Espulsione senza nulla osta dell'immigrato destinatario di provvedimento limitativo della potestà genitoriale

di Massimo Brazzi

di Massimo Brazzi * La fattispecie. La questione di estremo interesse, sottoposta al vaglio della Consulta da parte del Tribunale per i Minorenni di Roma, riguarda l'ipotesi frequente in cui destinatario del provvedimento di espulsione sia l'immigrato nei confronti del quale sia stato emesso un provvedimento limitativo della potestà genitoriale. Nel caso de quo una cittadina di origine filippina patteggiava la pena di mesi sei di reclusione ed € 2.000,00 di multa per l'ipotesi di reato prevista dall'art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990. La straniera pertanto, dopo un periodo detentivo presso la Casa Circondariale di Roma - Rebibbia, veniva successivamente espulsa dal territorio nazionale e collocata in un Centro di Identificazione ed Espulsione per indisponibilità al momento del vettore aereo e per necessità di procedere ad accertamenti supplementari sull'identità e la nazionalità . La Questura di Roma informava quindi il Tribunale per i Minorenni capitolino in merito alla sopravvenuta detenzione amministrativa della donna, avendo accertato tramite i servizi sociali che l' espulsa era madre di un minore presente nel territorio e chiedendo conseguentemente il nulla osta al rimpatrio della straniera. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i Minorenni di Roma domandava al Giudice dei Minori che venisse valutata la possibilità di un ricongiungimento del bambino con la madre in quanto, nei confronti di quest'ultima, era stato già emesso nel 2007 un decreto definitivo limitativo della potestà genitoriale, collocando il minore in una casa famiglia e facendo divieto a chiunque di prelievo con incarico ai servizi sociali di favorire la relazione tra il bambino e la madre. Il Tribunale per i Minorenni di Roma, con ordinanza del 30 ottobre 2009, sollevava pertanto in relazione agli artt. 2, 10, secondo comma, 30, secondo comma e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, D. Lgs. n. 286/1998 Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , nella parte in cui non prevede che, prima di eseguire l'espulsione, l'autorità procedente debba richiedere il nulla osta al Tribunale per i Minorenni quando destinatario del provvedimento espulsivo sia il genitore di un minore nei confronti del quale il Tribunale ha emesso provvedimento incidente sulla potestà ai sensi degli artt. 333 e 330 c.c. Le motivazioni contenute nell'ordinanza di rimessione alla Consulta. Il Tribunale per i Minorenni capitolino dubita della legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, D. Lgs. n. 286/1998 in quanto la predetta disposizione normativa limita la necessità di richiedere all'Autorità Giudiziaria il nulla osta preventivo all'espulsione soltanto Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere . Nell'ipotesi tutt'altro che infrequente dello straniero con figli nei confronti del quale sia stato emesso un provvedimento limitativo della potestà genitoriale dal Giudice dei Minori , nessuna disposizione prevede che l'Autorità Amministrativa debba richiedere al Tribunale per i Minorenni il nulla osta all'espulsione. Attualmente si registra soltanto una mera prassi amministrativa di richiedere il nulla osta prima di espellere un immigrato nell'ipotesi sopra evidenziata. Ovviamente il Tribunale per i Minorenni non potrà adottare alcun tipo di provvedimento per assoluta carenza di potere! In caso contrario il provvedimento di nulla osta sarebbe da qualificare del tutto abnorme e quindi radicalmente viziato. Rebus sic stantibus, al Giudice minorile si prospettano due ipotesi che, a parere del Tribunale per i Minorenni capitolino, sono entrambe configgenti con la Carta Costituzionale a nel caso in cui il minore segua il genitore espulso, così come prevede l'art. 19, comma 2, D. Lgs. n. 286/1998, si corre il rischio che il bambino subisca i pregiudizi che hanno orientato il Giudice Minorile ad emettere il provvedimento limitativo della potestà genitoriale e pertanto soluzione da ritenere in contrasto con gli artt. 2 e 30, secondo comma, Costituzione, i quali presidiano il dovere dello Stato di proteggere il minore affinché siano assolti i compiti dei genitori in tutti i casi di loro perdurante incapacità . La protezione universale del minore viene sancita anche nella legge n. 184 del 04 maggio 1983 Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori che tutela le situazioni di abbandono nel territorio nazionale a prescindere dalla nazionalità del fanciullo sul punto si veda altresì Corte Costituzionale, sentenza n. 199 del 18 luglio 1986 . Infine, l'art. 15 del Regolamento CE n. 2201/03 del Consiglio del 27 novembre 2003 prevede che, in tutti i casi di provvedimenti incidenti la responsabilità genitoriale, un'eventuale pronuncia declinatoria della giurisdizione da parte da parte del Giudice nazionale dovrà essere subordinata alla previa accettazione della competenza da parte del Giudice del Paese di origine del minore . Peraltro simile eventualità dovrà prospettarsi soltanto in via eccezionale, dovendo di regola farsi applicazione del criterio di vicinanza meglio rispondente ad assicurare effettività alla tutela dell'interesse del minore dodicesimo considerando . b l'ipotesi alternativa del trattenimento del minore sul territorio nazionale con conseguente separazione dal genitore espulso si pone in contrasto con l'art. 10, secondo comma, Costituzione in relazione alla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991 n. 176, la quale prevede all'art. 9 che la separazione del minore dai genitori possa legittimamente avvenire soltanto quando le autorità competenti ritengano che la decisione sia necessaria nell'interesse preminente del fanciullo e che sia garantita a tutte le parti la possibilità di partecipare alle deliberazioni e far conoscere le loro opinioni . Il diritto del minore a mantenere la relazione parentale con i genitori è riconosciuta anche dall'art. 24, n. 3 della Carta dei diritti fondamentali proclamata a Nizza il 07 dicembre 2000 secondo la quale ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse . Ad abundantiam, il Tribunale per i Minorenni capitolino dubita della legittimità costituzionale della norma impugnata per violazione dell'art. 117 Costituzione in relazione all'art. 8 C.E.D.U. sotto il duplice profilo 1 della mancanza di pertinenza tra il provvedimento di espulsione e l'incidenza del medesimo sul diritto al rispetto della vita privata e familiare 2 della violazione del diritto del genitore a partecipare personalmente ai procedimenti giudiziali che incidono su questo diritto . La soluzione della Consulta. La Corte Costituzionale, con l'ordinanza in commento, ha ritenuto di emettere una pronuncia di manifesta inammissibilità della questione per difetto di rilevanza poiché il Tribunale per i Minorenni capitolino, sollecitato da un'istanza del Pubblico Ministero volta ad ottenere l'apertura di un procedimento di verifica della potestà genitoriale, non deve fare applicazione della disposizione censurata ai fini del procedimento a quo . Di conseguenza il nulla osta preventivo all'espulsione del Giudice dei Minori non sarà necessario nel caso in questione. La strategia difensiva. Rebus sic stantibus, al fine di tutelare nel migliore dei modi lo straniero espulso, si potrebbe depositare un ricorso ex art. 31, comma 3, D. Lgs. n. 286/1998, facendo presente al Tribunale per i Minorenni che un'eventuale distacco dell'immigrato dal figlio minore provocherebbe un danno psico-fisico al fanciullo e pertanto, previa sospensione del provvedimento di espulsione, si chiederà al Giudice minorile l'autorizzazione temporanea alla permanenza nel territorio nazionale. L'istanza così formulata dovrà essere valutata dal Giudice minorile alla luce dei nuovi principi fissati dalla recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. Unite, sent. n. 21799 del 25.10.2010, successivamente confermata dalla medesima Corte, Sez. I, sent. n. 2647 del 03.02.2011. * Avvocato e Tesoriere Camera Penale di Perugia

Corte Costituzionale, ordinanza 9 - 18 febbraio 2011, n. 59 Presidente De Siervo - Relatore Saulle ORDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , promosso dal Tribunale per i minorenni di Roma sull'istanza proposta dal Pubblico ministero presso il Tribunale per i minorenni con ordinanza del 30 ottobre 2009, iscritta al n. 171 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2010. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 2010 il Giudice relatore Maria Rita Saulle. Ritenuto che il Tribunale per i minorenni di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 10, secondo comma, 30, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , nella parte in cui non prevede che, prima di eseguire l'espulsione, l'autorità procedente debba chiedere il nulla osta al Tribunale per i minorenni quando destinatario del provvedimento espulsivo sia il genitore di un minore nei confronti del quale il Tribunale ha emesso provvedimento incidente sulla potestà ai sensi degli artt. 330 e 333 del codice civile che, in punto di fatto, il giudice a quo è investito di un'istanza del Pubblico ministero volta ad ottenere l'apertura di un procedimento di verifica della potestà genitoriale, ai sensi degli artt. 330 e 333 