Ex moglie senza lavoro per occuparsi della famiglia: riconosciuto il diritto all’assegno divorzile

Il Tribunale di Milano ha riconosciuto il diritto dell’ex moglie, che aveva lasciato il lavoro diversi anni prima per occuparsi della famiglia, di ricevere l’assegno divorzile, confermando l’ammontare stabilito in sede di separazione per l’assegno di mantenimento.

Il caso. Parte ricorrente ha chiesto al Tribunale di Milano di dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con la convenuta, ponendo a suo carico anche l’obbligo di corrispondere un assegno divorzile in suo favore, riducendone, però, l’ammontare rispetto a quanto statuito in sede di separazione per l’assegno di mantenimento. Costituitasi in giudizio, parte convenuta ha chiesto, invece, un assegno divorzile di misura doppia rispetto a quanto già previsto in sede di separazione. An. Il Tribunale di Milano, in applicazione del principio stabilito da Cass. 10 maggio 2017, n. 11504, ritiene sussistano i presupposti per riconoscere l’ an del diritto della convenuta a vedersi corrispondere l’assegno divorzile poichè, alla luce della complessiva valutazione di tutti gli indici indicati dalla Suprema Corte nella sentenza citata, la stessa non può certo ritenersi economicamente indipendente, soprattutto in ragione della mancanza di un reddito da lavoro certo e stabile su cui fare affidamento e della ragionevole impossibilità oggettiva, data l’età, di poterselo procurare. Quantum. Dal punto di vista del quantum , il Tribunale conferma la misura dell’assegno stabilita in sede di separazione ritenendola ancora idonea a consentire alla convenuta un’esistenza libera e dignitosa, considerate sia le capacità reddituali del ricorrente che, pur ridimensionate, restano significative, sia l’apporto personale dato dalla moglie alla conduzione familiare e la significativa durata del matrimonio. Si deve, poi, valutare anche la diversa incidenza fiscale per le parti per la beneficiaria, infatti, l’imposizione fiscale riduce l’importo effettivamente percepito rispetto alla misura stabilita mentre, invece, l’obbligato beneficia di una deduzione di pari entità dal proprio reddito complessivo. Fonte ilfamiliarista.it

Tribunale di Milano, sez. IX Civile, sentenza 20 settembre 3 ottobre 2017, n. 9868 Presidente Manfredini Relatore Muscio Ragioni in fatto e in diritto della decisione Il Processo i provvedimenti presidenziali provvisori e i provvedimenti del Giudice Istruttore Con ricorso, depositato in data 16.10.2015, RA. Fr. chiedeva a questo Tribunale di dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio, contratto a omissis con CA. Va. dalla quale si era separato con separazione consensuale del 2.2.2011, omologata il 17.2.2011 dal Tribunale di Lodi, di porre a suo carico l’obbligo di provvedere al mantenimento diretto, anche per tutte le spese straordinarie, dei figli Ra., nato il omissis e Ro., nata il omissis , maggiorenni e non ancora economicamente autosufficienti, di determinare in Euro 1.250 mensili l’assegno divorzile a favore della moglie e di porre a suo carico il versamento di Euro 250 mensili a titolo di integrazione dei contributi INPS sino al raggiungimento dell’importo minimo per consentire alla moglie di beneficiare della pensione di anzianità. Con memoria difensiva, depositata in data 1.3.2016, si costituiva CA. Va. aderendo alla domanda di divorzio e chiedendo un assegno divorzile di Euro 5.00 mensili e ex art. 12bis legge 898/70 la quota del TFR e/o della buona uscita percepiti dal marito al momento della cessazione del rapporto di lavoro con Fineco Bank. All’udienza presidenziale in data 8.3.2016 il Presidente, esperito senza esito il tentativo di conciliazione, con provvedimento a verbale così provvedeva conferma allo stato le condizioni di separazione quanto al mantenimento dei figli maggiorenni e non autonomi a carico del padre con lo stesso conviventi e quanto all’assegno di mantenimento per la moglie, ritenendo la misura di Euro 2500 ancora compatibile e proporzionata alla capacità reddituale del signor RA. per l’anno di imposta 2014 un netto mensile di Euro 20.053 . dà atto dell’accordo delle parti quanto al mantenimento in essere della clausola n. 7 della separazione consensuale . Nominava se stesso Giudice Istruttore e fissava l'udienza di prima comparizione e trattazione per il giorno 6.10.2016. Reiterate da entrambe le parti le proprie allegazioni e domande con le memorie integrative e concessi i termini di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c, con ordinanza riservata in data 27.12.2016 il Giudice Istruttore così provvedeva letti gli atti e i documenti di causa lette le memorie ex art. 183 comma 6 n. 1, 2 e 3 c.p.c depositate dalle parti nei termini ritenuto in via preliminare che tutte le parti espositive e valutative contenute nelle suddette memorie devono considerarsi non rispondenti al dettato normativo e, pertanto, non saranno considerate ai fini nè della presente decisione nè della pronuncia finale di merito ritenuto che le produzioni documentali di entrambe le parti devono ritenersi ammissibili, salva ogni valutazione delle stesse ai fini della decisione di merito ritenuto che