Imminente la nascita del figlio avuto con la compagna italiana: permesso di soggiorno per lo straniero

Inutile l’opposizione del Ministero dell’Interno. Confermata in Cassazione la protezione umanitaria per un uomo originario della Nigeria. Decisivo il richiamo alla vulnerabilità connessa alla rottura del legame familiare creato in Italia.

Permesso di soggiorno per lo straniero che è prossimo ad avere un figlio dalla compagna italiana. Respinte definitivamente le obiezioni proposte dal Ministero dell’Interno. Fondamentali il richiamo al diritto alla genitorialità e la constatazione della condizione psicologica di vulnerabilità in cui si sarebbe venuto a trovare lo straniero, in caso di rimpatrio, a causa del forzato distacco dalla famiglia che si era creato in Italia Cassazione, ordinanza n. 20291/20, sez. I civile, depositata il 25 settembre Ad approdare in Italia e a cercare protezione è un cittadino della Nigeria. La sua domanda viene però respinta su questo punto è netta la posizione del Tribunale. Diversa, almeno parzialmente, invece, l’ottica adottata dai giudici d’Appello, i quali riconoscono allo straniero il diritto ad ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari . In particolare, in secondo grado, ci si è basati sulla connotazione aperta ed elastica della misura di protezione umanitaria, atta a valorizzare situazioni di vulnerabilità soggettiva non predeterminate e si è preso atto che lo straniero avrebbe potuto subire le conseguenze negative dello sradicamento dal Paese in cui egli si era stabilmente inserito, instaurando proficue relazioni sociali ed affettive, tanto da giungere a generare un figlio con una donna italiana alla quale era stabilmente legato, e svolgendo attività lavorativa in maniera continuativa che gli garantiva l’autosostentamento . A contestare la decisione della Corte d’appello è il Ministero dell’Interno, che presenta ricorso ad hoc in Cassazione, sostenendo che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari è stato riconosciuto senza una valutazione comparativa tra la situazione vissuta nel Paese di origine e quella conseguita in Italia e senza alcun riferimento a una effettiva situazione di vulnerabilità dello straniero o a una deprivazione dei diritti fondamentali subita o potenziale in patria. Per la Cassazione, però, bene hanno fatto i Giudici della Corte d’appello a concedere il permesso di soggiorno per motivi umanitari al cittadino nigeriano. Ciò perché la norma sulla protezione umanitaria assurge nell’ordinamento a clausola generale di sistema, capace di favorire i diritti umani e di radicarne l’attuazione , e in questo caso si è valorizzata la condizione psicologica di vulnerabilità in cui lo straniero si sarebbe venuto a trovare a causa del forzato distacco dalla famiglia che si era creato in Italia in ipotesi di rimpatrio . Decisivo, in particolare, il riferimento, aggiungono dal ‘Palazzaccio’, alla imminente nascita di un figlio, generato dallo straniero con la compagna italiana , poiché è fondamentale assicurare il diritto alla genitorialità dello straniero, quale diritto soggettivo primario, garantito dalla Costituzione . E la catalogazione come diritto soggettivo primario trova conferma, viene chiarito, sia nella tutela della libertà personale e del diritto al pieno sviluppo della persona umana, che consentono di includere l’aspirazione ad avere figli e l’esigenza di prendersene cura tra i valori di rilevanza costituzionale, sia nella ‘Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali’, che prevede, appunto, il diritto al rispetto della vita privata e familiare di ciascuno .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 17 luglio – 25 settembre 2020, n. 20291 Presidente Tricomi – Relatore Scordamaglia Fatti di causa 1. La Corte di appello di Milano, con sentenza pubblicata il 6 settembre 2018, pronunciando sull'appello proposto da Ra. Ma. Os., in parziale riforma dell'ordinanza emessa dal Tribunale di Milano in data 8 giugno 2016, ha riconosciuto all'appellante, cittadino nigeriano, il diritto ad ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. 