La diversa disciplina processuale delle eccezioni in senso stretto e in senso lato

L’eccezione in senso stretto consiste nella contrapposizione di fatti che, senza escludere la sussistenza del rapporto su cui si fonda la domanda principale, accordano ad una parte il potere di neutralizzare il diritto della controparte. Tale effetto, tuttavia, non è automatico, ma è subordinato ad un’espressa manifestazione di volontà della detta parte, come avviene tipicamente nelle azioni costitutive, come l’azione di annullamento o rescissione del contratto oppure la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità.

Al contrario, l’ eccezione in senso lato , consiste nella contrapposizione, alla domanda attorea, di fatti cui la legge attribuisce un’autonoma idoneità modificativa, impeditiva o estintiva degli effetti del rapporto su cui si fonda la detta domanda. Sul piano processuale , la differenza sostanziale fra le due tipologie di eccezioni, oltre a riguardare la loro eccepibilità su esclusiva istanza di parte o anche su iniziativa del giudice, attiene anche alla loro deducibilità, con espresso riferimento alle eccezioni in senso stretto, entro e non oltre i termini di cui all’art. 167 c.p.c., cioè la comparsa di costituzione, oppure, per le eccezioni in senso lato, la loro rilevabilità anche oltre tale termine decadenziale, con il solo limite della loro necessaria riferibilità a fatti risultanti dagli atti, dai documenti o dagli altri elementi probatori, ritualmente acquisiti al processo. Con l’ordinanza n. 12980/20, depositata il 30 giugno 2020, la Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile, affronta l’argomento inerente la natura di eccezione in senso lato della non imputabilità al debitore dell’inadempimento contrattuale e i relativi riflessi sulla disciplina del processo. La vicenda prende le mosse dalla proposizione, in primo grado, di una domanda di risarcimento dei danni, per inadempimento del contratto di compravendita di un immobile. Costituitisi in giudizio, alla prima udienza, i convenuti eccepivano che l’inadempimento era dipeso da causa a loro non imputabile. In primo grado tale eccezione era ritenuta inammissibile, poiché dedotta oltre il termine di cui all’art. 167 c.p.c., operante con riferimento alle eccezioni in senso stretto, con conseguente accoglimento della domanda di risarcimento, proposta dall’attore. In sede d’impugnazione, invece, l’eccezione di non imputabilità dell’inadempimento ai convenuti era considerata tempestiva e fondata, benché erroneamente qualificata dai giudici come mera difesa e non come eccezione in senso lato, con conseguente rigetto della domanda attorea. Avverso questa decisione, parte attrice proponeva ricorso, innanzi alla Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione ha inteso precisare, innanzitutto, che l’ eccezione di non imputabilità dell’inadempimen to, alla parte processuale, non è una mera difesa, come erroneamente ritenuto dai giudici di secondo grado, ma è a tutti gli effetti un’ eccezione in senso lato , deducibile su impulso della stessa parte o rilevabile d’ufficio dal giudice e consistente nell’allegazione o nel rilievo di fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto dedotto in giudizio. Rilevava la Suprema Corte, che le argomentazioni difensive dei convenuti, non si limitavano a negare la sussistenza o la fondatezza dei fatti costitutivi della pretesa risarcitoria, ma vi opponevano un fatto diverso, non compreso fra quelli allegati dalla parte attrice, a fondamento della propria domanda, bensì dedotto quale causa di non imputabilità dell’inadempimento, ovvero come fatto impeditivo. Ferma restando tale qualificazione, la Suprema Corte passava a considerare i riflessi che essa produceva sulla disciplina del processo . L’ eccezione in senso stretto , proponibile solo su iniziativa di parte, consiste nella contrapposizione di fatti che, senza escludere la sussistenza del rapporto su cui si fonda la domanda principale, accordano ad una parte il potere di neutralizzare il diritto della controparte. Tale effetto, tuttavia, non è automatico, ma è subordinato ad un’espressa manifestazione di volontà della detta parte, come avviene tipicamente nelle azioni costitutive, come l’azione di annullamento o rescissione del contratto oppure