non sia ammissibile la prova per interrogatorio formale e testi dedotta da parte attrice con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c, depositata in data 5.12.2016, perchè vertente su circostanze irrilevanti capitoli da a a f , i , l , m , n , su circostanze da provarsi e/o provate in via documentale capitoli g , h , su circostanze negative capitolo i ritenuto che non sia ammissibile la prova per interrogatorio formale e testi dedotta da parte convenuta con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c, depositata in data 6.12.2016 perchè vertente su circostanze irrilevanti capitoli da 1 a 8, 12, 13, 15, da 16 a 30 , su circostanze generiche capitoli 3, 9, 10, 11, 30 , su circostanze valutative capitoli 9, 16 , su circostanze superflue capitoli 10, 11 , su circostanze da provarsi e/o provate in via documentale capitoli 14, 19, 20 ritenuto che non siano ammissibili le richieste ex art. 210 c.p.c e di indagine tramite polizia tributaria avanzate da parte convenuta in quanto generiche, esplorative e comunque superflue alla luce delle acquisizioni documentali già agli atti ritenuto che non siano ammissibili i capitoli di prova contraria articolati sia da parte attrice sia da parte convenuta con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 3 c.p.c, depositata rispettivamente in data 21.12.2016 e 22.12.2016, non essendo stati ammessi i capitoli a prova diretta delle parti ritenuto che entrambe le parti devono depositare le proprie dichiarazioni fiscali aggiornate relative all’anno di imposta 2015 PF2016 e all’anno di imposta 2016 PF2017 se già disponibile PQM - ammette tutte le produzioni documentali delle parti - non ammette la prova per interrogatorio formale e testi dedotta da parte attrice con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c, depositata in data 5.12.2016 - non ammette la prova per interrogatorio formale e testi dedotta da parte convenuta con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c, depositata in data 6.12.2016 - non ammette le istanze ex art. 210 c.p.c e l'indagine di polizia tributaria, chieste da parte convenuta con la memoria ex art. 183 comma 6 numero c.p.c - non ammette la prova contraria articolata da parte attrice con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 3 c.p.c, depositata in data 21.12.2016 - non ammette la prova contraria articolata da parte convenuta con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 3 c.p.c, depositata in data 22.12.2016 - ordina ad entrambe le parti di depositare entro il 30.5.2017 copia delle dichiarazioni fiscali relative all’anno di imposta 2015 PF2016 e all’anno di imposta 2016 PF2017 se già disponibile - fissa l'udienza del 7.6.2017 ore 9.10 per la precisazione delle conclusioni. . Depositata la documentazione fiscale richiesta e precisate le conclusioni come in epigrafe indicate all’udienza del 7.6.2017, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione, assegnando alle parti termine di giorni 40 per il deposito delle comparse conclusionali e termine di giorni 20 per il deposito delle memorie di replica, tempestivamente presentate da entrambe le parti. In data 14.6.2017 venivano acquisite le conclusioni del Pubblico Ministero. Il materiale probatorio Ritiene il Collegio, avendo entrambe le parti reiterato le proprie istanze istruttorie in sede di precisazione delle conclusioni, che debbano essere confermate le determinazioni istruttorie assunte dal Giudice Istruttore sopra integralmente riportate. Il materiale probatorio già agli atti è idoneo e sufficiente per la decisione delle questioni controverse tra le parti attinenti al diritto della signora CA. a vedersi riconosciuto un assegno divorzile e la quota del TFR del coniuge. Evidenzia, infatti, il Tribunale che è consolidato orientamento della Suprema Corte che, al fine della determinazione dei contribuiti di mantenimento, la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede necessariamente l'accertamento dei redditi nel loro esatto e preciso ammontare attraverso l'acquisizione di dati numerici o rigorose analisi contabili e finanziarie, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi Cass. Sez. I 5.11.2007 n. 23051, Cass. Sez. I 7.12.2007 n. 25618, Cass. Sez. I 18.6.2008 n. 16575 . Ricostruzione che, nel caso di specie, ritiene il Tribunale di poter effettuare sulla base del materiale probatorio acquisito agli atti attraverso le produzioni documentali effettuate. La domanda di divorzio La domanda principale è fondata e deve, pertanto, trovare accoglimento. I coniugi, che hanno contratto matrimonio a Borgo Priolo il 10.9.1989, si sono separati con separazione consensuale del 2.2.2011, omologata dal Tribunale di Lodi il 17.2.2011. Essendosi protratto lo stato di separazione tra gli stessi per il periodo previsto dalla legge il ricorso è stato depositato il 16.10.2015 , non essendo stata eccepita un'intervenuta riconciliazione, avendo entrambe le parti dato atto che da allora non è ripresa la convivenza, ricorrono gli estremi previsti dall'art. 3 n. 2 lett. b L. 898/70 e successive modifiche per la pronuncia della cessazione degli effetti civili del matrimonio, dovendosi ritenere accertato