizione della domanda art. 1, co. 24 . Dal raffronto tra la nuova disciplina in materia di scioglimento dell’unione civile e la disciplina sullo scioglimento del matrimonio emerge che le cause che determinano la dissoluzione del vincolo coincidono quanto alla morte o alla dichiarazione presunta v. artt. 159 e 65 c.c. , alla rettificazione di sesso v. art. 1, co. 26 e 27 l. 76/16 e alle cause previste dall’art. 3, n. 1, 2, lett. a , c , d , e della legge n. 898/70, mentre divergono con riguardo all’ultima e statisticamente più importante causa di scioglimento del matrimonio, rappresentata dalla separazione legale, in luogo della quale l’art. 1, co. 24 della legge n. 76/16 ha previsto la previa manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione, resa congiuntamente o disgiuntamente da entrambe o da una sola parte, all’ufficiale di stato civile. Le differenze sono molteplici. Sotto il profilo procedimentale, si rileva che mentre la separazione, qualora i coniugi non abbiano raggiunto un accordo, richiede sempre l’instaurarsi di un procedimento giudiziale, nel quale il Tribunale tenta la conciliazione e, in caso di fallimento, accerta se sussista per uno o entrambi il presupposto della intollerabilità della convivenza, per gli uniti, anche in mancanza di accordo, è sufficiente la manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione di una sola parte resa dinanzi all’ufficiale di stato civile nell’ambito di un procedimento di natura amministrativa nel quale l’autorità amministrativa si limita a prendere atto della volontà manifestata dall’unito, a prescindere da ogni ulteriore accertamento. Le differenze si riducono, pur senza annullarsi, anche qualora i coniugi, avvalendosi della facoltà introdotta dall’art. 12 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito nella legge 10 novembre 2014, n. 162, si rivolgano ad un ufficiale di stato civile per la conclusione di un accordo di separazione, in quanto, in primo luogo, quest’ultima via è percorribile solo se la separazione sia richiesta di comune accordo da entrambi i coniugi e solo se la coppia sposata non abbi figli minori, maggiorenni portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti inoltre, i coniugi che abbiano manifestato la volontà di separarsi sono chiamati a confermare nuovamente il loro volere, diversamente da quanto vale nella unione civile nella quale il volere dell’unito si cristallizza hic et nunc nel momento in cui è espresso e annotato a margine dell’atto costitutivo della unione. La separazione e la manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione divergono, inoltre, sotto il profilo temporale differente è infatti il periodo che deve decorrere affinché il giudice possa pronunciare la dissoluzione del vincolo che discende dal matrimonio o dall’unione civile, determinato, rispettivamente, in dodici mesi per la separazione giudiziale e in sei mesi per la separazione consensuale dall’art. 3, n. 2 lett. b l. div., come da ultimo modificato dalla legge 6 maggio 2015 n. 55, e in tre mesi dall’art. 1, co. 24 legge n. 76/2016. Infine le differenze si colgono sotto il profilo degli effetti, in quanto la manifestazione di volontà resa di fronte all’ufficiale di stato civile, diversamente dalla separazione, non determina l’acquisizione di un nuovo status con conseguenti diritti ed obblighi, il che dovrebbe portare ad escludere il diritto al mantenimento ex art. 156 c.c. all’unito economicamente debole. Ne consegue che questi, in caso di inerzia del compagno che, dopo la manifestazione di volontà di scioglimento dinanzi all’Ufficiale di stato civile, non agisca giudizialmente, potrà trovarsi costretto, anche se non sia d’accordo con lo scioglimento del vincolo, a rivolgersi all’autorità giudiziaria così da poter richiedere l’assegno divorzile di cui all’art. 5 co. 6 della legge n. 898/70, espressamente applicabile allo scioglimento dell’unione. A meno di non doversi ritenere che il dovere di assistenza morale e materiale reciproca di cui all’art. 1, co. 11 legge n. 76/2016, mutuato dall’art. 143 c.c. per il matrimonio, sopravviva alla manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione ed il relativo diritto sia azionabile in giudizio da parte