Ciclo di vaccinazioni in corso: dato non sufficiente per impedire l’allontanamento di genitori e figli stranieri

Respinta la richiesta di una donna e di un uomo originari della Repubblica Popolare Cinese, che hanno patteggiato la pena per favoreggiamento della prostituzione e si sono visti negare il rinnovo del permesso di soggiorno. Inutile il richiamo al disagio per le due figlie piccole in caso di ritorno in patria. Non sufficiente il dato rappresentato dall’avvio in Italia del ciclo di vaccinazioni.

Lo stop al ciclo di vaccinazioni avviato in Italia non può bloccare il ritorno in patria dei bambini assieme ai loro genitori. Impossibile, difatti, secondo i giudici, sostenere l’ipotesi che i minori possano subire un grave danno. Respinta, quindi, la domanda presentata dalla madre e dal padre e finalizzata ad ottenere un’autorizzazione alla permanenza in Italia Cassazione, sentenza n. 8015/20, sez. I Civile, depositata il 21 aprile . Patteggiamento. Riflettori su un uomo e una donna, originari della Repubblica Popolare Cinese, sposati e genitori di due bambine, e finiti sotto processo in Italia per reclutamento e favoreggiamento della prostituzione . Moglie e marito patteggiano una condanna a due anni di reclusione, e questo elemento è sufficiente per giustificare il ‘no’ alla loro richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno e il ‘via libera’ alla loro espulsione. Logica l’opposizione da parte della coppia, che chiede l’autorizzazione alla permanenza in Italia per motivi connessi all’assistenza delle proprie figlie minori”, e aggiunge di aver conseguito una stabile occupazione, nel settore della ristorazione, che consente all’intera famiglia di mantenersi e vivere decorosamente e di aver adottato una nuova condotta di vita . Per completare il quadro, poi, la coppia si sofferma sul pregiudizio derivante dall’eventuale rientro nel Paese di origine , e sottolinea che la loro espulsione sarebbe risultata pregiudizievole per le figlie, privandole della presenza delle figure genitoriali o costringendole a trasferirsi anch’esse in Cina, in condizioni di disagio e ristrettezza economica, nonché in un contesto sociale diverso da quello in cui sono cresciute . Questa visione viene però respinta prima in Tribunale poi in Appello. Per i giudici di merito, difatti, va data prevalenza alle esigenze di difesa dello Stato, ricollegabili alla condanna penale e ad altri gravi fatti addebitati ai due stranieri a fronte della tutela dell’interesse delle minori, aventi un’età tale da consentire di escludere che fossero consapevoli del luogo in cui vivevano . In sostanza, non vi sono, secondo i Giudici, gli elementi idonei a giustificare la permanenza delle minori in Italia , tenendo presente la tenera età e la conseguente possibilità di un loro radicamento in un altro Paese e vista la mancanza di riferimenti al loro sviluppo psico-fisico , poiché non sono state prospettate problematiche contingenti risolvibili mediante la permanenza nel territorio italiano, ma solo un’ipotetica situazione di disagio, normalmente ricollegabile a qualsiasi cambiamento . Tirando le somme, non vi sono ostacoli al trasferimento delle minori nel Paese di origine dei genitori . Salute. La linea di pensiero tracciata in Appello è ora condivisa dalla Cassazione, che respinge definitivamente il ricorso proposto dai due genitori. Inutile il riferimento fatto dalla coppia alla problematica contingente riguardante la salute delle figlie, costituita dal mancato completamento del ciclo di vaccinazioni da loro già intrapreso in conformità delle direttive impartite dai Ministero della Sanità, e destinato a rimanere sospeso in caso di trasferimento delle minori in Cina, a causa dell’inadeguatezza del sistema sanitario pubblico locale e dell’indisponibilità delle risorse economiche necessarie per l’accesso a prestazioni a pagamento . Per i giudici della Cassazione si è esclusa correttamente l’esistenza di potenziali gravi danni alla salute e allo sviluppo psico-fisico delle minori tali da legittimare l’autorizzazione alla permanenza dei genitori in Italia. Per fare chiarezza, infine, i magistrati tengono a precisare che i gravi motivi connessi allo sviluppo fisico del minore che possono autorizzare la permanenza del familiare in Italia non possono essere ravvisati nell’interruzione del ciclo di vaccinazioni , peraltro prospettata in via meramente eventuale come conseguenza di paventate deficienze del sistema sanitario cinese , o nelle violazioni di diritti umani in atto nella Repubblica Popolare Cinese, che non comportano di per sé alcun pregiudizio per la salute o l’equilibrio psichico delle minori .