Conversione al cristianesimo e fuga in Italia: il giudice non può valutare la scelta di fede dello straniero

Riprende vigore la richiesta di protezione avanzata da un cittadino della Guinea. Censurata la decisione del Tribunale. Messo in discussione, in particolare, il giudizio riguardante la presunta non credibilità del racconto fatto dallo straniero e riguardante la sua conversione al cristianesimo.

Il giudice deve fermarsi di fronte alle scelte religiose compiute dalla singola persona, e non può prenderle in considerazione né esprimere un giudizio, cioè valutarle credibili o meno. Ciò comporta che il racconto – relativo alla conversione al cristianesimo e alle conseguenti vicissitudini vissute – fatto dallo straniero che, approdato in Italia, ha chiesto protezione non può essere messo in discussione per presunte incongruenze Cassazione, ordinanza n. 5225/20, sez. I Civile, depositata il 26 febbraio . Conversione. Riflettori puntati sulla vita di un cittadino della Guinea. Egli spiega di avere deciso di cercare rifugio in Italia per la difficile situazione vissuta in patria, anche a causa della sua conversione alla fede cristiana. Il suo racconto viene però ritenuto non credibile” e così prima la ‘Commissione territoriale e poi il Tribunale gli negano il riconoscimento dello status di rifugiato” e la protezione umanitaria”. La doppia risposta negativa non piega però lo straniero, che decide di ricorrere in Cassazione, puntando forte sugli elementi contenuti nella sua storia” e in particolare sul pericolo di vita in caso di rientro nel villaggio d’origine”, anche tenendo presente la situazione interna del Paese di origine” e la relativa protezione dei diritti umani” in quella terra. Scelta. A ridare una speranza al cittadino della Guinea è la Corte di Cassazione, che evidenzia, innanzitutto, il dato rappresentato dal più recente ed aggiornato rapporto sullo Stato in esame fornito dal Ministero degli Esteri” tramite il sito ‘Viaggiare informati’”, cioè il riconoscimento di condizioni di vita della popolazione precarie, che alimentano malcontento e manifestazioni che in taluni casi sfociano in violenze di massa” e di un quadro di tensione latente” col persistente rischio che le manifestazioni degenerino in scontri con morti e feriti”. I Giudici del ‘Palazzaccio’ tengono a ribadire l’inidoneità, ai fini della prova della situazione del Paese di origine del richiedente la protezione, delle informazioni contenute nel sito Viaggiare informati”, in quanto esse sono destinate all’informazione turistica e rivolte alle persone che intendono recarsi nel Paese oggetto di indagine e non descrivono l’effettiva condizione di vita dei cittadini del predetto Paese”. Tuttavia, in questa vicenda le notizie tratte da detta fonte”, e ritenute decisive in Tribunale, attestano una grave situazione di tensione politica nel Paese”, e avrebbero dovuto condurre, spiegano i giudici della Cassazione, a riconoscere protezione allo straniero. Per quanto concerne poi il racconto fatto dall’uomo in merito alle vicissitudini da lui vissute per il cambio di religione, i magistrati del ‘Palazzaccio’ censurano la non credibilità” sancita in Tribunale e basata sul fatto che egli non è stato in grado di descrivere, in modo dettagliato, il percorso personale di avvicinamento alla fede cristiana e ha dimostrato, altresì, di non conoscere neppure le pratiche religiose cristiane”. Su questo fronte i giudici di terzo grado tengono a ribadire che la scelta di fede costituisce, al pari di quella sull’orientamento sessuale, una delle primarie modalità di estrinsecazione della personalità umana di conseguenza, non può mai essere consentito al giudice di spingersi sino alla pretesa di valutare criticamente il percorso personale di avvicinamento alla fede seguito da un determinato soggetto, ovvero le modalità con le quali costui sceglie, in assoluta libertà – e fermi restando soltanto i limiti di ordine pubblico e sicurezza nazionale – di professare la propria fede. Né può evidentemente immaginarsi come potrebbe, in concreto, un giudice della Repubblica condurre un esame del soggetto richiedente la protezione, internazionale o umanitaria, finalizzato alla verifica della sua conoscenza delle pratiche religiose cristiane, e ciò da un lato alla luce dell’estrema vaghezza di tale concetto, posta la naturale molteplicità delle modalità di atteggiarsi della fede personale, e dall’altro lato in considerazione del fatto che un simile esame postula per sua stessa natura il possesso di conoscenze teologiche che non appartengono al naturale bagaglio del giudice civile e che, in ogni caso, non possono costituire – nell’ambito di uno Stato laico come la Repubblica italiana – un terreno sul quale valutare l’attendibilità o meno di un soggetto invocante la protezione”. Per fare chiarezza, in conclusione, dalla Cassazione mettono nero su bianco anche un principio ad hoc non rientra nell’ambito della valutazione di credibilità della storia riferita dal richiedente la protezione, internazionale o umanitaria, ovvero di attendibilità dello stesso, il sindacato sul percorso