Tensioni di coppia e azienda familiare in crisi minano il rapporto: separazione non addebitabile alla moglie andata via di casa

Respinte definitivamente le obiezioni proposte dal marito, che deve anche caricarsi dell’assegno di mantenimento in favore delle figlie. Decisiva per i Giudici è la constatazione che la coppia era in difficoltà per la loro forte conflittualità, resa ancora più incisiva dalla crisi dell’azienda di famiglia.

Disagio esistenziale per il forte conflitto col marito e disagio economico per la crisi dell’azienda familiare. Questi due elementi rendono comprensibile la scelta della donna di andare via dalla casa coniugale, e, di conseguenza, non è addebitabile a lei la separazione della coppia. Cassazione, ordinanza n. 16222/19, sez. VI Civile - 1, depositata il 18 giugno . Rottura. Una volta ufficializzata la crisi tra moglie e marito, restano due nodi da sciogliere quello relativo all’affido delle due figlie e quello relativo all’addebito della rottura coniugale. Per quanto concerne la prole, i Giudici di primo e di secondo grado sono concordi sull’ affido delle due minori in via esclusiva autonoma e disgiunta alla madre, in ragione del collocamento presso la di lei abitazione , chiedendo però l’intervento dei servizi sociali per quanto concerne le decisioni concernenti la loro sottoposizione ad un percorso psicologico ed assistenziale finalizzato alla tutela e alla cura della loro salute psicologica e al ripristino di una equilibrata relazione con entrambi i genitori . A questo proposito, difatti, viene evidenziato che i genitori, assorbiti dalla loro conflittualità, non sono in grado di provvedere alla salute psicologica delle figlie . In aggiunta viene anche fissato un assegno di mantenimento posto a carico del padre . Per quanto concerne l’addebito della rottura, invece, viene esclusa ogni responsabilità della moglie, nonostante la sua decisione di abbandonare il tetto coniugale. Disagio. Identica posizione assume la Cassazione, che conferma la decisione presa dai Giudici d’appello. Innanzitutto, viene respinta l’ipotesi di una riduzione dell’assegno di mantenimento per le figlie mediante conteggio delle spese che il padre spiega di dover sostenere per raggiungerle nella città dove abitano a seguito del trasferimento . Su questo fronte i giudici osservano che il genitore ha rinunciato alla possibilità di tenere con sé le figlie a fine settimana alternati e nelle vacanze estive, interrompendo di fatto qualsiasi rapporto con loro , e quindi è evidente la strumentalità della richiesta, destinata, ove accolta, a produrre un vantaggio economico per il genitore, ma non per le figlie . Centrale è però soprattutto il tema dell’ addebito della separazione . E su questo fronte è stato correttamente escluso, spiegano i giudici della Cassazione, il nesso tra la rottura coniugale e l’allontanamento della moglie dalla casa condivisa col marito. Secondo i Magistrati è evidente, invece, che la crisi della coppia affonda le proprie radici in fatti pregressi che avevano minato il rapporto di fiducia tra i coniugi , cioè le pregresse tensioni tra moglie e marito, una situazione di crisi familiare dovuta al deterioramento del loro rapporto di fiducia, aggravata dal crollo economico dell’attività imprenditoriale del marito, a cui partecipava anche la moglie . In sostanza, disagio esistenziale ed economico hanno indotto la donna all’allontanamento dalla casa coniugale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 16 aprile – 18 giugno 2019, n. 16222 Presidente Scaldaferri – Relatore Tricomi Ritenuto che La Corte di appello di Perugia, con la sentenza in epigrafe indicata, in sede di rinvio seguito alla sentenza della Cassazione n. 25716/2016, esclusa la addebitabilità della separazione a F.S. , confermava l’affido delle figlie minori T. 1996 e A. 1999 in via esclusiva autonoma e disgiunta ad essa madre in ragione del collocamento presso la di lei abitazione, affidandole altresì ai Servizi sociali di per quanto attiene a tutte le decisioni concernenti la loro sottoposizione ad un percorso psicologico e assistenziale finalizzato alla tutela e alla cura della loro salute psicologica, al ripristino di una equilibrata relazione con entrambi i genitori sulla considerazione che i genitori, assorbiti dalla loro conflittualità, non erano in grado di provvedere alla salute psicologica delle figlie confermava inoltre l’assegno di mantenimento posto a carico del padre. Il ricorso per cassazione è stato proposto da S.M. con due mezzi corredati da mamoria F.S. non ha svolto difese. Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c Considerato che 1. Il primo motivo di ricorso, concernente la violazione e falsa applicazione dell’art. 151 c.c. in merito al mancato riconoscimento dell’addebito della separazione alla F. è inammissibile. Il ricorrente, nel criticare la decisione in esame si duole sostanzialmente della valutazione del compendio probatorio compiuta dalla Corte di appello che, peraltro, ha tenuto conto anche della sentenza penale che ha riguardato la F. , e sollecita una decisione conforme alle proprie aspettative. Tuttavia la sua prospettazione non considera che In tema di separazione personale dei coniugi, l’allontanamento dal domicilio coniugale, in quanto violazione dell’obbligo coniugale di convivenza, può costituire causa di addebito della separazione, a meno che sia avvenuto per giusta causa, che può essere rappresentata dalla stessa proposizione della domanda di separazione, di per sé indicativa di pregresse tensioni tra i coniugi e, quindi, dell’intollerabilità della convivenza, sicché, in caso di allontanamento e di richiesta di addebito, spetta al richiedente, e non all’altro coniuge, provare non solo l’allontanamento dalla casa coniugale, ma anche il nesso di causalità tra detto comportamento e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Cass. 19328 del 29/09/2015 . La decisione impugnata ha escluso il nesso di causalità accertando in fatto che l’allontanamento dalla casa coniugale non era stato la causa della separazione, da individuarsi piuttosto in fatti pregressi che avevano minato il rapporto di fiducia tra i coniugi le pregresse tensioni tra i coniugi, una situazione di crisi familiare dovuta al deterioramento progressivo del rapporto di fiducia tra i coniugi aggravata dal crollo economico dell’attività imprenditoriale dello S. alla quale partecipava anche la F. , conclusione che la censura - formulata come violazione di legge e non sul piano motivazionale - non è idonea ad inficiare. La doglianza, sulla quale il ricorrente insiste nella memoria, sostanzialmente non si confronta con la ratio decidendi, limitandosi a rimarcare la rilevanza dell’allontanamento unilaterale dalla casa coniugale ed a sostenere apoditticamente che non sarebbe stata provato il disagio economico ed esistenziale che avrebbero indotto la F. all’allontanamento. 2. Il secondo motivo di ricorso, concerne la violazione e falsa applicazione dell’art. 337 ter c.c. Il ricorrente, pur dando atto del raggiungimento della maggiore età da parte delle figlie, insiste sulla questione dell’affido, in ordine alla quale va ravvisata l’inammissibilità della doglianza per una sopravvenuta carenza di interesse. Anche il profilo attinente alla richiesta di riduzione dell’assegno di mantenimento previsto per le figlie, mediante deconto dall’importo dovuto delle spese da lui sostenute per raggiugerle nella città ove abitano a seguito del trasferimento, è inammissibile e va respinto perché non coglie la ratio decidendi e sollecita il riesame del merito. La Corte di appello, nel respingere la domanda, innanzi tutto ha evidenziato che lo S. aveva rinunciato alla possibilità di tenere con sé le figlie a fine settimana alternati e nelle vacanze estive interrompendo di fatto qualsiasi rapporto con le figlie fol. 7 della sent. quindi si è soffermata sulla mancanza di dimostrazione da parte dello S. della volontà di recarsi a visitare le figlie, rimarcando la strumentalità della richiesta destinata, ove accolta, a produrre un vantaggio economico per il richiedente, ma non per le figlie. Orbene, la censura, sulla quale il ricorrente insiste nella memoria, non solo si sofferma sulla seconda parte della statuizione, ignorando la prima che ne costituisce, invece, l’imprescindibile ed illuminante premessa la volontaria cessazione di fatto e da tempo dei rapporti con le figlie e che spiega il giudizio non favorevole espresso dalla Corte di appello nei confronti della richiesta paterna, ma sollecita inammissibilmente - avendo denunciato una violazione di legge - una rivalutazione delle emergenze istruttorie, senza neanche illustrare dove trovi riscontro - negli atti processuali quanto dallo stesso affermato circa le spese sostenute o a sostenersi. 3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Non si provvede sulle spese di giudizio, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52. Sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso - Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52 - Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.