Se c’è sottrazione di minore, questi va sempre sentito per capire cosa preferisce e quale soluzione sia più adatta

L’audizione del minore che si sostiene sia stato sottratto indebitamente da un genitore per essere portato in un altro Stato è indispensabile per l’emissione del decreto di rimpatrio. In mancanza, tale decreto e nullo e non può essere ordinato il rimpatrio.

Questo è il principio stabilito dalla Prima Sezione della Suprema Corte, con la sentenza n. 15254 del 2019, emessa nella camera di consiglio del 21 maggio 2019 e depositata il 4 giugno, a chiusure di un ricorso dell’anno precedente, in materia di sottrazione di minore. Il caso. Il decreto del Tribunale di Bologna del 10 luglio 2018 aveva respinto l’istanza presentata dal padre della minore V., presentata ai sensi dell’art. 7 della legge n. 64/1994 e dell’art. 8 della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, perché venisse ordinato alla madre, a detta dell’istante responsabile della sottrazione, l’immediato rientro della minore, che si trovava in Italia, in Messico presso il padre. Nella ricostruzione del padre, la madre aveva condotto illegalmente la figlia in Italia, senza informarlo e contro la sua volontà, dopo aver ottenuto un passaporto falsificato in cui la minore risultava di paternità ignota. La bambina veniva trasferita a Parma, presso l’abitazione del nuovo compagno della donna, senza che al padre venissero mai fornite notizie. Il Tribunale per i minori di Bologna, nel decreto, aveva affermato l’esistenza degli elementi costitutivi della sottrazione internazionale di minore e di condotte penalmente rilevanti della madre, relative alla contraffazione ed alterazione di stato della minore, aveva comunque rigettato la richiesta di rimpatrio. Contro tale decisione, ha presentato ricorso il padre della bambina con tre motivi, a cui aveva resistito la madre con controricorso. Secondo il ricorrente, il Giudice di merito, con motivazione generica, avrebbero disatteso l’essenza posta alla base dei procedimenti di sottrazione internazionale, nella parte in cui avevano ritenuto l’esistenza di un grave rischio correlato al rientro della minore in Messico, valorizzando invece eccessivamente e senza riscontro la sofferenza che ella avrebbe subito da un nuovo sradicamento da affetti quotidianità. Secondo il ricorrente invece, la Convenzione dell’Aja ha appunto la funzione di proteggere il minore da sradicamenti affettivi e culturali, reintegrandolo nella situazione di fatto in cui in precedenza viveva secondo la sua ricostruzione, prima della condotta illecita perpetrata dalla madre, la figlia viveva all’interno della numerosa famiglia paterna, con la quale partecipava ad eventi religiosi e festivi, frequentando persino i componenti della famiglia materna, residenti in Messico. Pertanto, la sottrazione effettuata dalla madre, considerando anche che la bambina è di origini messicane, ne aveva causato a dire del ricorrente un gravissimo sradicamento, vista la sua estirpazione dall’ambiente in cui aveva la stragrande maggioranza delle sue relazioni. Inoltre, con il terzo motivo di ricorso, veniva sostenuta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 in relazione alle Convenzioni di New York del 1989, di quella di Strasburgo del 1996 e di quella dell’Aja del 1980, per non essere stato ascoltato il minore. Secondo il ricorrente, il Tribunale non aveva proceduto all’audizione della minore, in questo modo non consentendo di raccogliere la sua testimonianza in modo certo e imparziale, e di valutare la maturità e la volontà della minore, senza rischio di pressioni e manipolazioni esterne determinate dalla presenza della madre, e di valutare il legame con il padre e alla fine, l’opportunità o meno del rientro in Messico, rispetto all’interesse della minore. L’ascolto del minore, in caso di sottrazione internazionale, costituisce adempimento necessario e imprescindibile per la legittimità del decreto di rimpatrio, ed è finalizzato anche alla valutazione dell’eventuale opposizione. Audizione del minore. La Cassazione ha statuito che il Tribunale avrebbe dovuto ascoltare la minore e che, non facendolo, ha inficiato la validità del procedimento di rigetto dell’istanza, rendendo così nullo il decreto emesso e poi impugnati. Secondo il Tribunale, la decisione di non ascoltare la minore è stata dettata dalla considerazione per cui questa, già sentita dai Servizi Sociali su iniziativa della madre, aveva manifestato la volontà di rimanere in Italia. Pertanto, la decisione di non sentirla è stata motivata dalla scelta di non costringerla a ripercorrere eventi traumatici della sua vita e a ribadire dinanzi al Tribunale la propria decisione. Però, per la Suprema Corte, la decisione del Tribunale è errata, poiché non lascia superata l’esigenza di ascolto della minore, a fronte dell’età della bambina e della maturità dimostrata anche nel chiedere lei stessa ai servizi sociali di essere sentita . Inoltre, non sembra sufficiente la motivazione indicata nello sconsigliare il suo ascolto dinanzi al Tribunale. