L’assegnazione della casa popolare in caso di separazione personale

L’assegnazione in locazione di un immobile di edilizia residenziale pubblica attribuisce un diritto personale di cui è titolare esclusivo l’assegnatario, anche se disposta in riferimento all’esistenza del nucleo familiare dell’assegnatario stesso.

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 181237/18 depositata l’11 luglio. La vicenda. Il Tribunale di Bari intimava all’attrice la riconsegna dell’alloggio di edilizia pubblica e residenziale in quanto non assegnataria. Ella esponeva che il coniuge era decaduto dall’assegnazione dopo la disposizione da parte del giudice nei suoi confronti dell’allontanamento dalla casa coniugale e che in sede di provvedimento di separazione personale non era stato disposto nulla in ordine all’assegnazione dell’alloggio. Adita la Corte d’Appello si evinceva che l’assegnatario del diritto di abitare la casa coniugale in sede di separazione o divorzio subentra nell’assegnazione dell’alloggio con la volturazione del contratto di locazione e soltanto l’ex marito risultava assegnatario della casa che continuava a corrispondere regolarmente il canone di locazione allorquando non aveva neppure contratto matrimonio con l’appellante, la quale presenta, dunque, ricorso in Cassazione. L’assegnatario dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica. L’art. 15, comma 6, della l.r. Puglia n. 54/1984 prevede che nell’ipotesi di cessazione degli effetti civili del matrimonio o di separazione, l’ente gestore provvede alla voltura del contratto di locazione uniformandosi alla decisione del giudice . Ma nella fattispecie il giudice della separazione non ha assegnato la casa coniugale alla ricorrente, pertanto rimane unico assegnatario dell’alloggio l’ex marito. Interviene a tal proposito il Supremo Collegio ribadendo che l’assegnazione in locazione di un immobile di edilizia residenziale pubblica, ancorché disposta in relazione alla consistenza del nucleo familiare dell’assegnatario, attribuisce un diritto personale del quale è esclusivo titolare l’assegnatario stesso . Per queste ragioni, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 11 aprile – 11 luglio 2018, n. 18237 Presidente Frasca – Relatore Scoditti Fatto e diritto Rilevato che N.P. propose opposizione innanzi al Tribunale di Bari avverso il decreto di rilascio ai sensi dell’art. 22 legge reg. Puglia 20 dicembre 1984 n. 54, con cui si intimava alla N. la riconsegna dell’alloggio di edilizia pubblica e residenziale in quanto non assegnataria. Espose la parte attrice che il coniuge L.F. era decaduto dall’assegnazione per essere stato disposto dal giudice nei suoi confronti l’allontanamento dalla casa coniugale e che in sede di provvedimento di separazione personale nulla era stato disposto in ordine all’assegnazione della casa coniugale. Il Tribunale adito rigettò la domanda con condanna alle spese. Avverso detta sentenza propose appello la N. . Con sentenza di data 8 marzo 2017 la Corte d’appello di Bari rigettò l’appello con condanna alle spese. Osservò la corte territoriale che in base alla legge ed in particolare a quella regionale l’assegnatario del diritto di abitare la casa coniugale in sede di separazione o divorzio subentra nell’assegnazione dell’alloggio, con conseguente volturazione del contratto di locazione, e che nella specie il giudice della separazione nulla aveva disposto per l’assegnazione della casa coniugale. Osservò inoltre che il L. era unico assegnatario dell’alloggio I.A.C.P. dal 10 febbraio 1977, allorquando non aveva neppure contratto matrimonio con l’appellante. Aggiunse che neppure il L. può essere dichiarato decaduto dall’assegnazione dell’alloggio sull’assunto che non vi abiti stabilmente, poiché, emerge dagli atti, che ciò avviene contro la sua volontà, e ciò nonostante continua a corrispondere regolarmente il canone di locazione . Ha proposto ricorso per cassazione N.P. sulla base di tre motivi e resistono con distinti controricorsi L.F. e ARCA Puglia Centrale - Agenzia Regionale per la Casa e l’Abitare già I.A.C.P. - Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Bari . Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. È stata presentata memoria. Considerato che con il primo motivo si denuncia erronea interpretazione degli artt. 15 e 2 legge reg. Puglia n. 54 del 1984, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ Osserva la ricorrente che, sulla base della dichiarazione da parte dell’assegnatario relativa alla composizione del proprio nucleo familiare, doveva intendersi intervenuta l’estensione dei diritti e obblighi derivanti dall’assegnazione all’intero nucleo familiare, rimanendo il L. solo formalmente assegnatario dell’alloggio e che quindi nonostante la separazione personale la N. non aveva perso il diritto di abitare presso l’alloggio in questione, avuto riguardo al diritto di abitazione previsto dagli artt. 1022 e 1023 cod. civ. ed al suo carattere costituzionale a garanzia dell’interesse collettivo della famiglia. Aggiunge che unica titolare dell’assegnazione, dopo l’ordine di allontanamento del marito dalla casa coniugale, era la N. ed il nucleo familiare. Il motivo è manifestamente infondato. Prevede l’art. 15, comma 6, legge reg. Puglia n. 54 del 1984 che in caso di separazione, di scioglimento del matrimonio, ovvero di cessazione degli effetti civili del medesimo, l’ente gestore provvede all’eventuale voltura del contratto di locazione uniformandosi alla decisione del giudice . Come accertato dal giudice di merito, ed affermato dalla medesima ricorrente, il giudice della separazione non ha assegnato la casa coniugale alla ricorrente, sicché l’ente gestore non doveva provvedere ad alcuna volturazione in favore della N. . L’alloggio in tal caso resta assegnato all’originario assegnatario si vedano Cass. 19 giugno 2008, n. 16627 e 26 giugno 2007, n. 14741 . Né è configurabile un diritto della stessa N. all’alloggio indipendente dall’assegnazione in sede di separazione personale in virtù della dichiarazione resa dall’assegnatario in ordine alla composizione del nucleo familiare. L’assegnazione in locazione di un immobile di edilizia residenziale pubblica, ancorché disposta in relazione alla consistenza del nucleo familiare dell’assegnatario, attribuisce un diritto personale del quale è esclusivo titolare l’assegnatario stesso Cass. 24 aprile 2003, n. 6588, relativa proprio alla legge della Regione Puglia n. 54 del 1984 23 luglio 1987, n. 6424, che esclude la configurabilità di situazioni giuridiche protette in favore del coniuge non assegnatario, in caso di sopravvenienza della separazione personale dei coniugi, a parte le statuizioni del giudice della separazione . Con il secondo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ Osserva la ricorrente che il giudice di appello ha omesso di valutare la circostanza della mancanza di stabile abitazione da parte del L. a seguito dell’allontanamento in virtù del provvedimento giudiziale, tale da determinarne la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio. Il motivo è manifestamente infondato. La circostanza dell’allontanamento coatto è stata esaminata dal giudice di merito, il quale ha escluso che la stessa circostanza potesse produrre effetti quanto all’assegnazione, trattandosi di allontanamento coatto e temporaneo e continuando il L. a corrispondere il canone di locazione. Il giudice di merito ha quindi accertato che non è intervenuto il presupposto della dismissione dell’alloggio da parte del L. cfr. Cass. 27 giugno 2011, n. 14124 . Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ,. Osserva la ricorrente che il giudice di appello ha omesso di pronunciare in ordine al motivo di appello avente ad oggetto l’erroneità delle argomentazioni della sentenza di primo grado nella parte in cui si cerca di giustificare la condanna alle spese in luogo della compensazione. Il motivo è manifestamente infondato. In disparte i profili di inammissibilità del motivo, per non avere la ricorrente trascritto sia il motivo di appello che la motivazione della sentenza di primo grado suscettibile di censura, va evidenziato che necessaria e allo stesso tempo sufficiente ai fini della condanna alle spese è la soccombenza nel processo. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 - quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, con distrazione in favore dell’avv. Mariano Alterio procuratore anticipatario di L.F. , delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.