L’ascolto del minore nel giudizio di appello

L’ascolto del minore di cui all’art. 336-bis c.c. costituisce adempimento essenziale e la sua omissione è causa di nullità della sentenza rilevabile come motivo di impugnazione. Laddove il minore dovesse compiere l’età prevista dalla legge per essere ascoltato nel corso del giudizio di appello, il giudice del gravame è tenuto, ex officio, a procedere alla sua audizione.

È quanto si legge nell’ordinanza n. 32309/2018 della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione depositata il 13 dicembre. Il caso. Con sentenza del 15.03.2003, a seguito di apposita azione di dichiarazione giudiziale della paternità iniziata da M.C. madre , il Tribunale dei minorenni di Bari dichiarava F.C. figlia naturale di S.T., nonostante il rifiuto opposto da quest’ultimo all’effettuazione di accertamenti ematici DNA , e disponeva il versamento del mantenimento. S.T. proponeva appello e il giudice del gravame, con sentenza del 22.6.2017 n. 791, riduceva l’importo dell’assegno mensile, confermando nel resto la sentenza impugnata, sottolineando come l’opposizione al prelievo di sangue venoso per l’accertamento della paternità avesse costituito, unitamente alle risultanze degli altri mezzi istruttori, comportamento valutabile ai sensi dell’art. 116 c.p.c. G.T., figlio di S.T. che nel frattempo è deceduto, propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. In particolare il ricorrente si duole, con il primo motivo, della violazione e falsa applicazione dell’art. 273 c.c. e dell’art. 81 c.p.c., avendo M.C. agito in proprio e non in qualità di genitore di F.C. con il secondo motivo lamenta, invece, la violazione dell’art. 336- bis c.c. per omesso ascolto della minore. Con il terzo e quarto motivo G.T. contesta, infine, l’idoneità dei mezzi istruttori alla base della decisione. La Corte di Cassazione rigetta il primo motivo, accoglie il secondo ritenendo in esso assorbiti il terzo ed il quarto. La legittimazione attiva nella declaratoria giudiziale di paternità. Ai sensi dell’art. 273 c.c., il genitore che esercita la potestà di cui all’art. 316 c.c. responsabilità genitoriale o il tutore, possono promuovere l'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità , nell'interesse del minore. La legittimazione del genitore all’azione, secondo l’ormai consolidata giurisprudenza, configura una estensione, rispetto ad un diritto personale del figlio, del potere di rappresentanza che , ex lege , spetta al genitore. La legittimazione de qua trova la propria ragione giustificatrice nella tutela del minore, sulla base di una presunzione di un suo interesse all'accertamento dello status. Da quanto detto si evince, quindi, a rigor di logica, che il genitore promuovente l’azione, non debba necessariamente dichiarare di agire in nome e per conto del figlio, essendo sufficiente che dal ricorso emerga l’interesse del minore ex multis Cass. n. 5259/1999 . Sulla scorta di tale ottica ricostruttiva pacificamente accolta in sede di legittimità, la Cassazione rigetta il primo motivo di doglianza sollevato dal ricorrente. L’ascolto del minore. Il d.lgs n. 154/13, in attuazione della riforma del minore l. n. 219/2012 , ha introdotto al Titolo IX capo I del codice civile, dedicato ai diritti e ai doveri del figlio, l’art. 336- bis , in forza del quale il minore che abbia compiuto dodici anni ovvero un’età inferiore laddove capace di discernimento e giudizio , deve essere ascoltato nei procedimenti che si concludono con provvedimenti che lo riguardano. Suddetta doverosità dell’ascolto incontra dei limiti laddove lo stesso art. 336- bis, comma 1, c.c. ultima parte, consente al giudice di ometterlo qualora si dovesse riscontrare un contrasto con l’interesse del minore ovvero risultasse manifestamente superfluo, purché ne dia atto con un provvedimento adeguatamente motivato. La norma de qua è espressione di un processo di osmosi tra il nostro ordinamento giuridico e le disposizioni vigenti a livello sovranazionale dedicate a potenziare la tutela e a dare maggior peso alla persona del minore, nonché a valorizzarne i diritti di cui è titolare, quale è, per quanto in questa sede d’interesse, il diritto ad esprimere la propria opinione su ogni questione che lo riguarda. Il riferimento è, in particolare, all’art. 12 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo all’art 3 della Convenzione di Strasburgo del 1996 sull’esercizio dei diritti dei minori all’art 24 della CEDU ed infine alle Linee guida del Consiglio d’Europa del 17 novembre 2010 in merito alla c.d. giustizia a misura di minore”. L’istituto dell’ascolto del minore, quindi, è volto a far emergere all’interno di un processo che lo riguarda, le sue opinioni, in modo tale da orientare le scelte del giudice, il quale, tuttavia, prima dell’audizione, deve comunicare ed informare il minore circa la natura del procedimento e gli effetti dell’ascolto comma 3 . In definitiva, l’ascolto di cui all’art. 336- bis c.c. costituisce adempimento essenziale che il giudice deve