la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità. Al contrario, l’ eccezione in senso lato , consiste nella contrapposizione, alla domanda attorea, di fatti cui la legge attribuisce un’autonoma idoneità modificativa, impeditiva o estintiva degli effetti del rapporto su cui si fonda la detta domanda. Sul piano processuale, la differenza sostanziale fra le due tipologie di eccezioni, oltre a riguardare la loro eccepibilità su esclusiva istanza di parte o anche su iniziativa del giudice, attiene anche alla loro deducibilità, con espresso riferimento alle eccezioni in senso stretto, entro e non oltre i termini, di cui all’art. 167 c.p.c., cioè la comparsa di costituzione, oppure, per le eccezioni in senso lato, la loro rilevabilità anche oltre tale termine decadenziale, con il solo limite della loro necessaria riferibilità a fatti risultanti dagli atti, dai documenti o dagli altri elementi probatori, ritualmente acquisiti al processo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 23 gennaio – 30 giugno 2020, n. 12980 Presidente Frasca – Relatore Iannello Rilevato che 1. M. C. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Palermo i coniugi G. F. e M. D. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della ritardata consegna dell'appartamento da essa acquistato con atto di compravendita del 28/7/2008. Costituendosi in giudizio, con comparsa depositata alla prima udienza, i convenuti eccepirono che l'inadempimento era dipeso da causa ad essi non imputabile. Il Tribunale, ritenuta tale eccezione inammissibile, in quanto tardivamente dedotta oltre il termine di cui all'articolo 167 cod. proc. civ., accolse la domanda e condannò i convenuti al pagamento in favore dell'attrice, a titolo di risarcimento dei danni, della somma di C 12.000, oltre interessi e rivalutazione. 2. In accoglimento del gravame interposto dai soccombenti e in conseguente riforma di tale decisione, la Corte d'appello di Palermo, con la sentenza in epigrafe, ritenendo al contrario la suddetta eccezione ammissibile e fondata, ha rigettato la domanda risarcitoria, condannando parte attrice al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio. 2.1. In punto di ammissibilità dell'eccezione ha, infatti, ritenuto che, quella di non imputabilità dell'inadempimento, costituisca mera difesa e non eccezione, tanto meno in senso stretto, come tale sottratta alla decadenza prevista dall'articolo 167 cod. proc. civ In tal senso ha in particolare osservato — sulla premessa che la distribuzione dell'onere della prova non coincide con la distribuzione dell'onere allegativo — che poiché l'inadempimento del convenuto costituisce un fatto costitutivo della pretesa azionata in giudizio, l'accertamento dello stesso, nelle sue componenti materiali mancata o ritardata prestazione e giuridiche imputabilità è rimesso nella sua totalità alla cognizione del giudice alla stregua di tutto il materiale probatorio acquisito al processo analogamente, ogni contestazione che il convenuto sollevi in ordine alla sussistenza di tali requisiti costituisce una mera difesa, siccome diretta a contestare la sussistenza dei fatti allegati e dedotti dall'attore, senza ampliare il thema decidendum ad ulteriori fatti diversi da quelli. Ne consegue che, nel caso in esame, il giudice avrebbe dovuto valutare d'ufficio l'esistenza o meno del dedotto inadempimento in tutte le sue componenti, non solo in quella, materiale, e pacifica del ritardo nella consegna dell'immobile venduto, ma anche in quella - giuridica - dell'imputabilità dell'inadempimento a colpa del debitore e, a tal fine, valutare non solo la difesa dei convenuti ma altresì il materiale probatorio dagli stessi fornito a sostegno di tale allegazione . 