Piccola attività in franchising per l’ex moglie: elemento non sufficiente per ridurre l’assegno di mantenimento

Resa definitiva in Cassazione la decisione pronunciata in Appello e sfavorevole all’uomo. Inutile il richiamo da lui fatto all’attività economica intrapresa dalla donna. Confermato il suo obbligo di versarle 2mila euro al mese.

L’ex moglie si ricicla come piccola imprenditrice, aprendo un’attività in franchising, ma questo dato non è sufficiente per ridurre l’assegno di mantenimento in suo favore. Respinta definitivamente la richiesta presentata dall’ex marito Cassazione, ordinanza n. 8745/91, sez. VI Civile - 1, depositata oggi . Redditi. Chiuso ufficialmente il matrimonio, caratterizzato anche dalla nascita di due figli, i Giudici definiscono i rapporti tra i due ex coniugi. Più precisamente, la separazione viene addebitata all’uomo, che è anche obbligato a versare all’ex moglie 2mila euro al mese. Per lui c’è però anche una piccola vittoria viene respinta, difatti, la domanda risarcitoria promossa dalla donna . L’uomo però non si accontenta e punta a vedere ulteriormente ridimensionata la cifra da dare all’ex moglie. Ecco spiegato il ricorso in Cassazione, ricorso centrato sulla attività economica avviata dalla donna. Questo dato è ritenuto fondamentale dal marito, il quale sottolinea che il diritto del coniuge di ricevere quanto è necessario al suo mantenimento è subordinato al fatto che egli non abbia adeguati redditi propri . Questa obiezione però non è sufficiente, ribattono i Giudici del Palazzaccio, per mettere in discussione la valutazione compiuta in Appello, laddove si è considerata non rilevante l’incidenza – sulle condizioni patrimoniali della donna – della attività di decorazione di dolci da lei intrapresa in franchising .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 18 dicembre 2018 – 28 marzo 2019, n. 8745 Presidente Di Virgilio - Relatore Dolmetta Fatto e diritto 1.- Nel gennaio 2008 St. Tr. ha adito il Tribunale di Velletri per chiedere la separazione da Si. Be., con cui aveva contratto matrimonio nel 1986 e dall'unione con la quale erano nati due figli, Va. e Ma Con distinto ricorso, anche Si. Be. ha chiesto la separazione dal coniuge, con domanda di addebito a questi della stessa. Riuniti i giudizi, il Tribunale ha pronunciato la separazione con addebito al marito ha affidato la figlia minore a entrambi i coniugi, collocandolo presso la madre ha assegnato alla moglie la casa coniugale le ha attribuito un assegno di mantenimento dell'importo mensile complessivo di Euro 3.500,00, di cui Euro 2000,00 a suo favore e Euro 750,00 per ciascun figlio, ripartendo al 50% tra i genitori le spese straordinarie da sostenere per i figli ha respinto la domanda risarcitoria promossa dalla moglie. 2.- Con riscorso depositato nel 2014, Si. Be., ha presentato appello, sul presupposto dell'erronea valutazione da parte del primo giudice delle disponibilità economiche del coniuge e della prova del danno risarcibile a seguito della responsabilità della crisi coniugale attribuita al marito. Nel costituirsi, St. Tr. ha proposto appello incidentale, per ottenere il rigetto della domanda di addebito della separazione, nonché la riduzione dell'importo dell'assegno di mantenimento, in ragione dell'intervenuta autonomia economica del figlio Va. e la facoltà della coniuge di locare a terzi una porzione della casa coniugale. 3.- Con sentenza pubblicata il 12 maggio 2016, la Corte di Appello di Roma ha respinto l'appello principale, in quanto infondato. Ha invece parzialmente accolto l'appello incidentale, nel senso che ha dichiarato cessato l'obbligo di mantenimento del figlio Va., per contro respingendo la richiesta di riduzione dell'assegno mensile a favore del coniuge. 4.- Avverso questo provvedimento ha presentato ricorso St. Tr., affidato a due motivi di cassazione. Resiste con controricorso Si. Be Entrambe le parti hanno anche depositato memoria. 5.- Il primo motivo di ricorso richiama il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . Nella sostanza, il motivo lamenta che la sentenza della Corte di Appello non contenga alcun riferimento né alla CTU espletata nel primo grado di giudizio, né alla dichiarazione scritta del signor Ca. Ul., collaboratore domestico durante la convivenza della coppia. 6.- Il motivo è inammissibile. Esso non indica le ragioni per cui i fatti riportati nella CTU e/o quelli enunciati dal signor Ul. dovrebbero, nel caso, risultare decisivi in ordine alla definizione della misura dell'assegno di mantenimento per il coniuge, a suo tempo fatta oggetto di appello incidentale. In effetti, il motivo si limita a riferire di aspetti relativi a una asserita condotta violenza del dr. Tr. . 7.- Il secondo motivo è rubricato violazione e falsa applicazione dell'art. 156 comma 1 e comma 2 cod. civ. e dell'art. 116 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. . Ad avviso del ricorrente, una corretta applicazione della normativa di cui all'art. 156 cod. civ. avrebbe dovuto comportare una riduzione del mantenimento dovuto alla signora Be., atteso che il diritto del coniuge di ricevere quanto è necessario al suo mantenimento è subordinato al fatto che lo stesso non abbia adeguati redditi propri . Nella specie, peraltro, la detta signora ha intrapreso una propria attività economica, di cui la Corte territoriale non ha tenuto conto. 8.- Il motivo è inammissibile. Lo stesso infatti si sostanzia nel richiedere una nuova valutazione degli elementi materiali della fattispecie, con particolare riferimento all'incidenza sulle condizioni patrimoniale di Si. Be. dell'attività di decorazione di dolci , da ella intrapresa in franchising. Che è esame per contro precluso al sindacato di questa Corte. 9.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono il criterio della soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 4.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi . Dà atto, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo il disposto del comma 1 bis dell'art. 13.