dell’unito economicamente debole. Ciò premesso, data la novità della materia, appare opportuno soffermarsi brevemente sull’iter decisionale che il Tribunale, nel decidere sulla domanda di scioglimento dell’unione civile, è chiamato a svolgere. Non vi è dubbio che il giudice debba verificare in primo luogo se ricorra una delle cause tipiche previste dalla legge, mentre è incerto se debba altresì procedere all’accertamento del venir meno della comunione materiale e spirituale tra le parti, previsto dagli artt. 1 e 2 della legge divorzile, che eleva tale elemento a presupposto per l’accoglimento della domanda di divorzio. Il comma 25 art. 1 legge 76/2016 che richiama gli articoli della legge sul divorzio estensibili alla unione civile, in quanto compatibili, non richiama gli artt. 1 e 2, con la conseguenza che tale accertamento deve ritenersi escluso analogamente Tribunale di Novara sentenza 5 luglio 2018 ciò costituendo un’ulteriore differenza rispetto alla disciplina applicabile alla crisi matrimoniale e, secondo parte della dottrina, una scelta legislativa non condivisibile, atteso che tra gli uniti e i coniugi sussistono i medesimi diritti e doveri di assistenza morale e materiale che danno vita ad una communio il cui venir meno dovrebbe, in entrambi i casi, essere accertato dal giudice. In forza del rinvio operato dall’art. 1, co. 25 legge n. 76/16 all’art. 4 della legge divorzile, si ritiene che il Presidente debba sentire gli uniti, prima separatamente e poi congiuntamente, e tentarne la conciliazione, che, qualora avvenga, dovrebbe comportare la trascrizione del processo verbale di conciliazione nei registri dello stato civile quale revoca della manifestazione di volontà di scioglimento, peraltro non disciplinata. L’accertamento del giudice deve estendersi alla verifica del decorso del termine di tre mesi tra la proposizione della domanda e la data della dichiarazione di scioglimento, come disposto dall’art. 1, co. 24 legge n. 76/2016. Questo Tribunale ritiene che il previo esperimento della fase amministrativa e il decorrere del termine dilatorio di tre mesi richiesto tra la dichiarazione di scioglimento e la proposizione della domanda costituiscano condizione di procedibilità dell’azione. Nel rispetto del dettato normativo di cui al comma 24 dell’art. 1 legge 76/2016 che espressamente recita L'unione civile si scioglie, inoltre, quando le parti hanno manifestato anche disgiuntamente la volontà di scioglimento dinanzi all'ufficiale dello stato civile. In tale caso la domanda di scioglimento dell'unione civile è proposta decorsi tre mesi dalla data della manifestazione di volontà di scioglimento dell'unione”, non si ritiene possibile che detta manifestazione di volontà possa essere resa nell’unico procedimento innanzi alla autorità giudiziaria, con la cancellazione della fase innanzi all’ufficiale di stato civile e che il decorso del termine di tre mesi debba essere calcolato dalla manifestazione di volontà resa in sede presidenziale nel giudizio di divorzio alla pronuncia della sentenza in tal senso Tribunale di Novara, sentenza citata . Questa lettura della norma, invero, finisce con l’abrogare la disposizione di legge e crearne una nuova, in contrasto con la funzione propria della giurisprudenza che, come ricorda la Corte Suprema, è ricognitiva dell’esistenza e del contenuto della regula iuris e non già creativa della stressa da ult., v. Cass. 20 gennaio 2020, n. 1119 . Appare invece coerente col dato normativo ritenere che l’art. 1, co. 24 della legge n. 76/16 introduca una causa sostanziale della crisi dell’unione che non si fonda sulla sola dichiarazione di volontà di scioglimento, ma si inserisce all’interno di una fattispecie procedimentale complessa e analiticamente disciplinata dal legislatore che ha rimesso all’ufficiale di stato civile il potere di acquisire la dichiarazione della parte o delle parti e di provvedere all’annotazione della stessa a margine dell’atto di unione ha inoltre previsto che la domanda non sia proposta prima del maturare del termine di tre mesi da quando è stata manifestata la volontà di scioglimento dell’unione ha regolamentato ulteriormente il procedimento amministrativo nel caso la volontà di scioglimento provenga