Il passaggio in un Paese di transito può essere rilevante nella valutazione della richiesta di protezione internazionale

Secondo la consolidata giurisprudenza, la situazione e gli accadimenti vissuti dallo straniero nel Paese c.d. di transito possono assumere rilevanza nella valutazione della richiesta di protezione internazionale, soprattutto in relazione alla durata del soggiorno.

Sul tema la Suprema Corte con l’ordinanza n. 13758/20, depositata il 3 luglio. Un cittadino ghanese impugnava dinanzi al Tribunale di Ancona la decisione con cui la Commissione territoriale aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e della protezione umanitaria . Il Tribunale respingeva il ricorso sottolineando, in riferimento alla permanenza del richiedente in Libia, che l’art. 8, comma 3, d.lgs. n. 25/2008 prevede l’acquisizione di informazioni anche sul paese di transito del richiedente sempre in collegamento con la vicenda personale del suo paese di origine, nel senso che il fondato timore di persecuzione o di danno grave non può prescindere da ciò che è stato vissuto prima di abbandonare il proprio paese . La questione è giunta dinanzi alla Suprema Corte su ricorso del richiedente che lamenta il vizio di motivazione meramente apparente per aver il giudice di merito considerato la situazione presente in Ghana, trascurando quella esistente il Libia. La doglianza risulta fondata. La giurisprudenza consolidata ha infatti affermato che la situazione e gli accadimenti vissuti nel paese c.d. di transito possono assumere rilevanza nella valutazione della richiesta di protezione umanitaria Cass. Civ. n. 2558/20 . Richiamando il disposto dell’art. 8, comma 3, d.lgs. n. 25/2008, il Collegio ricorda comunque che la norma prevede perentoriamente che ciascuna domanda di protezione internazionale è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati . Di conseguenza, il giudice di merito è chiamato ad esaminare la situazione del Paese di origine e verificare poi quella relativa al Paese di transito quando questa occorra nel concreto. L’onere motivazionale sarà dunque maggiormente rigoroso laddove la vicenda in esame contenga in sé un aspetto potenzialmente idoneo a mostrarsi significativo, quale appunto la durata del soggiorno nel Paese di transito. Ed infatti se facilmente seppure, è ovvio, non in via necessaria un passaggio di qualche giorno o di poche settimane può risultare di scarso, se non nullo, significato per il vissuto di un migrante, non altrettanto può dirsi invero per il caso in cui il soggiorno venga invece a protrarsi nel tempo, così cumulando un anno sull’altro non foss’altro per la tensione verso un insediamento stabile come diverso da quello di avvio del viaggio migratorio che un simile tipo di protrazione temporale non manca di suggerire . Non avendo il provvedimento impugnato soddisfatto tale onere motivazionale, la Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto con rinvio della controversia al Tribunale di Ancona.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 28 novembre 2019 – 3 luglio 2020, n. 13758 Presidente Cristiano – Relatore Dolmetta Fatti di causa 1.- M.A., nativo del omissis a omissis , nell' omissis con cittadinanza gambiana, ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Ancona avverso il provvedimento della Commissione territoriale di questa città, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale diritto di rifugio protezione sussidiaria e del riconoscimento della protezione umanitaria. Con decreto depositato in data maggio 2018, il Tribunale ha respinto il ricorso. 2.- In particolare il Tribunale ha rilevato, in relazione al tema del diritto di rifugio, che le dichiarazioni del ricorrente, laddove credibili, restano confinate nei limiti di una vicenda di vita privata . Con riguardo alla protezione sussidiaria, il Tribunale ha ritenuto di fare riferimento alla situazione attualmente presente nel omissis , rilevando che - secondo il report Easo del maggio 2018 - da circa vent'anni in omissis vige una democrazia ben funzionante . Ha aggiunto, con riferimento alla permanenza del richiedente in Libia, che limitatamente al disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 che prevede se necessario l'acquisizione di informazioni anche sul paese di transito del richiedente, esso va comunque ricollegato alla vicenda personale del suo paese di origine, nel senso che il fondato timore di persecuzione o di danno grave non può prescindere da ciò che è stato vissuto prima di abbandonare il proprio paese . Quanto infine al tema della protezione umanitaria, il decreto ha osservato che nella specie non si delineavano situazioni di particolare vulnerabilità riferibili alla persona del richiedente. 3.- Avverso questo provvedimento ha proposto ricorso M.A., affidandolo a un motivo di cassazione. Il Ministero non ha svolto difese nel presente grado del giudizio. Ragioni della decisione 4.