Riconosciuto dal padre dopo 10 anni: documenti da rifare per il minore

In assenza di pregiudizi per il minore, gli può essere legittimamente aggiunto, al cognome della madre, anche quello del padre, nonostante questo lo abbia riconosciuto dopo 10 anni.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26062, depositata il 10 dicembre 2014. Il caso. Il tribunale dei minorenni di Bari decideva di attribuire ad un bambino il cognome del padre naturale che lo aveva riconosciuto dopo 10 anni dalla nascita, in aggiunta a quello della madre. La donna ed il padre acquisito ricorrevano in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver dato prevalenza al patronimico, senza che ci fossero riscontri nella normativa, e di non aver considerato il diritto del minore a conservare il matronimico, ormai assurto a segno distintivo dell’identità personale . Modifiche legislative. Secondo la Corte di Cassazione, però, i giudici territoriali hanno deciso conformemente alle ultime modifiche introdotte all’art. 262 c.c. dal d.lgs. n. 154/2013 c.d. riforma della filiazione , secondo cui il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, sostituendolo o anteponendolo a quello della madre. Tuttavia, per i minorenni, è il giudice di merito a dover decidere, dopo aver ascoltato il figlio, che abbia almeno 12 anni o, se di età inferiore, sia capace di intendere. L’interesse del minore prevale su tutto. Punto centrale non è l’interesse dei genitori, ma quello del minore ad essere identificato nel contesto delle relazioni sociali in cui è inserito. Perciò, l’assunzione del patronimico con esclusione del cognome materno non potrebbe essere disposta qualora l’esclusione di tale cognome, ormai naturalmente associato al minore nel contesto sociale in cui si trova a vivere, si risolvesse in un’ingiusta privazione di un elemento distintivo della sua personalità. Nessun elemento impeditivo. D’altra parte, però, il giudice può legittimamente disporre l’attribuzione al minore, in aggiunta al cognome della madre, di quello del padre, se viene esclusa la configurabilità di un qualsiasi pregiudizio derivante dalla modificazione accrescitiva del cognome, stante l’assenza di una cattiva reputazione del padre e l’esistenza, anche in fatto, di una relazione interpersonale tra padre e figlio . Inoltre, l’attribuzione deve essere disposta se il giudice considera che, non essendo ancora adolescente o in fase preadolescenziale, il minore non ha ancora acquisito con il matronimico, nella trama dei suoi rapporti personali e sociali, una definitiva e formata identità, in ipotesi suscettibile di sconsigliare l’aggiunta del patronimico . Ricorrendo tali condizioni, la Corte di Cassazione approva la decisione dei giudici territoriali e rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 giugno – 10 dicembre 2014, n. 26062 Presidente Luccioli – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1 - Con il decreto indicato in epigrafe la Corte di appello di Bari ha rigettato il reclamo proposto da M.A. e D.N.A.L.L. avverso il decreto del Tribunale per i Minorenni di Bari in data 10 gennaio 2013 con il quale era stato disposto che al loro figlio D.N.G. , nato il omissis , riconosciuto dal padre nel luglio dell'anno , fosse attribuito, in aggiunta, il cognome paterno. 1.1 - A giudizio della Corte territoriale, secondo la novellata disposizione contenuta nell'art. 262 c.c., la richiesta delle parti aveva natura eccezionale, in quanto solo allorché l'aggiunta o la sostituzione del cognome paterno arrechi al minore un concreto e comprovato pregiudizio, il giudice può escluderla. Nel caso di specie non sarebbero emerse controindicazioni all'assunzione del cognome paterno, dovendosi anzi ritenere che da tale soluzione il minore avrebbe dovuto trarre vantaggio, considerato anche il valore, dal punto di vista sociale, della figura paterna. 1.2 - Per la cassazione di tale provvedimento i signori D.N. e M. hanno proposto ricorso, affidato a tre motivi, illustrati da memoria. La parte intimata non svolge attività difensiva. Motivi della decisione 2 - Con il primo motivo, denunciandosi violazione dell'art. 262 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., si sostiene che con la decisione in esame si sarebbe, da un lato, affermata una prevalenza del patronimico che non trova riscontro nel quadro normativo vigente e, dall'altro, non si sarebbe tenuto conto del diritto del minore a conservare il matronimico, ormai assurto a segno distintivo dell'identità personale. 2.1 - Con il secondo mezzo la violazione della norma sopra indicata, nonché dell'art. 155 cod. civ. viene prospettata sotto il profilo dell'erroneità dell'attribuzione al patronimico di un favor che non troverebbe riscontro né nella normativa di riferimento, né nella prevalente giurisprudenza di legittimità. 2.2 - Con la terza censura, denunciandosi violazione e falsa applicazione dell'art. 262 cod. civ., commi 2 e 3, in relazione agli artt. 2 e 22 Cost., si ribadisce che l'interpretazione compiuta dalla Cote di appello, sostanzialmente incentrata sulla prevalenza del patronimico, contrasterebbe non solo con gli impegni assunti dal nostro Paese in sede sovranazionale, ma accorderebbe priorità a una visione dell'attribuzione del cognome in funzione del collegamento con il nucleo familiare, in luogo del necessario riferimento all'esigenza di preservare l'identità personale, anche in funzione dell'età del minore, il quale, per altro, così come entrambi i genitori, si era espresso per la conservazione del solo matronimico. 