2. Il Collegio di merito, confermata la decisione di primo grado quanto al diniego della protezione maggiore - sub specie dello status di rifugiato, per non essere la vicenda dell'appellante connotata da atti di persecuzione diretta e personale rapportabili alla previsione dell'art. 7 D.Lgs. 251/2007, o della protezione sussidiaria, non emergendo elementi sufficienti a fondare il convincimento che l'appellante, ritornando in patria, potesse correre il rischio effettivo di subire un danno grave alla persona nell'accezione di cui all'art. 14 D.Lgs. 251/2007 -, ha stimato, invece, sussistenti i requisiti per il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria. Ciò perché, avuto riguardo alla connotazione aperta ed elastica della misura di protezione complementare, atta a valorizzare situazioni di vulnerabilità soggettiva non predeterminate, era da ritenersi che l'appellante avrebbe potuto subire le conseguenze negative dello sradicamento dal Paese nel quale egli si era stabilmente inserito, istaurando proficue relazioni sociali ed affettive, tanto da giungere a generare un figlio con una donna italiana alla quale era stabilmente legato, e svolgendo attività lavorativa in maniera continuativa che gli garantiva l'autosostentamento, considerata, oltretutto, la situazione di instabilità e di insicurezza dello stato nigeriano dell'Edo State. 3. Il ricorso del Ministero dell'Interno domanda la cassazione della suddetta sentenza per un solo motivo. 4. Ra. Ma. Os. non ha presentato difese. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è articolato in un solo motivo, con il quale si denuncia, in riferimento all'art. 360, n. 3, cod.proc.civ., l'errata applicazione dell'art. 5, comma G, del D.Lgs. n. 286 del 1998 in relazione al diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, che sarebbe stato riconosciuto dalla Corte territoriale evocando la necessità di una valutazione comparativa tra la situazione vissuta nel Paese di origine e quella conseguita nel Paese ospitante, ma senza di fatto compierla, nulla di concreto essendo stato argomentato in sentenza, né circa la situazione di effettiva vulnerabilità del richiedente protezione, né in ordine alla deprivazione dei diritti fondamentali subita o subenda in patria. 2. Il motivo è inammissibile. 2.1. Le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 65606202, nel lumeggiare i presupposti per ottenere la protezione umanitaria, hanno evocato La necessità di collegare la norma che la prevede ai diritti fondamentali che l'alimentano” ed hanno chiarito che Gli interessi protetti non possono restare ingabbiati in regole rigide e parametri severi, che ne limitino le possibilità di adeguamento, mobile ed elastico, ai valori costituzionali e sovranazionali” donde, ribadito che L'apertura e la residualità della tutela non consentono tipizzazioni tra varie, Cass. 15 maggio 2019, nn. 13079 e 13096 ”, hanno affermato che L'orizzontalità dei diritti umani fondamentali, col sostegno dell'art. 8 della Cedu, promuove l'evoluzione della norma, elastica, sulla protezione umanitaria a clausola generale di sistema, capace di favorire i diritti umani e di radicarne l'attuazione” punto 10. della motivazione . 2.2. Alla stregua della riportata enunciazione direttiva secondo la quale la norma sulla protezione umanitaria assurge nell'ordinamento a clausola generale di sistema, capace di favorire i diritti umani e di radicarne l'attuazione”, non può non riconoscersi la correttezza della sentenza impugnata laddove ha valorizzato, in funzione della concessione al richiedente del permesso umanitario, la condizione psicologica di vulnerabilità nella quale questi si sarebbe venuto a trovare a causa del forzato distacco dalla famiglia che si era creato in Italia” in ipotesi di rimpatrio. Tale notazione, vieppiù suffragata dal rilievo assegnato, nella decisione al vaglio, all'imminente nascita di un figlio del richiedente, generato con la compagna italiana, evoca, peraltro, implicitamente, la necessità di assicurare il diritto alla genitorialità dello straniero, quale diritto soggettivo primario, costituzionalmente garantito dall'art. 30 della Costituzione Sez. 1, n. 2878 del 11/02/2005, Rv. 579033 Sez. 1, n. 14894 del 22/10/2002, Rv. 558184 Sez. 1, n. 11263 del 29/12/1994, Rv. 489457 . Che si tratti di un diritto soggettivo primario trova conferma, peraltro, sia nella tutela della libertà personale e del diritto al pieno sviluppo della persona umana, che consentono di includere l'aspirazione ad avere figli e l'esigenza di prendersene cura, tra i valori di rilevanza costituzionale, sia dal citato art. 8 della Convenzione Europea sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali , che prevede, appunto, il diritto al rispetto della vita privata e familiare di ciascuno. 3. Tanto evidenziato, emerge allora l'incompletezza e la non pertinenza delle censure articolate dall'Amministrazione ricorrente, che non risultano essersi confrontate con l'interezza della motivazione rassegnata dal giudice della sentenza impugnata e, in particolare, con decisivi snodi di essa. 4. Per le suesposte ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 17 luglio 2020.