La valutazione complessiva di tutti i parametri utili per la quantificazione dell’assegno divorzile

Il riconoscimento dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale e in pari misura perequativa e compensativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 29317/19, depositata il 12 novembre. La vicenda. In un giudizio per ottenere la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale riconosceva in favore della moglie l’assegno divorzile nella misura di 300,00 euro. La Corte d’Appello confermava la decisione di prime cure. Il marito ricorre in Cassazione sostenendo che l’assegno non avrebbe dovuto essere riconosciuto o riconosciuto in misura inferiore. Le funzioni dell’assegno divorzile. Con la nota sentenza n. 18287/18, le Sezioni Unite hanno affermato che all’assegno in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, altre che natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, per consentire al coniuge richiedente il raggiungimento di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare. Inoltre, i Giudici hanno sottolineato che la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, assegnata sempre all’assegno divorzile, è finalizzata al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio familiare e di quello personale degli ex coniugi. Infine, il riconoscimento del suddetto assegno in favore dell’ex richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. Sulla base di tali principi, il giudizio deve essere espresso alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, tenendo conto, dunque, dei molteplici parametri utili per giungere al riconoscimento e alla quantificazione dell’assegno medesimo. Ebbene, nel caso in esame, la decisione impugnata riguarda la liquidità acquisita dall’ex marito a seguito dell’alienazione di un immobile, che era già nel suo patrimonio, e non risulta in linea con i principi espressi. Per tali motivi, il ricorso deve essere accolto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 2 ottobre – 12 novembre 2019 n. 29317 Presidente Scaldaferri – Relatore Tricomi Ritenuto che G.I. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Genova, in epigrafe indicate, con otto mezzi replica con controricorso corroborato da memoria G.C. , in qualità di amministratore di sostegno della madre F.V. . Nell’ambito di un giudizio per ottenere la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale aveva riconosciuto a favore di F.V. l’assegno divorzile nella misura di Euro 300,00, oltre rivalutazione. La decisione è stata confermata dalla Corte territoriale. Considerato che 1.Con il primo motivo il ricorrente, sulla premessa che era pacifica, da un lato, la propria convivenza con un’altra donna, e dall’altro la convivenza della F. con la nipote J. , si duole che, in violazione dell’art. 3 Cost., solo della prima si sia tenuto conto per escludere a proprio favore l’assegno divorzile mentre entrambe avrebbero dovuto ostare al riconoscimento di detto assegno. Il motivo è infondato. Invero, solo l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo Cass. 6855 del 03/04/2015 Cass. n. 2466 del 08/02/2016 , di guisa che la convivenza di altra natura - come quella con un parente o un amico - non rileva al fine di escludere in radice il riconoscimento dell’assegno, come esattamente ritenuto dalla Corte territoriale, anche se è vero che, laddove i presupposti per il riconoscimento dell’an dell’assegno divorzile siano ravvisabili, ai fini della sua quantificazione si deve tenere conto delle complessive ed effettive condizioni economiche delle parti, e, quindi, anche del fatto che la parte beneficiata si avvantaggi in qualche misura di una convivenza parentale o amicale. 2. I motivi secondo e terzo sono strettamente connessi. Con il secondo motivo il ricorrente si duole dell’ammissione e dell’utilizzazione ai fini della decisione in primo grado del documento concernente il rogito notarile di vendita di un immobile, depositato dalla controparte tardivamente all’udienza di precisazione delle conclusioni senza giustificato motivo e valorizzato ai fini decisori. La medesima questione è prospettata con il terzo motivo, come vizio motivazionale. I motivi sono inammissibili. La Corte - sia pure in maniera stringata, che tuttavia non viola il minimun costituzionale della motivazione - ha illustrato perché ha ritenuto giustificata la produzione tardiva del documento la compravendita era avvenuta il 22/12/2016, dopo lo spirare dei termini ex art. 183 c.p.c., comma 6, e, ad una visura del 10/1/2017, l’immobile risultava intestato ancora al G. e ciò basta. Il ricorrente sostanzialmente insiste nel ritenere la produzione tardiva, perché compiuta senza giustificato motivo, ma con ciò non coglie la ratio decidendi, ove è ravvisato il giustificato motivo, e sostanzialmente sollecita un nuovo sindacato di fatto, inammissibile in sede di legittimità. 3. Con il quarto motivo si denuncia l’omessa equa valutazione dei bisogni, dei redditi e dei patrimoni, argomentando in base alla coincidenza tra la somma riconosciuta alla F. in sede divorzile e quella già stabilita all’esito della separazione personale consensuale omologata dei coniugi. Il motivo è inammissibile perché formulato in maniera apodittica, senza illustrare quali sarebbero stati i fatti specifici il cui esame sarebbe stato omesso. 4. Con il quinto motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla circostanza che l’immobile, gli introiti della cui vendita sono stati ritenuti decisivi per illustrare le migliori condizioni economiche dell’obbligato, gli era stato ceduto proprio dalla moglie in uno ai patti della separazione consensuale. Il motivo è inammissibile perché privo di specificità in ordine al momento in cui tale circostanza sia stata rappresentata nella fase di merito del giudizio. 5. Con il sesto motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c., L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6. Il ricorrente si duole che non sia stata correttamente valutata la documentazione versata in atti, a riprova della sua peggiorata situazione economica rispetto al momento in cui era stato concordato l’assegno di mantenimento e della situazione economica e patrimoniale della F. . Il motivo va trattato unitamente all’ottavo motivo, con il quale si denuncia la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, per non avere tenuto conto della giurisprudenza recente in tema di assegno divorzile e non avere considerato il mutamento delle condizioni economiche del ricorrente. Il ricorrente sostiene che alla stregua di tali considerazioni l’assegno non avrebbe dovuto essere riconosciuto o riconosciuto in misura inferiore. I motivi sono fondati e vanno accolti. Con la recente sentenza n. 18287 del 2018 le Sezioni Unite di questa Corte, nell’ambito di una riconsiderazione dell’intera materia, hanno ritenuto che l’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi o all’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive del coniuge richiedente sia da riconnettere alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli durante lo svolgimento della vita matrimoniale e da ricondurre a determinazioni comuni, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età di detta parte, affermando i seguenti principi di diritto a all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate b la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi c il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Secondo tali principi, il giudizio, funzionale alla natura assistenziale e perequativo-compensativa dell’assegno divorzile, dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dalla richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La statuizione impugnata risulta focalizzata prevalentemente sulla liquidità acquisita dal G. a seguito della alienazione di un immobile, che già era nel suo patrimonio, e non risulta in linea con i principi di recente espressi. La censura sostanzialmente sollecita una valutazione complessiva che tenga conto dei molteplici parametri utili per giungere al riconoscimento ed alla quantificazione dell’assegno proprietà immobiliari di entrambe le parti, modifica della capacità reddituali di entrambi rispetto al momento della separazione, convivenze parentali potenzialmente idonee ad incidere sulle spese, etc. e va accolta. 6. Con il settimo motivo si denuncia la condanna alle spese del ricorrente, nonostante l’accoglimento parziale della domanda nella parte relativa alla cessazione degli effetti civili del matrimonio . Il motivo è assorbito dall’accoglimento parziale del ricorso. 7. In conclusione, vanno accolti i motivi sesto ed ottavo, assorbito il settimo, respinti gli altri. La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio della causa, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Genova in diversa composizione. P.Q.M. Accoglie i motivi sesto ed ottavo, assorbito il settimo, respinti gli altri cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Genova in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.