che la comunione materiale e spirituale tra i coniugi non possa essere mantenuta o ricostituita. Le statuizioni economiche Il mantenimento dei figli Prende atto il Collegio che il signor RA. si dichiara disponibile a continuare a contribuire direttamente a tutte le esigenze di mantenimento e di vita ordinarie e straordinarie dei figli maggiorenni e non ancora economicamente autonomi, come già previsto in sede di accordi di separazione e in questo giudizio confermato in via provvisoria in sede presidenziale. Obbligo che per sua natura cesserà al raggiungimento dell’indipendenza economica dei figli stessi. Del resto nessuna contestazione risulta tra le parti in ordine alla circostanza che sino ad oggi il padre si sia fatto integralmente carico del mantenimento dei due ragazzi che stanno completando il percorso di studi universitario e si stanno gradualmente avviando al mondo del lavoro. L’assegno divorzile Non può non osservare il Collegio che parte attrice, che nel ricorso introduttivo non aveva avanzato contestazioni quanto all’an del diritto della moglie all’assegno divorzile, chiedendo soltanto una rideterminazione rispetto all’assegno di mantenimento riconosciuto in separazione confr. pag. 11 e seg , nelle conclusioni e negli scritti difensivi conclusivi, invocando il mutamento di orientamento giurisprudenziale nel frattempo intervenuto sulla base delle stesse circostanze fattuali allegate, afferma e conclude di nulla dovere alla moglie confr. pag. 3 e seg . Parte convenuta al contrario ha continuato ad avanzare una richiesta di assegno divorzile di Euro 5.000 mensili, misura addirittura doppia rispetto all’assegno di mantenimento concordato in sede di separazione, non considerando in alcun modo le statuizioni provvisorie assunte dal Presidente e l’orientamento della Suprema Corte secondo cui la misura dell’assegno di mantenimento costituisce il tetto massimo rispetto all’assegno divorzile, attesa la diversa natura e funzione dei due istituiti e salvi miglioramenti reddituali dell’obbligato aventi carattere del tutto eccezionale ed imprevedibile. A fronte, quindi, delle domande e delle argomentazioni delle parti ritiene il Collegio doverosa una premessa in diritto, considerato il recente significativo mutamento dell’orientamento della Suprema Corte in relazione ai criteri di giudizio per l’attribuzione e la determinazione dell’assegno divorzile. Gli arresti giurisprudenziali consolidati e anche di recente confermati affermavano innanzitutto che La determinazione dell'assegno di divorzio, alla stregua dell'art. 5 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, modificato dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987 n. 74, è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, per accordo tra le parti e in virtù di decisione giudiziale, in vigenza di separazione dei coniugi, poiché, data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate e diversificate situazioni, e delle rispettive decisioni giudiziali, l'assegno divorzile, presupponendo lo scioglimento del matrimonio, prescinde dagli obblighi di mantenimento e di alimenti, operanti nel regime di convivenza e di separazione, e costituisce effetto diretto della pronuncia di divorzio, con la conseguenza che l'assetto economico relativo alla separazione può rappresentare mero indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione Cass. Sez. I 15.5.2013 n. 11686, Cass. Sez. I 30.11.2007 n. 25010 . Altro principio cardine, anche di recente ribadito e chiarito dalla Suprema Corte, era che L'accertamento del diritto all'assegno divorzile si articola in due fasi, nella prima delle quali il giudice verifica l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, mentre nella seconda procede alla determinazione in concreto dell'ammontare dell'assegno, che va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonché del reddito di entrambi, valutandosi tali elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio. Nell'ambito di questo duplice accertamento assumono rilievo, sotto il profilo dell'onere probatorio, le risorse reddituali e patrimoniali di ciascuno dei coniugi, quelle effettivamente destinate al soddisfacimento dei bisogni personali e familiari, nonché le rispettive potenzialità economiche Cass. Sez. I 9.6.2015 n. 11870, Cass. Sez. I n. 2546 del 5.2.2014 . Nella fase relativa alla valutazione sull’an del diritto la Corte confermava, quindi, quale parametro di riferimento cui riferire l’adeguatezza dei mezzi il tenore di vita , riconosciuto in modo costante dalle pronunce a Sezioni Unite nn. 11490 e 11492 del 1990 quale parametro cui rapportare l’adeguatezza/inadeguatezza dei mezzi propri del coniuge richiedente l’assegno. Deve, altresì, evidenziarsi che in relazione alla rilevanza del parametro del tenore di vita era di recente intervenuta anche la Corte Costituzione con la pronuncia n. 11/2015, che nell’escludere la fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge 898/70, aveva sottolineato, in piena adesione al consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione, che L’esistenza, presupposta dal rimettente, di un diritto vivente secondo cui l’assegno divorzile ex art. 