Alcuni chiarimenti in tema di giurisdizione, residenza abituale e elementi ostativi al rientro del minore

La residenza abituale del minore coincide con il luogo del concreto e continuativo svolgimento della sua vita personale che si identifica con il luogo in cui lo stesso, in virtù di una durevole e stabile permanenza, ha consolidato la sua rete di affetti e relazioni. La residenza abituale integra una situazione di fatto il cui accertamento è riservato all’apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se

congruamente e logicamente motivato. Lo affermano le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione con sentenza n. 24231/18 depositata il 4 ottobre. Il caso. Il padre adiva un Tribunale per i Minorenni italiano per ottenere il rimpatrio in Italia del figlio minore sottratto, a suo dire, illecitamente dalla madre e condotto in Repubblica Ceca nonché al fine di vedere decaduta la madre dalla responsabilità genitoriale sul minore. Qualche settimana dopo, al contrario, il Pubblico Ministero chiedeva al Tribunale per i Minorenni di ordinarsi il rientro del minore presso la madre nella residenza situata nella Repubblica Ceca. Il Tribunale per i Minorenni – così come la Corte d’Appello successivamente adita con reclamo dal padre – disponeva il rientro del minore presso la madre in Repubblica Ceca e si dichiarava incompetente in merito alla domanda di decadenza formulata dal padre, dichiarando altresì inammissibile la domanda del padre di rientro del minore presso di sé in Italia. Le doglianze paterne. Come si è detto, anche la Corte d’Appello respingeva il reclamo proposto dal padre. In particolare, l’uomo sosteneva che la residenza abituale del minore fosse l’Italia e che la madre, con raggiri, avesse condotto illecitamente il figlio minore nella Repubblica Ceca al fine di sottrarlo al padre e che il minore in tale Paese fosse vittima di maltrattamenti da parte della madre. Per tali motivi, il padre insisteva per la decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale e per il rientro del figlio in Italia presso di sé. Sulla giurisdizione del giudice italiano. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe errato a ritenere sussistente la giurisdizione del giudice straniero in quanto tale decisione si basava esclusivamente su un provvedimento emesso dal Giudice della Repubblica Ceca adito precedentemente dalla madre. Secondo lo stesso, essendo tale provvedimento stato emesso inaudita altera parte ed in violazione del diritto di difesa e al contraddittorio, tale provvedimento non avrebbe alcun effetto nell’ordinamento italiano in quanto contrario all’ordine pubblico e non suscettibile di riconoscimento. Secondo la Suprema Corte, il primo motivo è inammissibile oggetto del procedimento, infatti, non è il riconoscimento di una decisione straniera bensì la richiesta di rientro di un minore. Tale richiesta è stata ritenuta inammissibile in quanto non è stata proposta al giudice del luogo in cui al momento della domanda era presente il minore. Sulla residenza abituale del minore. Secondo il ricorrente i Giudici di merito avrebbero errato nell’individuazione della residenza abituale. I Giudici di legittimità, rientrando l’accertamento della residenza abituale in un adempimento demandato ai giudici di merito, ritengono infondato il secondo motivo di diritto posto che la Corte d’Appello ha compiuto un accertamento conforme alla nozione internazionale ed europea di residenza abituale tenendo in considerazione il luogo di svolgimento concreto e continuativo della vita personale del minore la Repubblica Ceca. Sul motivo ostativo al rientro. Infine, il ricorrente lamenta che i Giudici di merito non avrebbero applicato correttamente l’art. 13, lettera b, della Convenzione Aja sulla sottrazione internazionale di minore poiché non hanno considerato che il rientro dello stesso presso l’abitazione materna in Repubblica Ceca avrebbe sottoposto il bambino al rischio di essere esposto a maltrattamenti fisici e morali. Anche tale motivo è ritenuto inammissibile dalla Corte di Cassazione in quanto l’accertamento delle condizioni ostative al rientro di un minore pericolo fisico o psichico ex art. 13, lettera b, Convenzione Aja costituisce un’indagine di fatto sottratta al controllo di legittimità se sorretta da motivazione non censurabile.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 16 gennaio – 4 ottobre 2018, n. 24231 Presidente Petitti – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Con ricorso del 4 agosto 2015 al Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria il sig. T.A. ha chiesto il rimpatrio immediato del figlio M. e la dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre M.H. . 2. Con ricorso del 28 agosto 2015 il P.M. presso il Tribunale minorile di Reggio Calabria ha richiesto ordinarsi il rientro del minore presso la madre nella residenza sita nella omissis . 3. I procedimenti sono stati riuniti. 4. Il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, con provvedimento del 24 settembre 2015, accogliendo il ricorso proposto dal P.M. il 28 agosto 2015, ha disposto il rientro del minore T.M. presso la madre M.H. , residente in omissis , nella omissis . Con lo stesso provvedimento il Tribunale minorile ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione sulla domanda, proposta dal sig. T.A. , di decadenza della sig.ra M.H. dalla responsabilità genitoriale e ha dichiarato inammissibile la domanda proposta dal T. di rientro del minore in Italia presso di sé. 5. Ha proposto reclamo T.A. rilevando che la residenza abituale del figlio M. era in omissis presso il padre e che, fraudolentemente, il omissis , la sig.ra M. aveva portato con sé il figlio nella omissis per sottrarlo al padre esponendolo a una situazione di maltrattamenti e trascuratezza. Ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice italiano a provvedere sulla domanda di rientro nonché sulla richiesta di decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale. 6. Si è costituita M.H. e ha chiesto il rigetto del reclamo. 7. Anche il PG presso la Corte di appello reggina ha concluso per il rigetto del reclamo rilevando che, in precedenza, da parte della M. , era già stato adito il Tribunale della omissis con richiesta di affidamento del minore alla madre e il Tribunale aveva disposto l’affidamento in via provvisoria alla madre. 8. La Corte di appello di Reggio Calabria, con decreto n. 1859/2016, ha respinto il reclamo. Ha rilevato nella sua motivazione la Corte distrettuale che il reclamante, a sostegno della chiesta dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.comma o, in subordine, della sua limitazione ex art. 333 c.comma e, per l’effetto, dell’affidamento esclusivo di T.M. al padre, rappresenta che il luogo di residenza del minore risultava essere Reggio Calabria, che la sig.ra M.H. aveva deciso in data omissis di riportare il bimbo nella omissis , decisione che celava un’astuzia per sottrarre il minore al padre, che il bimbo era oggetto di maltrattamenti da parte della madre, e che il Tribunale per i minorenni avrebbe considerato esistente ed attuabile nel territorio italiano un provvedimento giurisdizionale straniero emanato senza previsione di contraddittorio ed ignorando le ragioni di protezione del minore . La Corte ha ritenuto tale motivo di doglianza infondato confermando la correttezza dell’accertamento della residenza abituale del minore nella omissis . 9. Ricorre per cassazione T.A. con tre motivi di impugnazione. 10. Non svolge difese M.H. . 11. All’udienza del 16/01/2018 è comparso l’Avvocato Ivan Marrapodi che ha insistito nell’accoglimento dell’istanza di rinvio depositata il 12/01/2018 con la quale ha rappresentato la revoca del mandato all’Avvocato Francesco Miraglia da parte del dott. T. e la dichiarata volontà del ricorrente di conferirgli mandato professionale non ancora formalizzato. La Corte, sentite le conclusioni del Procuratore Generale che ha chiesto il rigetto dell’istanza, ha provveduto disponendo la trattazione del ricorso per l’udienza del 16/01/2018 non ravvisando le condizioni per disporre il rinvio della trattazione in quanto la rinuncia al mandato e la revoca dello stesso non hanno effetto sino a quando non sia avvenuta la sostituzione del difensore restando irrilevanti le eventuali difficoltà di fatto nella sostituzione del procuratore. 12. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 24 della Costituzione e dell’art. 101 c.p.c., nella individuazione del giudice competente ai sensi dell’art. 19 del regolamento 2201/2003/CE. il ricorrente afferma che la Corte territoriale ha errato nell’individuazione del giudice competente a decidere basandosi sul provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria ceca in data 1 settembre 2015. Rileva il ricorrente che tale provvedimento del Tribunale della omissis , che ha affidato provvisoriamente T.M. alla madre, è stato emesso inaudita altera parte e in palese violazione degli artt. 101 c.p.comma e 24 della Costituzione. La violazione del contraddittorio rende, secondo il ricorrente, tale provvedimento contrario all’ordine pubblico processuale e insuscettibile di efficacia nel nostro ordinamento ex art. 64 lett. h della legge n. 218/1995. Inoltre al giudice ceco è stata prospettata una situazione non veritiera e cioè che M. si trovava in Italia perché allontanato dalla madre mentre in realtà era quello il luogo della sua residenza abituale. 13. Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 8 e 10 del regolamento n. 2201/2003/CE, avendo la Corte di appello effettuato una erronea individuazione della residenza abituale quale criterio di collegamento ai fini del radicamento della giurisdizione. Secondo il ricorrente i giudici del merito non hanno applicato correttamente i criteri di determinazione della residenza abituale del minore che consistono nell’accertare quale sia il luogo dove sono radicati i legami affettivi più significativi del minore e dove si è realizzata la suamaggiore integrazione sociale e familiare. Al contrario da parte dei giudici di merito si è tenuto conto soltanto del dato quantitativo e cioè del maggior tempo trascorso nella omissis . 14. Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.comma nonché dell’art. 13 b della Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980, recepita in Italia con legge n. 64/1994 e correlato vizio di omessa e contraddittoria motivazione sotto il profilo del mancato accertamento della sussistenza di un fondato rischio per il minore di essere esposto, per il fatto del suo ritorno presso la madre a maltrattamenti fisici e morali. Il ricorrente afferma che la sentenza impugnata nella determinazione della residenza abituale ha completamente negletto le preminenti ragioni di protezione del minore violando anche l’art. 13 della Convenzione de L’Aja che consente all’autorità giudiziaria di non ordinare il ritorno del minore nei casi in cui sia provata l’esistenza di un grave rischio derivante dal rientro, come l’esposizione a pericoli fisici, psichici o a una situazione intollerabile. Il ricorrente lamenta in particolare che sia stata ignorata la documentazione medica e la relazione dei Servizi sociali di Reggio Calabria che hanno evidenziato lo stato di denutrimento e di disidratazione e il blocco della crescita causato dalla inappropriata dieta alimentare somministrata dalla madre a M. e la relazione anaffettiva instauratasi tra M. e la madre. Ritenuto che 15. