Immobile acquisito dalla suocera: i 400 euro mensili di assegno sono sufficienti

Una donna aveva acquisito in sede transattiva un immobile trasferitole dalla madre del marito, potenzialmente produttivo di reddito. Insomma, i 400 euro mensili dell’assegno divorzile sono sufficienti, anche perché devono sommarsi all’approssimativo valore locativo dell’immobile.

Il caso. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 368/2014 depositata il 10 gennaio scorso, si è pronunciata in merito alla quantificazione dell’assegno di divorzio spettante ad una donna dopo la cessazione degli effetti civili del matrimonio. 400 euro al mese sono pochi, l’ex moglie ne chiede almeno 1.500. Secondo la donna, i giudici di merito, nella quantificazione dell’assegno, non avrebbero tenuto conto della diversa situazione reddituale dei coniugi nel momento del matrimonio e in quello in cui era intervenuto il divorzio. Ad esempio, la ricorrente aveva avuto facoltà di utilizzare una carta bancomat gravante sul conto del marito per un importo mensile pari a 1.500 euro. E poi, afferma ancora la ricorrente, i giudici non avrebbero considerato il contributo da lei dato alla carriera del marito nel corso del matrimonio. Ai 400 euro bisogna aggiungere i 900 di valore locativo dell’immobile della donna. Gli Ermellini, tuttavia, non si discostano dalla decisione dei colleghi di merito e confermano l’assenza di squilibri fra i coniugi con riferimento alla titolarità di immobili. Per quanto riguarda, invece, il ridimensionamento reddituale della donna, la S.C. sottolinea che non erano emersi specifici contributi della ricorrente alla carriera dell’ex marito e poi – si sottolinea – la donna, nel corso della separazione, aveva acquisito in sede transattiva un immobile trasferitole dalla madre del marito, potenzialmente produttivo di reddito. Insomma, i 400 euro mensili quantificati in primo grado, devono sommarsi all’approssimativo valore locativo di detto immobile, pari a 900 euro mensili. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 2 dicembre 2013 – 10 gennaio 2014, n. 368 Presidente Carnevale – Relatore Piccininni Svolgimento del processo Con ricorso ritualmente notificato B.L. proponeva appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Lucca aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio da lei celebrato con P.R. e aveva condannato quest'ultimo al pagamento di Euro 400 mensili in suo favore. P. proponeva a sua volta appello incidentale con il quale sollecitava la revoca dell'assegno divorzile, richiesta che la Corte di Appello di Firenze viceversa disattendeva, limitandosi a modificare la decisione soltanto con riferimento alla decorrenza del detto assegno, che veniva fissata a far tempo dalla relativa domanda, formulata con la comparsa di risposta del 30.9.2006. Avverso la decisione B. proponeva ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui resisteva P. con controricorso contenente ricorso incidentale anch'esso sostenuto da un solo motivo e poi ulteriormente illustrato da memoria, a sua volta resistito con controricorso. La controversia veniva quindi decisa all'esito dell'udienza pubblica del 2.12.2013. Motivi della decisione Con il ricorso principale la B. ha denunciato violazione dell'art. 5, sesto comma, l. 1978/898 e successive modifiche, nonché vizio di motivazione, in relazione alla quantificazione dell'assegno di divorzio. La relativa determinazione sarebbe infatti errata sotto i seguenti aspetti non sarebbe stata debitamente considerata la diversa situazione reddituale dei coniugi nel momento del matrimonio e in quello in cui era intervenuto il divorzio non si sarebbe tenuto conto del fatto che, fin all'inizio della separazione, essa ricorrente aveva avuto facoltà di utilizzare carta bancomat gravante sul conto del P. per un importo mensile di Euro 1.500 non sarebbero state poste a confronto le situazioni reddituali degli ex coniugi il valore locativo dell'immobile che le era stato trasferito dalla madre del marito in sede transattiva sarebbe stato apprezzato in misura eccessivamente elevata la Corte territoriale a torto avrebbe tenuto conto della presenza dell'altra famiglia dell'ex marito e avrebbe invece omesso di considerare il contributo da lei dato alla carriera del marito nel corso del matrimonio. L'erroneità della valutazione compiuta per effetto della inadeguata considerazione degli aspetti sopra indicati aveva dunque dato causa alla quantificazione dell'assegno in Euro 400 mensili, importo che sarebbe stato viceversa del tutto insufficiente e che avrebbe dovuto essere elevato a Euro 1.500 mensili. Con