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha ricordato che, a maggior ragione essendo trascorso oltre un anno dalla sottrazione della minore, la Convenzione dell’Aja del 26 ottobre 1980, ratificata nel nostro ordinamento con la legge 64/1994, prevede la necessità dell’ascolto del minore. Ha quindi statuito che in materia di sottrazione di minore, l’ascolto del minore costituisce adempimento necessario ai fini della legittimità del decreto di rimpatrio, essendo finalizzato anche alla valutazione della sua eventuale opposizione al rimpatrio, nella valutazione dell’integrazione del minore stesso nel suo nuovo ambiente, estremo ostativo all’accoglimento della domanda di rimpatrio che risulti esercitata, come nel caso in esame, oltre l’anno. In applicazione di detto principio, ha accolto il ricorso, rinviando al Tribunale per i minorenni di Bologna, in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 21 maggio – 4 giugno 2019, n. 15254 Presidente Bisogni – Relatore Scalia Fatti di causa 1. T.H.A. , padre della minore V. , ricorre in cassazione avverso il decreto in epigrafe indicato con cui il Tribunale per i Minorenni di Bologna aveva rigettato l’istanza dal primo presentata, ai sensi della L. n. 64 del 1994, art. 7, e dell’art. 8 della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, perché venisse ordinato alla madre, Z.Y.D.R., autrice della sottrazione, l’immediato rientro della minore dall’Italia in presso il padre. Nella vagliata fattispecie, la madre aveva condotto illegalmente la figlia, all’insaputa e contro la volontà del padre, dopo aver ottenuto il rilascio di un passaporto in cui la minore, all’esito alla falsificazione dei dati anagrafici, risultava di paternità ignota, a , presso l’abitazione del suo nuovo compagno senza mai dare notizie all’istante. Il Tribunale per i Minori di Bologna attraverso l’impugnato provvedimento, pur affermando l’esistenza degli elementi costitutivi della sottrazione internazionale di minore e di condotte, penalmente rilevanti della madre, di contraffazione ed alterazione di stato della minore, aveva rigettato la richiesta di rimpatrio. 2. Avverso l’indicato decreto di rigetto il ricorrente articola tre motivi di annullamento cui resiste con controricorso Z.Y.D.R Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in cui sarebbe incorso il Tribunale per i Minorenni di Bologna, in relazione all’art. 13, lett. b della Convenzione dell’Ala del 25 ottobre 1980. I giudici di merito, con motivazione generica, avrebbero disatteso l’essenza stessa posta alla base dei procedimenti di sottrazione internazionale nella parte in cui avevano ritenuto l’esistenza di un grave rischio correlato al rientro della minore in con il valorizzare, in tal senso, la sofferenza, eccessiva che sarebbe alla prima venuta da un secondo sofferto sradicamento da affetti e quotidianità. La Convenzione dell’Aja rileva il ricorrente, ha infatti, la finalità di apprestare tutela al minore rispetto al pregiudizio al medesimo derivante da trasferimenti indebiti e da sradicamenti affettivi e culturali, reintegrandolo nella situazione di fatto in cui egli in precedenza viveva. Prima della condotta illecita perpetrata dalla madre, la figlia viveva all’interno di una famiglia paterna, numerosa, con cui partecipava a feste religiose ed eventi festivi, vacanzieri e culturali tipici del proprio paese, frequentando, altresì, anche i componenti della famiglia materna, pure residenti in Città del , per una rete di relazioni affettive e culturali che era andata perduta con la illecita sottrazione ed il cui ripristino con valutazione astratta, il Tribunale aveva ritenuto portatore di un grave rischio per la minore. Le origini messicane della piccola avrebbero dovuto ritenersi come prevalenti rispetto all’interesse materno al radicamento della bambina all’interno della nuova famiglia italiana. 2. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione,, nei termini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 3 della Convenzione dell’Aja del 1980. Il Tribunale, ignorando la ricchissima vita di relazione affettiva condotta per sette anni dalla minore in omissis , in un contesto sociale di estrazione medio-alta, vivace ed accogliente, aveva ritenuto che l’esaltazione delle origini non avrebbe potuto ignorare quanto faticosamente costruito dalla minore in questi ultimi quattro anni trascorsi in Italia , sortendosi altrimenti l’effetto di svilire la ratio stessa della normativa nazionale ed internazionale in materia, dominata dal principio della prevalenza, nel dubbio, della soluzione maggiormente favorevole all’interesse del minore . 3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 12 della Convenzione di New York del 1989, agli artt. 3, 6 e 12 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 sull’esercizio dei diritti dei bambini, ratificata in Italia con L. n. 77 del 2003, all’art. 13, comma 2, della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, recepita in Italia con L. n. 64 del 1994 ed all’art. 11, comma 2, del Reg. CE 2201/2003 sotto il profilo del mancato ascolto del minore. Il Tribunale non avrebbe proceduto all’audizione della minore undicenne, apprezzando come sufficienti, gli esiti dell’audizione informalmente esperita, a richiesta della madre, dagli operatori dei Servizi Sociali di . Soltanto l’audizione in sede giudiziale, avrebbe consentito di raccogliere in modo opportuno ed imparziale, diretto a valutarne ed accertarne in concreto la maturità, la volontà della minore senza rischio di manipolazioni esterne determinate dalla presenza e pressione della madre, come accaduto nella specie, e di valutare il legame con il padre, genitore sottratto , consentendo di stabilire se il rientro in rispondesse, o meno, all’interesse della minore. 