Protezione internazionale: non c'è automatismo tra mancanza di videoregistrazione e rinnovazione dell'ascolto

Qualora sia stata proposta opposizione al provvedimento di diniego della protezione internazionale e il giudice abbia fissato l’udienza di comparizione delle parti, egli non ha l’obbligo di rinnovare il colloquio personale con il richiedente la protezione, in quanto non sussiste alcun automatismo tra la mancanza di videoregistrazione e la rinnovazione dell’ascolto del richiedente, ben potendo il giudice decidere sulla base dei soli elementi contenuti nel fascicolo, quali ad esempio il verbale e la trascrizione del colloquio.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con sentenza n. 16925/20 depositata l’11 agosto. Il cittadino straniero proponeva opposizione avverso il provvedimento di diniego della domanda di protezione internazionale emesso dalla Commissione Territoriale. Dichiaratosi cittadino della Costa d’Avorio, il ricorrente affermava di aver lasciato il suo paese a seguito delle minacce ricevute dai familiari e di aver fatto ingresso irregolare in Italia, privo di documenti, attraverso la frontiera marittima calabra. Ritenuto di non dover procedere alla rinnovazione del colloquio personale, il Tribunale di Milano rigettava il ricorso dello straniero, negandogli sia la protezione sussidiaria, in quanto non riteneva sussistente alcuna delle ipotesi previste dall’art. 14 d.lgs. n. 251/2007, sia la protezione umanitaria. Avverso il decreto del Tribunale, il cittadino straniero propone ricorso per cassazione . Con la prima doglianza, il ricorrente lamenta l’ omessa rinnovazione da parte del Tribunale del colloquio personale , nonostante la fissazione dell’udienza di comparizione delle parti e la mancanza in atti della videoregistrazione di cui all’art. 14 d.lgs. n. 25/2008. Nel ritenere tale motivo di ricorso inammissibile, la Cassazione chiarisce che non sussiste alcun automatismo tra la mancanza di videoregistrazione e la rinnovazione dell’ascolto del richiedente la protezione internazionale . Pertanto, il Tribunale, dopo aver fissato l’udienza di comparizione delle parti, ha correttamente ritenuto di poter decidere sulla base dei soli elementi contenuti nel fascicolo, quali il verbale e la trascrizione del colloquio. Con riferimento alle altre doglianze presentate, vertenti per lo più sul tipo di valutazione condotta dal Tribunale circa la situazione personale dello straniero e del suo Paese d’origine, ritenute anch’esse inammissibili, la Corte di Cassazione ha ribadito che in materia di protezione internazionale , l’ accertamento del giudice di merito deve innanzitutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona, cosicché qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui all’art. 3, d.lgs. n. 251/2007, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese d’origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori . Inoltre, ha precisato la Corte, con riferimento alla protezione sussidiaria , l’ipotesi di minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile , derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, implica o una contestualizzazione della minaccia suddetta, in rapporto alla situazione soggettiva del richiedente, laddove il medesimo sia in grado di dimostrare di poter essere colpito in modo specifico, in ragione della sua situazione personale, ovvero la dimostrazione dell’esistenza di un conflitto armato interno nel Paese o nella regione, caratterizzato dal ricorso ad una violenza indiscriminata, che raggiunga un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile, rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione, correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire detta minaccia .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 27 febbraio – 11 agosto, numero 16925 Presidente Manna – Relatore Bellini Fatti di causa MO. DR., dichiaratosi cittadino della Costa d'Avorio, proponeva opposizione avverso il provvedimento di diniego della domanda di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale in data 5.7.2018, chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato o la protezione sussidiaria o il rilascio di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Il ricorrente, privo di documenti d'identità del paese di origine dichiarato Costa d'Avorio , affermava di aver fatto ingresso irregolare in Italia il 3.9.2016 attraverso la frontiera marittima calabra, provenendo dalla Libia. Sentito dalla Commissione Territoriale, dichiarava di essere nato e cresciuto a Bouake, di appartenere al gruppo etnico malinkè detto anche Diula e di essere musulmano. Quanto ai motivi che lo avevano indotto a espatriare dichiarava che i suoi genitori non erano sposati e vivevano separati, precisamente il ricorrente viveva con il padre mentre la sorella era con la madre. Alla morte del padre, uno zio, fratellastro del padre - che collaborava con il Ministro della Difesa ed era un uomo potente -lo aveva cacciato da casa e si era rifiutato di riconoscergli l'eredità paterna. La madre del ricorrente si era rivolta alla polizia e al Tribunale, ma in entrambi i casi senza alcun esito. Lo zio, avendo saputo che la madre si era rivolta alla polizia, li aveva minacciati e qualche settimana dopo, durante