Sostegno alla “fuitina” di una coppia, denuncia e minacce dai genitori della ragazza: niente protezione

Respinta la richiesta di un uomo originario del Pakistan. Per i giudici ci si trova di fronte a una vicenda strettamente privata che non mette in risalto alcuna situazione di effettiva vulnerabilità dello straniero.

Sostegno alla fuitina” di una giovane coppia, con tanto di ospitalità nella propria casa. Inevitabili le reazioni dei genitori della ragazza, che se la prendono anche con l’uomo che ha aiutato i due innamorati. I conseguenti problemi, cioè l’accusa di rapimento e l’arresto e poi anche minacce di morte, non bastano per concedere protezione in Italia allo straniero, originario del Pakistan. Cassazione, sentenza n. 8227, sezione I Civile, depositata il 28 aprile . Timore. Per i giudici di merito va respinta la richiesta presentata dallo straniero e mirata ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato politico o almeno la protezione sussidiaria o, in ultima battuta, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari . Ben delineato il vissuto dell’uomo, da lui riferito alla Commissione territoriale. In sostanza, egli ha dichiarato di avere lasciato il suo Paese per timore di essere ucciso, poiché egli, di religione musulmana sunnita, aveva concesso ospitalità ad un amico in fuga con la sua fidanzata perché la famiglia di lei avversava la loro unione , e poche ore dopo l’avvenuto allontanamento dei due, i genitori della ragazza avevano denunciato la scomparsa della figlia e le ricerche della polizia avevano portato alla casa dello straniero perché lì era stato localizzato il telefono cellulare della giovane . Successivamente la polizia lo aveva raggiunto , ricorda lo straniero, presso il suo negozio di generi alimentari e lo aveva arrestato con l’accusa di avere concorso nella rapimento della ragazza e, una volta scarcerato dopo pochi giorni, a seguito di un intervento del padre e del suo avvocato , aveva continuato a subire minacce telefoniche di morte da parte di esponenti del partito politico MPA cui i familiari della ragazza sembravano appartenere . Per i giudici di secondo grado, però, i documenti messi sul tavolo dall’uomo non sono sufficienti a valutare la sussistenza dei presupposti idonei e necessari per il riconoscimento dello status di rifugiato, né la protezione, in quanto il racconto presentava alcune criticità, con particolare riferimento al fatto che nessuna notizia appariva rinvenibile nelle fonti internazionali circa il partito politico MPA . Infine, dal racconto è emerso solo un episodio di maltrattamento, di cui non era fornito peraltro alcun riscontro , osservano i giudici. Di conseguenza, esclusa l’ipotesi della protezione in quanto non risultava una situazione tale da costituire una minaccia grave individuale alla vita o alla persona . Allo stesso tempo, escluso anche il radicamento dello straniero sul territorio italiano , poiché basato sulla sola frequentazione di un corso di lingua . Episodio. Inutile poi l’ulteriore ricorso in Cassazione proposto dallo straniero. Ciò perché la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale obbliga il richiedente a indicare i fatti costitutivi del diritto azionato e quindi ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva . In questo caso, però, le dichiarazioni del richiedente sono giudicate inattendibili , e a smentirle c’è anche l’osservazione relativa ai cambiamenti intervenuti nella situazione del Paese dopo il 2013, epoca alla quale risale il report di Amnesty International citato dallo straniero . Peraltro, dalla vicenda emerge un solo episodio di maltrattamento di cui non è fornito riscontro né alcun dettaglio, .mentre il fatto che la polizia – che lo aveva arrestato a seguito della denuncia dei familiari della ragazza scomparsa appartenenti al partito MPA – lo avesse scarcerato dopo l’intervento del suo avvocato e del padre testimonia, osservano i giudici, come il sistema giudiziario del Paese appresti garanzie difensive . Legittima, condivisa, la valutazione con relativa alle dichiarazioni dello straniero, vagliate alla luce delle informazioni relative al Paese di provenienza e ritenute non credibili e comunque inidonee ad integrare i presupposti per la protezione richiesta. Per quanto concerne, poi, l’ipotesi di una minaccia grave alla vita del cittadino derivante da una situazione di violenza indiscriminata , si è valutata la situazione del Paese di origine dello straniero, ma si è anche osservato la sussistenza di elevato rischio di sequestro e notevole pericolo di aggressioni armate in alcune zone, escludendo però che sia raggiunto il richiesto livello di pericolo generalizzato per la pubblica incolumità . Per chiudere il cerchio, infine, viene evidenziato che il livello di integrazione del richiedente nel nostro Paese è limitato alla frequentazione di un corso di lingua italiana e ad esso non fa da contrappeso una situazione di effettiva vulnerabilità nel Paese di provenienza .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 gennaio – 28 aprile 2020, n. 8227 Presidente San Giorgio – Relatore Ghinoy Fatti di causa 1. La Corte d'Appello di Caltanissetta confermava l'ordinanza del Tribunale che aveva rigettato la domanda proposta da MU. IM., nato a omissis , volta ad ottenere in via principale il riconoscimento dello status di rifugiato politico, ex art. 7 e ss. D.Lgs. 19.11.2007 n. 251 in via subordinata, il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui all'art. 14 D.Lgs. 19.11.2007 n. 251 in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ex art. 5, comma 6, D.Lgs. 25.7.1998 n. 286 nel testo applicabile ratione temporis . 