2.2. Nel merito ha poi ritenuto dimostrata la sussistenza di causa non imputabile impeditiva del tempestivo adempimento attraverso la produzione di certificato medico del 17/11/2008 attestante la circostanza che, a quella data, pressoché coincidente con il termine fissato per la consegna dell'immobile 18/11/2008 , la D. fosse affetta da minacce d'aborto e necessitasse pertanto di assoluto riposo circostanza, questa che, secondo i giudici d'appello, intuitivamente, impediva non solo alla stessa di adoperarsi personalmente nelle operazioni di trasloco eseguibili anche dal di lei coniuge ma la costringeva altresì ad una condizione di riposo forzato secondo la prova testimoniale assunta, era costretta a stare a letto, non potendo occuparsi neppure delle ordinarie faccende domestiche che non le avrebbe consentito, se non a rischio di interrompere la gravidanza, di sostenere gli ovvi disagi connessi al trasferimento di abitazione . Ha inoltre osservato che l'appartamento è stato comunque rilasciato subito dopo il venir meno della situazione di emergenza il 13/12/2008 e che, anche al fine di ridurre i disagi per l'acquirente, pur non essendovi tenuti, i convenuti le avevano messo a disposizione un magazzino ove riporre temporaneamente le proprie suppellettili, mostrando, in tal modo, un comportamento certamente improntato a buona fede . 3. Avverso tale sentenza M. C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resistono gli intimati, depositando controricorso. 4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell'articolo 380-bis cod. proc. civ., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza della Corte. I controricorrenti hanno inviato memoria a mezzo posta. Considerato che 1. Occorre preliminarmente rilevare che la memoria fatta pervenire a mezzo posta dai controricorrenti è da considerarsi irrituale, giusta il consolidato principio di diritto, secondo cui L'articolo 134, comma 5, disp. att. c.p.c., a norma del quale il deposito del ricorso e del controricorso, nei casi in cui sono spediti a mezzo posta, si ha per avvenuto nel giorno della spedizione, non è applicabile per analogia al deposito delle memorie di cui agli artt. 378, 380-bis, comma secondo, e 380-bis.1 cod. proc. civ., sia perché tale previsione, per la sua natura speciale rispetto alle normali attività di deposito degli atti nel giudizio di cassazione, è da reputarsi insuscettibile di applicazione analogica, sia, gradatamente, perché, essendo il detto deposito diretto esclusivamente ad assicurare al giudice ed alle altre parti la possibilità di prendere cognizione dell'atto con il congruo anticipo rispetto alla udienza di discussione e negli altri due rispetto all'adunanza della Corte, ritenuto necessario dal legislatore, l'applicazione del citato articolo 134 finirebbe con il ridurre, se non con l'annullare detto scopo v. in termini, ex multis, Cass.4 22/10/2018, n. 26551 e anteriormente Cass. 10/04/2018, n. 8835 19/04/2016 n. 7704 04/01/2011, n. 182 04/08/2006, n. 17726 . 2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all'articolo 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., omessa e falsa applicazione dell'articolo 167 cod. proc. civ., per avere la Corte d'appello ritenuto che quelle avanzate da controparte non fossero eccezioni in senso stretto e, come tali, non fossero soggette alla decadenza prevista dall'articolo 167 cod. proc. civ Rileva che l'incolpevolezza dell'inadempimento è una causa escludente la responsabilità ed in quanto tale un elemento impeditivo che deve rientrare nell'alveo dell'eccezione in senso stretto insieme agli elementi estintivi e modificativi . 3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce poi, ai sensi dell'articolo 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., omessa e falsa applicazione degli artt. 1256, 1218, 1175 e 1176 c.p.c. [recte, c.c.] . Lamenta che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che un impedimento meramente soggettivo, quale quello di specie, consistente nella minaccia di aborto, fosse da solo sufficiente a determinare l'inimputabilità dell'inadempimento ad entrambi i debitori. Argomenta al riguardo che, il giorno in cui la sig.ra D. ha avvertito i malori, essendo quello immediatamente antecedente alla data fissata per il trasloco, tutti i beni mobili avrebbero dovuto essere già imballati cosa che controparte non ha provato , cosicché quel giorno i traslocatori avrebbero dovuto semplicemente spostare tali beni dalla vecchia abitazione, oggetto di compravendita, alla nuova, senza alcuno sforzo da parte della sig.ra D., che intanto avrebbe potuto riposare presso l'abitazione della di lei madre. Afferma che, comunque, detto impedimento non giustificava in alcun modo l'inadempimento del coniuge coobbligato. Sostiene la configurabilità, nella specie, di un inadempimento anticipato anticipatory breach , predicabile, secondo la giurisprudenza Cass. n. 23823 del 2012 , quando il debitore, in violazione dell'obbligo di buona fede, tenga una condotta che renda impossibile o antieconomica la prosecuzione del rapporto. 