la notte, alcune persone armate e mascherate erano entrate in casa, avevano ammanettato sia lui che la madre e la sorella e li avevano rapiti. Da quel momento il ricorrente era stato separato dai suoi familiari e non aveva più avuto loro notizie. Il ricorrente era stato portato in una foresta e imprigionato in una piccola struttura di legno per circa una settimana. Poi il ricorrente riusciva a fuggire. Dichiarava di essere andato in Burkina Faso e Niger, di essere stato venduto ad alcune persone che lo avevano portato in Libia, dove era stato messo in prigione per alcuni mesi e, dopo essere stato liberato, di aver lavorato per un signore che lo aveva aiutato ad imbarcarsi per l'Italia. Aggiungeva di aver lasciato il suo paese anche in considerazione delle minacce ricevute dai familiari delle vittime dello zio. Circa i timori relativi al ritorno nel suo paese, dichiarava di aver paura sia dello zio sia delle persone alle quali lo zio avrebbe fatto del male. Con decreto numero 4296/2019, depositato in data 14.5.2019, il Tribunale di Milano rigettava il ricorso. In via preliminare, il Collegio reputava non necessario procedere a rinnovare il colloquio personale con il ricorrente, essendo stati raccolti tutti gli elementi necessari ai fini della decisione. Nel merito, il Giudice riteneva che il racconto del ricorrente non fosse credibile a causa della mancanza di dettagli rispetto alle vicende personalmente vissute. Quanto alla protezione sussidiaria, il Tribunale riteneva che nella fattispecie non ricorresse alcuna delle ipotesi di cui all'articolo 14 del D.Lgs. numero 251/2007. Con riferimento alle ipotesi di rischio di condanna a morte o trattamento inumano, ritenuto non credibile il racconto del ricorrente, non si ravvisava l'esistenza di alcun danno grave. Con riferimento al rischio di essere coinvolto nella violenza di un conflitto armato generalizzato, il Tribunale specificava come, a integrare la fattispecie, non fosse sufficiente l'esistenza di generiche situazioni di instabilità, essendo invece necessario che le pertinenti informazioni indicassero che l'intero territorio del paese o una parte rilevante di esso fosse interessata da una situazione di violenza generalizzata e indiscriminata di particolare intensità, tale per cui qualsiasi civile che si trovasse a essere al suo interno fosse concretamente esposto al rischio di perdere la propria vita o l'incolumità fisica. Infine, secondo il Giudicante non ricorrevano neppure i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, essendo escludo il rischio di essere immesso nuovamente, in seguito al rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili laddove sussiste uno specifico onere in capo al richiedente, quantomeno di allegare i fattori di vulnerabilità. Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione Mo. Dr. sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria, il Ministero dell'Interno si è costituito tardivamente al solo fine dell'eventuale partecipazione alla udienza di discussione della causa. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la Violazione e falsa applicazione dell'articolo 3 del D.Lgs. numero 251/2007 e degli artt. 14 e 35 bis del D.Lgs. numero 25/2008, in relazione all'articolo 360, numero 3 c.p.c. , in quanto, nonostante la mancanza in atti della videoregistrazione di cui all'articolo 14 del D.Lgs. 25/2008, il Tribunale ometteva di procedere al colloquio personale con il ricorrente, pur avendo fissato udienza di comparizione delle parti. 1.1. - Il motivo è inammissibile. 1.2. - A fronte della giustificazione offerta dal Giudice di merito, in ordine alla fissazione, in ossequio al principio di diritto enunciato da Cass. numero 17717 del 2018, della udienza ex articolo 35-bis, comma 11, D.Lgs. 25/2008, con espressa esclusione della di ripetere l'audizione e di svolgere ulteriori incombenti istruttori decreto impugnato, pag. 2 , per essere stati raccolti tutti gli elementi necessari ai fini della decisione tant'è che la difesa del ricorrente, richiamata la vicenda personale del ricorrente negli esatti termini che si ricavano dal verbale di audizione, non ha introdotto ulteriori temi di indagine né ha allegato fatti nuovi decreto, pag. 3 - la censura risulta nuova in quanto presentata per la prima volta innanzi a questa Corte Cass. numero 33184 del 2019 non risultando peraltro né che il ricorrente si fosse effettivamente presentato alla udienza fissata per la comparizione delle parti, né che non si fosse presentato per legittimo impedimento e neppure che la sua difesa avesse insistito in quella sede per la sua audizione, ovvero avesse tempestivamente e ritualmente impugnato detta decisione decreto impugnato, pag. 2 . Non sussiste, d'altra parte, alcun automatismo tra la mancanza di videoregistrazione e la rinnovazione dell'ascolto del richiedente Cass. numero 17717 del 2018 , per cui rettamente il Tribunale, dopo aver adempiuto all'obbligo di disporre l'udienza di comparizione delle parti, ha ritenuto di poter decidere in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, e cioè il verbale o la trascrizione del colloquio personale v., in tal senso, Corte di giustizia dell'Unione Europea, 26 luglio 2017, causa C-348/16 Moussa Sacko contro Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano, § 49 tanto più che, nella specie, il ricorso neppure indica se e quali nuovi elementi fosse indispensabile acquisire Cass. numero 32001 del 2019 . 