2. La Corte riferiva che il richiedente aveva dichiarato alla Commissione territoriale di avere lasciato il suo Paese per timore di essere ucciso. Infatti egli era di religione musulmana sunnita ed aveva concesso ospitalità ad un amico, in fuga con la sua fidanzata, perché la famiglia di lei avversava la loro unione. Secondo il racconto del richiedente, poche ore dopo l'avvenuto allontanamento dei due, i genitori della ragazza avevano denunciato la scomparsa della figlia e le ricerche della polizia avevano portato alla casa del MU. IM. perché lì era stato localizzato il telefono cellulare della giovane. Successivamente, proseguiva il racconto, la polizia aveva raggiunto il richiedente presso il suo negozio di generi alimentari e lo aveva arrestato con l'accusa di avere concorso nella rapimento della ragazza. Scarcerato dopo pochi giorni a seguito di un intervento del padre e del suo avvocato, aveva continuato a subire minacce telefoniche di morte da parte di esponenti del partito politico MPA cui i familiari della ragazza sembravano appartenere . Temendo per la vita della moglie e del figlio, egli li aveva accompagnati presso uno zio materno in altra città gli esponenti di quel partito si erano recati presso la sua abitazione, ma non trovandolo in casa avevano ucciso il fratello e il cugino il padre di MU. IM. aveva sporto denuncia nei confronti del partito MPA e di lì a poco egli aveva deciso di lasciare il paese. 3. La Corte territoriale riteneva che i documenti allegati dall'appellante un rapporto di Amnesty International del 2013 e la fotocopia del certificato di morte del fratello e del cugino, il certificato di matrimonio della moglie e il certificato di nascita del figlio, la denuncia sporta dal padre contro il partito politico MPA non fossero sufficienti a valutare la sussistenza dei presupposti idonei e necessari per il riconoscimento dello status di rifugiato, né la protezione ex art. 14 lettere a e b del D.Lgs. n. 251 del 2007, in quanto il racconto presentava alcune criticità, con particolare riferimento al fatto che nessuna notizia appariva rinvenibile nelle fonti internazionali circa il partito politico MPA. Inoltre, la vicenda raccontata non poteva lasciare intravedere una persecuzione per motivi religiosi, non essendo la religione del richiedente il motivo determinante l'arresto. Ancora, nessuno degli atti persecutori appariva avere le caratteristiche di cui all'articolo 7 del D.Lgs. n. 251 del 2007, emergendo dal racconto solo un episodio di maltrattamento di cui non era fornito peraltro alcun riscontro. La Corte riteneva che neppure fossero sussistenti le condizioni per la protezione ai sensi dell'articolo 14, lettera c del D.Lgs. n. 251 del 2007, in quanto dal rapporto EASO del 2017 non risultava una situazione tale da costituire una minaccia grave individuale alla vita o alla persona. Rigettava altresì la domanda avente ad oggetto la protezione umanitaria sulla base della ritenuta inattendibilità del racconto dell'appellante e della mancanza di allegazione in ordine ad un radicamento nel territorio italiano, ancorato alla sola frequentazione di un corso di lingua. 4. Per la cassazione della sentenza MU. IM. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi. Il Ministero dell'Interno ha depositato atto di costituzione al solo fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione. Ragioni della decisione. 5. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c. e 3 e 5 del D.Lgs. n. 251 del 2007, per non avere il Tribunale rectius, la Corte d'appello applicato il principio dell'onere probatorio attenuato, così come affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 27310 del 2008 e per non aver valutato la credibilità del richiedente alla luce dei parametri forniti dal decreto legislativo n. 251, articoli 3 e 5. 6. Sostiene che, contrariamente a quanto assunto dal giudice di merito, le sue dichiarazioni fossero precise e fornite di riscontri anche documentali. Aggiunge che il partito politico MPA è l’ Assemblea provinciale della provincia del Punjab il cui rappresentante cristiano Haroon Im. Gill è recentemente risultato vincitore del seggio riservato alle minoranze nel PTI, Pakistan Tehrek e insaf, il partito vincitore delle recenti elezioni generali in Pakistan cita www.fides.org . Aggiunge che l'impossibilità di protezione da parte delle Forze di polizia risulterebbe dalle stesse fonti citate dalla Corte. 7. Il motivo non è fondato. 8. Questa Corte ha chiarito che la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all'applicazione del principio dispositivo, sicché il ricorrente ha l'onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l'impossibilità per il giudice di introdurli d'ufficio nel giudizio Cass. n. 19197 del 28/09/2015, n. 27336 del 29/10/2018 . 9. Il richiedente è dunque tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un'esaustiva allegazione, attraverso l'esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nell'art. 3, comma 5, del D.Lgs. n. 251 del 2007 Cass. n. 15794 del 12/06/2019 . 10. Qualora le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili secondo i parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c , ed in applicazione dei canoni di ragionevolezza e dei criteri generali di ordine presuntivo, l'accertamento di fatto così compiuto dal giudice di merito integra un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nei limiti di cui al nuovo testo dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. v. ex multis Cass., 21/11/2018, n. 30105, Cass. 12/11/2019, n. 29279 . 