Matrimonio nullo: deducibile fin dal fidanzamento che il marito non voleva figli

Respinte le obiezioni proposte dalla moglie. Confermata la decisione d’Appello riconosciuta la validità per lo Stato italiano della sentenza ecclesiastica che ha cancellato il vincolo coniugale. Decisivo il richiamo alla facile conoscenza per la donna della volontà dell’uomo di non volere figli durante la vita coniugale.

Niente figli” questo il paletto fissato dal futuro sposo, paletto desumibile, secondo i giudici, dai rapporti cautelati” avuti prima delle nozze con la fidanzata. Ciò è sufficiente, sia per i Giudici ecclesiastici che per quelli italiani, per ritenere nullo il matrimonio. Logico, difatti, ritenere la donna consapevole del rifiuto del compagno ad avere figli, una volta sposati Cassazione, ordinanza n. 32027/19, sez. I Civile, depositata oggi . Prole. Matrimonio nullo a stabilirlo sono, su precisa richiesta del marito, i Giudici della Corte d’Appello, i quali dichiarano ‘recepibile’ la sentenza ecclesiastica che ha cancellato il vincolo tra uomo e donna. Decisiva per i Giudici italiani la presenza di concreti elementi rivelatori della volontà del marito di esclusione della prole dalla futura vita coniugale, elementi manifestati prima della celebrazione del matrimonio . Più precisamente, il riferimento è, come già nel contesto dei Tribunali ecclesiastici, ai rapporti cautelati avuti dalla coppia prima delle nozze. Rapporti. La decisione della Corte d’Appello viene fortemente contestata dalla moglie, che ritiene fragile la visione tracciata in secondo grado proprio perché basata solo su presunti rapporti cautelati, per di più nel periodo precedente alla celebrazione del matrimonio , senza addurre ulteriori elementi favorevoli a sostegno . Come obiezione a proprio favore, poi, la donna fa presente che, come confermato anche da alcuni testimoni, era emersa una situazione di vita coniugale perfettamente in linea con i dogmi cristiani, e contrastante con quanto sostenuto dal marito . Riflettori puntati, quindi, sulla circostanza dei presunti rapporti cautelati tra i futuri coniugi, circostanza ritenuta sufficiente dai giudici per consentire alla donna di prendere contezza della riserva mentale del marito sull’ipotesi di avere figli. Ebbene, per i Giudici della Cassazione correttamente si è osservato in secondo grado che la donna conosceva, o, in ogni caso, avrebbe potuto conoscere con ordinaria diligenza, la volontà del coniuge , cioè il rifiuto di avere figli, alla luce di precisi indici rivelatori manifestatisi prima del matrimonio. E il riferimento è ovviamente all’elemento richiamato in ambito ecclesiastico, cioè i rapporti cautelati avuti dalla coppia quando ancora non erano sposati.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 23 settembre – 9 dicembre 2019, numero 32027 Presidente Giancola – Relatore Parise Fatti di causa 1. Con sentenza numero 7605/2016 pubblicata il 19-12-2016 la Corte d'appello di Roma dichiarava l'efficacia nella Repubblica Italiana della sentenza emessa in data 04/12/2009 dal Tribunale Ecclesiastico di prima istanza del Vicariato di Roma, confermata dal decreto emesso dal Tribunale d'Appello del Vicariato di Roma in data 8.06.2014 e resa esecutiva dal Supremo Tribunale dalla Segnatura Apostolica con decreto in data 02.03.2015, con la quale era stata dichiarata la nullità del matrimonio contratto in omissis da Gi. Ma., nato a omissis , e da TI. Ce., nata a omissis , mandando al competente ufficio di stato civile per la trascrizione della sentenza. La Corte territoriale, pronunciando in contumacia di TI. Ce., riteneva accertato, alla stregua della decisione ecclesiastica e delle prove raccolte nel relativo giudizio, che vi fosse la prova di concreti elementi rilevatori della volontà del marito, manifestati prima della celebrazione del matrimonio, di esclusione della prole dalla futura vita coniugale. 2. Avverso questa sentenza TI. Ce. propone ricorso, affidato ad un solo motivo, resistito con controricorso da Gi. Ma., che ha depositato memoria illustrativa. 3. Il ricorso è stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ. Ragioni della decisione 1. Con unico articolato motivo la ricorrente, dopo aver premesso di non avere ricevuto la notifica dell'atto di citazione, avvenuta in data 17-11-2015 all'indirizzo di via omissis , da cui si era trasferita il 31-1-2021, lamenta, in relazione all' articolo 360 comma 1 numero 3 cod. proc. civ., Violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'articolo 132 numero 4 cod. proc. civ. per essere la motivazione inesistente o meramente apparente Violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'articolo 8 L.numero 121/1985, articolo 797 numero 7 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., in quanto la sentenza della Corte d'appello, dichiarando la nullità del matrimonio canonico per esclusione della prole, contiene disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano, non essendo tale motivo conosciuto o conoscibile dal coniuge . Ad avviso della ricorrente la motivazione della sentenza impugnata è apparente o comunque insufficiente in quanto la Corte territoriale si era limitata a far riferimento ai