La revoca del rifiuto di sottoporsi agli esami per attestare la paternità non è soggetta a preclusioni

Il rifiuto a sottoporsi ad esami immuno-ematologici per attestare la paternità, per avere valore indiziario, deve essere effettivo e persistente al momento della decisione da parte del giudice di merito. La revoca di tale rifiuto da parte dell’interessato, tuttavia, non può essere soggetta a preclusioni che attengono alla deduzione e all’acquisizione dei mezzi di prova.

Così si è pronunciata la Cassazione con l’ordinanza n. 10779/19, depositata il 17 aprile. Il fatto. La Corte d’Appello di L’Aquila respingeva il ricorso proposto da una parte avverso la decisione di primo grado, che lo aveva dichiarato padre naturale di un minore e, per questo, lo aveva condannato a corrispondere un assegno di mantenimento in favore del minore. La Corte territoriale aveva così deciso anche sulla base del rifiuto del ricorrente di sottoporsi ad esame ematologico di paternità, a nulla rilevando che successivamente questi avesse richiesto la sottoposizione al test. Avverso la decisione propone ricorso in Cassazione la parte lamentando che la Corte d’Appello abbia respinto la sua richiesta di essere sottoposto alle indagini ematologiche, nonostante egli dopo l’iniziale rifiuto avesse manifestato la disponibilità a sottoporsi agli accertamenti peritali. Il rifiuto deve essere persistente. Sul tema la Corte ricorda che la consolidata giurisprudenza ha ritenuto il rifiuto di sottoporsi alle indagini ematologiche come un comportamento valutabile da parte del giudice come un fatto avente valore indiziario tale da poter da solo consentire la dimostrazione della fondatezza della domanda. Tuttavia, proseguono i Giudici, occorre ribadire quanto già deciso affermato dalla Corte con la Cass. civ. n. 12312/15 il rifiuto a sottoporsi ad esami immuno-ematologici, per essere valutabile ai sensi dell’art. 16 c.p.c., deve essere effettivo e persistente al momento della decisione da parte del giudice di merito e che una revoca di tale rifiuto non possa essere soggetta a preclusioni che attengono alla deduzione e all’acquisizione dei mezzi di prova . Alla luce di ciò la Corte accoglie il motivo sollevato dal ricorrente e cassa la sentenza nei limiti del motivo accolto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 4 febbraio – 17 aprile 2019, n. 10779 Presidente Valitutti – Relatore Marulli Fatti di causa 1. La Corte d’Appello di L’Aquila con la sentenza epigrafata ha respinto l’appello proposto da D.M.D.B.N. avverso la decisione che in primo grado, accogliendo la domanda proposta nei suoi confronti da S.A. , ne aveva dichiarato la paternità naturale del minore S.M.P. e lo aveva condannato all’adempimento degli obblighi conseguenti, imponendogli la corresponsione di un assegno di mantenimento determinato in funzione delle esigenze del minore nella misura di Euro 800,00 mensili. Avverso la predetta sentenza, motivata sul presupposto che alla luce delle raccolte risultanze istruttorie, tra cui in particolare il suo rifiuto di volersi sottoporre a CTU ematologica nel corso del giudizio di primo grado, la richiesta del D.M. di rinnovazione della CTU risultava inutile e dilatoria , che la determinazione dell’assegno nella predetta misura appariva congrua e condivisibile e che non era configurabile un obbligo di informazione e concertazione preventiva riguardo alle spese straordinarie da sostenersi nell’interesse del minore, ricorre ora per la sua cassazione il D.M. sulla base di nove motivi, ai quali resiste con controricorso, seguito da memoria, la S. . Ragioni della decisione 2.1. Il ricorso - alla cui disamina non si oppongono previamente le ragioni di inammissibilità ed improcedibilità sollevate dalla controricorrente, giacché, ferma in principio l’inconsistenza della seconda, la cui denuncia non va oltre l’allegazione iniziale, la prima, considerato il contenuto del singolo motivo, non autorizza un giudizio altrettanto generalizzato, sicché di essa meglio si potrà discorrere semmai in