- Il motivo di ricorso, che viene formulato con riferimento alle materie della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, assume vizio di motivazione meramente apparente , nonchè violazione delle norme del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27. Rileva, in proposito, il ricorrente che la norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 prescrive che la domanda di protezione debba essere esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi siano transitati . Posta questa disposizione, nella specie il giudice del merito ha senz'altro errato - si assume - a limitarsi a valutare la situazione presente nel OMISSIS , trascurando del tutto quella esistente in Libia. L'espressione ove occorra va intesa - si puntualizza - nel senso della valutabilità della situazione di transito quando in questi il richiedente si sia effettivamente radicato vivendovi per un lasso di tempo apprezzabile e lavorandovi continuativamente . Secondo quanto accaduto nella fattispecie concreta, posto che il ricorrente è giunto in Libia poco più che decenne in compagnia del padre, per abbandonare il Paese otto anni dopo, in ragione della morte del padre e dello scoppio della guerra civile. 5.- Il motivo è fondato. 5.1.- Va prima di tutto osservato, in proposito, che il Tribunale di Ancona non ha mancato di dare riscontro dei dati materiali della fattispecie rappresentati dalla sussistenza di un lungo soggiorno del richiedente in Libia. In particolare, ha fatto propria la circostanza che quest'ultimo vi ha lavorato per molti anni, avendo seguito il padre nel viaggio di migrazione intrapreso in età ancora scolare, senza mettere in alcun modo in forse la credibilità di un simile accaduto. Nel contesto della motivazione svolta in relazione alla decisione di rigetto di ogni forma di protezione richiesta dal ricorrente, tuttavia, il decreto non ha tenuto in nessun conto il pur richiamato vissuto del richiedente del tutto trascurando, più precisamente, di sottoporlo ad alcun tipo di esame e di valutazione. 5.2.- Ora, non può certo ritenersi che il vissuto del richiedente nel c.d. paese di transito e la situazione generale presente in questo paese nel relativo periodo temporale siano fatti intrinsecamente e istituzionalmente irrilevanti ai fini del riconoscimento delle forme di protezione riconosciute dal sistema vigente ovvero radicalmente estranei al principio costituzionale del non refoulement. La giurisprudenza di questa Corte ha più volte segnalato la rilevanza che, in proposito, possono venire ad assumere gli accadimenti occorsi nel paese di c.d. transito e la situazione caratterizzante questo medesimo paese, con riferimento in particolare alla protezione umanitaria si veda, da ultimo, la pronuncia di Cass., 4 febbraio 2020, n. 2558, spec. n. 5 . D'altra parte, non può dimenticarsi - come, del resto, non ha mancato di rimarcare il motivo di ricorso - che la norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, è perentoria nel prescrivere che ciascuna domanda di protezione internazionale è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paese in cui questi sono transitati . 5.3.- Dal piano disposto della citata norma discende - si deve adesso esplicitare - che il giudice del merito deve in ogni caso esaminare la situazione espressa da paese di origine e procedere altresì alla verifica relativa al c.d. paese di transito quando questa nel concreto occorra . Per quanto riguarda quest'ultima parte del dettato normativo, tale detta prescrizione si traduce, dunque, nel dovere del giudice del merito di prendere comunque in considerazione l'eventualità di procedere all'esame anche della situazione del c.d. paese di transito vagliando i termini della relativa esigenza al livello della fattispecie concreta e pure lasciando, in via correlata, traccia dell'esito dell'indagine così compiuta nel tracciato motivazionale del provvedimento assunto. Tale onere motivazionale - va anche aggiunto per opportuna completezza dell'esposizione - diviene particolarmente sensibile , allorchè la vicenda espressa nella fattispecie concreta contenga in sè un aspetto, un nodo, che sia particolarmente idoneo, sotto il profilo della potenzialità, a mostrarsi significativo quale tra gli altri appare, per l'appunto, la durata in concreto del soggiorno in un paese di transito. Se facilmente seppure, è ovvio, non in via necessaria , un passaggio di qualche giorno, o di poche settimane, può risultare di scarso, se non nullo, significato per il vissuto di un migrante, non altrettanto può dirsi, invero, per il caso in cui il soggiorno venga invece a protrarsi nel tempo, così cumulando un anno sull'altro non foss'altro per la tensione verso un insediamento stabile come diverso da quello di avvio del viaggio migratorio che un simile tipo di protrazione temporale non manca di suggerire. 6.- Il decreto impugnato va dunque cassato e la controversia rinviata al Tribunale di Ancona che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia la controversia al Tribunale di Ancona che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.