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 9 gennaio – 21 aprile 2020, n. 8015 Presidente Giancola – Relatore Mercolino Fatti di causa 1. Li. Ya. e Li. Xu., cittadini della Repubblica Popolare Cinese, proposero ricorso al Tribunale per i minorenni di Perugia, per ottenere, ai sensi dell'art. 31 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, l'autorizzazione alla permanenza in Italia per motivi connessi all'assistenza delle proprie figlie minori Li. Ka. Ni e Li. Ka. Qi. Premesso di aver conseguito una stabile occupazione nel settore della ristorazione, che consentiva all'intera famiglia di mantenersi e vivere decorosamente, esposero di aver adottato una nuova condotta di vita, diversa da quella che li aveva precedentemente condotti al patteggiamento di una pena di due anni di reclusione, applicata dal Tribunale di Perugia con sentenza del 5 marzo 2015, per il reato di reclutamento e favoreggiamento della prostituzione. Precisato che tale sentenza era stata ritenuta ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno, sostennero che il rigetto della relativa istanza non teneva conto dell'incompletezza dell'istruttoria all'esito della quale era stata pronunciata e del nuovo percorso di vita da loro intrapreso, né del pregiudizio derivante dall'eventuale rientro nel Paese di origine. Aggiunsero che la loro espulsione sarebbe risultata pregiudizievole per le figlie, privandole della presenza delle figure genitoriali o costringendole a trasferirsi anch'esse in Cina, in condizioni di disagio e ristrettezza economica, nonché in un contesto sociale diverso da quello in cui erano cresciute. 1.1. Con decreto del 2 gennaio 2018, il Tribunale per i minorenni rigettò la domanda, dando atto delle esigenze di difesa dello Stato, ricollegabili alla condanna riportata dai ricorrenti e ad altri gravi fatti agli stessi addebitati, e ritenendole prevalenti rispetto alla tutela dell'interesse delle minori, aventi un'età tale da consentire di escludere che fossero consapevoli del luogo in cui vivevano. 2. Il reclamo proposto dai ricorrenti è stato rigettato dalla Corte d'appello di Perugia con decreto del 19 febbraio 2018. Premesso che l'autorizzazione prevista dall'art. 31 del D.Lgs. n. 286 del 1998 può trovare giustificazione in qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile e obiettivamente grave all'equilibrio psicofisico del minore, ricollegabile all'allontanamento del familiare o allo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto, la Corte ha rilevato l'insussistenza di elementi idonei a giustificare la permanenza delle minori in Italia, evidenziando la tenera età delle stesse e la conseguente possibilità di un loro radicamento in un altro Paese, nonché la mancata allegazione di motivazioni riguardanti il loro sviluppo psicofisico. Precisato che il provvedimento richiesto, avente carattere temporaneo, è volto a tutelare l'interesse della prole minore, ha escluso che lo stesso potesse essere utilizzato ai fini della regolarizzazione di una permanenza giustificata da motivi prettamente economici, rilevando che nella specie non erano state prospettate problematiche contingenti risolvibili mediante la permanenza nel territorio italiano, ma solo un'ipotetica situazione di disagio, normalmente ricollegabile a qualsiasi cambiamento, e concludendo pertanto per l'insussistenza di ostacoli al trasferimento delle minori nel Paese di origine dei genitori. 3. Avverso la predetta sentenza i Li. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. L'intimato non ha svolto attività difensiva. Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo d'impugnazione, i ricorrenti denunciano l'omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, osservando che, nel rigettare la domanda di rilascio dell'autorizzazione, il decreto impugnato non ha tenuto conto della sussistenza di una problematica contingente riguardante la salute delle minori, costituita dal mancato completamento del ciclo di vaccinazioni dalle stesse già intrapreso in conformità delle direttive impartite dal Ministero della sanità, e destinato a rimanere sospeso in caso di trasferimento delle minori in Cina, a causa dell'inadeguatezza del sistema sanitario pubblico locale e dell'indisponibilità delle risorse economiche necessarie per l'accesso a prestazioni a pagamento. Aggiungono che la Corte d'appello ha trascurato il pregiudizio derivante dalle gravi violazioni dei diritti umani poste in essere dallo Stato cinese attraverso la politica di controllo della natalità, la quale, oltre ad aver dato luogo in passato all'applicazione di sanzioni pecuniarie a carico delle famiglie aventi un numero di figli superiore a quello prescritto, ha comportato la lesione della libertà dei genitori, il ricorso indiscriminato all'aborto, dure repressioni nei confronti degli oppositori, forzose sterilizzazioni ai danni delle donne ed infanticidi, nonché l'omissione della registrazione dei neonati all'anagrafe, con la conseguente negazione di ogni diritto. 