relazione a ciascuno di essi o a ciascun gruppo di essi censura con il primo motivo il capo dell’impugnata decisione con cui la Corte adita ha respinto l’istanza del D.M. di volersi sottoporre alle indagine ematologiche, deducendo in particolare la violazione o falsa applicazione dell’art. 269 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 24 Cost., posto che dall’ingiustificato rifiuto del deducente di sottoporsi alla CTU ematologica disposta nel giudizio di primo grado non si sarebbero potute inferire le conseguenze probatorie tratte dal decidente a fronte della sopraggiunta manifestazione di disponibilità della parte a sottoporsi ad accertamenti peritali e, a maggior ragione, a fronte dell’espressa richiesta della parte di sottoporvisi . 2.2. Il motivo è fondato ed il suo accoglimento, determinando la cassazione dell’impugnata sentenza su un punto pregiudiziale, assorbe in senso proprio le questioni agitate con i restanti motivi e ne rende perciò superfluo l’esame. 2.3. È ben vero che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non ignorata dal decidente del grado, essendo i giudizi in materia di accertamento o disconoscimento della filiazione positivamente governati in funzione del favor veritatis e costituendo in questa ottica la consulenza tecnica genetica l’unica forma di accertamento attendibile nella ricerca della filiazione Cass., Sez. I, 14/12/2017, n. 30122 , il rifiuto di sottoporsi ad indagini ematologiche costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice, ex art. 116 c.p.p., comma 2, di così elevato valore indiziario da poter da solo consentire la dimostrazione della fondatezza della domanda Cass., Sez. VI-I, 14/11/2017, n. 26914 Cass., Sez. I, 27/07/2017, n. 18626 Cass., Sez. I, 25/03/2015, n. 6025 . È tuttavia, proprio in ragione di ciò e del fatto più in particolare che la consulenza tecnica ematologica è uno strumento istruttorio officioso rivolto verso l’unica indagine in grado di dimostrare in modo inoppugnabile la verità del rapporto di filiazione, va pure detto che la sua richiesta, da un lato, non può essere ritenuta esplorativa, intendendosi come tale l’istanza rivolta a supplire le deficienze allegative ed istruttorie di parte, così da aggirare il regime dell’onere della prova sul piano sostanziale o i tempi di formulazione delle richieste istruttorie sul piano processuale, e, dall’altro, non essendo soggetta al regime processuale delle istanze di parte, non può essere oggetto di rinuncia, anche implicita Cass., Sez. I, 13/11/2015, n. 23290 . Ne discende, perciò, che il rifiuto a sottoporsi ad esami immuno-ematologici, per essere valutabile ai sensi dell’art. 116 c.p.c., deve essere effettivo e persistente al momento della decisione da parte del giudice di merito e che una revoca di tale rifiuto non possa essere soggetta a preclusioni che attengono alla deduzione e all’acquisizione dei mezzi di prova Cass., Sez. I, 15/06/2015, n. 12312 . Ancorché l’impugnata decisione non abbia immotivatamente rigettato la declinata istanza del D.M. in parte qua, nondimeno il favor veritatis che deve orientare la valutazione del giudice nei giudizi de quibus e l’indubbia idoneità dello strumento azionabile allo scopo di assicurare un accertamento incontrovertibile della verità in ordine alla sussistenza o meno del rapporto di filiazione non rendono la decisione, di fronte alla sopravvenuta disponibilità dell’istante a sottoporsi alle indagini a suo tempo rifiutate, immune dal lamentato errore e doverosa ne è perciò la conseguente cassazione. 3. Accolto, dunque, il primo motivo di ricorso, l’impugnata sentenza va debitamente cassata con rinvio della causa al giudice a quo per la rinnovazione del giudizio di merito ai fini dell’espletamento della richiesta CTU. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di L’Aquila che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Dispone omettersi in caso di pubblicazione della presente ordinanza ogni riferimento ai nominativi e agli altri elementi identificativi delle parti.