condurre, in virtù della irrinunciabilità ed inviolabilità dei diritti della persona, che può essere utilizzato anche al fine di acquisire elementi utili per la decisione. La sua omissione, ovvero il suo espletamento in violazione delle regole procedurali disposte dallo stesso articolo summenzionato, è causa di nullità della sentenza, rilevabile come motivo di impugnazione cfr. Cass. n. 11687/2013 . Il compimento dell’età per essere ascoltati nelle more del giudizio. Dall’interpretazione letterale e sistematica dell’art. 336- bis c.c., nonché dalle pronunce della giurisprudenza di merito e di legittimità, si evince come, affinché si possa procedere all’ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano, non sia necessaria una formale istanza di parte dal superiore interesse del minore tutelato dall’ordinamento, infatti, deriva che il giudice ben potrà provvedervi d’ufficio. Affinché tale ascolto possa essere legittimamente acquisito, tuttavia, il giudice dovrà vagliare, preliminarmente, la capacità di discernimento del minore. Essa è correlata al grado di maturazione cognitiva ed affettiva, alle esperienze di vita sociale e di relazione, come pure alla capacità di porre in essere scelte autonome libere da qualsivoglia condizionamento. In genere, può affermarsi che i minori di anni sei, siano incapaci di discernimento fra i sei e i dodici anni è necessaria una valutazione caso per caso dopo i dodici anni non dovrebbe invece dubitarsi, salvo casi particolari, di tale capacità. Nel caso di specie, la minore ha compiuto gli anni dodici nelle more del giudizio di appello, sorgendo, di conseguenza, l’obbligo del giudice di ascoltarla anche senza apposita istanza di parte. In altri termini, il giudice del gravame, se il minore compie l’età prevista dalla legge per essere ascoltato nel corso del giudizio di appello, è tenuto a procedere alla sua audizione riflettendo tale obbligo una nuova considerazione del minore quale portatore di bisogni ed interessi che, se consapevolmente espressi, pur non vincolando il giudice, non possono essere ignorati Cass. n. 5676/2017 e Cass. n. 15635/2016 . Sulla base di tale motivazione, la Corte di Cassazione accoglie il secondo motivo, ritiene assorbe il terzo ed il quarto in quanto anch’essi afferenti a vizi in dell’attività istruttoria, e dichiara nulla la sentenza in parte qua, con rinvio alla Corte di Appello di Bari in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 9 ottobre – 13 dicembre 2018, numero 32309 Presidente Giancola – Relatore Caiazzo Rilevato che C.M. chiese al Tribunale dei minorenni di Bari che fosse riconosciuta e dichiarata la paternità della figlia C.F. , nata da una relazione intrattenuta con T.S. . Si costituì quest’ultimo, resistendo alla domanda intervenne altresì T.G.P. . Con sentenza del 15.5.03, il Tribunale dichiarava C.F. figlia naturale di T.S. , disponendo l’obbligo di quest’ultimo di versare il mantenimento. Il T. ha proposto appello si sono costituite, C.M. e la G. , quest’ultima chiedendo la dichiarazione di nullità del ricorso introduttivo e, in subordine, la riduzione del contributo al mantenimento. Con sentenza del 22.6.17, la Corte d’appello di Bari ha accolto parzialmente il gravame, rigettando l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della C. considerata l’età del minore , riducendo a Euro 1000,00 mensili l’assegno di mantenimento e confermando, nel resto, la sentenza impugnata nell’affermare che il rifiuto opposto dal T. di sottoporsi agli accertamenti ematici costituisse un comportamento valutabile da parte del giudice ex art. 116 c.p.c., unitamente alle risultanze degli altri mezzi istruttori. Il figlio di T.G. nel frattempo deceduto F. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Resiste C.M. con controricorso. Non si è costituita G.P. . Ritenuto che Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 273 c.c. e 81, c.p.c., avendo C.M. agito in proprio e non quale genitore della minore C.F. . Con il secondo motivo è dedotta la violazione dell’art. 336bis c.p.c., in riferimento all’art. 360, nnumero 3 e 4, c.p.c., avendo la Corte d’appello omesso di ascoltare la minore la quale, nel corso del processo, aveva raggiunto l’età di dodici anni, senza neppure motivare tale omissione. Con il terzo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, numero 4, c.p.c., lamentando che il giudice d’appello aveva rigettato l’istanza di revoca dell’ordinanza sulle istanze istruttorie ritenendole irrilevanti. Con il quarto motivo è dedotta la violazione degli artt. 116 e 115, c.p.c., avendo la Corte d’appello fondato la decisione su una complessiva ed unitaria valutazione dei mezzi di prova acquisiti il suddetto rifiuto del T. , unitamente alle altre risultanze istruttorie che avevano accertato il rapporto stabile tra il T. e la C. e il legame del primo con la minore . Al riguardo, il ricorrente assume di non essersi mai rifiutato di sottoporsi agli accertamenti ematici ma, piuttosto, di aver rinviato la sua disponibilità al preventivo