11. Nel caso, è pur vero che la Corte ha fatto riferimento alla inesistenza del partito MPA senza indicare la fonte delle sue informazioni, ma ha sottolineato i cambiamenti intervenuti nella situazione del Paese dopo il 2013, epoca alla quale risale il report di Amnesty International citato dall'appellante. Ed ha inoltre rappresentato che dal racconto emerge un solo episodio di maltrattamento di cui non è fornito riscontro né alcun dettaglio, mentre il fatto che la polizia che lo aveva arrestato a seguito della denuncia dei familiari della ragazza scomparsa appartenenti al partito MPA lo avesse scarcerato dopo l'intervento del suo avvocato e del padre manifesta come il sistema giudiziario del Paese appresti garanzie difensive. Il giudice di merito ha dunque compiuto il dovuto esame delle dichiarazioni del richiedente, vagliandole alla luce delle informazioni relative al paese di provenienza, ritenendole non credibili e comunque inidonee ad integrare i presupposti per la protezione richiesta, sicché ha compiuto la dovuta valutazione nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure adeguatamente censurata sotto il profilo dell'art. 360 n. 5 c.p.c. 12. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c. e 14 lettera c , del D.Lgs. n. 251 del 2007 per non avere la Corte d'Appello riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino derivante da una situazione di violenza indiscriminata. 13. Il motivo è inammissibile. 14. Va premesso che la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale , di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c , dev'essere interpretata in conformità della fonte Eurounitaria di cui è attuazione direttive 2004/83/CE e 2011/95/UE , in coerenza con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Giustizia UE Grande Sezione, 18 dicembre 2014, C-542/13, par. 36 , secondo cui i rischi cui è esposta in generale la popolazione di un paese o di una parte di essa di norma non costituiscono di per sé una minaccia individuale da definirsi come danno grave v. 26 Considerando della Direttiva n. 2011/95/UE , sicché l'esistenza di un conflitto armato interno potrà portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all'origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, ai sensi dell'art. 15 direttiva, lett. c , a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia v., in questo senso, Corte Giustizia UE 17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C285/12 vedi pure Cass. n. 13858 del 2018 e Cass. n. 30105 del 2018, n. 30105 . 15. Nel caso, la Corte di merito ha puntualmente valutato la situazione del paese di origine della richiedente, giungendo ad escludere la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ex art. 14 lettera c del D.Lgs. n. 251 del 2007 all'esito di un'articolata valutazione desunta da siti internazionali accreditati report EASO 2017, Comunicato del 28 aprile 017 del Dipartimento generale degli esteri della Confederazione elvetica DFAE . La Corte ha altresì rilevato la sussistenza di elevato rischio di sequestro e notevole pericolo di aggressioni armate nelle zone del Sindh settentrionale e del Punjab meridionale, escludendo comunque che sia raggiunto il richiesto livello di pericolo generalizzato per la pubblica incolumità. 16. Il motivo si sostanzia in una censura di merito all'accertamento di fatto compiuto dalla Corte d'appello ed in tal senso risulta inammissibile, considerato che il vizio di motivazione rappresentato dal travisamento di fatti decisivi non è riconducibile al nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. 17. Come terzo motivo il ricorrente deduce la violazione degli articoli 112 c.p.c. e 19 del D.Lgs. n. 286 del 1998 e 32 del D.Lgs. n. 251 del 2007 per non avere la Corte d'appello valutato la gravità dell'attuale situazione del Pakistan correlata alla situazione personale del richiedente ai fini del riconoscimento della Protezione Umanitaria. 18. Anche tale motivo è inammissibile. 19. Questa Corte ha chiarito v. Cass.23/02/2018, n. 4455 e, da ultimo, Cass. S.U. n. 29459, n. 29460 e n. 29461 del 13.11.2019 , che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui all'art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 286 del 1998 al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d'origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell'esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d'integrazione raggiunta nel Paese d'accoglienza. La Corte si è attenuta a tali principi, ritenendo che al livello di integrazione del richiedente nel nostro paese, peraltro limitato alla frequentazione di un corso di lingua italiana, non faccia da contrappeso una situazione di effettiva vulnerabilità nel Paese di provenienza. Anche a tale proposito, il motivo censura dunque la valutazione di merito operata dal giudice territoriale con argomentazioni meramente contrappositive. 20. Conclusivamente, il ricorso dev'essere rigettato. 21. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata. 22. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell'art. 13 comma 1 bis del D.P.R. n. 115/2002, ove dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell'art. 13 comma 1 bis del D.P.R. n. 115/2002, ove dovuto.