individuale che il richiedente abbia seguito per abbracciare quel determinato credo, né il livello di conoscenza dei relativi riti. Da un lato, infatti, tale valutazione postula conoscenze teologiche che non appartengono al bagaglio culturale naturale del giudice civile. Dall’altro lato, essa trasferisce l’apprezzamento sulla credibilità e attendibilità del richiedente la protezione, anche parzialmente, su un piano para-teologico che certamente è estraneo all’ambito valutativo affidabile, in un Paese laico, al giudice. Infine, va considerato che la mutevolezza delle modalità dell’atteggiarsi della fede personale, che costituisce una delle primarie modalità della libera estrinsecazione della personalità umana e non è quindi suscettibile, per sua natura, di essere imbrigliata in ambiti e regole predefinite – salvi i soli limiti generali di ordine pubblico e sicurezza nazionale – rende il concetto stesso di conoscenza delle pratiche religiose di un determinato culto estremamente vago e, come tale, non idoneo a fondare alcun giudizio oggettivamente apprezzabile”. Più vicina, quindi, la protezione” per il cittadino della Guinea, che comunque dovrà affrontare ora un nuovo processo in Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 17 dicembre 2019 – 26 febbraio 2020, numero 5225 Presidenti Cristiano – Relatore Oliva Fatti di causa Con provvedimento del 5.11.2018 il Tribunale di Campobasso rigettava il ricorso interposto da Fo. Ka. avverso il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Campobasso aveva respinto l'istanza volta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o in subordine della protezione sussidiaria od umanitaria. Il Tribunale riteneva in particolare non credibile la storia riferita dal richiedente ed insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell'invocata tutela. Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto Fo. Ka. affidandosi a quattro motivi. Il Ministero dell'interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. Ragioni della decisione Con il primo motivo, articolato a sua volta in due distinti profili, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, rispettivamente 1 dell'articolo 3 del D.Lgs. numero 251/07 in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. perché il Tribunale avrebbe omesso di considerare gli elementi individualizzanti contenuti nella storia narrata dal richiedente la protezione, in particolare con riguardo al riferito pericolo di vita in caso di rientro nel villaggio di origine 2 degli articolo 2 e 14 del D.Lgs. numero 251/07, in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non grave la situazione interna della Guinea Conakry, escludendo la sussistenza del pericolo generalizzato idoneo a legittimare il riconoscimento della protezione sussidiaria. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 5 del D.Lgs. numero 286/98 in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. perché il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di concedere al richiedente almeno la protezione umanitaria, senza tener conto del livello di protezione dei diritti umani esistente nel Paese di origine del richiedente, da valutare sulla base di fonti internazionali aggiornate ed individuate con precisione. Le due censure, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, sono fondate. Ed invero il giudice di merito ha ritenuto di escludere la sussistenza, in Guinea Conakry, della condizione di rischio generalizzato per la pubblica incolumità cfr. pag.5 della decisione impugnata sulla base del più recente ed aggiornato rapporto sullo stato in esame fornito dal Ministero degli Esteri sito viaggiare informati . Questa Corte si è già espressa sull'inidoneità, ai fini della prova della situazione del Paese di origine del richiedente la protezione, delle informazioni contenute nel sito viaggiare informati , in quanto esse sono destinate all'informazione turistica e rivolte all'utenza di coloro che intendono recarsi nel Paese oggetto di indagine e non descrivono l'effettiva condizione di vita dei cittadini del predetto Paese Cass. Sez. 6-1, Ordinanza numero 16202 del 24/09/2012, Rv. 623728 . Peraltro le notizie tratte da detta fonte, riportate testualmente a pag.5 della decisione impugnata, evidenziano che le condizioni di vita della popolazione rimangono precarie, alimentando malcontento e manifestazioni, che in taluni casi sfociano in violenze di massa, come accaduto dopo le elezioni comunali del 4 febbraio 2018. In tale quadro di tensione latente, che prevedibilmente si manterrà per tutto il corso del 2018, persiste il rischio, specie nella capitale Conakry, che le manifestazioni degenerino in scontri con morti e feriti. Tali dimostrazioni nella capitale solitamente possono interessare l'asse stradale Hamdallaye-Bambeto-Cosa Route le prince e strade limitrofe nonché l'area urbana tra Dixinn e Matam, dove possono aver luogo improvvisi scontri, con proiettili vaganti e lanci di pietre che, in alcune occasioni, hanno colpito anche persone che non partecipavano alle dimostrazioni . Con passaggio motivazionale affetto di