presunti rapporti cautelati, per di più nel periodo precedente alla celebrazione del matrimonio, senza addurre ulteriori elementi favorevoli a sostegno della propria conclusione e soprattutto senza disattendere gli elementi contrari emergenti dagli atti del giudizio ecclesiastico. In particolare, dalle dichiarazioni della stessa ricorrente o degli altri testimoni assunti su indicazione di quest'ultima nei giudizi ecclesiastici era emersa una situazione di vita coniugale perfettamente in linea con i dogmi cristiani e comunque del tutto contrastante con quanto sostenuto dal coniuge. Secondo la ricorrente la motivazione della sentenza è finanche inesistente, atteso che la Corte d'Appello con una semplice asserzione di principio si limita a desumere dalla circostanza di avere avuto rapporti cautelati la necessaria conoscenza da parte della ricorrente della riserva mentale del marito senza tratteggiare un logico e corretto iter argomentativo che da quella premessa possa portare a quella necessaria conclusione . 2. Preliminarmente deve darsi atto che, come risulta dall' avviso di ricevimento prodotto sub 1 in allegato alla nota di deposito documenti dell'8-3-2016 da Gi. Ma., l'atto di citazione avanti alla Corte d'appello è stato ritirato da TI. Ce. presso l'Ufficio Postale in data 17-11-2015. Il contraddittorio nel giudizio avanti alla Corte d'appello risulta, pertanto, ritualmente instaurato, in conformità a quanto affermato nella sentenza impugnata, e il suddetto giudizio si è svolto nella contumacia, correttamente dichiarata, dell'attuale ricorrente. 3. Il motivo di ricorso è infondato. 3.1. Questa Corte ha affermato, esprimendo un orientamento a cui il Collegio intende dare continuità, che la sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio religioso per esclusione da parte di un coniuge di uno dei bona matrimoniali, quale quello relativo alla prole, e cioè per una ragione diversa da quelle di nullità previste per il matrimonio civile dal nostro ordinamento, non impedisce il riconoscimento dell'esecutività della sentenza ecclesiastica, quando quella esclusione, ancorché unilaterale, sia stata portata a conoscenza dell'altro coniuge prima della celebrazione del matrimonio, o, comunque, questi ne abbia preso atto, ovvero quando vi siano stati concreti elementi rivelatori di tale atteggiamento psichico non percepiti dall'altro coniuge solo per sua colpa grave Cass. numero numero 4517/2019 e Cass. numero 11226/2014 . La delibazione trova infatti ostacolo nella contrarietà al principio di ordine pubblico italiano di tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole solo qualora la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione non sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero non sia stata da questo effettivamente conosciuta o ignorata esclusivamente per sua negligenza. 3.2. La Corte territoriale, dopo aver dato atto che nei vari gradi del procedimento davanti ai Tribunale ecclesiastici era stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in modo non difforme da quanto stabilito nell'ordinamento giuridico italiano, si è attenuta ai suesposti principi di diritto ed ha accertato che la Ce. conosceva, o in ogni caso avrebbe potuto conoscere con ordinaria diligenza, la volontà dell'altro coniuge, manifestata con indici rivelatori prima del matrimonio, di esclusione della prole. Il suddetto accertamento di fatto, effettuato dalla Corte territoriale valutando le risultanze probatorie dei giudizi ecclesiastici, è un apprezzamento di merito che è sottratto al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all'articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che la riformulazione dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., disposta dall'articolo 54 del D.L. 22 giugno 2012, numero 83, conv. in legge 7 agosto 2012, numero 134, applicabile ratione temporis nel caso di specie, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione Cass, sez. unumero , numero 8053/2014 . Nella fattispecie in esame non ricorrono i vizi motivazionali denunciati in quanto la motivazione della sentenza impugnata, seppur sintetica, è adeguata, alla stregua dei canoni individuati dalle Sezioni Unite, ed il percorso argomentativo e logico risulta chiaramente espresso. La ricorrente sollecita, in realtà ed inammissibilmente, una rivalutazione del materiale probatorio in ordine alla rilevanza dei rapporti cautelati nel periodo precedente al matrimonio e delle risultanze testimoniali, peraltro senza specificatamente dolersi di omesso esame di fatti decisivi e senza neppure esplicitare in dettaglio quali siano gli elementi contrari a quelli valorizzati nella sentenza impugnata. 4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato. 5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. 6. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto Cass. SU 20 settembre 2019, numero 23535 . 7. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 numero 196, articolo 52. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro4.200,00, di cui Euro200 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto. Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 numero 196, articolo 52.