Il figlio lascia il nido, la madre deve abbandonare la casa coniugale. Legittima la richiesta dell’ex marito

La raggiunta indipendenza economica del giovane ha inevitabili ripercussioni sui rapporti tra i due ex coniugi. Azzerata l’assegnazione delle mura domestiche alla donna, viene accolta la domanda dell’uomo l’occupazione dell’immobile è da considerare sine titulo .

Mai più bamboccione! Per sentirsi adulto, finalmente, raggiungere l’indipendenza economica, fare le valigie e abbandonare il ‘nido’ familiare è fondamentale. Lo si può considerare un passaggio naturale, anche se, oggi, non più scontato Ma esso può anche avere ripercussioni negative non sul figlio, ma sulla madre, che si vede non solo negata la disponibilità della casa coniugale ma è costretta addirittura ad abbandonarla rapidamente Cassazione, sentenza numero 6154, sezione Prima Civile, depositata oggi . Sull’uscio Contesto, ovviamente, quello del divorzio tra marito e moglie, oramai decisi a rompere definitivamente ogni legame. Nodo gordiano quello relativo ai rispettivi riconoscimenti economici. Che si concretizzano, per la donna, nell’assegnazione della casa coniugale, di proprietà dell’ex marito decisione, questa, acclarata già in sede di separazione. A suo favore ‘pesa’ anche la presenza di un figlio Quest’ultimo, però, è praticamente sull’uscio di casa. Indipendence day. Il giovane, oramai pronto ad essere un uomo, riesce ad acquisire l’agognata indipendenza economica. Il passaggio, la maturazione si concretizza a procedimento in corso, e gli effetti sono inevitabili Difatti, in Tribunale l’assegnazione della casa coniugale alla donna viene negata, perché il figlio, con lei convivente, era ormai divenuto economicamente autosufficiente . E anche in Appello la situazione rimane immutata. Anzi, peggiora Fuori. Per quale ragione? Perché, nel procedimento di secondo grado, viene accolta la domanda dell’ex marito, volta ad ottenere il rilascio dell’immobile. Secondo i giudici, difatti, la donna detiene la casa senza titolo , e, quindi, ora è obbligata ad andare via. Da questo punto di vista, sottolineano i giudici, così come c’è la facoltà di disporre l’assegnazione con provvedimento esecutivo , così c’è la facoltà di revocarla con un nuovo provvedimento ugualmente esecutivo . Nulla quaestio. E proprio la domanda avanzata, con appello incidentale, dall’ex marito è ovviamente punto di riferimento per il ricorso per cassazione presentato dalla donna. Domanda legittima? Assolutamente no, secondo l’ex moglie. Assolutamente sì, secondo i giudici, i quali ne confermano la giustezza sia da un punto di vista procedurale, che sostanziale. Da quest’ultimo punto di vista, in particolare, viene pienamente compresa e condivisa la ratio della pronuncia di secondo grado, alla luce della indipendenza economica raggiunta dal figlio convivente con la madre. Conseguenziale, e legittima, la decisione di revocare l’assegnazione della casa. Per chiudere la vicenda, quindi, la conferma della pronuncia emessa in Appello, che obbliga la donna ad abbandonare, su richiesta dell’ex marito, la casa coniugale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 28 marzo – 19 aprile 2012, n. 6154 Presidente Luccioli – Relatore De Chiara Svolgimento del processo Nel determinare, all’esito del relativo giudizio, le condizioni economiche del divorzio tra i sigg. B.S. e M.S. con riguardo, in particolare, all’assegnazione della casa coniugale di proprie tà dell’ex marito e già assegnata alla ex moglie con i provvedimenti presidenziali provvisori e, prima ancora, in sede di separazione , il Tribunale di Napoli respinse, la domanda di assegnazione confermata dalla signora, osservando che il figlio con lei convivente era ormai divenuto economicamente autosufficiente. La sig.ra S. prepose appello insistendo nella richiesta ed assegnazione, il sig. S. propose appello incidentale per ottenere un espresso ordine di rilascio dell’appartamento in atto occupato dalla ex moglie. La Corte di Napoli ha respinto l’appello principa le e accolto l’appello incidentale, osservando che la pacifica autosufficienza economica del figlio