il ricorso incidentale il P. ha a sua volta denunciato violazione dell'art. 5 l. 1978/898 e successive modifiche, nonché vizio di motivazione, con riferimento alla statuizione relativa all'assegno divorzile. Questo sarebbe stato infatti a torto riconosciuto, come sarebbe stato desumibile dal contenuto del verbale di conciliazione redatto in sede di separazione il 26.6.2002 e sottoscritto dalla B. , che nell'occasione si definiva economicamente autosufficiente . Eventuali variazioni peggiorative sotto il profilo economico rispetto alla situazione di equilibrio fra i coniugi, quale risultante dal citato verbale, avrebbero dovuto dunque essere debitamente provate e, in mancanza, l'assegno - a dire del P. - non avrebbe dovuto essere concesso. Osserva il Collegio che entrambi i ricorsi sono infondati e devono essere dunque rigettati. Quanto a quello principale, occorre innanzitutto rilevare che, per quanto la ricorrente abbia prospettato anche una censura di violazione di legge, in realtà il vizio sostanzialmente astrattamente ravvisabile è quello concernente la motivazione del contestato provvedimento, avendo la B. espressamente concordato con i motivi della decisione illustrati ai punti 1, 2, 3 nella sentenza impugnata in merito agli accertati presupposti di ammissibilità dell'assegno divorzile p. 4 . Il detto vizio è tuttavia insussistente. La Corte di appello ha infatti ritenuto che, non essendo praticamente emersi squilibri fra i coniugi con riferimento alla titolarità di immobili, il punto di attenzione doveva essere focalizzato sulla posizione reddituale, rispetto alla quale il ridimensionamento di quello della ricorrente principale a confronto di quello goduto in costanza di matrimonio fra l'altro imputabile anche al venir meno dell'autonomia reddituale della moglie, per la cessazione dell'attività lavorativa avrebbe reso necessario un intervento riequilibratore. Nel concreto, ai fini della relativa quantificazione, la Corte territoriale ha quindi ritenuto che si dovesse tener conto delle circostanze di fatto già valutate dal primo giudice che in particolare si dovesse considerare la disponibilità dell'abitazione da parte della B. e l'esistenza di una nuova famiglia del P. che non erano emersi specifici contributi della prima alla carriera del secondo che doveva altresì tenersi conto del fatto che la donna, nel corso della separazione, aveva acquisito in sede transattiva un immobile trasferitole dalla madre del marito, potenzialmente produttivo di reddito che l'approssimativo valore locativo di detto immobile, apprezzato in Euro 900, valutato congiuntamente all'importo dell'assegno di mantenimento - Euro 400 consentiva la determinazione del mensile effettivo nell'importo di circa Euro 1.300 mensili che si avvicina alla richiesta ed appare comunque certamente congruo p. 4 . La Corte di appello ha dunque dato sufficiente ragione della decisione adottata, che risulta sostenuta da argomentazioni non viziate sul piano logico, e pertanto insindacabili in questa sede di legittimità. Per di più le dette argomentazioni sono state contrastate non già in ragione di pretesi vizi argomentativi o omissivi che, se non vi fossero stati, avrebbero certamente indotto a diverse conclusioni, ma soltanto sul piano del merito, per effetto di una diversa interpretazione del materiale probatorio acquisito basata sulla valorizzazione di altre circostanze, quali il consenso all'utilizzazione di carta di credito, l'approssimazione del valore locativo stimato dell'immobile acquisito in sede transattiva, l'omessa considerazione del sostegno offerto al marito per agevolarne la carriera, le precarie condizioni di salute, circostanze fra l'altro quanto meno in parte già considerate dalla Corte di appello, esiti difformi. Identici rilievi vanno poi svolti per quanto riguarda il ricorso incidentale, essendo irrilevante la circostanza che nel giugno del 2002, in sede di separazione, la B. si sarebbe definita economicamente autosufficiente , atteso il tempo trascorso dalla successiva richiesta, che ben avrebbe potuto avere fondamento come si deduce in una diversa situazione di fatto, ed essendo le altre censure generiche, attinenti al merito della controversia ed essenzialmente incentrate su una interpretazione dei dati acquisiti difforme da quella, non condivisa, adottata dalla Corte di appello nella sentenza impugnata. Conclusivamente entrambi i ricorsi devono essere rigettati, con compensazione delle spese processuali del giudizio di legittimità, attesa la soccombenza reciproca delle parti. P.Q.M. Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03.