2.1. - Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la Violazione e falsa applicazione dell'articolo 14, lett. c del D.Lgs. numero 251/2007, nonché dell'articolo 8 del D.Lgs. numero 25/2008, in relazione all'articolo 360, numero 3 c.p.c. , poiché il Tribunale avrebbe errato nel non riconoscere provata l'esistenza di una minaccia grave alla vita del ricorrente in caso di rimpatrio, in ragione della complessiva situazione socio-politica della Costa d'Avorio, tale da fondare il riconoscimento, in suo favore, della protezione sussidiaria di cui all'art 14 lett. c del D.Lgs. numero 251/2007. 2.2. - Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la Violazione e falsa applicazione dell'articolo 5, comma 6 del D.Lgs. numero 286/1998, in relazione all'articolo 360, numero 3 c.p.c. , rilevando di avere presentato all'INPS, in data 29.6.2018, domanda di invalidità civile per una deformazione del piede che si ripercuote sul ginocchio provocandogli dolore costante, con necessità di visite mediche specialistiche deducendo che tale circostanza deve essere considerata ai fini del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. 2.3. - Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la Violazione e falsa applicazione degli artt. 8, comma 3 del D.Lgs. numero 25/2008 e 3, comma 3 del D.Lgs. numero 251/2007, in relazione all'articolo 360, numero 3 c.p.c. , poiché il Tribunale si è limitato a una valutazione solo sommaria della situazione attuale della Costa d'Avorio così non assolvendo il dovere di cooperare nell'accertamento dei fatti rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale. 3. - In considerazione della loro stretta connessione logico-giuridica, i motivi vanno esaminati e decisi congiuntamente. 3.1. - I motivi sono inammissibili. 3.2. - Questa Corte ha chiarito che in materia di protezione internazionale, l'accertamento del giudice di merito [che, in quanto sorretto da adeguata e logica motivazione, è - al pari di quello relativo alla situazione del paese di origine - sottratto al sindacato di legittimità, anche perché immune dalle censure sollevate dal ricorrente, che sostanzialmente si limita a prospettare una diversa ricostruzione delle vicende che hanno dato luogo alla presente controversia] deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l'esposizione a rischio grave alla vita o alla persona , cosicché qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui all'articolo 3, D.Lgs. numero 251 del 2007, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall'impossibilità di fornire riscontri probatori Cass. numero 16925 del 2018 cfr. Cass. numero 30113 del 2018 . Come ancora precisato da questa Corte Cass. numero 14006 del 2018 , con riguardo alla protezione sussidiaria dello straniero, prevista dall'articolo 14, lett. c , del D.Lgs. numero 251 dei 2007, l'ipotesi della minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale implica o una contestualizzazione della minaccia suddetta, in rapporto alla situazione soggettiva del richiedente, laddove il medesimo sia in grado di dimostrare di poter essere colpito in modo specifico, in ragione della sua situazione personale, ovvero la dimostrazione dell'esistenza di un conflitto armato interno nel Paese o nella regione, caratterizzato dal ricorso ad una violenza indiscriminata, che raggiunga un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile, rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione, correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire detta minaccia . Nel ricorso, viceversa non si spiegano le ragioni per le quali, nello specifico, sussisterebbero i presupposti per il riconoscimento della tutela in favore del ricorrente. 3.3. - Laddove, poi, anche la richiesta del ricorrente di cui al terzo motivo [di tenere in considerazione anche della domanda di invalidità civile, presentata per patologia al piede, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari], rende palese lo scopo improprio del ricorrente di contestare globalmente le motivazioni poste a sostegno della decisione impugnata, risolvendosi, in buona sostanza, nella richiesta di una inammissibile generale ri valutazione alternativa delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, in senso antagonista rispetto a quella compiuta dal giudice di appello Cass. numero 1885 del 2018 così, inammissibilmente, rimettendo al giudice di legittimità il compito di isolare le singole doglianze teoricamente proponibili, onde ricondurle a uno dei mezzi di impugnazione enunciati dal citato articolo 360 c.p.comma per poi ricercare quali disposizioni possano essere utilizzabili allo scopo in sostanza, dunque, cercando di attribuire al giudice di legittimità il compito di dar forma e contenuto giuridici alle generiche censure del ricorrente, per poi decidere su di esse Cass. numero 22355 del 2019 Cass. numero 2051 del 2019 . 4. - Il ricorso è dunque inammissibile. Nulla per le spese nei riguardi del Ministero dell'Interno, che non ha svolto idonea attività difensiva. Va emessa la dichiarazione ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.