irriducibile contraddizione logica, il giudice di merito perviene, da tali presupposti, alla conclusione che vista la generica situazione di tensione politica del Paese di provenienza, escluso che siano in corso guerre civili o situazioni di conflitto interno ad essa paragonabili, va quindi rigettata la domanda proposta dal ricorrente volta al riconoscimento della protezione sussidiaria . Proprio la situazione di tensione generalizzata descritta dalla fonte richiamata dal Tribunale -affatto generica, ma anzi assai specificamente descritta in termini di oggettiva gravità-avrebbe infatti dovuto suggerire al giudice di merito una conclusione di segno completamente opposto a quella in concreto prescelta. In proposito, è necessario ribadire che va ritenuta assente la motivazione che si articola in preposizioni logiche che appaiono, tra loro, in relazione di insanabile e irriducibile contrasto Cass. Sez. U, Sentenza numero 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 , poiché essa non è oggettivamente idonea ad assicurare la finalità prevista dall'ordinamento, consistente nel rendere comprensibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice di merito per pervenire alla decisione in concreto assunta. Ulteriormente da censurare è il passaggio motivazionale della decisione impugnata nel quale il giudice di merito ricava elementi a sostegno della ritenuta non credibilità del richiedente la protezione dal fatto che costui non è stato in grado di descrivere, in modo dettagliato, il percorso personale di avvicinamento alla fede cristiana e ha dimostrato, altresì, di non conoscere neppure le pratiche religiose cristiane cfr. pag.4 del decreto impugnato . Sul punto, che il ricorrente censura nell'ambito della più ampia contestazione della valutazione di credibilità della sua storia contenuta alle pagg.6 e ss. del ricorso, è necessario ribadire che la scelta di fede costituisce, al pari di quella sull'orientamento sessuale, una delle primarie modalità di estrinsecazione della personalità umana di conseguenza non può mai essere consentito al giudice di spingersi sino alla pretesa di valutare criticamente il percorso personale di avvicinamento alla fede seguito da un determinato soggetto, ovvero le modalità con le quali costui sceglie, in assoluta libertà -e fermi restando soltanto i limiti di ordine pubblico e sicurezza nazionale di professare la propria fede. Né può evidentemente immaginarsi come potrebbe, in concreto, un giudice della Repubblica condurre un esame del soggetto richiedente la protezione, internazionale o umanitaria, finalizzato alla verifica della sua conoscenza delle pratiche religiose cristiane , e ciò da un lato alla luce dell'estrema vaghezza di tale concetto, posta la naturale molteplicità delle modalità di atteggiarsi della fede personale, e dall'altro lato in considerazione del fatto che un simile esame postula per sua stessa natura il possesso di conoscenze teologiche che non appartengono al naturale bagaglio del giudice civile e che, in ogni caso, non possono costituire -nell'ambito di uno stato laico come la Repubblica italiana un terreno sul quale valutare l'attendibilità o meno di un soggetto invocante la protezione, internazionale o umanitaria. Sul punto, merita di essere affermato il seguente principio di diritto Non rientra nell'ambito della valutazione di credibilità della storia riferita dal richiedente la protezione, internazionale o umanitaria, ovvero di attendibilità dello stesso, il sindacato sul percorso individuale che il richiedente abbia seguito per abbracciare quel determinato credo, né il livello di conoscenza dei relativi riti. Da un lato, infatti, tale valutazione postula conoscenze teologiche che non appartengono al bagaglio culturale naturale del giudice civile. Dall'altro lato, essa trasferisce l'apprezzamento sulla credibilità e attendibilità del richiedente la protezione, anche parzialmente, su un piano para-teologico che certamente è estraneo all'ambito valutativo affidabile, in un Paese laico, al giudice. Infine, va considerato che la mutevolezza delle modalità dell'atteggiarsi della fede personale, che costituisce una delle primarie modalità della libera estrinsecazione della personalità umana e non è quindi suscettibile, per sua natura, di essere imbrigliata in ambiti e regole predefinite -salvi i soli limiti generali di ordine pubblico e sicurezza nazionale rende il concetto stesso di conoscenza delle pratiche religiose di un determinato culto estremamente vago e, come tale, non idoneo a fondare alcun giudizio oggettivamente apprezzabile . L'accoglimento dei primi due motivi del ricorso implica l'assorbimento delle altre censure. Il provvedimento impugnato va pertanto cassato e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Campobasso in diversa composizione. P.Q.M. la Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbiti il terzo ed il quarto. Cassa la decisione impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Campobasso in diversa composizione, il quale avrà cura di conformare la propria decisione ai principi di diritto esposti in motivazione.