cod. civ., nei confronti di Q.M.S.C., cittadina filippina e madre del minore V.B.S. che il medesimo Tribunale in data 22 maggio 2007 aveva emesso un decreto con il quale veniva disposta, ai sensi del citato art. 333 cod. civ., la limitazione della potestà genitoriale di Q.M.S.C. e il conseguente inserimento del figlio minore in una casa famiglia con il contestuale incarico ai servizi sociali di favorire la relazione tra quest'ultimo e la madre che, successivamente, a causa di una condanna per il reato di cui all'art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza , Q.M.S.C. è stata dapprima detenuta presso la Casa Circondariale di Rebibbia e poi trasferita al locale Centro di Identificazione ed Espulsione CIE , ove ha ricevuto la notifica del decreto di espulsione ai sensi dell'art. 13, commi 2, 4 e 5, del citato d.lgs. n. 286 del 1998 con contestuale ordine di trattenimento nel CIE, per indisponibilità al momento del vettore aereo e per necessità di procedere ad accertamenti supplementari sull'identità e la nazionalità che, a seguito di ciò, la Questura di Roma informava il Tribunale della condizione di detenzione amministrativa della donna e, dopo aver accertato, attraverso i servizi sociali, la presenza del minore, chiedeva il nulla osta all'espulsione della straniera che il Pubblico ministero, nell'atto introduttivo del giudizio principale, ha dunque domandato che venisse valutata la possibilità di ricongiungimento con la madre, pervenendo successivamente la notizia dell'esecuzione del provvedimento di espulsione, mentre il figlio minore è rimasto in Italia che, in punto di diritto, il rimettente premette che, alla luce dell'attuale quadro normativo, il Tribunale minorile non ha alcun potere in ordine all'esecuzione del provvedimento espulsivo , essendo richiesto il nulla osta all'autorità giudiziaria, ai sensi del citato art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 solo quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trovi in stato di custodia cautelare in carcere che, ad avviso del giudice a quo, in tutti i casi in cui, come quello attuale si procede all'esecuzione dell'espulsione nei confronti di un cittadino non comunitario, la cui potestà sia stata in precedenza incisa da un provvedimento giudiziale di limitazione o ablazione , il Tribunale per i minorenni si troverebbe dinanzi ad un'alternativa che in ogni caso sembrerebbe risultare in contrasto con i richiamati principi costituzionali che, in particolare, se il Tribunale dovesse consentire il ricongiungimento del minore al genitore, in applicazione dell'art. 19, comma 2, lettera a , del d.lgs. n. 286 del 1998, a norma del quale è sancito il diritto del minore a seguire il genitore o l'affidatario espulsi, inevitabilmente si esporrebbe il figlio al rischio del ripetersi proprio di quelle condizioni di pregiudizio che sono all'origine della pronuncia limitativa della potestà che, come nel caso di specie, non sono effettivamente cessate che ciò comporterebbe, a parere del giudice a quo, una violazione dei diritti inviolabili dell'uomo, in particolare della persona in formazione del minore , previsti dall'art. 2 della Costituzione, di cui lo Stato ha il dovere di assicurare la tutela se i genitori si trovano in situazione di perdurante incapacità, ex art. 30, secondo comma, della Costituzione che, al riguardo, il Tribunale rimettente richiama gli artt. 8 e 37-bis della legge 4 maggio 1983, n. 184 Diritto del minore ad una famiglia , dai quali discende il dovere dell'autorità giudiziaria nazionale di accertare la condizione di abbandono del minore presente sul territorio nazionale non diversamente da quanto stabilito nel caso di minore cittadino italiano dovere previsto anche dalla relativa normativa europea in particolare, si cita l'art. 15 del Regolamento CE n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale che, a parere del giudice a quo, diversi ed inevitabili motivi di conflitto con i precetti costituzionali si potrebbero configurare anche qualora il Tribunale dovesse decidere di trattenere il minore sul territorio nazionale con conseguente separazione dal genitore espulso, risultando tale decisione in contrasto con gli artt. 10, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione che, al riguardo, il rimettente premette che nel caso di espulsione la cesura del rapporto tra genitore e figlio, trattenuto sul territorio nazionale , si configurerebbe come sostanzialmente irreversibile , considerato che l'art. 13, comma 14, del d.lgs. n. 286 del 1998 imporrebbe il divieto di reingresso per la madre per dieci anni periodo quest'ultimo che costituisce, nella specie, quasi l'intero arco della minore età