5, sesto comma, della legge n. 898 del 1970 deve necessariamente garantire al coniuge economicamente più debole il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non trova, infatti, riscontro nella giurisprudenza del giudice della nomofilachia che costituisce il principale formante del diritto vivente , secondo la quale, viceversa, il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non costituisce l’unico parametro di riferimento ai fini della statuizione sull’assegno divorzile. La Corte di cassazione, in sede di esegesi della normativa impugnata, ha anche di recente, in tal senso, appunto, ribadito il proprio consolidato orientamento , secondo il quale il parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio rileva, bensì, per determinare in astratto il tetto massimo della misura dell’assegno in termini di tendenziale adeguatezza al fine del mantenimento del tenore di vita pregresso , ma, in concreto , quel parametro concorre, e va poi bilanciato, caso per caso, con tutti gli altri criteri indicati nello stesso denunciato art. 5. Tali criteri condizione e reddito dei coniugi, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla formazione del patrimonio comune, durata del matrimonio, ragioni della decisione agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto e possono valere anche ad azzerarla così testualmente, da ultimo, Corte di cassazione, prima sezione civile, sentenza 5 febbraio 2014, n. 2546 in senso conforme, sentenze 28 ottobre 2013, n. 24252 21 ottobre 2013, n. 23797 12 luglio 2007, n. 15611 22 agosto 2006, n. 18241 19 marzo 2003, n. 4040, ex plurimis . In questo consolidato contesto la Suprema Corte, con la ormai nota pronuncia n. 11504 del 10 maggio 2017, dopo aver ribadito in modo netto la necessità di articolare in due distinti momenti il giudizio relativo dapprima all’ an e poi al quantum , ha mutato radicalmente orientamento in relazione al parametro cui deve essere rapportata la valutazione dell’adeguatezza dei mezzi, identificato non più nel tenore di vita , ma nell’ indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge richiedente l’assegno. Soluzione cui il Supremo Collegio perviene facendo una ricostruzione dell’evoluzione che nel contesto sociale e culturale odierno assume il matrimonio e la fine dello stesso e procedendo ad un’interpretazione ritenuta più coerente al dettato e allo spirito dell’art. 5 comma 6 legge 898/70, che pare rilevante testualmente riportare nei passaggi più significativi. Si legge, infatti, nel corpo della motivazione di tale innovativa pronuncia Una volta sciolto il matrimonio civile o cessati gli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio religioso il rapporto matrimoniale si estingue definitivamente sul piano sia dello status personale dei coniugi, i quali devono perciò considerarsi da allora in poi persone singole , sia dei loro rapporti economico-patrimoniali art. 191, comma 1, cod. civ. e, in particolare, del reciproco dovere di assistenza morale e materiale art. 143, comma 2, cod. civ. . Perfezionatasi tale fattispecie estintiva del rapporto matrimoniale, il diritto all'assegno di divorzio è condizionato dal previo riconoscimento di esso in base all'accertamento giudiziale della mancanza di mezzi adeguati dell'ex coniuge richiedente l'assegno o, comunque, dell'impossibilità dello stesso di procurarseli per ragioni oggettive . La complessiva ratio dell'art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970 ha fondamento costituzionale nel dovere inderogabile di solidarietà economica art. 2, in relazione all'art. 23, Cost. , il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, quali persone singole , a tutela della persona economicamente più debole cosiddetta solidarietà post-coniugale sta precisamente in questo duplice fondamento costituzionale sia la qualificazione della natura dell'assegno di divorzio come esclusivamente assistenziale in favore dell'ex coniuge economicamente più debole art. 2 Cost. - natura che in questa sede va ribadita -, sia la giustificazione della doverosità della sua prestazione art. 23 Cost. . Sicché, se il diritto all'assegno di divorzio è riconosciuto alla persona dell'ex coniuge nella fase dell'an debeatur, l'assegno è determinato esclusivamente nella successiva fase del quantum debeatur, non già in ragione del rapporto matrimoniale ormai definitivamente estinto, bensì in considerazione di esso nel corso di tale seconda fase Deve, peraltro, sottolinearsi che il carattere condizionato del diritto all'assegno di divorzio - comportando ovviamente la sua negazione in presenza di mezzi adeguati dell'ex coniuge richiedente o delle effettive possibilità di procurarseli , vale a dire della indipendenza o autosufficienza economica dello stesso - comporta altresì che, in carenza di ragioni di solidarietà economica , l'eventuale riconoscimento del diritto si risolverebbe in una locupletazione illegittima, in quanto fondata esclusivamente sul fatto della mera preesistenza di un rapporto matrimoniale ormai estinto, ed inoltre di durata tendenzialmente sine die il discrimine tra solidarietà economica ed illegittima locupletazione sta, perciò, proprio nel giudizio