4. Nell’ordine delle questioni poste all’esame di questa Corte di legittimità va, prima di ogni altra, esaminata quella dedotta con il terzo motivo di ricorso. Resta in tal modo applicato il principio della ragione più liquida o dell’evidenza, per le sottese esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale a previsione costituzionale artt. 24 e 11 Cost. , con preferenza su quello dell’ordine delle questioni da trattare di cui all’art. 276 c.p.c., e la causa può essere decisa in forza della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche ove logicamente subordinata, senza che sia previamente necessario esaminare le altre Cass. Sez. U 08/05/2014 n. 9936 Cass. 19/04/2018, n. 9671 . Il motivo è fondato. 4.1. Per consolidato indirizzo di questa Corte di legittimità, nel procedimento per la sottrazione internazionale di minore, l’ascolto di quest’ultimo che può essere espletato anche da soggetti diversi dal giudice, secondo le modalità dal medesimo stabilite costituisce adempimento necessario ai fini della legittimità del decreto di rimpatrio ai sensi dell’art. 315 bis c.c., e degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 ratificata con L. n. 77 del 2003 , essendo finalizzato, ex art. 13, comma 2, della Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980, anche alla valutazione della sua eventuale opposizione al rimpatrio, salva la sussistenza di particolari ragioni da indicarsi specificamente che ne sconsiglino l’audizione, ove essa possa essere dannosa per il minore stesso, tenuto conto, altresì, del suo grado do maturità Cass. 17/04/2019 n. 10784 Cass. 08/02/2017 n. 3319 Cass. 31/03/2014 n. 7479 . 4.2. Nella specie il Tribunale per i Minorenni ha ritenuto di non dover procedere all’audizione della minore, che già sentita dai Servizi Sociali su iniziativa della madre, in detta sede aveva manifestato la volontà di restare in Italia, nella rappresentata opportunità di non costringere V. - che dinanzi ai Servizi si era mostrata visibilmente turbata - a ripercorrere eventi traumatici della sua vita e a ribadire dinanzi ad un Tribunale la propria decisione . La volontà espressa dal giudice del merito di tutelare le posizioni della minore non sostiene in applicazione del sopra richiamato principio, la decisione assunta, non riuscendo a dare conto di quelle peculiari ragioni che del mezzo sconsigliano l’espletamento ovverosia del danno che dall’ascolto possa venire alla minore, per un operato contemperamento di siffatta esigenza con il grado di maturità mostrato dalla minore medesima. La personale vicenda di V. definita dalla condotta della madre e dall’episodio, pure riportato nell’impugnato decreto, contrassegnato dall’ingerenza degli operatori di una nota trasmissione della tv italiana che, nel sollevare alle cronache nazionali la sottrazione della prima, avevano accompagnato il padre nell’incursione effettuata presso la famiglia italiana con cui la figlia viveva, non lascia superata l’esigenza di ascolto a fronte dell’età della bambina, all’epoca di undici anni, e della maturità dalla stessa manifestata nel chiedere lei stessa, tanto si afferma nel decreto, ai Servizi Sociali di essere sentita. 4.3. In ragione della peculiarità della fattispecie in esame, contrassegnata dall’intervenuto decorso dell’anno dalla sottrazione del minore ai sensi dell’art. 12, comma 2, della Convenzione dell’Aja del 26 ottobre 1980, ratificata in Italia con la L. n. 64 del 1994, l’indicato principio sulla necessità di ascolto del minore deve trovare applicazione, declinato nei termini che seguono In materia di sottrazione internazionale di minore, l’ascolto del minore costituisce adempimento necessario ai fini della legittimità del decreto di rimpatrio ai sensi dell’art. 315 bis c.c., e degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 ratificata con L. n. 77 del 2003 , essendo finalizzato, ex art. 13, comma 2, della Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980, anche alla valutazione della sua eventuale opposizione al rimpatrio nella valutazione della integrazione del minore stesso nel suo nuovo ambiente, estremo ostativo all’accoglimento della domanda di rimpatrio che risulti esercitata, ex art. 12, comma 2, della medesima Convenzione, oltre l’anno . 5. Il decreto impugnato va annullato con rinvio al Tribunale per i Minorenni di Bologna che, in diversa composizione, provvederà, nel rivalutare il merito della vicenda, a dare applicazione agli indicati principi ed a liquidare le spese del presente giudizio. Nell’intervenuta ammissione del ricorrente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato come da delibera del 12 dicembre 2018 del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Bologna, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. P.Q.M. Accoglie il terzo motivo di ricorso e assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa anche per la regolazione delle spese del presente grado dinanzi al Tribunale per i Minorenni di Bologna, in altra composizione. Ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, vanno omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.