del figlio che, ad avviso del giudice a quo, una conseguenza tanto radicale risulterebbe pertanto in contrasto con l'art. 10, secondo comma, della Costituzione, in quanto confliggente con gli obblighi derivanti all'Italia dall'adesione alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino, adottata a New York il 20 novembre 1989 ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 , e, in particolare, con l'art. 9, a norma del quale gli Stati sono tenuti a fare in modo che il bambino non sia separato dai suoi genitori contro la sua volontà, a meno che le autorità non decidano che questa separazione risulti necessaria nell'interesse superiore del minore che, sempre secondo il rimettente, la disposizione impugnata risulterebbe, altresì, in contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 , come interpretato dalla Corte di Strasburgo che, in particolare, richiamata la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia di tutela della vita familiare, la norma sarebbe incostituzionale in quanto l'espulsione determinerebbe la separazione del genitore dal figlio senza che il provvedimento amministrativo di espulsione abbia pertinenza alcuna con la relazione personale che lega il genitore al figlio ed impedirebbe al genitore, in modo definitivo, di partecipare personalmente al procedimento giudiziale che incide sull'esercizio del diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui al citato art. 8 che, ad avviso del rimettente, solo l'accoglimento della sollevata questione potrebbe risolvere il contrasto con gli indicati principi costituzionali, posto che la deroga contenuta nell'art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, che consente al Tribunale di autorizzare, in situazioni particolari e per un periodo di tempo determinato, la permanenza o il reingresso del familiare del minore, non costituirebbe un efficace rimedio che, infatti, il suddetto provvedimento è soggetto ad una iniziativa di parte e, anche in presenza di quest'ultima, può non ricorrere, nel caso di istanza del genitore espulso, il presupposto della sussistenza per il minore dei gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, non escludendo, comunque, l'autorizzazione al reingresso la rottura del rapporto tra genitore e figlio, di fatto già avvenuta con l'espulsione che il rimettente ritiene che la sollevata questione di legittimità costituzionale abbia rilevanza decisiva nel giudizio principale, certamente prima che l'espulsione fosse eseguita, risultando, se fondata, idonea a sospenderla, non di meno anche dopo l'esecuzione dell'espulsione stessa , considerato che qualora la Corte ritenesse infondati i dubbi di costituzionalità prospettati altra soluzione non potrebbe adottare il Tribunale che l'apertura di un procedimento ai sensi dell'art. 8 della legge 4 maggio 1983, n. 184, dovendo a quel punto configurarsi il provvedimento espulsivo come causa di forza maggiore certamente non transitoria tenendo conto appunto della durata decennale del divieto di reingresso che, con atto depositato in data 6 luglio 2010 è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità, ovvero per l'infondatezza della questione che, in particolare, secondo la difesa dello Stato, la questione sollevata dal Tribunale rimettente sarebbe priva di rilevanza nel giudizio a quo, poiché è stata già data esecuzione al provvedimento di allontanamento della straniera, e che l'eventuale modifica dell'art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 non potrebbe neanche esplicare i suoi effetti sul diverso piano , prospettato dal rimettente, di consentire un reingresso della straniera espulsa , poiché la procedura di reingresso non sarebbe regolata dalla citata disposizione che, nel merito, secondo la difesa dello Stato, il d.lgs. n. 286 del 1998 contiene un'adeguata disciplina di tutela dei minori stranieri e della famiglia che, in particolare, secondo l'Avvocatura, il rimettente avrebbe omesso di valutare correttamente il disposto dell'art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, il quale stabilisce che in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età del minore e delle condizioni di salute del minore che si trova sul territorio italiano, il Tribunale per i minori può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico [d.lgs. n. 286 del 1998] che, ad avviso della difesa dello Stato, la predetta norma costituirebbe già di per sé strumento idoneo e sufficiente strumento che avrebbe potuto essere utilizzato dal medesimo Tribunale rimettente per consentire il reingresso del genitore per un periodo determinato , coincidente con il tempo necessario per la definizione del procedimento pendente