Abbandona il tetto coniugale e smette di mantenere la famiglia, inevitabile l'addebito della separazione

Respinta la tesi difensiva proposta dall’uomo e centrata su una presunta intollerabilità della vita con la moglie. Per i Giudici, invece, è inequivocabile il comportamento da lui tenuto, sufficiente a rompere irrimediabilmente il vincolo coniugale.

Ha abbandonato il tetto coniugale e, soprattutto, ha bloccato l’erogazione dei contributi economici per la famiglia. Quest’ultima decisione rende poco difendibile la posizione del marito addebitata a lui legittimamente, sanciscono i Giudici, la separazione della moglie Cassazione, ordinanza n. 3877/2019, Sezione Sesta Civile, depositata l’8 febbraio . Abbandono. Ufficializzata la rottura della coppia, i Giudici d’Appello ritengono responsabile il marito, addebitandogli la separazione e obbligandolo a versare un assegno di mantenimento di 400 euro mensili per la moglie e di 800 euro e la partecipazione al 50% delle spese straordinarie per le due figlie . Centrale è per l’uomo soprattutto l’addebito della separazione. A questo proposito, i Giudici d’Appello hanno ritenuto decisivo il comportamento da lui tenuto e consistito nell’ unilaterale abbandono del domicilio coniugale , abbinato alla interruzione della erogazione dei contributi economici per la famiglia . Tale visione è condivisa anche dalla Cassazione, dove viene respinta l’obiezione difensiva proposta dal legale del marito e centrata su una presunta intollerabilità della vita coniugale precedente alla decisione dell’uomo di andare via di casa. A questo proposito, i giudici del ‘Palazzaccio’ tengono a sottolineare che a inchiodare l’uomo non è solo l’abbandono della casa condivisa con la consorte ma anche, anzi soprattutto, la contestuale interruzione del mantenimento familiare .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 1, ordinanza 15 gennaio – 8 febbraio 2019, numero 3877 Presidente Genovese – Relatore Tricomi Ritenuto che La Corte di appello di Venezia, ritenuta la nullità della sentenza di primo grado in controversia concernente la separazione personale dei coniugi Pe. Ta. e Um. Mo. e le domande accessorie, pronunciava la separazione con addebito al marito, in ragione dell'unilaterale abbandono del domicilio coniugale connesso alla interruzione della erogazione dei contributi economici per la famiglia, e poneva a carico del Mo. un assegno di mantenimento per la moglie di Euro.400,00 mensili e per le due figlie di Euro.800,00, somme tutte rivalutabili, oltre la partecipazione al 50% delle spese straordinarie riguardanti le figlie. Il ricorso per cassazione è stato proposto con quattro mezzi dal Mo. la moglie ha replicato con controricorso. Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex articolo 380 bis cod. proc. civ. Considerato che 1. Il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia notificata alla parte costituita nel presente procedimento, alla quale non sono state mosse osservazioni critiche, nei termini di seguito precisati. 2. Il primo motivo con il quale si denuncia la violazione delle disposizioni che disciplinano la pronuncia di addebito, per avere erroneamente ritenuto, la Corte di appello, ammissibile la domanda di addebito, da qualificarsi come domanda riconvenzionale, senza considerare che la stessa era stata proposta tardivamente solo nelle note di precisazione delle conclusioni e che non erano state nemmeno articolati mezzi probatori con le memorie istruttorie è infondato. Invero, il motivo prospetta circostanze relative al momento della proposizione della domanda di addebito che contrastano con quanto accertato dalla Corte di appello in merito all'epoca della sua tempestiva formulazione, avvenuta con la memoria depositata il 13/4/2012, oltre venti giorni prima dell'udienza ex articolo 183 cod. proc. civ. fissata dal Presidente avanti al giudice istruttore questa Corte ha riscontrato, quale giudice del fatto processuale, tali esatte circostanze di fatto mediante il diretto esame degli atti di parte e dei verbali di udienza del primo grado, rilevando che la originaria prima udienza fissata davanti all'istruttore per l'8/3/2012 venne rinviata d'ufficio, per questioni connesse alla notifica dell'ordinanza presidenziale, al 10.5.2012 con concessione di nuovi termini, fissati al 29/3/2012 per il ricorrente ed al 14/4/2012 per la contro ricorrente, che risultano rispettati anche per la proposizione della domanda di addebito. 3. Il secondo motivo con il quale si lamenta che la non esatta valutazione del nesso di causalità tra l'abbandono del tetto coniugale e l'irreversibile crisi coniugale a dire del ricorrente effetto, e non già causa, in ragione della preesistente intollerabilità della vita coniugale è inammissibile perché non coglie la ratio conseguente alla congiunta valutazione dell'abbandono della casa coniugale da parte del Mo. e della contestuale interruzione del mantenimento familiare, circostanza quest'ultima che il ricorrente trascura totalmente nel motivo. 4. Il terzo motivo con il quale si censura la statuizione di nullità della prima decisione pronunciata dalla Corte di appello è inammissibile, perché non coglie la ratio deciderteli. La tesi sostenuta dal ricorrente, circa la ricorrenza di un mero errore materiale nell'indicazione dell'organo giudicante quale giudice unico, invece che come collegio di primo grado, non considera che la Corte di appello ha appositamente sottolineato che dalla sentenza non era evincibile l'indicazione dei componenti del collegio e su questo specifico profilo non intercettato dalla doglianza ha fondato la sua pronuncia. Tale statuizione peraltro è immune da vizi in quanto conforme al principio secondo il quale Con riguardo al contenuto della sentenza civile, l'articolo 132, secondo comma, lett. a , cod. proc. civ., che prescrive l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata, comporta che, dalla formulazione dell'atto, si possa individuare con certezza il giudice decidente monocratico o collegiale , per desumerne sia l'esatta collocazione gerarchica e territoriale nella struttura organizzativa dell'autorità giudiziaria ordinaria, sia il nome delle persone fisiche in concreto deliberanti. Cass. numero 9625 del20/09/1993 . Infine le considerazioni svolte dal ricorrente circa la partecipazione del PM al primo grado risultano irrilevanti in quanto la questione non appare affrontata dalla Corte di appello. 5. Il quarto motivo con il quale si lamenta la illogicità e la contraddittorietà della motivazione in merito alla determinazione dell'ammontare degli assegni di mantenimento è inammissibile perché prospetta, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, un vizio revocatorio, relativo alla errata attribuzione della effettiva proprietà di un appartamento in Bibione e non concerne l'omesso esame di un fatto storico, da intendersi principale o secondario, bensì l'errata valutazione, non inquadrabile nel paradigma dell'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. come riformulato dall'articolo 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, numero 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, numero 134 ex plurimis, Cass. Sez. U. 07/04/2014, numero 8053 . 6. In conclusione il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. numero 196 del 2003, articolo 52. Sussistono i presupposti di cui all'articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. del 30.05.2002 numero 115 P.Q.M. Rigetta il ricorso Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro.3.100,00 = , oltre Euro.200,00 per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. numero 196 del 2003, articolo 52. Dà atto, ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 numero 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.