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché non coglie il contenuto e la ratio della decisione impugnata. La Corte di appello, nel confermare la decisione di primo grado, ha ritenuto inammissibile la istanza di rientro in Italia perché non proposta al giudice del luogo in cui era presente il minore e cioè al giudice della omissis competente per territorio. Quanto all’accertamento della residenza abituale del minore, al momento della proposizione della domanda di decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale, con implicita richiesta di affidamento esclusivo del minore, essa si è basata sul materiale probatorio che la Corte distrettuale ha avuto a disposizione e non sul recepimento della pronuncia del giudice ceco. Con il primo motivo il ricorrente non contesta del resto la mancata rilevazione di una situazione di litispendenza intra-comunitaria ma vuol far valere la fondatezza della propria tesi circa la residenza abituale in Italia del figlio e si serve, a tal fine, oltre che dell’argomento sostanziale, anche dell’eccezione di contrarietà all’ordine pubblico che deriverebbe dal recepimento in Italia della pronuncia del giudice ceco. Tuttavia, come ha rilevato la Corte di appello, il giudizio non ha ad oggetto l’opposizione al riconoscimento in Italia della sentenza ceca, secondo la formalità prevista dal diritto comunitario e recepita dal legislatore italiano, che il ricorrente non ha attivato, ma ha ad oggetto direttamente l’azione de potestate e la connessa domanda di affidamento sulla quale la Corte di appello ha fornito una doppia motivazione rilevando, per un verso, che era stato esaurito l’accertamento sulla competenza del giudice ceco preventivamente adito e, per altro verso, che non sussiste in concreto il presupposto della residenza del minore in Italia. 16. Il secondo motivo è infondato in quanto l’accertamento della residenza abituale del minore è stato compiuto dalla Corte di appello in modo pienamente conforme alla nozione di residenza abituale recepita dalla giurisprudenza di legittimità in armonia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’U.E. Corte Giustizia U. E. del 2 aprile 2009 nella causa C-523/2007 e dell’8 giugno 2017 nella causa C-111/2017 . È noto infatti che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la residenza abituale del minore coincide con il luogo del concreto e continuativo svolgimento della sua vita personale Cass. civ. S.U. n. 5438 del 18 marzo 2016 che, con il trascorrere del tempo, viene a identificarsi con il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, ha consolidato la sua rete di affetti e relazioni Cass. civ. sez. I ordinanza n. 30123 del 14 dicembre 2017 . La residenza abituale integra pertanto una situazione di fatto il cui accertamento è riservato all’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato Cass. civ. n. 30123/2017 senza che assumano rilievo la mera residenza anagrafica o eventuali trasferimenti contingenti o temporanei Cass. civ. sez. VI-1 ordinanza n. 27358 del 17 novembre 2017 . Nella specie la Corte di appello ha riscontrato non solo che il minore è nato, il omissis , a omissis ed è sempre vissuto nella omissis , salvo il breve periodo della sua permanenza in Italia, ma ha anche accertato che nella omissis , entrambi i genitori hanno avuto e hanno la loro sede lavorativa e la loro residenza e che il figlio ha sempre usufruito delle cure mediche, che gli sono state necessarie, dal sistema sanitario della omissis . La Corte di appello ha quindi ritenuto legata solo a un soggiorno temporaneo la presenza in Italia del minore e tale accertamento è comunque insindacabile in questo giudizio. 17. Il terzo motivo è inammissibile. Come ha chiarito la giurisprudenza di legittimità, in tema di sottrazione internazionale illecita di minori, il giudice italiano può considerare gli inconvenienti per la condizione del minore, connessi al suo prospettato rientro nello Stato di residenza abituale, solo se raggiungano il grado del pericolo fisico o psichico o dell’effettiva intollerabilità, trattandosi delle uniche condizioni ostative al rientro ai sensi dell’art. 13, lett. b , della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 resa esecutiva in Italia con la L. n. 64 del 1994 . Tuttavia il relativo accertamento costituisce indagine di fatto sottratta al controllo di legittimità se sorretta da motivazione non censurabile ai sensi dell’art. 360 n. 5. Nella specie il ricorrente si trova nella situazione opposta rispetto a quella prevista dall’art. 13 comma 1 lett. b della Convenzione de L’Aja in quanto tale disposizione prevede che il giudice possa non disporre il rientro del minore nel luogo della sua residenza abituale qualora ritenga che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile ovvero qualora il minore, che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere, si oppone al ritorno. 18. Il ricorso, esente dall’applicazione dell’obbligo di versamento del contributo unificato, va pertanto respinto senza statuizioni sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dispone omettersi qualsiasi riferimento alle generalità e agli altri elementi identificativi delle parti nella pubblicazione della presente sentenza.