Espulsione dello straniero ed ulteriori chiarimenti della Suprema Corte

Con riferimento alla necessità di dare comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento amministrativo, la Suprema Corte ribadisce che essa non si estende alla procedura di espulsione dello straniero.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione con ordinanza n. 7437, depositata il 18 marzo. La vicenda. Il GdP rigettava l’opposizione presentata da un cittadino straniero, avverso il decreto di espulsione adottato dal Prefetto ritenendo che non era necessaria la comunicazione dell’avvio del procedimento, in caso di provvedimento espulsivo e sussisteva, altresì, il rischio di fuga in quanto lo straniero non aveva dimostrato l’attuale disponibilità di un alloggio. Avverso tale decisione, lo straniero propone ricorso per cassazione., sostenendo di aver fornito adeguata documentazione volta a dimostrare la disponibilità di un alloggio stabile ove poteva essere rintracciato. Comunicazioni allo straniero. Per quanto riguarda la necessità di dare comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento amministrativo, la S.C. ha ricordato che essa non si estende alla procedura di espulsione dello straniero. Inoltre, prosegue la Corte, la decisione relativa alla modalità di attuazione della misura coercitiva dell’espulsione non riguarda l’esistenza e legittimità di quest’ultima misura amministrativa, ma alla sua esecuzione e non può essere censurata in sede di opposizione all’espulsione. E nel caso in esame, il ricorrente si duole solo della questione relativa alle modalità di esecuzione dell’espulsione, necessaria per il ritenuto pericolo di fuga, questione che non ha nulla a che fare ed esula dal giudizio in ordine alle condizioni legittimanti il provvedimento espulsivo. A ciò consegue il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 16 gennaio – 18 marzo 2020, n. 7437 Presidente Sambito – Relatore Amatore Rilevato che 1.Con il provvedimento impugnato il Giudice di Pace di Roma ha rigettato l’opposizione presentata da F.M.M.A. , cittadino , avverso il decreto di espulsione adottato dal Prefetto di Roma in data 18.7.2016. Il giudice di pace ha ritenuto che a non era necessaria la comunicazione, ai sensi della L. n. 241 del 1990, ART. 7 dell’avvio del procedimento, in caso di provvedimento espulsivo b sussisteva, altresì, il rischio di fuga ex art. 13, comma 4 bis t.u. imm., in quanto l’odierno ricorrente non aveva dimostrato l’attuale disponibilità di un alloggio. 2. Il provvedimento, pubblicato il 19 dicembre 2018, è stato impugnato da F.M.M.A. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui l’amministrazione ha resistito con controricorso. Considerato che 1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio di violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, ART. 7. 2. Con il secondo motivo si deduce sempre vizio di violazione e falsa applicazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 4 bis. Si evidenzia che il ricorrente aveva fornito adeguata documentazione atta a dimostrare la disponibilità di un alloggio stabile non precario ove poteva essere rintracciato. 3. Il ricorso è infondato. 3.1 Già il primo motivo non merita positivo apprezzamento. 3.1.1 Sul punto la giurisprudenza espressa da questa Corte ha statuito che la necessità di dare comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento amministrativo, ai sensi della L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 8 non si estende alla procedura di espulsione dello straniero Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27682 del 30/10/2018 cfr. anche Cass. 5080/2013 . 3.1.2 Il secondo motivo è anch’esso infondato. Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di espulsione dello straniero, gli effetti della Direttiva 117/2008/CE, nella applicazione che di essa ha inteso dare la sentenza del 28/4/2011 della Corte di Giustizia ricorso El Dridi devono essere individuati esclusivamente nella disapplicazione dell’intimazione adottata ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 bis e nella conseguente inesistenza di un titolo giustificativo per la conseguente espulsione, mentre nessuna incidenza nella legittimità di tale provvedimento possono produrre le regole sull’esecuzione dell’espulsione, atteso che eventuali questioni attinenti all’esecuzione rilevano in sede di sindacato della convalida dell’accompagnamento e/o del trattenimento non legittimi, ma non in ordine al paramento alla stregua del quale deve essere valutata la legittimità del provvedimento espulsivo, desumibile esclusivamente dalle condizioni di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 Cass. sez. 6, ordinanza n. 10243 del 20/06/2012 v. anche n. 18481 del 2011, n. 7196 del 2012 . È stato altresì precisato, sempre dalla giurisprudenza espressa da questa Corte, che la decisione relativa alla modalità di attuazione della misura coercitiva dell’espulsione non attiene all’esistenza e legittimità di quest’ultima misura amministrativa, ma alla sua esecuzione e, conseguentemente non può essere censurata in sede di opposizione all’espulsione Cass. n. 4423/2014 cfr. anche Cass. n. 15185/2012 . Ciò posto, risulta evidente come nel caso in esame la parte ricorrente si dolga, con la censura proposta nel secondo motivo, solo della questione delle modalità di esecuzione dell’espulsione accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica - ritenuta necessaria per il ritenuto pericolo di fuga -, questione che, esula, invece dal giudizio in ordine alle condizioni legittimanti il provvedimento espulsivo. Ne consegue il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.