sull'esistenza, o no, delle condizioni del diritto all'assegno, nella fase dell'an debeatur. Decisiva è, pertanto - ai fini del riconoscimento, o no, del diritto all'assegno di divorzio all'ex coniuge richiedente -, l'interpretazione del sintagma normativo mezzi adeguati e della disposizione impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive nonché, in particolare e soprattutto, l'individuazione dell'indispensabile parametro di riferimento , al quale rapportare l’ adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi del richiedente l'assegno e, inoltre, la possibilità-impossibilità dello stesso di procurarseli A Il parametro del tenore di vita - se applicato anche nella fase dell'an debeatur - collide radicalmente con la natura stessa dell'istituto del divorzio e con i suoi effetti giuridici infatti, come già osservato supra, sub n. 2.1 , con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale - a differenza di quanto accade con la separazione personale, che lascia in vigore, seppure in forma attenuata, gli obblighi coniugali di cui all'art. 143 cod. civ. -, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo -sia pure limitatamente alla dimensione economica del tenore di vita matrimoniale ivi condotto - in una indebita prospettiva, per così dire, di ultrattività del vincolo matrimoniale. B La scelta di detto parametro implica l'omessa considerazione che il diritto all'assegno di divorzio è eventualmente riconosciuto all'ex coniuge richiedente, nella fase dell'an debeatur, esclusivamente come persona singola e non già come ancora parte di un rapporto matrimoniale ormai estinto anche sul piano economico-patrimoniale, avendo il legislatore della riforma del 1987 informato la disciplina dell'assegno di divorzio, sia pure per implicito ma in modo inequivoco, al principio di autoresponsabilità economica degli ex coniugi dopo la pronuncia di divorzio C La necessaria considerazione , da parte del giudice del divorzio, del preesistente rapporto matrimoniale anche nella sua dimensione economico-patrimoniale è normativamente ed esplicitamente prevista soltanto per l'eventuale fase del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell'assegno quantum debeatur , vale a dire - come già sottolineato - soltanto dopo l'esito positivo della fase precedente an debeatur , conclusasi cioè con il riconoscimento del diritto all'assegno. Nel giudizio sull'an debeatur, infatti, non possono rientrare valutazioni di tipo comparativo tra le condizioni economiche degli ex coniugi, dovendosi avere riguardo esclusivamente alle condizioni del soggetto richiedente l'assegno successivamente al divorzio. Le precedenti osservazioni critiche verso il parametro del tenore di vita richiedono, pertanto, l'individuazione di un parametro diverso, che sia coerente con le premesse. Il Collegio ritiene che un parametro di riferimento siffatto - cui rapportare il giudizio sull'adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge richiedente l'assegno di divorzio e sulla possibilità-impossibilità per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli - vada individuato nel raggiungimento dell' indipendenza economica del richiedente se è accertato che quest'ultimo è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto. Il Collegio ritiene che i principali indici - salvo ovviamente altri elementi, che potranno eventualmente rilevare nelle singole fattispecie - per accertare, nella fase di giudizio sull'an debeatur, la sussistenza, o no, dell' indipendenza economica dell'ex coniuge richiedente l'assegno di divorzio - e, quindi, l' adeguatezza , o no, dei mezzi , nonché la possibilità, o no per ragioni oggettive , dello stesso di procurarseli -possono essere così individuati 1 il possesso di redditi di qualsiasi specie 2 il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu imposti e del costo della vita nel luogo di residenza dimora abituale art. 43, secondo comma, cod. civ. della persona che richiede l'assegno 3 le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo 4 la stabile disponibilità di una casa di abitazione. Quanto al regime della prova della non indipendenza economica dell'ex coniuge che fa valere il diritto all'assegno di divorzio, non v'è dubbio che, secondo la stessa formulazione della disposizione in esame e secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione del relativo onere, allo stesso spetta allegare, dedurre e dimostrare di non avere mezzi adeguati e di non poterseli procurare per ragioni oggettive . Tale onere probatorio ha ad oggetto i predetti indici principali, costitutivi del parametro dell' indipendenza economica , e presuppone tempestive, rituali e pertinenti allegazioni e deduzioni da parte del medesimo coniuge, restando fermo, ovviamente, il diritto all'eccezione e alla prova contraria dell'altro . Conclude, quindi, la Corte sancendo il seguente principio di diritto Il giudice del divorzio, richiesto dell'assegno di cui all'art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, come sostituito dall'art. 10 della legge n. 74 del 1987, nel rispetto della distinzione del relativo giudizio in due fasi e dell'ordine progressivo tra le stesse