Si può conservare il cognome dell’ex marito? Alla pubblica udienza l’ardua sentenza

Può la ex moglie mantenere, dopo il divorzio, il cognome del marito, utilizzato per 32 anni, divenuto quindi segno distintivo della sua identità personale? Mancano i precedenti e la questione è peculiare, perciò spetterà decidere alla Sezione I Civile in pubblica udienza.

E’ quanto emerge dalla ordinanza interlocutoria n. 18141 della Corte di Cassazione, depositata il 22 agosto 2014. Il caso. Un Tribunale, dopo aver pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto, respingeva la domanda, proposta dalla ex moglie, di autorizzazione a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio. La Corte d’appello confermava la decisione. La donna, allora, ricorreva per cassazione, ritenendo che la Corte d’appello avesse reso una decisione non conforme alla ratio dell’art 5 l. n. 898/1970 disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio , che consiste nel tutelare e valorizzare ogni interesse di carattere morale, sociale e relazionale alla conservazione del cognome che si dimostri apprezzabile in quanto investe profili di identità personale. La donna in sostanza sottolineava l’importanza del cognome del marito, utilizzato per 32 anni, che era divenuto segno distintivo indelebile della sua identità personale anche nei confronti del figlio e dei suoi nipoti. La stessa ricorrente adduceva come argomentazione a favore della propria richiesta, l’assoluta mancanza di pregiudizio che sarebbe potuta derivare all’ ex marito dall’utilizzazione da parte della donna del cognome,in quanto persona socialmente stimata e apprezzata. L’attaccamento alla famiglia è sufficiente per conservare il cognome dell’ex marito? Il Consigliere, nella relazione depositata all’udienza filtro in Cassazione, proponeva il rigetto del ricorso, nonostante lo stesso meritasse considerazione dal punto di vista etico per l’attaccamento dimostrato della donna alla sua esperienza familiare. Sempre secondo quanto esposto nella relazione, il ricorso non poteva considerarsi fondato dal punto di vista giuridico poiché il principio cui l’ordinamento familiare è ispirato è quello della coincidenza fra denominazione personale e status e che la possibilità di consentire con effetti di carattere giuridico-formali la conservazione del cognome del marito, accanto al proprio, dopo il divorzio, è da considerarsi un’ipotesi straordinaria affidata alla decisione discrezionale del giudice di merito secondo criteri di valutazione propri di una clausola generale ma che non possono coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica . La parola alla prima sezione civile. La Cassazione ritiene opportuno, tenuto conto anche dell’assenza di precedenti e della peculiarità della controversia, rimettere la causa alla prima sezione civile per la discussione in pubblica udienza.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 giugno – 22 agosto 2014, n. 18141 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che in data 24 aprile 1014 è stata depositata relazione ex art. 380 bis che qui si riporta 1. ha appellato la sentenza non definitiva del Tribunale di n. 12040/09 nella parte in cui, dopo aver pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con ne ha respinto la domanda di autorizzazione a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio. 2. La Corte di appello di con sentenza n. 1320/2011 ha respinto l'appello ribadendo la fondatezza della non ammissione delle prove testimoniali dedotte davanti al primo giudice dalla in quanto generiche o contenenti giudizi non demandabili ai testimoni e ritenendo che l'interesse meritevole di tutela cui l'art. 5 della legge n. 898/1970 subordina l'autorizzazione a conservare il cognome del marito non può esaurirsi nell'irrinunciabilità ad un cognome famoso e noto che faciliti di per sé la frequentazione di ambienti mondani, di rango sociale e censo elevati, assicurando notorietà e agevolazioni confacenti a quelle di una famiglia molto conosciuta nel ramo imprenditoriale perché altrimenti bisognerebbe concludere che ogni moglie divorziata dovrebbe poter mantenere il cognome maritale allorquando appartenga a una famiglia dotata di notorietà. 3. Ricorre per cassazione deducendo a violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della legge n. 898/1970 e successive modifiche con riguardo all'art. 360 n. 3 b contraddittoria, omessa e insufficiente motivazione ex art. 366 n. 5 c.p.c. Ritiene la ricorrente che la Corte di appello ha reso una decisione non conforme alla ratio del citato articolo 5 che consiste nel tutelare e valorizzare ogni interesse di carattere morale, sociale e relazionale alla conservazione del cognome che si dimostri apprezzabile perché investe profili di identità personale. In particolare rileva che il cognome del marito utilizzato per oltre 32 anni di vita a e molto più del suo cognome utilizzato solo fino al compimento dei 6 anni nel suo paese di origine , con l'intensità sociale propria dell'appartenenza a una famiglia di imprenditori di fama internazionale, è divenuto segno distintivo indelebile della sua identità personale anche nei confronti del figlio e dei due nipoti. A fronte di tale pregiudizio, rileva ancora la ricorrente, vi è la assoluta mancanza di pregiudizio sotto il profilo della reputazione, del decoro o della riservatezza che deriverebbe a dall’utilizzazione da parte della sua ex moglie, persona socialmente stimata e apprezzata anche per la sua irreprensibile condotta di vita e per l'impegno personale profuso per la famiglia, del suo cognome. 4. Si difende con controricorso che chiede dichiararsi inammissibile o cumunque rigettare il ricorso rilevando la sua attinenza a mere considerazioni di merito e l'infondatezza della domanda della atteso che nel sistema normativo le ipotesi nelle quali è configurabile il diritto della donna al mantenimento del cognome del marito ricorrono soltanto in casi eccezionali in quanto dipendenti da un potere autorizzatorio del tutto extra ordinem rispetto al generale sfavore dell'ordinamento per situazioni confusive. Ritenuto che 5. Il ricorso della merita sicuramente considerazione dal punto di vista etico per l'evidente attaccamento e rispetto che la ricorrente dimostra, attraverso le sue difese, alla sua esperienza familiare vissuta nel corso di 32 anni accanto al ma non può considerarsi fondato dal punto di vista giuridico perché il principio cui l'ordinamento familiare è ispirato è quello della coincidenza fra denominazione personale e status. La possibilità di consentire con effetti di carattere giuridico-formali la conservazione del cognome del marito, accano al proprio, dopo il divorzio, è da considerarsi una ipotesi straordinaria affidata alla decisione discrezionale del giudice di merito secondo criteri di valutazione propri di una clausola generale ma che non possono coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica. Né può escludersi che l'uso del cognome possa costituire un pregiudizio per il coniuge che non vi acconsenta e che intenda ricreare, esercitando un diritto fondamentale a mente dell'art. 8 della , un nuovo nucleo familiare che sia riconoscibile, come legame familiare attuale, anche nei rapporti sociali e in quelli rilevanti giuridicamente. 6. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso. La Corte letta la memoria difensiva della ricorrente, ritenuto opportuno anche per l'assenza di precedenti pronunce in materia e per la peculiarità della controversia rimettere la causa alla prima sezione civile per la discussione in pubblica udienza P.Q.M. La Corta rinvia alla pubblica udienza della prima sezione civile. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.