La bicicletta con pedalata assistita non è un ciclomotore: stracciati i verbali per violazioni stradali

La bicicletta a pedala assistita dotata di dispositivo di start assist che consente l’accensione del veicolo senza l’ausilio dei pedali e il raggiungimento della velocità massima di 6 Km/h senza fare uso dei pedali, non può essere qualificata come ciclomotore. Vengono dunque annullati i verbali della Polizia Municipale per violazioni stradali.

Lo ha affermato il Tribunale di Palermo con la sentenza n. 2881/20, depositata il 29 settembre, decidendo sull’impugnazione della pronuncia con cui il Giudice di pace aveva rigettato l’opposizione avverso alcuni verbali della Polizia Municipale elevati per presunte violazioni del codice della strada. L’appellante contestava il presupposto della sanzione ovvero che il veicolo su cui viaggiava – una bicicletta a pedalata assistita – non potesse essere qualificato come ciclomotore . Espletata la CTU, il Tribunale ha ritenuto fondato il gravame. Fermo restando che nei verbali si legge che il veicolo procedeva senza l’assistenza dei pedali e grazie ad un dispositivo che consentiva di accelerare senza utilizzare i pedali , tale accertamento non vale di per sé a fondare la contestazione. L’ art. 1 d.m. 31.01.2003 dispone che la disciplina dallo stesso prevista non si applica ai veicoli aventi una velocità massima per costruzione non superiore a 6 km/h e alle biciclette a pedalata assistita , dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 kW , la cui alimentazione è progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare. Dalla CTU espletata risulta che il veicolo in oggetto è munito di un dispositivo start assist ”, che consente l’accensione del veicolo senza l’ausilio dei pedali e il raggiungimento della velocità massima di 6 Km/h senza fare uso dei pedali. Raggiunta tale velocità perde di qualsiasi funzione, non consentendo, infatti, al veicolo di accelerare ulteriormente. Una volta che il veicolo è in movimento, è il conducente a poter azionare i pedali per attivare il motore elettrico. Tali caratteristiche non rendono, in conclusione, il veicolo qualificabile come ciclomotore. Aggiunge inoltre la sentenza in commento che a nulla rileva che il veicolo nella fase iniziale può muoversi senza azionare i pedali, ma soltanto grazie al dispositivo start assist”, in quanto la velocità massima che può raggiungere mediante tale sistema è di soli 6 km/h, e quindi in ogni caso non troverebbe applicazione la normativa richiamata in materia di ciclomotori, perché l’art. 1 lett. b , espressamente esclude i veicoli con velocità massima fino a 6 km/h . Esclusa in conclusione la sussistenza del presupposto per la contestazione delle infrazioni elevate dalla Polizia Municipale, il Tribunale accoglie l’appello e annulla la sentenza del Giudice di Pace così come i verbali impugnati.