1.1. Il motivo è inammissibile. Le censure proposte dai ricorrenti ripropongono infatti questioni già sollevate in primo grado e ribadite in sede di reclamo, in riferimento alle quali il decreto impugnato ha motivatamente ritenuto insussistenti i presupposti per il rilascio dell'autorizzazione, escludendo la configurabilità di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico delle minori, in considerazione della mancata prospettazione di danni gravi alla salute delle stesse, in caso di allontanamento dal territorio italiano, e della natura delle problematiche dedotte, ritenute non eccedenti la situazione di disagio che normalmente si accompagna all'abbandono del luogo in cui si è vissuto. Nel contestare tale apprezzamento, i ricorrenti non sono in grado d'indicare circostanze di fatto trascurate dal decreto impugnato né lacune argomentative o carenze logiche del ragionamento seguito per giungere alla decisione, ma si limitano ad insistere sulle difficoltà segnalate, le quali, oltre a risultare inidonee ad orientare in senso diverso la decisione, in quanto estranee all'ambito di operatività proprio dell'art. 31, comma terzo, del D.Lgs. n. 286 del 1998, non possono ritenersi neppure correttamente dedotte. I gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico del minore, in presenza dei quali può essere autorizzata la permanenza in Italia del familiare, pur non dovendo necessariamente consistere in situazioni di emergenza o in circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, postulano infatti l'allegazione di un danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione della sua età o delle sue condizioni di salute, il minore è destinato certamente a subire in conseguenza del suo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto o dell'allontanamento del familiare essi, pur non prestandosi ad essere catalogati o standardizzati, ma dovendo essere valutati caso per caso, devono consistere in eventi traumatici e non prevedibili, ma comunque attinenti allo sviluppo psicofisico del minore, che trascendano le normali difficoltà collegate al proprio rimpatrio o a quello del familiare cfr. Cass., Sez. Un., 25/10/2010, n. 21799 Cass., Sez. VI, 20/ 07/2015, n. 15191 7/09/2015, n. 17739 non possono dunque essere ravvisati nell'interruzione del ciclo di vaccinazioni, prospettata in via meramente eventuale come conseguenza di paventate deficienze del sistema sanitario cinese, o nelle violazioni di diritti umani in atto nella Repubblica Popolare cinese, che non comportano di per sé alcun pregiudizio per la salute o l'equilibrio psichico delle minori. Nel lamentare l'omessa valutazione delle predette problematiche, i ricorrenti si limitano d'altronde a richiamare le argomentazioni svolte nel reclamo, senza indicare neppure gli elementi addotti a sostengo delle allegate violazioni dei diritti umani, e riportandosi, per quanto riguarda gl'inconvenienti di carattere sanitario, alla relazione predisposta dal Servizio sociale su incarico del Tribunale per i minorenni, dalla cui trascrizione, limitata ad un breve estratto, risulta soltanto che le minori stanno seguendo regolarmente il ciclo di vaccinazioni. In tal modo, essi dimostrano di voler sollecitare, attraverso l'apparente deduzione del vizio di motivazione, un nuovo apprezzamento dei fatti, non consentito a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica delle argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato, nonché la coerenza logico-formale delle stesse, nei limiti in cui le relative anomalie sono ancora deducibili come motivo di ricorso per cassazione, cassazione ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., nel testo sostituito dall'art. 54, comma primo, lett. b , del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053 e 8054 Cass., Sez. VI, 8/10/2014, n. 21257 . 2. Il ricorso va dichiarato pertanto inammissibile, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell'intimato. Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione l'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dei ricorrenti e delle minori riportati nella sentenza.