Cacciato di casa e tradito, nessuna revoca alla donazione dell'uomo all'ex convivente

Confermata la decisione dei giudici dell'Appello l'immobile resta nelle mani della donna. Non sufficienti gli elementi portati a sostegno della tesi della indegnità della donataria.

Convivenza interrotta, con tanto di allontanamento da casa, e tradimento. Eppure, nonostante tutto, l’ipotesi di revoca della donazione per indegnità non è scontata Cassazione, ordinanza numero 24843, sesta sezione civile, depositata il 24 novembre . Così, la richiesta dell’uomo, che aveva ‘consegnato’ alla sua oramai ex convivente un appartamento, viene considerata non legittima. Rapporto interrotto. Prima una lunga convivenza, impreziosita anche dalla gioia di due figli, poi la brusca rottura. Che porta con sé anche strascichi giudiziari. L’uomo, difatti, chiede la revoca della donazione effettuata alla ex convivente, donazione relativa ad un immobile. Motivo? L’indegnità della donna, caratterizzata da ingiuria grave nei confronti del suo ex compagno. Richiesta respinta, però, non solo dalla donna – la quale afferma che l’intera questione nasce dall’astio dell’uomo per l’interruzione della convivenza – ma anche dal Tribunale prima e dalla Corte d’Appello poi, che non considerano sostanziata l’ipotesi dell’indegnità della donataria. Malafemmena? L’uomo, però, sceglie di provare a difendere ancora i propri diritti e, forse, il proprio orgoglio . Così decide di presentare ricorso in Cassazione, contestando tout court la pronuncia d’Appello, che, a suo dire, ha omesso di prendere in considerazione elementi decisivi per l’esito giudiziario della vicenda. Quali sono questi elementi? Complessivamente il comportamento della donna, espressosi nella decisione di cacciare di casa l’uomo, nella tendenza ad affidare i bambini alla madre e a terze persone, anche di notte , e, infine, nel tradimento, ‘certificato’ anche da due fotografie. Alla luce di tutto ciò, secondo il ricorrente, la valutazione sull’atteggiamento della ex convivente andava rivista completamente. Dimostrazione mancata. Anche in questo caso, però, la richiesta avanzata dall’uomo non trova accoglimento. Non solo perché i giudici di Cassazione richiamano la pronuncia d’Appello, che nel ritenere non provati i fatti addotti dall’appellante a sostegno della domanda di revocazione della donazione indiretta per ingratitudine, ha implicitamente espresso una valutazione negativa circa la valenza dimostrativa della documentazione prodotta , ma anche perché essi sottolineano che l’uomo non ha indicato le ragioni per le quali i comportamenti attribuiti alla donna sarebbero idonei a concretare il presupposto della ingiuria grave ai fini della revocazione della donazione .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza 10 – 24 novembre 2011, n. 24843 Presidente Goldoni – Relatore Matera Premesso in fatto Il relatore della Sezione ha depositato in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. Con atto di citazione notificato il 25-1-1993 M.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Roma C.B, chiedendo la revocazione della donazione indiretta dell'immobile sito in omissis , da lui effettuata in favore della convenuta, per indegnità della donataria. Egli deduceva che il comportamento della resistente aveva arrecato ingiuria grave al donante. Nel costituirsi, la C. contestava la fondatezza della domanda, sostenendo di avere acquistato il bene con denaro proprio e precisando che il giudizio scaturiva dall'astio del M. per l'interruzione della loro convivenza, durante la quale erano anche nati due figli. Con sentenza depositata l’8-8-2003 il Tribunale rigettava la domanda. La Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata il 20-7-2010, rigettava l'appello proposto dall'attore, per carenza di prova riguardo alla condotta ingiuriosa addebitata alla donataria. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il, M. , sulla base di un unico motivo. La C. ha resistito con controricorso. Con l'unico motivo il ricorrente principale, pur denunciando formalmente anche la violazione di varie norme di diritto sostanziale, lamenta sostanzialmente solo vizi di motivazione, sotto il profilo dell'omesso esame, da parte della Corte di Appello, di documenti fondamentali ai fini della decisione, in quanto idonei a comprovare la condotta gravemente ingiuriosa, ex art. 801 c.c., tenuta dalla donataria. Deduce, in particolare, che il giudice del gravame, nel ritenere non provato il comportamento attribuito dall'attore alla C., non ha tenuto conto del verbale per rilascio d'immobile del 20-7-1993 - da cui risultava che il M. era stato cacciato di casa dalla convenuta -, delle sommarie informazioni rese al Tribunale dei Minorenni dai figli minori - da cui emergeva che i bambini erano stati spesso affidati dalla madre a terze persone, anche di notte -, nonché delle due fotografie prodotte, costituenti prova del tradimento della C. . La censura è infondata, risolvendosi, in buona sostanza, nella prospettazione di una diversa valutazione delle emergenze processuali rispetto a quella compiuta dal giudice di gravame, che, in quanto esente da vizi logici e giuridici, si sottrae al sindacato di legittimità riservato a questa Corte. Spetta, infatti solo al giudice di merito individuare la fonte del proprio convincimento ed apprezzare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova. Né, per ottemperare all'obbligo della motivazione, il giudice di merito è tenuto a prendere in esame tutte le risultanze istruttorie e a confutare ogni argomentazione prospettata dalle parti, essendo sufficiente che egli indichi gli elementi sui quali fonda il suo convincimento e dovendosi ritenere per implicito disattesi tutti gli altri rilievi e fatti che, sebbene non specificamente menzionati, siano incompatibili con la decisione adottata Cass. Sez. 2, 16-2-2007 n. 3651 . Nella specie la Corte di Appello, nel ritenere non provati i fatti addotti dall'appellante a sostegno della domanda di revocazione della donazione indiretta per ingratitudine, ha implicitamente espresso una valutazione negativa circa la valenza dimostrativa della documentazione prodotta dall'interessata. Ed è evidente che i vizi di motivazione denunciabili in cassazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c non possono consistere nell'apprezzamento delle circostanze probatorie in senso difforme da quello preteso dalla parte, non potendosi procedere in sede di legittimità ad un nuovo ed autonomo esame delle emergenze processuali. Sotto altro profilo, si osserva che, nel giudizio di legittimità, il ricorrente che deduce l'omessa o l'erronea valutazione delle risultanze istruttorie ha l'onere, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di specificare il contenuto delle prove non esaminate o male esaminate, indicando le ragioni del carattere decisivo dell'asserito vizio di valutazione Cass. 26-8-2002 n. 12477 . L'omesso esame di taluni documenti, infatti, può essere denunciato per cassazione solo nel caso che ciò determini l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia, e quindi quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di aera probabilità, l'efficacia delle altre risultante istruttorie su cui si fonda il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base. Pertanto, la denunzia in sede di legittimità dell'omesso esame del documento deve contenere l'indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe determinato certamente una decisione diversa Cass. Sez. 1, 5-4-2005 n. 7086 Sez. 2, 12-3-2003 n. 3696 . Nel caso in esame il ricorrente, pur riportando il contenuto dei documenti asseritamente pretermessi dal giudice di appello, non ha spiegato quale concreta incidenza causale possa assumere il denunciato difetto di motivazione ai fini della decisione. Nel ricorso, infatti, non vengono indicate le ragioni per le quali i comportamenti attribuiti alla controparte sarebbero idonei a concretare il presupposto dell' ingiuria grave richiesto dall'art. 801 c.c. ai fini della revocazione della donazione. Il ricorso incidentale condizionato con il quale la C. ha chiesto, per l'ipotesi di accoglimento del ricorso principale, la cassazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato la sussistenza della donazione indiretta, resta assorbito. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 c.p.c. . La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite. Ritenuto in diritto Il Collegio condivide la proposta di decisione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici dalle parti. Il ricorso principale, pertanto, deve essere rigettato, mentre quello incidentale condizionale resta assorbito. Segue, per rigore di soccombenza, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.