Addebito della separazione al coniuge che ha denunciato un fatto grave insussistente

In tema di separazione coniugale, l’addebito della separazione è riconosciuto in toto in capo al coniuge che ha denunciato la realizzazione di un fatto grave in capo all’altro coniuge, nonostante la consapevolezza dell’insussistenza di tale fatto.

Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 20374/18 depositata l’1 agosto. Il caso. Il Tribunale di Bologna dichiarava la separazione di due coniugi respingendo le reciproche domande di addebito della separazione e disponendo l’affido condiviso dei due figli con residenza abituale presso la madre e regolazione del diritto di frequentazione del padre, il quale doveva versare l’assegno mensile di mantenimento della prole. La Corte d’Appello, in riforma parziale della sentenza di primo grado, addebitava la separazione alla moglie e disponeva un regime di coabitazione alternato dei figli presso i genitori, ritenendo decisivo ai fini della rottura del legame fra i coniugi il grave episodio della denuncia da parte della moglie di abusi sessuali commessi dal padre nei confronti della figlia nonostante fosse consapevole dell’insussistenza di tali fatti. Avverso tale decisione, la coniuge ricorre per la cassazione. La rottura del legame. La Corte territoriale ha sottolineato che la denuncia sporta dolosamente dalla moglie ha costituito un vulnus non sanabile nella relazione matrimoniale, tanto che poi si è giunta alla definitiva rottura del rapporto. È, dunque, irrilevante la prova orale richiesta dalla ricorrente dato che l’efficacia causale fra comportamento contrario ai doveri matrimoniali e rottura dell’ affectio coniugalis si è interamente e irreversibilmente prodotta con il grave comportamento posto in atto dalla moglie contro il suo coniuge. Pertanto, il ricorso per cassazione va dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 6 marzo – 1 agosto 2018, numero 20374 Presidente Scaldaferri – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Il Tribunale di Bologna, con sentenza numero 514/2014, ha dichiarato la separazione dei coniugi L.C.I. e T.G. , respingendo le reciproche domande di addebito della separazione, disponendo l’affido condiviso dei due figli e la loro residenza presso la madre, con regolazione del diritto di visita e frequentazione del padre e imposizione a suo carico, quale contributo al mantenimento dei figli, di un assegno mensile di 600 Euro oltre al 50% delle spese mediche non mutuabili, scolastiche, ricreative, sportive e straordinarie purché documentate e concordate. 2. La Corte di appello di Bologna, con sentenza numero 1140/16, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado addebitando alla L. la separazione e disponendo un regime di coabitazione alternato dei figli presso i genitori. La Corte distrettuale ha valutato decisivo ai fini della rottura del legame di fiducia e affettività fra i coniugi il grave episodio della denuncia da parte della L. di abusi sessuali commessi dal T. nei confronti della figlia nonostante fosse consapevole della insussistenza di tali fatti e delle conseguenze che il marito avrebbe subito in dipendenza della denuncia. Quanto al mutamento del regime di convivenza dei figli con i genitori la Corte di appello si è basata sulla indicazione della C.T.U. e sull’esigenza di riequilibrio del rapporto fra i genitori e fra questi e i figli. 3. Avverso la sentenza della Corte d’appello L.C.I. ricorre per cassazione con quattro motivi di impugnazione a violazione degli artt. 143, 144, 151 c.c., rigetto delle istanze istruttorie ed erronea e contraddittoria motivazione, violazione degli artt. 185 e 658 c.p. e vizio di motivazione quanto all’addebito della separazione per un fatto precedente la riconciliazione e senza valutare le responsabilità del marito per il comportamento successivo b violazione degli artt. 147, 148, 155 e 155 quater c.c. e 30 della Costituzione omessa considerazione delle concrete esigenze dei due figli senza tener conto delle loro diversità per età e bisogni di vita c omessa motivazione in relazione alla mancata previsione dell’assegno di mantenimento per i figli d violazione dell’art. 156 c.c., omessa valutazione delle condizioni economiche della sig.ra L. e diritto al contributo economico in suo favore. Entrambe le parti hanno depositato memiria. Ritenuto che 4. I primi due motivi investono una valutazione prettamente di merito e conforme ai principi giurisprudenziali in materia di addebito Cass. civ., sez. I, nnumero 25843 del 18 novembre 2013 e 2960 del 3 febbraio 2017 e di affidamento e residenza dei figli Cass. civ. sez. VI-1 numero 18817 del 23 settembre 2015 e come tali sono inammissibili. Ne risulta conseguentemente assorbito il quarto motivo sulla richiesta di attribuzione di un assegno di mantenimento da parte della ricorrente. 5. La Corte di appello ha espresso una articolata motivazione sull’incidenza causale della denuncia della L. sulla rottura del legame matrimoniale e sulla perturbazione della relazione del T. con i figli. Ha preso in esame la dedotta efficacia della tentata riconciliazione e ne ha escluso la rilevanza atteso che, a giudizio della Corte d’appello, la denuncia sporta dolosamente dalla L. ha costituito un vulnus non sanabile nella relazione matrimoniale, come ha dimostrato la successiva crisi che ha portato alla definitiva rottura del rapporto. In questa prospettiva è stata ritenuta irrilevante la prova orale richiesta dalla odierna ricorrente dato che, a giudizio della Corte distrettuale, l’efficacia causale fra comportamento contrario ai doveri matrimoniali e rottura dell’affectio coniugalis si è interamente e irreversibilmente prodotta con il grave comportamento posto in atto dalla L. contro il suo coniuge. 6. Quanto alla modificazione del regime di residenza dei figli e di frequentazione dei genitori la decisione della Corte, come si è detto, si è basata su una valutazione del C.T.U. che l’ha ritenuta corrispondente al loro preminente interesse e al riequilibrio della loro relazione con entrambi i genitori. Anche questa è una valutazione prettamente di merito non sindacabile in questo giudizio. 7. Il terzo motivo è palesemente infondato. La Corte di appello ha confermato la statuizione del tribunale che ha imposto a carico del T. l’assegno mensile di 600 Euro destinato al mantenimento dei figli. Obbligo che pertanto è rimasto in vigore anche dopo la pronuncia di appello. 8. Il ricorso per cassazione va pertanto dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 5.100 Euro di cui 100 per spese. Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115/2002, dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13 comma 1 bis del D.P.R. numero 115/2002.