4. Il primo motivo è infondato, anche se la motivazione della sentenza impugnata va corretta ai sensi dell'articolo 384, comma quarto, cod. proc. civ Correttamente, infatti, la Corte d'appello ha escluso che l'eccezione di non imputabilità dell'inadempimento costituisca eccezione in senso stretto, come tale soggetta alla decadenza prevista dall'articolo 167 cod. proc. civ Ciò che non può essere condiviso nella motivazione è, piuttosto, e soltanto, la qualificazione di tale deduzione come mera difesa, anziché quale eccezione in senso lato rilievo, questo, che comunque non può condurre a mutare la suesposta conclusione, essendo noto che sia l'una che l'altra non sono soggette alla detta decadenza e sono rilevabili d'ufficio, con il solo limite rappresentato dal necessario riferimento a fatti risultanti dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisite al processo v. Cass. Sez. U. 07/05/2013, n. 10531 Cass. Sez. U. n. 15661 del 2005, cit. Cass. Sez. U.25/05/2001, n. 226/SU v. anche Cass. 26/02/2014, n. 4548 Cass.31/10/2018, n. 27998 . Non può, invero, dubitarsi che le argomentazioni difensive svolte dai convenuti nella propria comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado non si limitavano a negare la sussistenza o la fondatezza dei fatti costitutivi della pretesa risarcitoria ma vi opponevano un fatto diverso, non compreso tra quelli allegati da controparte a fondamento della propria domanda, bensì dedotto quale causa non imputabile dell'inadempimento ad essi ascritto, e, dunque, come fatto impeditivo. Si trattava, dunque, non di mere difese ma di eccezioni in senso lato, le quali consistono, come noto, secondo la definizione ricavabile con chiarezza dall'articolo 2697 cod. civ., nella allegazione se fatta dalla parte o nella rilevazione se fatta d'ufficio dal giudice di fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto dedotto in giudizio. Come tali esse erano bensì rilevabili d'ufficio non trattandosi di eccezioni riservate all'iniziativa della parte per legge o perché corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva v., per tale definizione delle eccezioni in senso stretto, Cass. Sez. U. 03/02/1998, n. 1099 Sez. U. 27/07/2005, n. 15661 e, pertanto, non soggette alla decadenza prevista dall'articolo 167 cod. proc. civ., ma pur sempre in relazione a fatto che, non essendo compreso, neppure implicitamente, negli elementi costitutivi della domanda, doveva considerarsi ad esso estraneo e, anzi, contrapposto come fatto impeditivo e, dunque, oggetto non di mera difesa ma di eccezione, in senso lato. 4.1. L'errore qualificatorio in cui incorrono i giudici a quibus, ancorché, come detto, ininfluente sulla decisione finale, si coglie già nella premessa, invero nient'affatto chiara e anzi contraddittoria, secondo cui la distribuzione dell'onere della prova non coincide con la distribuzione dell'onere allegativo . È noto al contrario che, secondo il brocardo latino, onus probandi incumbit ei qui dicit esiste, cioè, una stretta correlazione logica e concettuale, ma anche di diritto positivo articolo 2697 cod. civ. , tra onere della prova e onere di allegazione, sia pure per fini che rilevano sul piano della fissazione di una regola finale di giudizio, non già su quello della possibilità o meno, per il giudice, di rilevare fatti del tipo suddetto indipendentemente dall'istanza di parte Cass. Sez. U. n. 1099 del 1998, cit. . Sarà, dunque, opportuno rammentare i criteri di riparto degli oneri probatori in materia di inadempimento contrattuale per illustrare e supportare ulteriormente la qualificazione della eccezione di non imputabilità dell'inadempimento come eccezione in senso lato e non come mera difesa. Ebbene, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte — espresso più volte con specifico riferimento al tema della responsabilità medica, ma con argomenti evidentemente trasferibili a quello della responsabilità contrattuale in genere —, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale per l'inesatto adempimento della prestazione oggetto dell'obbligo assunto, il danneggiato deve fornire la prova del contratto, del sorgere o dell'aggravamento del danno e