stabilito da tale norma A deve verificare, nella fase dell'an debeatur - informata al principio dell'autoresponsabilità economica di ciascuno degli ex coniugi quali persone singole , ed il cui oggetto è costituito esclusivamente dall'accertamento volto al riconoscimento, o no, del diritto all'assegno di divorzio fatto valere dall'ex coniuge richiedente -, se la domanda di quest'ultimo soddisfa le relative condizioni di legge mancanza di mezzi adeguati o, comunque, impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive , con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica dello stesso, desunta dai principali indici - salvo altri, rilevanti nelle singole fattispecie - del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu imposti e del costo della vita nel luogo di residenza dell'ex coniuge richiedente , delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo , della stabile disponibilità di una casa di abitazione ciò, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all'eccezione ed alla prova contraria dell'altro ex coniuge B deve tener conto , nella fase del quantum debeatur - informata al principio della solidarietà economica dell'ex coniuge obbligato alla prestazione dell'assegno nei confronti dell'altro in quanto persona economicamente più debole artt. 2 e 23 Cost , il cui oggetto è costituito esclusivamente dalla determinazione dell'assegno, ed alla quale può accedersi soltanto all'esito positivo della prima fase, conclusasi con il riconoscimento del diritto -, di tutti gli elementi indicati dalla norma condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi , e valutare tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio , al fine di determinare in concreto la misura dell'assegno di divorzio ciò sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte, secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione dell'onere della prova art. 2697 cod. civ. . Tale nuovo arresto giurisprudenziale ha trovato conferma in altre successive pronunce della Suprema Corte Cass. Civ. Sez. I 11 maggio 2017 n. 11538, Cass. Sez. I sez. 22 giugno 2017 n. 15481, Cass. Civ. Sez. I-VI, ordinanza 29 agosto 2017 n. 20525 e sembra destinato ormai a consolidarsi, avendo la stessa Corte chiarito di non ritenere affatto necessario un intervento delle Sezioni Unite su tale questione, pur a fronte del mutato orientamento rispetto a principi in passato sanciti con pronunce a Sezioni Unite. Allo stesso, pertanto, pur nell’ambito di un acceso dibattito dottrinale, ha cominciato ad uniformarsi la giurisprudenza di merito, tenuto conto della valenza e della portata delle pronunce della Suprema Corte soprattutto là dove affermano un principio di diritto ai sensi dell’art. 384 c.p.c. Trib. Milano Sez. IX civile 7 giugno 2017, Trib. Roma Sez. I civile 23 giugno 2017, Trib. Roma sez. I civile 7 luglio 2017 . Applicando, quindi, il nuovo principio di diritto come sopra ampiamente enunciato al caso di specie, sussistono, ad avviso del Collegio, i presupposti per riconoscere l’an del diritto della signora CA. a vedersi riconosciuto l’assegno divorzile. Parte convenuta non ha una fonte di reddito propria, se non l’assegno di mantenimento del marito, come documentato dalle dichiarazioni fiscali agli atti. Risulta, infatti, un reddito netto medio mensile di Euro 2.189 per l’anno di imposta 2013 reddito complessivo Euro 33.660, imposta netta Euro 6.874, addizionali Euro 511 , di Euro 2.052 per l’anno di imposta 2014 reddito complessivo Euro 33.720, imposta netta Euro 8.405, addizionali Euro 682 e di Euro 2.115 per l’anno di imposta 2015 reddito complessivo Euro 33.720, imposta netta Euro 7.656, addizionali Euro 681 . E ciò in ragione del fatto che dal 1995 con la nascita della seconda figlia non ha più lavorato, lasciando la propria posizione di quadro presso l’ESATRI per occuparsi dei figli e della famiglia con una scelta che è stata nei fatti condivisa dai coniugi. Ha, quindi, un’età anni 54 che non le consente certo, tenuto conto delle attuali condizioni del mercato del lavoro dal quale la signora è uscita ormai da oltre vent’anni, di reperire un’occupazione, come sostiene parte attrice. E allo stato, pur avendo versato anche grazie alla contribuzione del marito, atteso l’accordo raggiunto in sede di separazione, i requisiti contributivi per ottenere la pensione docomma parte convenuta , tale emolumento, il cui ammontare non è peraltro neppure noto, le verrà erogato solo quando raggiungerà l’età pensionabile. La signora CA. non è titolare di cespiti immobiliari, avendo ceduto al marito la propria quota del 50% della casa coniugale a fronte della corresponsione della somma di Euro 250.000 e sostiene un onere abitativo comprensivo di locazione e spese condominiali di circa 1.200 Euro docomma parte convenuta . Quanto alle disponibilità mobiliari, osserva il Collegio che non sono affatto condivisibili i conteggi allegati da parte attrice che computa non solo il corrispettivo di Euro 250.000 per il trasferimento della quota del 50% della casa coniugale dallo stesso versato alla moglie docomma parte attrice e l’importo riconosciutole in sede di separazione di Euro 100.0000, non contestato