espletamento dei mezzi istruttori richiesti, contestando la idoneità degli altri mezzi istruttori poiché assunti dopo la nascita della minore. Infine, il ricorrente ha manifestato la propria disponibilità a sottoporsi ai suddetti accertamenti anche previo prelievo di reperti ematici del padre depositati in ospedale . Il primo motivo è infondato. La Corte d’appello ha correttamente applicato l’art. 273 c.c., alla luce del consolidato orientamento di questa Corte a tenore del quale l’art. 273 cod. civ., nel contemplare che l’azione per ottenere la declaratoria giudiziale di paternità o maternità naturale, può essere promossa, nell’interesse del figlio minore, dal genitore esercente la potestà, configura un’estensione rispetto ad un diritto personale del figlio del potere di rappresentanza ex lege spettante al genitore, e mira a tutelare esclusivamente detto minore, sulla base della presunzione di un suo interesse all’accertamento dello status. Ad un tal riguardo, non occorre che il genitore esercente la potestà genitoriale sul figlio minore, dichiari espressamente di agire in nome e per conto del figlio o comunque nell’interesse dello stesso, ma si rende sufficiente che, dal contesto complessivo del ricorso, emerga che il ricorrente agisca nell’interesse del minore Cass., numero 5259/99 numero 5526/01 . Il secondo motivo è fondato. Dagli atti si evince che la minore ha compiuto l’età di dodici anni nel corso del giudizio d’appello, e non è stata sentita nei due gradi di giudizio. Va osservato che l’art. 336bis introdotto dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, numero 154, art. 53, in vigore dal 7/12/2014 sancisce il generale obbligo dell’ascolto del minore. Al riguardo, l’opinione del minore, nei procedimenti che lo riguardano, costituisce un elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse anche alla luce dell’art. 12 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, dell’art. 7 della Convenzione di Strasburgo del 1996 relativa all’esercizio dei diritti dei minori, ratificata con legge numero 77/2003 dell’art. 24, § 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Al riguardo, dall’esame delle norme che stabiliscono l’audizione del minore nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano così testualmente recita l’art. 336 bis c.c. emerge una diversa modulazione dell’obbligo di ascolto del minore dodicenne rispetto a quello di età inferiore. Per la prima ipotesi, la presunzione della capacità di discernimento, fissata in via legislativa, impone al giudice di primo grado di prevedere, anche officiosamente, Cass. 19202 del 2014 una scansione procedimentale dedicata all’ascolto stesso, Cass., numero 1687/13 numero 6129 del 2015 da svolgersi secondo le modalità stabilite dell’art. 336bis, commi 2 e 3, all’interno delle quali spiccano l’obbligatorietà della conduzione da parte del giudice e la preventiva informazione del minore sulla natura del procedimento e sugli effetti dell’ascolto, salvo che motivatamente non si ritenga l’ascolto superfluo o contrario all’interesse del minore. La mancanza di un’esplicita motivazione al riguardo determina la nullità del procedimento di primo grado per omessa ingiustificata audizione dello stesso minore. Ora, secondo un consolidato orientamento, cui il collegio intende dare continuità, se il minore compie 12 anni nel giudizio d’appello Cass., numero 15365 del 2015, con specifico riferimento al procedimento adottivo , come nel caso concreto, il giudice del gravame è tenuto a procedere alla sua audizione, riflettendo tale obbligo una nuova considerazione del minore quale portatore di bisogni ed interessi che, se consapevolmente espressi, pur non vincolando il giudice, non possono essere ignorati . Cass., numero 15635/2015 numero 5676/17 . Orbene, solo con il compimento del dodicesimo anno d’età sorge l’obbligo del giudice di ascoltare il minore e della motivazione espressa della scelta contraria, anche senza un’istanza di parte, a differenza che nell’ipotesi di minore infradodicenne in cui il giudice dispone di un potere discrezionale d’ascolto, salvo che egli debba disporne l’ascolto o motivarne l’omissione se vi sia un’istanza di parte che indichi gli argomenti e i temi di approfondimento sui quali si ritenga necessario l’ascolto art. 336, 2c., c.c. . Ne discende l’infondatezza dell’eccezione sollevata dalla difesa della controricorrente circa la mancata formulazione di un’istanza di ascolto della minore. Per quanto esposto, l’omesso ascolto della minore, trattandosi di procedimento avente ad oggetto il disconoscimento della paternità della minore, ha determinato la sanzione della nullità processuale Cass., numero 19327/15 numero 5676/17 . Il terzo e quarto motivo, afferendo a vizi in tema di attività istruttorie, sono da ritenere assorbiti dall’accoglimento del secondo. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo del ricorso e accoglie il secondo, assorbiti il terzo e il quarto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003, numero 196, art. 52.