del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione della controparte contrattuale, restando a carico di quest'ultima la prova che la prestazione sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile v. ex multis Cass. 26/07/2017, n. 18392 20/10/2015, n. 21177 12/09/2013, n. 20904 09/10/2012, n. 17143 16/01/2009, n. 975 . Emergono così e vanno distinti, in ambito di responsabilità contrattuale proprio a motivo del fatto che in essa vengono in rilievo anche le cause estintive dell'obbligazione diverse dall'adempimento, e segnatamente quella rappresentata dalla impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore artt. 1218 e 1256 cod. civ. , due cicli causali da un lato, la causalità che lega il fatto/inadempimento all'evento causalità materiale e quella che lega l'evento lesivo al consequenziale danno causalità giuridica dall'altro, quella concernente la possibilità rectius impossibilità della prestazione. La causalità relativa all'evento ed al danno consequenziale è comune ad ogni fattispecie di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, e caratterizza negli stessi termini, sia in ambito contrattuale che extracontrattuale, gli oneri di allegazione e di prova del danneggiato. Il danno è elemento costitutivo della fattispecie dedotta in giudizio ed essendo l'eziologia immanente alla nozione di danno anche l'eziologia è parte del fatto costitutivo dedotto che l'attore deve provare. Ciò che piuttosto distingue, ai finì in discorso, la responsabilità contrattuale da quella extracontrattuale è l'emergenza, nella prima, di un secondo ciclo causale relativo alla possibilità di adempiere. È però evidentemente interesse e onere della controparte contrattuale, cui sia ascritto l'inadempimento, provare che quest'ultimo, fonte del pregiudizio lamentato dall'attore, è stato determinato da causa non imputabile v., in tal senso, Cass. n. 18392 del 2017, cit., e, da ultimo, sempre in tema di responsabilità medica, Cass. 11/11/2019, n. 28991 . Appare dunque evidente che non rientri affatto nello spettro degli oneri di allegazione e prova della parte, che assuma l'inadempimento contrattuale altrui e deduca di averne ricevuto un danno, anche l'allegazione della inesistenza di una causa non imputabile dell'inadempimento si tratterebbe del resto di un fatto negativo e, correlativamente, di un onere probatorio diabolico ma è piuttosto interesse e onere del convenuto, cui l'inadempimento sia addebitato, allegare e provare la causa che, inserendosi nel diverso ciclo causale che si è detto, possa valere ad escludere la sua responsabilità, alla stregua per l'appunto di fatto impeditivo. 4.2. Ciò precisato, è però certamente da escludere, come detto, diversamente da quanto del tutto genericamente dedotto dai ricorrenti con il motivo in esame, che si tratti di eccezione in senso stretto. Tale nozione, e la disciplina che essa evoca artt. 167, 345, 416, 702-bis, 709 cod. proc. civ. , sono riferibili, per ormai consolidata acquisizione, alle sole eccezioni riservate all'iniziativa della parte, per legge o perché corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva v., in tal senso, le già sopra citate, Cass. Sez. U. n. 1099 del 1998 Sez. U. n. 15661 del 2005, citt. . La distinzione, più precisamente, risiede in ciò che, mentre, di regola, l'eccezione identifica una particolare difesa consistente nella contrapposizione di fatti ai quali la legge attribuisce immediatamente e direttamente una autonoma idoneità modificativa, impeditiva o estintiva degli effetti del rapporto sul quale si fonda la domanda eccezione in senso lato , l'eccezione in senso stretto consiste nella contrapposizione di quei fatti che, senza escludere la sussistenza del rapporto implicato dalla domanda, sono tuttavia tali che, in loro presenza, risulti accordato al convenuto e disciplinato dal diritto sostanziale un potere rivolto ad impugnandum jus, ossia una potestà esercitabile al fine di fare venir meno il diritto dell'avversario. In questi casi il legislatore costruisce la fattispecie in modo tale che la presenza di determinate circostanze non ha una autonoma efficacia produttiva della nuova situazione sostanziale, ma la consegue solo per il tramite di una manifestazione di volontà dell'interessato, che, da sola o, a seconda delle ipotesi, previo accertamento giurisdizionale dell'avvenuta