da controparte, ma anche tutte le somme versate alla moglie a titolo di mantenimento dal momento della separazione, somme che pacificamente, essendo destinate al mantenimento e non avendo la signora CA. altro reddito, la stessa ha sicuramente speso. La convenuta ha certamente acquisito disponibilità mobiliari dal marito al momento della separazione per circa Euro 350.000 che ritiene il Collegio, non avendo la parte, che pure allega di averli in buona parte impiegati, offerto prova della loro attuale consistenza e ben potendo trarsi argomenti di prova dal comportamento processuale delle parti, possano ritenersi sostanzialmente invariate o in ogni caso ancora di una certa consistenza, disponendo, come detto, la signora CA. dell’assegno di mantenimento per sé e non avendo assunto alcun onere per il mantenimento dei figli. La considerazione complessiva di tutti gli indici indicati dalla Suprema Corte per la valutazione della disponibilità in capo alla signora CA. di mezzi adeguati porta, quindi, il Tribunale a concludere che la stessa non può certo ritenersi indipendente economicamente , soprattutto, come detto, in considerazione della mancanza di un reddito da lavoro certo e stabile su cui possa fare affidamento e della ragionevole impossibilità oggettiva, in ragione sopratutto dell’età, di poterselo ora procurare. Riconosciuto, quindi, il diritto all’esito della prima fase della valutazione giudiziale, deve ora procedersi alla quantificazione della misura dell’assegno divorzile, tenuto conto dei parametri indicati dall’art. 5 della legge 898/70. Deve, in primo luogo, considerarsi la capacità reddituale del signor RA. che, pur ridimensionata rispetto al passato, continua ad essere in ogni caso significativa. Parte attrice è stato direttore generale di Fineco Bank sino al dicembre 2012 quando ha lasciato l’istituto di credito, percependo un TFR pari ad Euro 10.522,93 docomma parte attrice e vedendosi riconosciuta una buona uscita corrispostagli a partire dal 2012 e sino al 2016, circostanza questa non contestata e in ogni caso risultante dalla documentazione fiscale versata in atti. Ha continuato, quindi, a svolgere attività libero professionale con un reddito da lavoro autonomo significativo, considerato che negli ultimi due anni di imposta non è stato inferiore a Euro 250.000 lordi. Risulta, infatti, un reddito netto medio mensile di Euro 49.246 per l’anno di imposta 2012 reddito complessivo Euro 1.018.221 di cui Euro 756.356 da lavoro dipendente e Euro 261.865 da libera professione, imposta netta Euro 403.246, addizionali Euro 24.016 , di Euro 34.907 per l’anno di imposta 2013 reddito complessivo Euro 676.256 di cui Euro 222.180 da lavoro dipendente o meglio trance buonuscita e Euro 452.784 da libera professione, imposta netta Euro 242.650, addizionali Euro 14.720 , di Euro 20.053 per l’anno di imposta 2014 reddito complessivo Euro 371.266 di cui Euro 153.593 da lavoro dipendente o meglio trance buonuscita e Euro 216.381 da libera professione, imposta netta Euro 122.918, addizionali Euro 7.710 , di Euro 24.785 per l’anno di imposta 2015 reddito complessivo Euro 471.207 di cui Euro 214.223 da lavoro dipendente o meglio trance buonuscita e Euro 259.257 da libera professione, imposta netta Euro 163.582, addizionali Euro 10.205 e di Euro 19.121 per l’anno di imposta 2016 reddito complessivo Euro 351.662 di cui Euro 96699 da lavoro dipendente o meglio trance buonuscita e Euro 253.671 da libera professione, imposta netta Euro 114.952, addizionali Euro 7.257 . E anche sul piano patrimoniale la posizione del signor RA. è certamente migliore, disponendo della proprietà della ex casa coniugale, pur tenendo conto che ha documentato di aver contratto un mutuo di Euro 225.000 per poter liquidare la quota della moglie della casa coniugale in esecuzione degli accordi di separazione e di sostenere, quindi, una rata mensile di Euro 750 docomma parte attrice . Né si può sottovalutare il contributo personale dato dalla moglie alla conduzione familiare, essendosi, come già detto sopra, dal 1995 dedicata alla crescita dei figli e alla famiglia. Valutati tutti i parametri sopra indicati in relazione alla significativa durata del matrimonio tra le parti 22 anni stima il Tribunale equo e proporzionato determinare ancora in Euro 2.500 mensili l’assegno divorzile, misura certo adeguata, a fronte della maggiore richiesta di parte convenuta e della minor misura in via subordinata offerta da parte attrice, a consentire alla signora CA. un’esistenza libera e dignitosa, tenuto conto, da un lato, dei risparmi di cui la stessa ancora dispone e, dall’altro, della diversa incidenza fiscale per le parti. Deve, infatti, anche considerarsi che per la beneficiaria l’imposizione fiscale riduce l’importo effettivamente percepito rispetto alla misura stabilita, come del resto risulta chiaramente dal dato sopra indicato, ricavato dalle dichiarazioni fiscali, là dove, invece, l’obbligato beneficia di una deduzione di pari importo dal proprio reddito complessivo. L’obbligo alla corresponsione dell’assegno divorzile deve farsi decorrere dalla pubblicazione della sentenza, secondo la regola generale, attesa la natura costitutiva