Il presunto padre è contumace? Rigettata la domanda di dichiarazione giudiziale di paternità introdotta dalla madre

Con la sentenza in commento, la IX Sezione del Tribunale di Milano introduce un nuovo orientamento in tema di dichiarazione giudiziale di paternità nel caso in cui il presunto padre convenuto rimanga contumace nel procedimento.

I fatti. Parte attrice instaurava avanti il Tribunale di Milano un procedimento al fine di sentire dichiarata la paternità del presunto padre nei confronti del figlio minore riconosciuto alla nascita dalla sola madre. Nello stesso atto, la madre chiedeva l’adozione di tutti i conseguenti provvedimenti di legge nonché la previsione di un contributo al mantenimento del minore tanto per il pregresso quanto per il futuro. L’atto introduttivo veniva ritualmente notificato al presunto padre convenuto il quale, tuttavia, decideva di non costituirsi in giudizio e di non comparire all’udienza ex art. 183 c.p.c., con la conseguente dichiarazione di contumacia del medesimo ad opera del Giudice Istruttore e la concessione a parte attrice dei termini di legge ex art. 183, comma 6, c.p.c Il processo. Contenendo la memoria istruttoria di parte attrice la richiesta di interrogatorio formale nei confronti del convenuto contumace, correttamente il Giudice Istruttore ne disponeva la notifica al medesimo con l’avvertimento che, in caso di mancata comparizione senza giustificato motivo, i fatti dedotti nella memoria istruttoria avrebbero potuto essere ritenuti come ammessi, valutato ogni altro elemento di prova. Tuttavia, anche all’udienza fissata per l’interrogatorio formale il convenuto decideva di non comparire, benché ritualmente notiziato. A tale udienza, parte attrice non formulava richieste di assunzione di prova per testi ma si limitava ad insistere sulla nomina di CTU emogenetica al fine di provare la paternità del convenuto in capo al figlio minore. Il parere favorevole del PM. All’esito del procedimento, il Pubblico Ministero, letti gli atti, chiedeva l’accoglimento delle conclusioni di parte attrice per le condivisibili ragioni a fondamento delle domande esposte. La prova della paternità può esser data con ogni mezzo, ma non bastano le dichiarazioni materne. Invece, il Tribunale rigettava la domanda di dichiarazione giudiziale di paternità. Ribadito l’orientamento della Corte di Cassazione in merito all’art. 269, comma 2 e 4, c.c., secondo cui la prova della paternità può esser data con ogni mezzo, con il limite che il quadro probatorio non può consistere nelle sole dichiarazioni materne e nella sola esistenza di rapporti tra la madre ed il preteso padre all’epoca del concepimento, potendo il giudice liberamente valutare le prove e trarre argomenti di prova dal contegno processuale delle parti. La contumacia non rileva come argomento di prova. Il Tribunale riteneva che parte attrice non avesse offerto la piena, inconfutabile ed oggettiva prova del fatto che il convenuto fosse padre biologico del minore. La mancata produzione in atti del certificato di stato di famiglia che avrebbe potuto provare una convivenza tra i due confermava l’inidoneità delle allegazioni della madre a far presumere il rapporto di filiazione tra il minore ed il convenuto. Ma nemmeno il comportamento processuale del convenuto, che ha scelto di rimanere contumace, è idoneo a ritenere raggiunta la prova del rapporto di filiazione e non è valutabile come argomento di prova ex art. 116, secondo comma. c.p.c La CTU non può avere finalità esplorativa. Nel caso di specie, a fronte dell’inadempiuto onere probatorio che gravava su parte attrice, il Tribunale non ha ammesso la richiesta di CTU genetica formulata dalla stessa al fine di accertare il rapporto di filiazione tra il convenuto ed il figlio minore poiché la CTU genetica non può avere natura esplorativa. Qualche interrogativo. La sentenza in commento fa sorgere qualche perplessità in ordine all’interesse tutelato in fattispecie analoghe. Nel caso di specie, secondo i giudici, la madre non è stata in grado di provare in modo inconfutabile ed oggettivo” il rapporto di filiazione tra il convenuto ed il figlio minore, disattendendo anche l’invito a produrre il certificato di stato di famiglia della stessa e del convenuto relativamente al periodo di concepimento del figlio minore volta a verificare almeno una convivenza tra le parti asserita in atti. Nemmeno il comportamento processuale del convenuto che ha scelto di non rivestire la qualità di parte del procedimento viene considerato come argomento di prova, benché come è noto l’orientamento della Cassazione ritiene che il rifiuto di sottoporsi agli esami emogenetici sia un argomento di prova valutabile ex art. 116, c.p.c Non avendo raggiunto la prova dei fatti dedotti da parte attrice, viene rigettata la richiesta di CTU considerata esplorativa. Ci si può chiedere, dunque, cosa sarebbe successo se la madre avesse provato almeno la convivenza col presunto padre nel periodo di concepimento, come se i figli nati da una convivenza fossero meritevoli di più tutele rispetto a quelli nati da rapporti occasionali. O forse la pronuncia in commento è semplicemente in linea con gli ultimi orientamenti della Cassazione in merito al c.d. genitore sociale che riveste sempre più un ruolo rilevante a dispetto del genitore biologico? È tutelato l’interesse del minore? Altro interrogativo che sorge spontaneo è se nel caso di specie sia stato tutelato l’interesse del minore, posto che, di fatto, è stata preclusa la possibilità alla madre di accertare il rapporto di filiazione tra il presunto padre ed il figlio. Ma a tale interrogativo ne segue conseguentemente un altro qual è l’interesse del minore? Interrogativi che necessiteranno di risposte.

Tribunale di Milano, sez. IX Civile, sentenza 16 – 22 giugno 2015, n. 7679 Presidente Manfredini – Relatore Blandini