Il requisito della forma in caso di donazione indiretta

Ai fini dell’accoglimento della domanda di revoca di una donazione indiretta, il giudice non può ritenere insussistente la stessa per mancanza della forma dell’atto pubblico richiesta dall’art. 782 c.c. per le sole donazioni dirette.

Sul tema la sentenza della Corte di Cassazione n. 27050/18, depositata il 25 ottobre. Il caso. Il Tribunale veniva adito dall’acquirente dell’usufrutto di un immobile, in comunione con la moglie, del quale era stata attribuita la nuda proprietà ai due convenuti, i nipoti all’epoca minorenni, con contestuale quietanza di pagamento a favore del venditore ed esplicito richiamo al provvedimento del giudice tutelare che aveva autorizzato i due minori all’acquisto con denaro proprio. Deduce l’attore che, dopo il decesso della moglie ed il secondo matrimonio, i donatari gli avevano rivolto continui insulti, offese e maltrattamenti allo scopo di ottenere il libero godimento dell’immobile. Chiedeva dunque la revoca della donazione per ingratitudine. Il Tribunale, dopo aver qualificato la vendita come donazione indiretta, ha accolto la domanda. Il verdetto veniva però ribaltato dalla Corte d’Appello. L’originario attore ricorre dunque in Cassazione. La prova della donazione indiretta. Il ricorrente si duole, sostanzialmente, per aver la Corte territoriale escluso la sussistenza delle prove dirette a dimostrare la donazione indiretta. La censura viene condivisa dai Supremi Giudici che sottolineano come la Corte abbia erroneamente ritenuto indispensabile la forma scritta per la conclusione e la prova della donazione indiretta. In tal modo ha però violato il principio per cui la validità delle donazioni indirette, cioè quelle realizzate attraverso un negozio tipico diverso da quello dell’art. 782 c.c., è sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per quel particolare negozio tipico posto in essere. L’art. 809 c.c. nel prevedere le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi non fa riferimento all’art. 782 c.c., che richiede appunto l’atto pubblico. In siffatte ipotesi l’attribuzione gratuita viene infatti attuate come effetto indiretto con un negozio oneroso, che corrisponde alla reale intenzione delle parti ed alla quale non si applicano i limiti della prova testimoniale previsti invece in materia di contratti e simulazione. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 25 maggio – 25 ottobre 2018, n. 27050 Presidente Matera – Relatore Fortunato Fatti di causa C.M. ha evocato in giudizio S.A. e R. , esponendo che con rogito del 21.7.1988, aveva acquistato, in comunione con la moglie Co.On. , l’usufrutto sull’immobile sito in omissis , attribuendo la nuda proprietà ai convenuti, all’epoca minorenni, e rilasciando contestuale quietanza in favore del venditore per l’importo di Euro 50.000.000, con esplicito richiamo del provvedimento del giudice tutelare che aveva autorizzato i minori ad effettuare l’acquisto con denaro proprio. Ha dedotto che, dopo il decesso della moglie e dopo aver contratto un nuovo matrimonio, era stato oggetto di continui insulti, offese e maltrattamenti da parte dei donatari, finalizzati allo scopo di ottenere il libero godimento dell’immobile. Ha chiesto di revocare la donazione per ingratitudine dei beneficiari. Il Tribunale, qualificata la vendita come donazione indiretta, ha accolto la domanda ma, su appello degli attuali resistenti, la sentenza è stata integralmente riformata dalla Corte distrettuale. La sentenza impugnata ha ritenuto che non fosse stata data la prova scritta della donazione indiretta dell’immobile e del versamento da parte del C. della quota di prezzo gravante sui minori, asserendo, inoltre, che le tesi formulate dal presunto donante erano smentite dal contenuto del rogito di vendita e dal provvedimento del giudice tutelare che aveva autorizzato i minori ad impiegare denaro proprio per l’acquisto dell’immobile. Per la cassazione di questa sentenza C.M. ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi. S.A. e R. hanno svolto difese orali nel corso della discussione in pubblica udienza, previo deposito della procura per scrittura privata con autentica notarile del 10.9.2015. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo censura la violazione degli artt. 1362, 1636, 1364, 1366 e 1371 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per aver la sentenza escluso che il contratto di acquisto dell’immobile fosse volto ad un’attribuzione patrimoniale a titolo di liberalità attuata mediante un negozio indiretto, travisando la reale volontà delle parti e dando rilievo al solo dato letterale del rogito, senza tener conto del comportamento successivo dei contraenti e del versamento integrale del prezzo da parte del ricorrente. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 2821, 2722, 2726, 2729 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., lamentando che la decisione abbia ritenuto necessaria la prova documentale della donazione indiretta, non distinguendola dal negozio simulato, giungendo erroneamente a disattendere le deposizioni testimoniali. Il terzo motivo censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 166 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per aver la sentenza omesso di considerare che il pagamento dell’intero prezzo da parte del C. non era stato espressamente contestato e non era quindi bisognevole di prova. 2. I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati. La sentenza impugnata ha erroneamente asserito che la tesi del ricorrente secondo cui il contratto di compravendita andava inquadrato nell’ambito del paradigma della donazione indiretta, non aveva trovato nel corso dell’istruttoria espletata in primo grado, alcun riscontro probatorio, che in virtù del requisito della forma scritta non poteva che essere documentale ed ha altresì affermato che sotto tale riguardo l’appellato - gravato dell’onere della prova del pagamento del prezzo di vendita con i risparmi propri e della moglie Ornella, zia materna degli odierni appellanti - non ha fornito alcuna prova, non potendo di certo valere la deposizione del teste D.G. , che ha riferito di aver ascoltato le parole di gratitudine espresse dalla madre degli S. per l’asserita donazione effettuata dagli zii . La Corte territoriale è in tal modo incorsa nell’errore di ritenere indispensabile la forma scritta per la conclusione e la prova della donazione indiretta, in contrasto con il principio secondo cui per la validità delle donazioni indirette, cioè di quelle liberalità realizzate ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall’art. 782 cod. civ., è sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l’art. 809 cod. civ., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ., non richiama l’art. 782 cod. civ., che prescrive l’atto pubblico per la donazione Cass. s.u., 18725/2018 Cass. 3819/2015 Cass. 4197/2013 Cass. 5333/2004 . In tali fattispecie, l’attribuzione gratuita viene attuata, quale effetto indiretto, con il negozio oneroso, che corrisponde alla reale intenzione delle parti ed alla quale, pertanto, non si applicano i limiti alla prova testimoniale - in materia di contratti e simulazione - che valgono, invece, per il negozio tipico utilizzato per realizzare tale scopo Cass. 1986/2016 Cass. 4015/2004 Cass. 503/2002 . Nessun decisivo elemento contrario poteva, inoltre, trarsi dal fatto che la ricostruzione offerta dal ricorrente non trovava rispondenza nel testo contrattuale , dato che la vendita era diretta ad attuare il trasferimento dell’immobile in favore dei beneficiari e non anche a realizzare direttamente l’intento donativo. Il ricorso è, perciò, accolto e la sentenza è cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.