relativo all'esercizio della potestà genitoriale . Considerato che il Tribunale per i minorenni di Roma dubita, in riferimento agli artt. 2, 10, secondo comma, 30, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , nella parte in cui non prevede che, prima di eseguire l'espulsione, l'autorità procedente debba chiedere il nulla osta al Tribunale per i minorenni quando destinatario del provvedimento espulsivo sia il genitore di un minore nei confronti del quale il Tribunale ha emesso provvedimento incidente sulla potestà ai sensi degli artt. 330 e 333 del codice civile che, ad avviso del rimettente, ogni qualvolta si procede all'esecuzione dell'espulsione nei confronti di un cittadino non europeo, la cui potestà sia stata in precedenza incisa da un provvedimento giudiziale di limitazione o ablazione , il Tribunale per i minorenni si troverebbe dinanzi ad un'alternativa che risulterebbe in contrasto con gli artt. 2, 10, secondo comma, 30, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione che, in particolare, se il Tribunale dovesse consentire il ricongiungimento del minore al genitore, in applicazione dell'art. 19, comma 2, lett. a , del citato d.lgs. n. 286 del 1998, inevitabilmente si esporrebbe il figlio al rischio del ripetersi proprio di quelle condizioni di pregiudizio che sono all'origine della pronuncia limitativa della potestà , con la conseguente violazione dei diritti inviolabili del minore a tutela del quale, ai sensi dell'art. 30, secondo comma, della Costituzione, è attribuito allo Stato il compito di intervenire affinché siano [ ] assolti i compiti dei genitori in tutti i casi di loro perdurante incapacità , anche qualora si trattasse di un minore straniero che, a parere del giudice a quo, diversi ed inevitabili motivi di conflitto con i citati precetti costituzionali si potrebbero configurare, anche qualora il Tribunale dovesse decidere di trattenere il minore sul territorio nazionale, con la conseguente separazione dal genitore espulso che, in particolare, il Tribunale ritiene che la disposizione censurata violerebbe l'art. 10, secondo comma, della Costituzione in quanto risulterebbe confliggente con gli obblighi derivanti all'Italia dall'adesione alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino, adottata a New York il 20 novembre 1989 ratificata a resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 , e, specificamente, con l'art. 9, a norma del quale gli Stati sono tenuti a fare in modo che il bambino non sia separato dai suoi genitori contro la sua volontà, a meno che le autorità non decidano che questa separazione risulti necessaria nell'interesse superiore del minore che essa, inoltre, violerebbe l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 , perché, nella medesima ipotesi di trattenimento del minore nel territorio nazionale, l'espulsione del genitore determinerebbe la separazione dal figlio senza che il provvedimento amministrativo di espulsione abbia pertinenza alcuna con la relazione personale che lega il genitore al figlio ed impedirebbe al genitore, in modo definitivo, di partecipare personalmente al procedimento giudiziale finalizzato alla ricomposizione del rapporto genitoriale che il rimettente chiede una pronuncia additiva con la quale si attribuisca al Tribunale per i minorenni la competenza a rilasciare il nulla osta all'espulsione ogniqualvolta il destinatario del provvedimento di allontanamento sia il genitore di un minore, nei confronti del quale il Tribunale abbia emesso un provvedimento limitativo della potestà genitoriale ai sensi degli artt. 330 e 333 del codice civile che il giudizio a quo ha per oggetto l'apertura di un procedimento civile di verifica della potestà genitoriale nei confronti di una cittadina filippina, madre di un minore che la questione sollevata dal Tribunale è priva di rilevanza nel giudizio principale, in quanto, a prescindere dalla circostanza, affermata dal medesimo rimettente, che il provvedimento di espulsione nei confronti della straniera è stato già eseguito, di talché anche l'eventuale accoglimento della questione di legittimità costituzionale sarebbe privo di effetti, il Tribunale, chiamato a verificare l'esercizio della potestà genitoriale, non deve fare applicazione della disposizione censurata ai fini della definizione del procedimento a quo che, pertanto, la questione deve ritenersi manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Per Questi Motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , sollevata, in riferimento agli articoli 2, 10, secondo comma, 30, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione dal Tribunale per i minorenni di Roma con l'ordinanza in epigrafe.