della pronuncia quanto all’assegno divorzile e non ravvisando il Tribunale ragioni per stabilirla dal momento della domanda, facendo applicazione del potere discrezionale che è riconosciuto dall’art. 4 comma 13 della legge 898/70, soprattutto perché solo all’esito del giudizio sono stati acquisiti tutti gli elementi che fondano la presente decisione Cass. Sez. I 24.9.2014 n. 20024 Cass. Sez. I 21.2.2008 n. 4424 . La domanda ex art. 12bis legge 898/70 Non può trovare accoglimento la domanda di attribuzione della quota del TFR avanzata da parte convenuta, posto che lo stesso è stato percepito dal signor RA. a dicembre 2012 docomma parte attrice , quindi inequivocabilmente prima dell’instaurazione del giudizio di divorzio, promosso, peraltro dallo stesso RA., il 16.10.2015. In tal senso si è pronunciata in modo costante la Suprema Corte che ha affermato che l'art. 12 bis della legge 1 dicembre 1970, n. 898, laddove attribuisce al coniuge titolare dell'assegno di cui al precedente art. 5, che non sia passato a nuove nozze, il diritto ad una quota del trattamento di fine rapporto dell'altro coniuge, va interpretato nel senso che per la liquidazione di tale quota occorre avere riguardo a quanto percepito da quest'ultimo, per detta causale, dopo l'instaurazione del giudizio divorzile, escludendosi, quindi, eventuali anticipazioni riscosse durante la convivenza matrimoniale o la separazione personale, essendo le stesse definitivamente entrate nell'esclusiva disponibilità dell'avente diritto Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 24421 del 29/10/2013 Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 14129 del 20/06/2014 . Né parte convenuta può vantare diritti in relazione ad emolumenti riconosciuti e percepiti dal signor RA. per la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro e in ogni caso per l’eventuale parte percepita dopo l’instaurazione del giudizio di divorzio, non avendo tali voci natura giuridica di TFR, né allo stesso assimilabile, come di recente affermato in un precedente analogo da questo Tribunale Trib. Milano Sez. IX 17 maggio 2017 Pres. Ca., estensore Ma. . Non possono che condividersi e in questa sede richiamarsi le argomentazioni della indicata pronuncia là dove afferma che la stessa Corte di Cassazione evidenzia nella sentenza n. 13777/2013 che la somma erogata dal datore di lavoro a titolo di incentivo alle dimissioni o all'esodo volontario, somma aggiuntiva offerta al dipendente che accetta di risolvere anticipatamente il rapporto di lavoro, a titolo di corrispettivo, è assoggettabile ad IRPEF, stante la natura sostanzialmente reddituale in funzione del ristoro di un lucro cessante , il che dimostra la natura sostanzialmente risarcitoria dell’incentivo all’esodo/indennità di buona uscita che, erogato nell’ambito di una trattativa tra lavoratore e datore di lavoro finalizzata allo scioglimento del rapporto di lavoro, mira a sostituire mancati guadagni futuri lucro cessante . A differenza del TFR, dunque, l’incentivo all’esodo non è costituito da somme accantonate durante il pregresso periodo lavorativo coincidente con il matrimonio , bensì va a sostituire un mancato reddito lavorativo futuro, ed al momento della sua erogazione in alcun modo è riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio . Le spese di lite Le spese di lite ritiene il Collegio debbano essere compensate, attesa la natura necessaria del giudizio quanto alla domanda sullo status e considerata la complessiva reciproca soccombenza quanto alle statuizioni economiche. P.Q.M. Il Tribunale Ordinario di Milano, Sezione IX Civile, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella causa fra le parti di cui in epigrafe, disattesa o rigettata ogni diversa ed ulteriore domanda, eccezione, deduzione, istanza anche istruttoria, così decide 1. dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra RA. Fr. e CA. Va. in omissis 2. dà atto che RA. Fr. provvederà al mantenimento diretto dei figli, Ra., nato il omissis e Ro., nata il omissis , maggiorenni non economicamente indipendenti e al pagamento diretto di tutte le spese mediche, universitarie ed extrascolastiche per i figli 3. pone a carico di RA. Fr., con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, l’obbligo di corrispondere a favore di CA. Va., ex art. 5 legge n. 898/1970 e successive modificazioni, in via anticipata entro il giorno 5 di ogni mese, l’assegno divorzile mensile di Euro 2.500, importo da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat Foi , prima rivalutazione dalla annualità successiva alla pubblicazione della sentenza 4. respinge la domanda ex art. 12bis legge 898/70 avanzata da CA. Va. 5. compensa tra le parti le spese di lite 6. sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege, ad eccezione del capo 1 7. manda al Cancelliere di trasmettere copia autentica del dispositivo della presente sentenza al passaggio in giudicato del capo 1 all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Borgo Priolo perché provveda alle annotazioni ed ulteriori incombenze di legge nonché alla comunicazione anche al Comune di San Donato Milanese dove l’atto è stato parimenti trascritto.