Corte d’Appello di Napoli: entrambe le mamme del minore nato da PMA sono genitori ab origine

Secondo la Corte d’appello di Napoli, la partner della madre biologica di un minore nato tramite PMA deve considerarsi secondo genitore, l’unico che il minore possa avere, essendosi assunta ab origine la responsabilità della generazione del bambino nell’ambito di un progetto di genitorialità condiviso.

Il caso. La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 145/18 depositata il 4 luglio, ha riformato la decisione con cui il Tribunale per i minorenni aveva rigettato la richiesta di adozione ex art. 44, lett. d, l. n. 184/1983 presentata da una donna nei confronti del figlio biologico della sua compagna. Le due donne, unite civilmente, avevano fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita eterologa nell’ambito di un progetto di genitorialità fortemente condiviso e si erano occupate entrambe, fin dalla nascita del figlio, della sua cura, del suo mantenimento e della sua educazione. La madre biologica, inoltre, aveva già prestato in primo grado il proprio consenso, pieno e incondizionato all’adozione del minore da parte della compagna, risultata affettivamente idonea e capace di educare e istruire il bambino e quest’ultimo appariva stabilmente inserito in un contesto familiare sano e in grado di assicurarne una crescita fisiopsichica equilibrata. Il genitore sociale non è terzo genitore. Dopo un accurato esame dei precedenti giurisprudenziali sul tema, il Collegio sottolinea come la giurisprudenza nazionale attribuisca rilevanza al consenso alla PMA nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa la partner della madre biologica non può essere considerata un terzo genitore come avviene ad esempio nelle cd. famiglie ricomposte in cui il minore è nato da una precedente relazione del genitore biologico. Ella deve essere identificata come secondo genitore , l’unico che il minore possa avere e svolge tale ruolo evidentemente da un momento precedente allo stesso concepimento, avendo contribuito alla sua generazione anche solo con la prestazione del relativo consenso ed essendosene assunta la responsabilità ab origine. L’adozione in casi particolari non offre una tutela sufficiente. I Giudici, secondo la Corte d’Appello di Napoli, hanno, quindi, il dovere di disporre, quando richiesta, l’adozione ex art. 44, comma 1, lett. d, l. n. 184/1983 pur nella consapevolezza che quest’ultima offre le garanzie minime inderogabili di tutela del minore assicurandogli quantomeno un legame giuridico con il genitore sociale/affettivo/intenzionale al quale, comunque, spetterebbe una tutela più completa in quanto vero e proprio genitore alla pari di quello biologico. Da ciò consegue non solo l’inadeguatezza dell’istituto dell’adozione in casi particolari ma anche la necessità di individuare forme di riconoscimento della genitorialità più piene e adeguate. In ogni caso, nella fattispecie in esame, la pronuncia di adozione, richiesta dall’appellante, consentirebbe di stabilizzare un’irreversibile situazione di fatto, fondata su una scelta giuridicamente rilevante, a tutto vantaggio del minore e, pertanto, il Collegio accoglie l’appello. Fonte ilfamiliarista.it

Corte d’Appello di Napoli, sentenza 15 giugno 4 luglio 2018 Presidente Cocchiara Relatore Casaburi