costituzione della fattispecie medesima, si inserisce all'interno di questa. Per conseguire il risultato difensivo, non basta qui l'allegazione del fatto, ma occorre che l'interessato scelga se conservare la situazione giuridica esistente ovvero ottenere che, secondo la norma di previsione, si produca quella nuova ciò che, in ipotesi affermativa, postula il compimento di un apposito atto di manifestazione di volontà in tale senso, non diversamente da quanto accadrebbe qualora la parte, in luogo dell'esercizio in via di eccezione della potestà conferitagli dalla legge, vi provvedesse in via di azione. Tanto si verifica con riguardo a tipiche azioni costitutive si vedano ad esempio gli artt. 1442, ultimo comma, e 1449, secondo comma, cod. civ., ove si prevede la facoltà del convenuto di proporre, rispettivamente, un'eccezione di annullamento e di rescissione del contratto. Ed è opinione diffusa in dottrina che analoga situazione sia configurabile con riguardo ad eccezioni di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità revocatoria di riduzione di disposizioni testamentarie etc. così Cass. Sez. U. n. 1099 del 1998, cit. . Ebbene la causa non imputabile dell'inadempimento non rientra in tale categoria, non essendo la sua contrapposizione all'inadempimento dedotto quale fatto costitutivo della domanda riservata per legge alla parte, né potendo essa ritenersi coordinata con un'azione costitutiva. Costituisce piuttosto un fatto di per sé idoneo a impedire il sorgere del diritto fondato sull'inadempimento, escludendone l'imputabilità, indipendentemente da un apposito atto di manifestazione di volontà in tal senso come tale, essa è rilevabile d'ufficio allo stesso modo di come lo sarebbe un fatto estintivo, quale ad es. il pagamento , ove risultante ex actis. 5. Il secondo motivo è inammissibile. 5.1. Lo è anzitutto per inosservanza dell'onere di specifica indicazione del documento sul quale esso è fondato, in violazione dell'articolo 366 n. 6 cod. proc. civ Entrambe le censure ex articolo 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. si fondano sulla documentazione medica evocata, che non viene però riprodotta, mentre sarebbe stato necessario conoscere il contenuto della documentazione, per verificare se, come sostiene la ricorrente, i malori si erano verificati il giorno prima del programmato rilascio. 5.2. Può comunque rilevarsi che, lungi dal far emergere una erronea qualificazione giuridica della fattispecie, il motivo impinge esclusivamente nella ricognizione fattuale della stessa, in astratto sindacabile solo sul piano della motivazione, nei limiti del vizio rilevante ai sensi dell'articolo 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ La censura contestualmente dedotta sotto tale profilo è poi inammissibile, muovendosi essa al di fuori del paradigma dettato dalla citata norma, come modificata dall'articolo 54, comma 1, lett. b , d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Nel nuovo regime, infatti, dà luogo a vizio della motivazione sindacabile in cassazione l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia tale fatto storico deve essere indicato dalla parte — nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all'articolo 366, comma primo, num. 6, e all'articolo 369, comma secondo, num. 4, cod. proc. civ. — insieme con il dato, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l'esistenza, il come e il quando nel quadro processuale tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendosi anche evidenziare la decisività del fatto stesso Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053 Cass. 22/09/2014, n. 19881 . Nel caso di specie tale specificazione manca, rivelandosi piuttosto la doglianza nel suo complesso diretta a sollecitare una mera nuova valutazione di merito dei medesimi argomenti ed elementi di fatto già dedotti nei giudizi di merito e compiutamente esaminati dai giudici a quibus. 6. Il ricorso va pertanto rigettato. La correzione della motivazione giustifica tuttavia la compensazione delle spese. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell'articolo 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'articolo 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorreenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'articolo 1 bis dello stesso articolo 13.