da un solo unito, come meglio chiarito in seguito ha poi previsto il ricorso alla autorità giudiziaria disciplinando il giudizio innanzi a questa sostanzialmente come quello del divorzio della coppia separata. Il termine dilatorio di tre mesi assolve infatti la funzione di garantire alla coppia o all’unito che intenda sciogliere il vincolo un periodo di riflessione, in analogia con quanto avviene nel matrimonio. Una scelta diversa avrebbe potuto sollevare dubbi di legittimità costituzionale, attesa la disparità di trattamento che ne sarebbe conseguita rispetto alla disciplina prevista per lo scioglimento del matrimonio in considerazione del fatto che in entrambi i casi il mutamento di status incide sui diritti/doveri inderogabili di solidarietà. Infine, quando la dichiarazione di scioglimento sia resa disgiuntamente da una sola parte, il legislatore del 2017 ha richiesto un’ulteriore formalità per il regolare svolgimento del procedimento amministrativo sopra descritto. L’art. 63, co. 1 lett. g-quinquies del D.P.R. 396/2000, come modificato dal D.lgs 19 gennaio 2017 n. 5, onera infatti la parte che intenda esprimere la volontà di scioglimento dell’unione disgiuntamente di renderlo noto all’altra parte con avviso di ricevimento all’indirizzo di residenza anagrafica ovvero con altra forma di comunicazione parimenti idonea. Si tratta di un requisito previsto a tutela della parte che non si sia attivata e che, come si legge nella relazione illustrativa al decreto, è parso necessario introdurre in considerazione sia delle esigenze di certezza dei rapporti giuridici tra le parti sia delle conseguenze che l’iscrizione della dichiarazione determina. L’accertamento della sua sussistenza spetta all’ufficiale di stato civile, il quale, nel momento in cui raccoglie la dichiarazione di scioglimento, è tenuto anche a verificare l’effettiva spedizione della raccomandata e a provvedere ad annotare la dichiarazione della parte nell'atto costitutivo dell’unione. Diversamente, ove tale comunicazione manchi, l’ufficiale potrebbe legittimamente rifiutarsi di raccogliere la dichiarazione. Il giudice, dunque, nel decidere sulla domanda di scioglimento dell’unione e nel verificare la sussistenza della condizione di procedibilità di cui si è detto, dà atto anche di tale ulteriore formalità, come attestata dall’ufficiale di stato civile. Passando all’analisi del caso concreto, il Collegio ritiene che sussistano tutti i presupposti di legge per lo scioglimento dell’unione civile previsti dall’art. 1, co. 24 legge n. 76/2016, come sopra illustrati. Il C., infatti, ha manifestato la volontà di scioglimento dell’unione costituita col M. dinanzi all’Ufficiale dello Stato civile di Milano in data 7.2.2019, iscritta al n. 13, Reg. 2, Parte I, anno 2019, annotata a margine del certificato di unione civile il 7.2.2019. Pertanto tra la data di manifestazione della volontà di scioglimento 7.2.19 e la data di deposito del ricorso 21.9.19 è decorso il termine di tre mesi, richiesto per la procedibilità della domanda. Risulta altresì rispettata la formalità dell’invio della lettera raccomandata al M., come richiesto dall’art. 63, co. 1 lett. g-quinquies del D.P.R. 396/2000 modificato dal D.lgs 5/2017. La contumacia del resistente ha impedito il tentativo di conciliazione. In assenza di prole e di domande di contenuto economico nessun’altra statuizione deve essere assunta. Le spese di lite Nulla sulle spese di lite, attesa la natura necessaria del giudizio e la mancata opposizione della parte resistente rimasta contumace. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, disattesa o rigettata ogni diversa ed ulteriore domanda, eccezione, deduzione, istanza anche istruttoria, nella contumacia della parte resistente così statuisce Dichiara lo scioglimento dell’unione civile costituita da C. G. e M. G. in Milano il 2 ottobre 2018, iscritta nei registri dello stato civile del Comune di Milano nell’anno 2018, n. 211, Reg. 3, Parte I Manda alla Cancelleria perché trasmetta copia autentica del dispositivo della sentenza, passata in giudicato, all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Milano perché provveda alle annotazioni e agli ulteriori incombenti di legge. Nulla sulle spese.