Tribunale di Palermo, sez. V Civile, sentenza 22 – 29 settembre 2020, numero 2881 Giudice Piazza Motivi della decisione in fatto ed in diritto Il presente giudizio ha ad oggetto l’appello proposto da Sc. Ro. avverso la sentenza numero 2042/17, emessa dal GdP di Palermo e con la quale è stata rigettata in primo grado l’opposizione dalla stessa proposta avverso i verbali di contestazione nnumero omissis , elevati dalla Polizia Municipale del Comune di Palermo, per presunte violazioni del cds. In particolare, era stato contestato in primo grado il presupposto dell’irrogazione della sanzione, ovvero che il veicolo sul quale viaggiava la Sc. fosse un ciclomotore e non piuttosto un bicicletta a pedalata assistita e dunque sottratta alle prescrizioni previste per i ciclomotori. L’odierna appellante, dunque, si duole della circostanza che il GdP abbia condiviso la qualificazione del mezzo operata dalla Polizia Municipale e ritenuto di conseguenza legittimi i verbali di infrazione elevati e posti a fondamento della sanzione irrogata e chiede, pertanto, una rivalutazione del compendio probatorio e la riforma integrale della sentenza impugnata. Costituitosi il comune di Palermo, contesta i motivi di impugnazione ed invoca la conferma della sentenza. Espletata la ctu volta a verificare, attraverso l’esame demandato ad un tecnico, le caratteristiche del mezzo al fine di poterlo ricondurre alla categoria della bicicletta a pedalata assistita o piuttosto a quella di ciclomotore, la causa è stata trattenuta in decisione. L’appello va accolto per le seguenti ragioni la pronuncia del Gdp si fonda su un presupposto errato, ovvero che il mezzo condotto dall’appellante fosse qualificabile come ciclomotore e pertanto soggetto alle norme del cds dettate per la circolazione dei ciclomotori. Invero, nei verbali impugnati si legge che il veicolo procedeva senza l’assistenza dei pedali e grazie ad un dispositivo che consentiva di accelerare senza utilizzare i pedali, accertamento che di per se non vale a fondare la contestazione dell’infrazione. L’articolo 1 del D.M. 31.01.2003 richiamato dagli agenti verbalizzanti dispone che la disciplina in esso prevista non si applica ai veicoli aventi una velocità massima per costruzione non superiore a 6 km/h e alle biciclette a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 kW, la cui alimentazione è progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare. Il ctu, incaricato ha accertato che il veicolo in esame è munito di un dispositivo start assist”, che consente l’accensione del veicolo senza l’ausilio dei pedali e altresì il raggiungimento della velocità massima di 6 Km/h senza fare uso dei pedali. Raggiunta tale velocità perde di qualsiasi funzione, non consentendo, infatti, al veicolo di accelerare ulteriormente. L’unica accelerazione possibile per il veicolo in esame, dunque, è quella consentita dal dispositivo start assist”, che consente al veicolo nella fase iniziale di passare dalla velocità di 0 km/h alla velocità di 6 km/h sempre che il conducente non interrompa l’azione sul pulsante prima di aver raggiunto detta velocità massima . Una volta che il veicolo è in movimento il conducente può azionare i pedali in modo da attivare l’assistenza del motore elettrico. Il veicolo dunque, una volta in movimento può passare da una velocità di 6Km/H ad una velocità più elevata soltanto utilizzando i pedali con l’ausilio del motore elettrico e fino ad una velocità massima di 25Km/H. Consegue che il dispositivo start assist” non rende il veicolo qualificabile come ciclomotore come erroneamente affermato dagli agenti verbalizzanti e ribadito dal GdP nella sentenza impugnata , potendo il veicolo al più raggiungere una velocità massima di 6km/h e pertanto, deve ritenersi sottratto all’applicazione del D.M. cit. ai sensi dell’articolo 1.comma 1 lett.b . Anche azionando i pedali con l’assistenza del motore elettrico il veicolo non risulta assoggettabile alla disciplina relativa ai ciclomotori, che vanno identificati in quei veicoli che possono raggiungere una velocità fino a 45 Km/h, piuttosto è riconducibile alla categorie della bicicletta con pedala assistita, atteso che il veicolo può raggiungere una velocità massima di 25km/h, come attestato dallo stesso ctu. A nulla rileva che il veicolo nella fase iniziale può muoversi senza azionare i pedali, ma soltanto grazie al dispositivo start assist”, in quanto la velocità massima che può raggiungere mediante tale sistema è di soli 6 km/h, e quindi in ogni caso non troverebbe applicazione la normativa richiamata in materia di ciclomotori, perché l’articolo 1 lett.b , espressamente esclude i veicoli con velocità massima fino a 6 km/h. È chiaro dunque che se il conduttore non pedala, il veicolo non si muove, se non ad una velocità minima di 6Km/h, tollerata dal legislatore in quanto finalizzata unicamente a trarsi d’impaccio dalle situazioni che potrebbero comportare un pericolo. Gli agenti verbalizzanti si sono limitati, invece, a constatare che il veicolo viaggiasse senza l’assistenza dei pedali, senza accertare altresì la velocità di percorrenza che, ove fosse stata rilevata, non avrebbe potuto certamente superare i 6Km/h, sulla scorta di quanto sopra affermato. Né vale richiamare la fede privilegiata che assiste i verbali redatti dagli agenti che hanno contestato l’infrazione, in quanto ciò non pregiudica in ogni caso l'esercizio del diritto di difesa, potendo l'interessato contestare e provare le circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l'atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà, restando riservata al giudizio di querela di falso, ogni altra questione concernente l'alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell'effettivo svolgersi dei fatti. Nella specie, dunque quanto accertato dal ctu conduce ad escludere la ricorrenza del presupposto per la contestazione delle infrazioni elevate dalla Polizia Municipale con i verbali impugnati, che vanno pertanto annullati. Infine quanto alle spese di questo giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro 764,00 di cui Euro 64,00 per spese vive oltre accessori come per legge. mentre le spese del primo grado restano compensate tra le parti. Le spese della ctu vanno invece definitivamente poste carico del comune soccombente. P.Q.M. Il Tribunale, uditi i procuratori delle parti costituite ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa definitivamente pronunciando In accoglimento dell’appello proposto da Sc. Ro. annulla la sentenza numero 2042/2017 resa dal GdP di Palermo il 09.08.2017. Annulla i verbali di accertamento impugnati nnumero omissis emessi dalla Polizia Municipale di Palermo. Condanna il comune di Palermo al pagamento, in favore dell’appellante delle spese di questo grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 764,00 oltre I.V.A. e C.P.A. e spese generali le spese di lite relative al primo grado restano compensate tra le parti. Pone definitivamente a carico del comune soccombente le spese della consulenza tecnica d’ufficio.