3- Il ricorso è infondato. Al di là di alcuni profili di natura motivazionale, che debbono correggersi ai sensi dell'art. 384 cod.proc. Civ., e che possono individuarsi nell'erroneo riferimento alla necessità, e non alla facoltà, di attribuire, anche in aggiunta, il cognome del genitore che effettua il secondo riconoscimento ed a qualsiasi richiamo a discipline diverse da quella prevista dall'art. 262 cod. civ., la decisione impugnata deve ritenersi sostanzialmente corretta ed esente da vizi rilevabili in questa sede. 4 - Questa Corte, invero, ha affermato che poiché i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione esclusiva del suo interesse, che è essenzialmente quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della sua personalità sociale, e poiché l'art. 262 cod. civ. disciplina autonomamente e compiutamente la materia, la scelta del giudice non può essere condizionata né dal favor per il patronimico, né dall'esigenza di equiparare almeno tendenzialmente il risultato a quello derivante dalle diverse regole, non richiamate dal citato articolo, che presiedono all'attribuzione del cognome al figlio legittimo o legittimato del D.P.R. n. 396 del 2000, art. 33 , delle quali, peraltro, sono stati già evidenziati profili di non aderenza al dettato costituzionale ed alle norme sovranazionali cfr. fluida ultimo, Corte Cost. 2006 n. 61 Cass., ord., 2008 23934 . 5 - Tanto premesso, deve rilevarsi che la questione dell'attribuzione del cognome nell'ipotesi del secondo riconoscimento ad opera del padre non ha subito, nell'evoluzione del quadro normativo, pure invocata dai ricorrenti, una sostanziale modifica, in quanto con il d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 è stato previsto, in conformità a una linea interpretativa già proposta in relazione alla precedente formulazione della norma, che il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre . Non è chi non veda come la possibilità di anteporre il cognome del genitore che effettua il secondo riconoscimento, che non rileva nel presente giudizio, essendosi nella specie disposto che il cognome del padre fosse aggiunto a quello della madre, costituisca l'espressione dell'ampliamento delle valutazioni e delle scelte che, nella delicata materia in questione, debbono essere adottate nell'esclusivo interesse del minore. 6 - In linea generale, la tendenziale abolizione del solo patronimico, da sostituirsi, secondo proposte che trovano riferimento in vari ordinamenti e che - de iure condendo - stanno affermandosi anche nel nostro, si colloca in un ambito culturale e giuridico del tutto differente dal denunciato favor per il solo patronimico, che costituisce il dato fondante, ma non pertinente nella specie, delle doglianze dei ricorrenti. Ed invero, premesso che la pur invocata pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo in data 7 gennaio 2014 non attiene alla fattispecie in esame, la questione, nei termini astratti proposti nel ricorso, può trovare adeguata risposta nella giurisprudenza di questa Corte, laddove si è affermato che il diritto al nome costituisce uno dei diritti fondamentali della persona, avente copertura costituzionale assoluta, quale strumento identificativo di ogni individuo. È stato poi precisato che la ratio della norma non va individuata nell'esigenza di rendere la posizione del figlio naturale quanto più simile possibile a quella del figlio legittimo, ma in quella di garantire l'interesse del figlio a conservare il cognome originario se questo sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale in una determinata comunità. L'organo giurisdizionale deve pertanto aver riguardo al modo più conveniente di individuare il minore in relazione all'ambiente in cui è cresciuto sino al momento del riconoscimento da parte del padre, ed è chiamato ad emettere, prescindendo da qualsiasi meccanismo di automatica attribuzione del cognome dell'uno o dell'altro genitore, un provvedimento contrassegnato da ampio margine di discrezionalità e frutto di libero e prudente apprezzamento, nell'ambito del quale assume rilievo centrale non tanto l'interesse dei genitori, quanto quello del minore ad essere identificato nel contesto delle relazioni sociali in cui si trova inserito. Ne consegue che, oltre che nei casi in cui ne possa derivare un diretto pregiudizio al minore in ragione della cattiva reputazione del padre, l'assunzione del patronimico con esclusione del cognome materno non può essere disposta quando l'esclusione di detto cognome, ormai naturalmente associato al minore nel contesto sociale in cui egli si trova a vivere, si risolva in una ingiusta privazione di un elemento distintivo della sua personalità Cass., 1 agosto 2007, n. 16989 Cass., 26 maggio 2006, n. 12641 . Si è quindi affermato che legittimamente viene disposta l'attribuzione al minore, in aggiunta al cognome della madre, di quello del padre, allorché il giudice del merito, da un lato, escluda la configu-rabilità di un qualsiasi pregiudizio derivante da siffatta modificazione accrescitiva del cognome stante l'assenza di una cattiva reputazione del padre e l'esistenza, anche in fatto, di una relazione interpersonale tra padre e figlio , e, dall'altro lato, consideri che, non versando ancora nella fase adolescenziale o preadolescenziale, il minore, tuttora bambino, non abbia ancora acquisito con il matronimico, nella trama dei suoi rapporti personali e sociali, una definitiva e formata identità, in ipotesi suscettibile di sconsigliare l'aggiunta del patronimico Cass., 5 febbraio 2008, n. 2751 . 7 - Chiarito che, in linea di principio, la statuizione impugnata non si colloca su un versante difforme dagli orientamenti di questa Corte, deve ribadirsi, per altro verso, che l'ampia discrezionalità attribuita, nei termini sopra indicati, al giudice del merito, comporta che tale decisione - da maturare nell'esclusivo interesse del minore, tenendo conto della natura inviolabile del diritto al cognome, tutelato ai sensi dell'art. 2 Cost. – è incensurabile in cassazione, se adeguatamente motivata Cass., 17 luglio 2007, n. 15953 . Sotto tale profilo deve rilevarsi che non risulta denunciato alcun vizio motivazionale, per altro, avuto riguardo alla modifica dell'art. 360, n. 5 cod. proc. Civ. applicabile ratione temporis , virtualmente soggetto alle limitazioni introdotte dalla nuova disciplina. 8 - Non va adottata alcuna statuizione in merito al regolamento delle spese processuali, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi.