Le condizioni economiche del marito migliorano, ma in assenza di circostanze nuove l’assegno divorzile non aumenta

Priva di censure è la decisione del Tribunale, confermata dalla Corte d’Appello, di mantenere invariato l’importo dell’assegno divorzile in favore dell’ex moglie e da questa concordato con l’ex marito in sede di ricorso congiunto, in assenza di circostanze nuove e sopravvenute idonee ad alterare il pregresso equilibrio stabilito dalle parti stesse.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1165 del 21 gennaio 2014. Il caso . A seguito della sentenza di divorzio, pronunciata alle condizioni concordate dagli stessi coniugi in punto di assegno divorzile, il Tribunale, investito della richiesta di revisione da parte dell’ex marito, confermava l’assegno in favore della moglie nell’importo mensile di 154,94, come concordato tra le parti, e determinava l’obbligo del padre di contribuire al mantenimento del figlio nella misura di 258,00. La Corte d’Appello, in sede di gravame, confermava l’importo dell’assegno divorzile e riduceva il contributo paterno al mantenimento del figlio all’importo di 200,00 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie. L’assegno divorzile rimane invariato. Come è noto, la revisione dell’assegno divorzile, tanto in melius quanto in peius , presuppone la verifica circa il sopravvenuto cambiamento delle condizioni economiche delle parti e la idoneità dello stesso a mutare l’assetto patrimoniale derivante dal provvedimento di cui si chiede la revoca o la modifica. Ai sensi dell’art. 9 L. 1 dicembre 1970 n. 898, in presenza di sopravvenuti giustificati motivi, il Tribunale, su istanza di parte, può disporre la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, la misura dell’assegno divorzile e del mantenimento della prole nonché le modalità di versamento. Con riferimento alla richiesta di aumento dell’assegno divorzile da parte dell’ex mogli ed in favore di quest’ultima, i giudici di merito e di legittimità hanno ritenuto che, benché in presenza di una situazione economica più precaria rispetto a quella dell’ex marito, non vi fossero circostanze nuove e sopravvenute tale da fondare una revisione dell’assegno, il cui importo era stato concordato dalle parti in sede di divorzio. Anzi, osservano i giudici, la modestia dell’importo accettato in sede di divorzio dimostrava che l’ex moglie disponesse di altri redditi propri, seppure insufficienti a permetterle di provvedere alle proprie necessità e di mantenere un analogo tenore di vita che il matrimonio le aveva assicurato. Nemmeno l’attività imprenditoriale intrapresa dall’ex moglie, all’epoca della pattuita determinazione dell’importo dell’assegno divorzile, e rilevatasi fallimentare subito dopo, costituisce circostanza nuova e sopravvenuta, in considerazione del fatto che la stessa avesse sempre svolto altre attività lavorativa, anche se in modo precario. Per i medesimi motivi, anche la domanda di revoca o riduzione dell’importo dell’assegno divorzile proposta dall’ex marito non trova fondamento, stante il divario reddituale ancora sussistente tra le parti, rimasto invariato rispetto alla pronuncia di divorzio. Secondo i giudici di legittimità, dunque, i mutamenti delle condizioni economiche delle parti intervenuti a seguito della sentenza di divorzio sono inidonei ad alterare il pregresso equilibrio stabilito consensualmente dalle medesime, non ricorrendo nel caso de quo quei giustificati motivi sopravvenuti per richiedere una modifica di quanto stabilito dalla sentenza di divorzio. il contributo al mantenimento del figlio aumenta a fronte delle maggiori esigenze del figlio. Discorso opposto, invece, per quanto concerne il contributo al mantenimento della prole. Censurabile, infatti, la motivazione con la quale i giudici di appello avevano liquidato per il mantenimento del figlio un importo inferiore a quello fissato in sede di accordo divorzile e a quello indicato dal giudice di prime cure investito della richiesta di revisione, pur in presenza di un miglioramento delle condizioni economiche del padre nonché delle mutate esigenze del figlio, correlate alla crescita.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 18 novembre 2013 - 21 gennaio 2014, n. 1165 Presidente Carnevale Relatore Giancola Svolgimento del processo Con sentenza n. 1833 del 2003 il Tribunale di Roma pronunciava il divorzio dei coniugi P.G. e S.G. alle condizioni dagli stessi concordate e di cui al ricorso congiunto del 14.10.2002, secondo le quali per il profilo economico il P. avrebbe corrisposto all'ex moglie sia l'assegno divorzile di Euro 154,94 mensili e sia il contributo di complessivi Euro 516,47 mensili per il mantenimento dei due figli della coppia, F. , nata nel ed ormai maggiorenne, e B. , nato nel , affidato alla madre, con cui anche la prima all'epoca conviveva. Con decreto del 3.03.2006 il Tribunale di Roma, accogliendo parzialmente la domanda di revisione delle suddette condizioni, proposta in data 26.10.2004 dal P. , revocava l'obbligo del ricorrente di versare alla S. il contributo per la figlia F. , che dal dicembre del 2003 era andata a vivere col padre, mentre confermava l'obbligo dello stesso di corrispondere all'ex moglie l'assegno divorzile ed il contributo di mantenimento per il figlio, che determinava in Euro 258,00 mensili. Con decreto del 12-25.11.2009, seguito da provvedimento in data 25.11.2009, di correzione di errore materiale, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma del decreto del Tribunale, reclamato in via principale dalla S. ed in via incidentale dal P. , stabiliva che, a decorrere dal marzo 2006, il P. contribuisse al mantenimento del figlio sia col versamento all'ex moglie di Euro 200,00 mensili, annualmente rivalutabili e sia concorrendo per quota pari al 50% nelle sue spese di studio e mediche non coperte dal SSN. La Corte territoriale osservava e riteneva che a in sede di revisione il P. aveva chiesto di essere esonerato dal pagamento del contributo per la figlia e dell'assegno divorzile in favore della ex moglie, al riguardo sostenendo che ella era in grado di provvedere autonomamente a sé e che di contro la sua situazione economica era peggiorata rispetto all'epoca del divorzio, in quanto doveva mantenere la figlia oltre che rimborsare con ratei trimestrali d'importo mensile medio pari a circa Euro 650,00, il mutuo quindicennale contratto per l'acquisto della casa di abitazione. Aveva inoltre chiesto che il contributo dovuto per il figlio fosse determinato in Euro 258,00 e che all'ex moglie fosse imposta la dazione in suo favore di un contributo di Euro 350,00 mensili per il mantenimento della figlia con lui convivente b la S. aveva spiegato domanda riconvenzionale volta all'aumento sia del l'assegno divorzile che del contributo per il figlio c quanto alle condizioni delle parti il P. , sottufficiale dell'esercito, che dopo la separazione era andato a vivere in un piccolo alloggio di servizio, nel 2004, epoca dell'introduzione del ricorso in revisione, disponeva di un reddito netto annuo da lavoro di Euro 24.700,00 pari mensilmente ad Euro 2.058,00 , superiore di Euro 3.700,00 rispetto a quello fruito nel 2002, aveva effettuato mensilmente, quanto meno fino al giugno del 2006, un bonifico di Euro 300,00 alla figlia, che ormai viveva a Lisbona, era divenuto comproprietario per quota pari all'80% della nuova abitazione, per il residuo 20% in titolarità di altra persona, con cui presumibilmente conviveva, assumendo oneri di rimborso del mutuo da lui solo contratto per l'acquisto dell'immobile, e, malgrado che, nonostante l'espresso invito della Corte, non avesse prodotto la documentazione fiscale più recente, era comunque legittimo presumere che il suo reddito negli ultimi anni si fosse incrementato quanto meno dell'ordinario aumento per scatti biennali o voci similari la S. , invece, nonostante avesse in passato conseguito successi sportivi in campo nazionale ed internazionale, versava in situazione economica molto più precaria rispetto a quella dell'ex marito, dal momento che per il 2002 aveva denunciato un reddito annuo pari ad Euro 586,00, che inoltre l'attività imprenditoriale nel campo dell'abbigliamento sportivo che aveva intrapreso quando erano state concordate le condizioni del divorzio, si era rivelata fallimentare ed era cessata nel giugno del 2003, sicché si era trovata in gravi ristrettezze economiche a causa delle quali aveva dovuto rinunciare all'appartamento che aveva preso in locazione all'epoca della separazione e trasferirsi presso la più modesta abitazione della propria madre, la quale, fino a quando era stata in vita, aveva contribuito con la sua pensione alle necessità della figlia e del nipote. Inoltre l'istruttoria svolta aveva confermato che le condizioni di vita della S. non erano migliorate, ma semmai peggiorate in relazione all'età raggiunta e alle sue condizioni di salute, essendo emerso che impartiva solo saltuariamente lezioni di ginnastica e che veniva da anni economicamente aiutata dalle sorelle. d conclusivamente si poteva confermare che l'attività lavorativa della S. non costituiva circostanza nuova e sopravvenuta, in quanto come si desumeva dalle dichiarazioni dello stesso P. la reclamante aveva sempre svolto qualche attività lavorativa, anche se in maniera precaria. D'altra parte la modestia dell'importo dell'assegno concordato in sede di divorzio, stava a dimostrare che la S. già fruiva di altri redditi, seppure insufficienti a permetterle di provvedere alle proprie necessità e comunque di mantenere il tenore di vita che il matrimonio le aveva assicurato. Inoltre il deterioramento della situazione economica di lui non era stato tale da azzerare il divario a suo favore e pertanto in merito all'assegno divorzile si doveva confermare la decisione del tribunale e andava invece aumentato, con decorrenza dalla decisione sul reclamo, il contributo paterno per il figlio, nato nel 1980, stante le sue maggiorate esigenze correlate alla crescita, quali essenzialmente inerenti alla vita sociale, aumento da determinare in importo compatibile con la capacità del P. e tale da realizzare una giusta ripartizione degli oneri tra i genitori f il P. era invece privo di legittimazione attiva a richiedere il contributo per la figlia non più convivente con lui. Avverso questo provvedimento la S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrato da memoria e notificato il 29.01.2010 al P. , che il 10.03.2010 ha resistito con controricorso. Motivi della decisione A sostegno del ricorso la S. denunzia 1. Violazione dell'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. e dell'art. 9, L.n. 898/70 per contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e per violazione di legge laddove, riconoscendo il peggioramento delle condizioni economiche della Sig.ra S. non ha rideterminato l'assegno divorzile in misura superiore a quella concordata in sede di divorzio e determinata dal Tribunale nel procedimento di revisione. . Pur non essendovi tenuta ratione temporis , formula il seguente quesito di diritto Vero che, in presenza di motivazione che riconosce le migliorate condizioni economiche del Sig. P. , obbligato, e le peggiorate condizioni economiche della Sig.ra S. , beneficiaria, è contraddittoria ed ingiusta la motivazione stessa, e quindi la mancata modifica da parte della Corte di Appello del provvedimento di primo grado davanti ad essa impugnato, laddove mantiene ferma la misura del contributo concordata in sede di divorzio e non la modifica in melius che pertanto il decreto della Corte di Appello dovrà essere riformato nel senso della fissazione di una misura di mantenimento superiore così come richiesto dalla ricorrente? . Il motivo non ha pregio. Le ragioni poste dai giudici del reclamo a fondamento della loro decisione non si rivelano né non aderenti al dettato normativo né contraddittorie, considerando che esse attengono al rigetto sia della domanda della S. di aumento dell'entità dell'assegno divorzile e sia della contrapposta domanda del P. di revoca o riduzione della medesima dazione e che relativamente al primo profilo appaiono logicamente ancorate alla verifica dei mutamenti delle condizioni economiche delle parti intervenuti dopo la sentenza di divorzio che aveva recepito in punto di assegno divorzile l'accordo tra le stesse intervenuto. Tali mutamenti sono stati conclusivamente e plausibilmente apprezzati come nel loro complesso inidonei ad alterare il pregresso equilibrio stabilito dalle stesse parti nel giudizio di divorzio, considerando quanto alla situazione del P. che a fronte di presumibili incrementi ordinari del suo stipendio si ponevano, oltre al contributo di mantenimento del figlio, i sopravvenuti oneri di spesa sostenuti in favore della figlia seppure con lui non convivente, e per il rimborso del mutuo contratto per soddisfare sue fondamentali esigenze abitative e quanto alla situazione della S. pure il fatto che all'epoca della concordata determinazione dell'entità dell'assegno divorzile, la sua attività imprenditoriale era appena iniziata e conseguentemente ritenendo, seppure per implicito, che la sorte sfavorevole dell'iniziativa non potesse influire sulla valutazione, e che d'altro canto permaneva una sua capacità di proficuo lavoro, seppure in termini in concreto limitati dalle sue condizioni soggettive. 2. Violazione dell'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. e dell'art. 9, L.n. 898/70 per contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e per violazione di legge laddove, pur riconoscendo le mutate esigenze del figlio B. ha liquidato una misura inferiore a quella fissata in sede di accordo divorzile e addirittura a quella indicata dal Tribunale . Formula il seguente quesito di diritto Vero che, in presenza di motivazione che riconosce le migliorate condizioni economiche del Sig. P. , obbligato, e le mutate esigenze del figlio, beneficiario, in ragione dell'età, rispetto a quelle che avevano determinato la fissazione del mantenimento di Euro 258,00 in sede di divorzio, è contraddittoria ed ingiusta la motivazione stessa, e quindi la modifica, da parte della Corte di Appello, del provvedimento di primo grado davanti ad essa impugnato, laddove riduce la misura del contributo in favore del figlio B. concordata in sede di divorzio e fissata dal Tribunale e non la modifica in melius che, pertanto, il decreto della Corte di Appello dovrà essere riformato nel senso della fissazione di una misura di mantenimento superiore così come richiesto dalla ricorrente? . Preliminarmente va disattesa l'eccezione del controricorrente di difetto di legittimazione processuale attiva della S. . Quest'ultima ha, infatti, agito per la revisione delle condizioni economiche del divorzio anche in proprio cfr cass. n. 11320 del 2005 e non solo nell'inconferente veste di rappresentante legale del figlio, che all'epoca della domanda era già maggiorenne d'altra parte, la legittimazione della stessa a richiedere iure proprio all'ex coniuge la revisione del contributo per il mantenimento del figlio, non può nemmeno ritenersi nel frattempo venuta meno, controvertendosi in questa sede solo sull'entità dell'apporto paterno e, dunque, essendo ormai definitivamente accertati i presupposti che legittimano la contribuzione, costituiti dalla convivenza con la madre del figlio non ancora economicamente indipendente in tema, cfr cass. n. 18075 del 2013 . Nel merito il secondo motivo del ricorso si rivela fondato, per il fatto che la quantificazione del contributo paterno per il mantenimento del figlio si rivela in effetti fondata su motivazione evidentemente inidonea a chiarire le ragioni della determinazione conclusiva ed a dare, pertanto, doveroso, puntuale conto dell'impugnata statuizione. Conclusivamente si deve respingere il primo motivo, accogliere il secondo motivo del ricorso, cassare l'impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinviare la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo motivo del ricorso, cassa in parte qua l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione. Ai sensi dell'art. 52, comma 5, del D.Lgs n. 196 del 2003, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.