della coppia, sopraggiunta dopo il provvedimento provvisorio del Presidente del Tribunale, impediva l’accoglimento della domanda dell’appellante principale, dato che l’assegnazione della casa coniugale si giustifica e sclusivamente in funzione dell’interesse della prole. Andava quindi accolta anche la domanda di rilascio proposta dall’ex marito, proprietario dell’immobile, nei confronti della ex moglie, che ormai lo deteneva senza titolo infatti il giudice, come ha la facoltà di disporre l’assegnazione con provvedimento esecutivo, così ha la facoltà di revocarla con un provvedimento ugualmente esecutivo. La sig.ra S. ha proposto ricorso per cas sazione con tre motivi di censura, cui il sig. S. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1 - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si deduce l’improcedibilità - erroneamente non rilevata nella sentenza impugnata - dall’appello incidentale, proposto dal S. con la comparsa di costituzione depositata alla prima udienza e non venti giorni prima di quest’ultima, come invece previsto dal combinato disposto degli artt. 343 e 166 c.p.c., applicabile, ad avviso della ricorrente, anche all’appello camerale previ sto dall’art. 4 l. 1° dicembre 1970, n. 898 come modif. dall’art. 8 l. 6 marzo 1987, n. 74 . 1.1. – Il motivo è infondato, perché il rito came rale previsto per l’appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione personale, come, da un lato, non prelude la proponibilità dell’appello incidentale, anche indipendentemente dalla scadenza del termine per l’esperimento del gravame in via principale, così, dall’altro, essendo caratterizzato dalla sommarietà della semplicità delle forme, esclude la piena applicabilità delle norme che regolano il processo ordinario e, in particolare, del termine perentorio fissato, per la proposizione dell’appello incidentale, dal primo comma dell’art. 343 c.p.c., atteso che il principio del contraddittorio viene rispettato per il solo fatto che il gravame incidentale sia portato a conoscenza della parte avversa entro limiti di tempo tali da assicurare a quest’ultima la possibilità di far valere le proprie ragioni mediante organizzazione di una tempestiva difesa tecnica, da svolgere sia in sede di udienza camerale sia al termine dell’inchiesta Cass. 1179/2006 e successive conformi . 2. - Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza impugnata per omissione della motivazione in diritto dell’affermazione secondo cui il giudice, come ha la facoltà di disporre l’assegnazione della ca sa coniugale con provvedimento esecutivo, così ha la facoltà di revocare la medesima assegnazione con un nuovo provvedimento ugualmente esecutivo. 2.1. – Il motivo è infondato. La nullità della sentenza, per difetto assoluto di motivazione ai sensi dell’art. 132, n. 4, c.p.c., si verifica soltanto allorché risulti impossibile comprendere le ragioni della decisione, e non è questo - all’evidenza - il caso della sentenza qui impugnata. L’omissione, poi, di una più completa motivazione in diritto, così come l’erroneità di tale motivazione, non comporta alcuna nullità, bensì un vizio della sentenza emendabile anche in sede di legittimità ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c. Del tutto fuori luogo è, infine, il riferimento della ricorrente al vizio di cui al n. 5 dell’art. 360, primo comma, c.p.c., che riguarda la motivazione in fatto, non in diritto. 3. - Con il terzo motivo si denuncia nullità della sentenza per errata interpretazione ed applicazione del disposto dell’art. 155 quater c.c.”. 3.1. - Il motivo è inammissibile. La ricorrente, invero, si limita a riprodurre un passaggio della motivazione di Cass. 6979/2007, senza spiegarne l’attinenza al presente giudizio e - soprattutto - senza che risulti l’articolazione di specifiche censure nei controlli della sentenza impugnata. 4. - Il ricorso va in conclusione respinto, con condanna della soccombente alle spese processuali, liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorren te alle spese processuali, in € 1.700,00, di cui 1.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. 196 del 2003.