Permesso di soggiorno scaduto e non tempestivamente rinnovato: l’espulsione dello straniero è automatica?

Il provvedimento di espulsione dello straniero è obbligatorio a carattere vincolato e, dunque, il giudice ordinario è tenuto unicamente a controllare, al momento dell’espulsione, che il permesso di soggiorno sia assente in quanto non richiesto, revocato, annullato o negato per mancata tempestiva richiesta di rinnovo.

Così la Cassazione con l’ordinanza n. 7619/20, depositata il 31 marzo. Permesso di soggiorno scaduto. Il Giudice di Pace di Torino rigettava l’opposizione proposta una cittadina straniera avverso il decreto d’espulsione emesso dal Prefetto rilevando che il permesso di cui la ricorrente era titolare fosse scaduto e che il Questore avesse rigettato l’istanza di rinnovo dello stesso poiché la cittadina straniera aveva tardato per oltre un anno nell’inviare la documentazione finalizzata al rinnovo del permesso. Avverso la decisone propone ricorso in Cassazione la richiedente lamentando che il Giudice non avesse valutato le condizioni che escludono l’espulsione automatica dello straniero, posto che, pur in caso di ritardo nel rinnovo del permesso di soggiorno, l’espulsione non sarebbe legittima ove l’interessati sia in grado di mostrare la persistenza dei requisiti che legittimano il rinnovo del documento. Obbligatorietà del provvedimento di espulsione. La Cassazione, ritenendo infondati entrambi i motivi, ribadisce il principio secondo cui in tema di immigrazione, il provvedimento di espulsione dello straniero è obbligatorio a carattere vincolato, sicché il giudice ordinario è tenuto unicamente a controllare, al momento dell’espulsione, l’assenza del permesso di soggiorno perché non richiesto in assenza di cause di giustificazione , revocato, annullato ovvero negato per mancata tempestiva richiesta di rinnovo, mentre è preclusa ogni valutazione, anche ai fini dell’eventuale disapplicazione, sulla legittimità del relativo provvedimento del Questore trattandosi di sindacato che spetta unicamente al giudice amministrativo, il giudizio innanzi al quale non giustifica la sospensione di quello innanzi al giudice ordinario attesa la carenza, tra i due, di un nesso di pregiudizialità giuridica necessaria, nè la relativa decisione costituisce in alcun modo un antecedente logico rispetto a quella sul decreto di espulsione . Posto che nel caso concreto al momento dell’espulsione è stata accertata la mancanza del permesso di soggiorno perché scaduto e non rinnovato, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 16 gennaio – 31 marzo 2020, n. 7619 Presidente Sambito – Relatore Caiazzo Rilevato CHE Con ordinanza del 25.9.18, il giudice di pace di Torino rigettò l’opposizione proposta da F.S.M.L. avverso il decreto d’espulsione emesso dal Prefetto di Torino il 27.6.18, osservando che la ricorrente era titolare del permesso di soggiorno, emesso dal Questore di Asti il 23.2.16 lo stesso Questore rigettò l’istanza di rinnovo del permesso, con provvedimento emesso il 13.9.18, in quanto la ricorrente aveva tardivamente inviato la documentazione finalizzata al rinnovo del permesso, oltre un anno dalla relativa scadenza, non ottemperando altresì all’invito a presentarsi per i rilievi fotodattiloscopici, prescritti dall’art. 5, comma 2bis TUI il Prefetto aveva escluso i motivi umanitari o altri gravi motivi di carattere personale, D.P.R. n. 394 del 1999, ex art. 11, comma 1, lett. c ter, - ovvero di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 - dall’intervista effettuata ed allegata in atti della Pubblica Amministrazione risultava che la ricorrente non aveva chiesto il termine per la partenza volontaria era stato congruamente motivato il rischio di fuga della ricorrente. La F.S. ricorre in cassazione con due motivi. Non si è costituita l’intimata Prefettura cui il ricorso è stato notificato presso l’Avvocatura dello Stato. Ritenuto CHE Con il primo motivo si denunzia l’omessa valutazione delle condizioni che escludono l’espulsione automatica dello straniero, atteso che, pur in caso di ritardo nel rinnovo del permesso di soggiorno, l’espulsione non sarebbe legittima nel caso in cui l’interessato possa dimostrare la persistenza dei requisiti legittimanti il rinnovo stesso. Con il secondo motivo si deduce l’omessa valutazione della mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno, non sussistendo i presupposti normativi dell’espulsione dello straniero non appartenente all’area UE, in quanto non era stata accertata la pericolosità della ricorrente, nè sussistevano le fattispecie dell’ingresso illegale e del soggiorno irregolare l’ordinanza impugnata era stata emessa nella pendenza dei termini per proporre ricorso avverso il diniego di rinnovo, presentato dalla ricorrente il 12.10.18. I due motivi, in quanto tra loro connessi, sono esaminabili congiuntamente e sono infondati alla luce dell’orientamento di questa Corte - cui il collegio intende dare continuità - secondo cui in tema di immigrazione, il provvedimento di espulsione dello straniero è obbligatorio a carattere vincolato, sicché il giudice ordinario è tenuto unicamente a controllare, al momento dell’espulsione, l’assenza del permesso di soggiorno perché non richiesto in assenza di cause di giustificazione , revocato, annullato ovvero negato per mancata tempestiva richiesta di rinnovo, mentre è preclusa ogni valutazione, anche ai fini dell’eventuale disapplicazione, sulla legittimità del relativo provvedimento del Questore trattandosi di sindacato che spetta unicamente al giudice amministrativo, il giudizio innanzi al quale non giustifica la sospensione di quello innanzi al giudice ordinario attesa la carenza, tra i due, di un nesso di pregiudizialità giuridica necessaria, nè la relativa decisione costituisce in alcun modo un antecedente logico rispetto a quella sul decreto di espulsione Cass., SU, n. 22217/06 n. 12976/16 n. 15676/18 . Ne consegue che, nel caso concreto, ciò che rileva è l’accertamento, al momento dell’espulsione, della mancanza del permesso di soggiorno perché scaduto e non rinnovato, essendo irrilevante la circostanza della pendenza dei termini per impugnare il diniego di rinnovo. Inoltre, va rilevato che la ricorrente non ha dedotto di aver presentato una domanda di rinnovo, seppure tardiva. Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione della parte intimata inoltre, dato l’oggetto del giudizio, non s’applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.