Il mutamento del rito non può avere come conseguenza la sanatoria delle decadenze già maturate

E’ tardiva l’eccezione di prescrizione sollevata nel primo atto successivo al mutamento del rito. Se il giudizio è stato introdotto con un rito errato le preclusioni processuali debbono essere valutate con riferimento al rito scelto e non quello corretto ciò in quanto il mutamento del rito non può comportare una rimessione nei termini.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7696/21, depositata il 18 marzo. Nel caso in esame la Corte d’Appello di Bari aveva dichiarato la prescrizione del diritto ad ottenere l’indennità definitiva di esproprio conseguente a un decreto del 1981 il quale aveva solo stabilito l’indennità provvisoria. Il Giudice di gravame aveva ritenuto tempestiva l’eccezione di prescrizione formulata nella prima difesa successiva al mutamento del rito. Il soccombente ha proposto ricorso in Cassazione lamentando l’abnormità della decisione in quanto gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme di rito seguito prima del mutamento e, pertanto, le decadenze ivi maturate non possono essere sanate. Secondo la Cassazione, pur essendo vero che il giudizio era stato introdotto con un rito errato, e bene ha fatto il Giudice a mutarlo , tuttavia al fine di valutare la tempestività dell’eccezione sollevata è necessario fare riferimento al regime del rito prescelto prima del mutamento. D’altronde il l’art. 4, comma 5, d.lgs. n. 150/2011 statuisce che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento . Il mutamento del rito non può comportare una sanatoria processuale . Alla luce di tale disposizione la Corte di legittimità ha avuto modo di affermare che il mutamento del rito da ordinario a speciale non comporta una rimessione in termini rispetto alle preclusioni già maturate alla stregua della normativa del rito ordinario. Principio che va esteso, per identità di ratio, al caso del mutamento del rito da ordinario a speciale ai sensi del d.lgs. n. 150/11.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 20 gennaio – 18 marzo 2021, n. 7696 Presidente Campanile – Relatore Terrusi Rilevato che con atto notificato a maggio del 2012 I.P. convenne dinanzi alla corte d’appello di Bari l’Iacp di omissis e il comune di San Marco in Lamis, chiedendone la condanna in solido al pagamento dell’indennità definitiva di esproprio, conseguente al Decreto in data 6-5-1981, relativamente a un suolo posto in agro di omissis , in zona vicina al centro urbano, per il quale era stata corrisposta, all’epoca, solo l’indennità provvisoria la corte d’appello, con ordinanza depositata il 10-11-2015, ha respinto la domanda per intervenuta prescrizione, così come validamente eccepito dai convenuti che si erano costituiti prima del mutamento di rito disposto ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011 per la cassazione della sentenza I. ha proposto ricorso in tre motivi ha replicato con controricorso soltanto l’Arca Capitanata già Iacp per la provincia di omissis . Considerato che I. - col primo motivo, deducendo la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, artt. 166 e 167 c.p.c., art. 2938 c.c., il ricorrente sostiene che la decisione gravata sarebbe abnorme, poiché gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme di rito seguito prima del mutamento, ferme le decadenze e le preclusioni maturate cosicché la corte d’appello, non applicando tale regola, sarebbe incorsa in un doppio errore, in quanto l’eccezione avversa di prescrizione si sarebbe dovuta valutare in base al rito ordinario inizialmente prescelto e in quanto, come tale, si sarebbe dovuta considerare preclusa dalla tardiva costituzione del comune col secondo motivo il ricorrente denunzia poi l’omesso esame di un fatto decisivo, poiché la corte territoriale era stata investita di una domanda vertente sull’accertamento dell’indennità dovuta all’espropriato, e su tale domanda la pronuncia era stata omessa infine col terzo mezzo egli denunzia la nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c., praticamente per la medesima ragione II. - il primo motivo è fondato la corte d’appello ha ritenuto tempestiva l’eccezione di prescrizione poiché era stata formulata prima della trasformazione del rito, a fronte della disciplina a questo correlata la decisione è errata sul piano delle regole processuali è vero che, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, ratione temporis applicabile a fronte della domanda proposta dall’attore nel 2012, la controversia era soggetta al rito sommario di cognizione, sicché, introdotta la causa nelle forme del rito ordinario, con prima udienza fissata al 28-1-2014, si imponeva il mutamento del rito tuttavia onde stabilire il verificarsi o meno di una decadenza per il convenuto si doveva far riferimento al regime del rito prescelto prima del mutamento artt. 166 e 167 c.p.c. , non a quello conseguente III. - come il ricorrente giustamente assume, la costituzione di Iacp era avvenuta il 15-1-2014, cosa che la Corte può verificare attingendo direttamente agli atti, stante la dedotta violazione processuale la costituzione di Iacp, dunque, era tardiva rispetto al termine di venti giorni rispetto all’udienza di prima comparizione a sua volta quella del comune era avvenuta in udienza IV. - ne deriva che l’eccezione di prescrizione era da considerare preclusa, poiché entrambi i convenuti l’avevano sollevata, a questo punto, tardivamente e ciò era stato legittimamente rilevato dalla controparte all’udienza successiva al mutamento di rito, visto che la tardività di un’eccezione in senso stretto può essere rilevata finanche d’ufficio, e perfino in sede di gravame ove non lo sia stata nè dalla controparte nè dal giudice nel processo di primo grado v. Cass. n. 4689-20 da questo punto di vista non ha consistenza la replica sviluppata dalla controricorrente Arca alle pag. 4 e 5 del controricorso V. - da questo punto di vista deve essere chiarito che del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 5, nel prevedere che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento e che restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento , recepisce una regola generale già affermata da questa Corte con riguardo a tutte le ipotesi di mutamento di rito da tempo si è affermato, per esempio in ordine al rito del lavoro, che il mutamento del rito da ordinario a speciale non comporta una rimessione in termini rispetto alle preclusioni già maturate alla stregua della normativa del rito ordinario, dovendosi correlare l’integrazione degli atti introduttivi ivi prevista dall’art. 426 c.p.c. alle decadenze di cui alle conseguenti norme valevoli per il rito speciale sempre in materia lavoristica, ex aliis Cass. n. 10569-17 un simile principio va esteso, per ovvia identità di ratio, al caso del mutamento di rito - da ordinario a speciale - di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011 in definitiva quindi, per valutare la tempestività o meno dell’eccezione di prescrizione si sarebbe dovuto far riferimento al rispetto delle decadenze stabilite alla stregua delle norme del rito anteriore al mutamento, tali essendo quelle di cui agli artt. 166 e 167 c.p.c. rispetto a tali norme, unicamente rilevanti, le eccezioni sollevate dai convenuti erano tardive, come esattamente eccepito dall’attore, visto che entrambi gli eccipienti si erano costituiti tardivamente VI. - l’accoglimento del primo motivo assorbe tutti gli altri la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, per l’esame delle ragioni di opposizione la corte d’appello provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla corte d’appello di Bari anche per le spese del giudizio di cassazione.