Lavoro in nero, fatale a separazione in corso l’ammissione del marito

Confermate le statuizioni economiche decise a chiusura del giudizio di separazione personale dalla moglie. Decisivo il convincimento dei giudici l’uomo svolge un’attività non dichiarata, oltre al proprio lavoro da regolare dipendente.

Lavoro dipendente da un lato e attività ‘in nero’ dall’altro. Non ci sono dubbi, secondo i giudici. Consequenziali gli obblighi economici a carico dell’uomo nei confronti della moglie separata Cassazione, ordinanza n. 22743, sezione VI Civile, depositata il 28 settembre 2017 . Redditi. Marito sconfitto sia in Tribunale che in Corte d’appello. Mai messe in discussione le statuizioni economiche – a lui sfavorevoli – che hanno caratterizzato la conclusione del giudizio di separazione personale dalla consorte. E le certezze emerse in primo e in secondo grado vengono ora sigillate dalla Cassazione. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, è inappuntabile il ragionamento seguito in Appello. Più precisamente, viene evidenziato che l’esistenza di redditi non dichiarati per l’uomo è stata desunta dalle sue stesse ammissioni a proposito dello svolgimento di un’attività ulteriore rispetto a quella di lavoro subordinata . E a corredo, aggiungono i giudici, c’è anche l’esito della prova orale relativa alle modalità di effettivo svolgimento dell’attività di lavoro dipendente e alle concrete mansioni .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 19 luglio – 28 settembre 2017, n. 22743 Presidente Cristiano – Relatore Terrusi Rilevato che Ma. Vi. ricorre per cassazione con un unico mezzo nei confronti della sentenza della corte d'appello di Roma depositata il 13-11-2015 con tale decisione era stato rigettato il di lui gravame contro le statuizioni economiche della sentenza di primo grado, resa dal tribunale di Latina a conclusione del giudizio di separazione personale dalla moglie Gu. Pa. il ricorrente denunzia, ai sensi dell'art. 360, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione apparente, illustrando la censura anche con memoria l'intimata resiste con controricorso. Considerato che il ricorso è manifestamente infondato l'ipotesi di motivazione apparente, che ridonda in omissione sostanziale rilevante ai sensi dell'art. 360, n. 4, cod. proc. civ., ricorre quando il giudice di merito omette di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede a una loro vera disamina logico-giuridica tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito un tale vizio non si configura, invece, nel caso di valutazione delle circostanze probatorie in senso difforme da quello preteso dalla parte ricorrente cfr. tra le tante Cass. n. 16762-06 Cass. n. 16581-09 la sentenza della corte d'appello non è affetta dal vizio denunziato, essendo basata sul motivato convincimento di esistenza di redditi non dichiarati dal ricorrente, desunta dalle stesse sue ammissioni a proposito dello svolgimento di attività ulteriore rispetto a quella di lavoro subordinato, e corroborata dall'esito della prova orale, esplicitamente mentovata, quanto alle modalità di effettivo svolgimento dell'attività di lavoro dipendente e alle concrete mansioni le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 3.500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. Deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 luglio 2017.